OTTO SANTI, Guerra degli
Così viene designata la guerra condotta, fra l'estate del 1375 e quella del 1378, da Firenze contro la Chiesa. Le cause vere e remote della guerra vanno cercate nell'antipatia che Firenze, come tutta l'Italia, nutriva verso il papato avignonese, considerato ormai come straniero, nel timore che la Chiesa pensasse a un'espansione territoriale ai danni della Toscana. Probabilmente Firenze volle anche approfittare dell'assenza dei papi dall'Italia, per colorire segreti disegni di dominio, specialmente sulle terre di confine dello stato ecclesiastico (Perugia). Il comune toscano seppe però assai abilmente sfruttare il vivo malcontento accumulatosi nelle città suddite della Chiesa, per un settantennio di assenza dei papi e di malgoverno da parte di rapaci e inetti rettori. Facile riuscì inoltre a Firenze di trarre tutte le simpatie dalla propria parte, dando all'audace tentativo (audace e possiamo dire inatteso, se pensiamo che Firenze, città guelfa, era stata sempre il più sicuro sostegno del papato) una voluta, netta impronta di movimento nazionale, come risulta chiaramente dalle fonti del tempo e particolarmente dall'epistolario di Coluccio Salutati, allora cancelliere della repubblica.
Due sono le cause immediate e apparenti della guerra. Nel giugno 1375 i mercenarî dell'Acuto, terminata a Bologna la condotta della Chiesa per la cessazione delle ostilità con il Visconti, s'erano avviati di propria iniziativa verso la Toscana per gettarsi su quella fertile e ricca regione. Circa nello stesso tempo Pietro di Noellet, cardinale legato di Perugia, infierendo in tutta Italia - e non solamente in Toscana - la carestia, aveva proibito che Firenze acquistasse grano nel Patrimonio della Chiesa. Firenze credette - o fece finta di credere - che questo legato e quello che reggeva Bologna avessero mire ostili (in realtà non del tutto da escludersi) a suo danno. Decise senz'altro la guerra con la S. Sede, pur protestando il suo pieno attaccamento al papa nello spirituale. Si collegò con il potente signore di Milano, Bernabò (ma Galeazzo non volle saperne), assoldò truppe, in gran parte con il denaro ricavato con l'incameramento dei beni ecclesiastici, strinse leghe ed alleanze con varî potentati italiani e con le città della Toscana. Anima della guerra fu una particolare magistratura, gli Otto della Guerra, detti poi dal popolo, quando la città fu scomunicata dal papa, gli Otto Santi. Il capolavoro della diplomazia fiorentina fu l'eccitamento a ribellione dello Stato della Chiesa, che avvenne con una rapidità impressionante: sollevatasi Città di Castello il 3 dicembre 1375, quando Bologna accedeva alla lega il 20 marzo 1376, la Chiesa aveva perduto (eccettuate Ascoli e Foligno) in tre mesi tutto il suo dominio in Italia! Firenze ebbe l'accortezza di ostentare il più completo disinteresse dal punto di vista territoriale: segno esteriore della rivolta e della lega era un rosso vessillo con la scritta Libertas, che gli Otto mandavano via via alle città ribelli. Il papa Gregorio XI invitò i Fiorentini a discolparsi in Avignone, ma poi, il 31 marzo 1376, fulminò sulla città l'interdetto, organizzando a sua volta la campagna in Italia, che fu condotta da alleati italiani, come il Conte Verde e Niccolò d'Este, e da bande mercenarie, i temuti Bretoni, al comando di condottieri di grido come l'Acuto, Silvestro Budes e il card. Roberto di Ginevra, responsabile dell'eccidio di Cesena (1377). Ma, più che dalla guerra guerreggiata, i Fiorentini furono vinti dal danno gravissimo che l'interdetto apportò ai loro commerci, oltre che dalla scarsa coesione della lega antichiesastica. Non poca efficacia morale ebbe anche la circostanza che il papa, nell'autunno 1377, aveva fatto definitivo ritorno in Italia. Le prime trattative positive di pace (fallite quelle che generosamente aveva tentate in Avignone S. Caterina da Siena) si discussero nel marzo 1378, a Sarzana; il 28 luglio successivo, in Tivoli, papa Urbano VI concedeva ai Fiorentini la pace e il perdono, chiudendo così quest'episodio della storia italiana, al quale sembra lecito riconoscere significato e importanza di vero movimento nazionale.
Bibl.: Oltre alla fonte precipua per il periodo avignonese, le Vitae paparum avenionensium di É. Baluze, riedite da G. Mollat (Parigi 1916 segg.), vedi le varie cronache del tempo edite in Rerum Italicarum Scriptores, quasi tutte nei voll. XV-XVI, e l'Epistolario di Coluccio Salutati, pubbl. da F. Novati, in Fonti per la storia d'Italia, Roma 1891 segg.; A. Gherardi, La guerra dei Fiorentini con papa Gregorio XI detta la guerra degli Otto Santi, in Archivio storico italiano, s. 3ª, V (1867), VIII (1868); L. Mirot, La question des blés dans la rupture entre Florence et le Saint-Siège en 1375, in Mélanges d'archéologie et d'histoire de l'École française d'Athènes et de Rome, XVI (1896); A. Gherardi, D'un trattato per far ribellare al comune di Firenze la terra di Prato nell'anno 1375, in Archivio storico italiano, s. 3ª, X, parte 1ª (1868); L. Mirot, La politique pontificale et le retour du Saint-Siège à Rome en 1376, Parigi 1899; M. Antonelli, La dominazione pontificia nel Patrimonio negli ultimi venti anni del periodo avignonese, in Archivio della R. Società romana di storia patria, XXX (1907), XXXI (1908).