TACHENIUS, Otto
– Nacque a Herford, in Vestfalia, intorno al 1610. Poche le notizie sulla famiglia e i primi anni di vita. Il padre Heinrich era mugnaio presso l’abbazia di Herford, al servizio della badessa Felicita II, contessa di Eberstein. Nulla è noto della madre, né ci sono tracce dei suoi primi studi a Herford.
Nel 1633 lavorò come ‘famulus’ nella Rats-apotheke di Lemgo, al servizio di David Welman (1590-1669); dopo il 1636 passò al servizio di Rotger Timpler (1602-1655), che esercitava la professione medica a Lemgo e a Brema. Accusato di furto da Timpler, nel 1639 lavorò nelle spezierie in varie città dell’Europa nordorientale. Fu a Kiel come assistente di Johannes Braun nella farmacia municipale; quindi nel 1640 a Danzica, presso il chirurgo Jacob Scheppen e, intorno al 1641, a Königsberg alle dipendenze di Clemens Boltz, farmacista dell’elettore di Brandeburgo Georg Wilhelm. Dopo il 1641 si trasferì a Kaunas, Vilnius e Varsavia, sempre come addetto ai laboratori di farmacie.
Si può ipotizzare che all’epoca avesse acquisito una considerevole competenza nella preparazione di farmaci, se, intorno al 1644, fu preso al servizio dell’archiatra imperiale e professore di medicina a Vienna Johann Wilhelm Mannagetta (1588-1666), che probabilmente gli fornì i mezzi per intraprendere gli studi a Padova. Tachenius si immatricolò a Padova il 20 settembre 1645 e si addottorò l’11 novembre 1647. Un suo primo soggiorno a Roma è databile tra il 1646 e il 1648, quando prestò le sue cure a Giovanni Casimiro.
Dopo essersi addottorato, Tachenius si stabilì a Venezia, dove praticò la medicina, produsse e vendette farmaci chimici che lo resero ben presto famoso in molti Paesi europei. Il 15 maggio 1650 il medico Marco Aurelio Serverino gli scrisse da Napoli ringraziandolo per l’invio del sal viperinum, potente farmaco a base di carne di vipera, che Tachenius produceva e commerciava con successo. Sempre nel 1650 aveva fornito i propri rimedi al «prencipe Savelli», probabilmente Bernardino Savelli o suo figlio Giulio (Echo ad vindicias Chirosophi, Venetiis 1656, p. 14). Nello stesso anno, Franciscus Mercurius (figlio del medico belga Jan Baptiste van Helmont) trascorse un mese a Venezia, alloggiando presso Tachenius, con il quale collaborò alla seconda edizione dell’Ortus medicinae, pubblicata nel 1651 a Venezia. A Tachenius si deve il dettagliato indice analitico, strumento utilissimo per lo studio dell’opera helmontiana (Typographus lectori, c. a1r).
Frutto della pratica di laboratorio e della profonda conoscenza dell’opera di van Helmont fu l’Epistola de famoso liquore alkahest (1652), senza indicazione di luogo, ma verosimilmente stampata ad Amburgo. Principale argomento dell’Epistola è il solvente universale (l’alkahest), che, secondo Jan Baptiste van Helmont, avrebbe avuto il potere di ridurre tutti i corpi alla loro materia prima. Dopo la pubblicazione dell’Epistola ebbe inizio una lunga e aspra polemica con il medico e chimico Helwig Dieterich (1601-1655), che era stato archiatra di Giorgio Guglielmo, elettore di Brandeburgo, medico di Cristiano IV di Danimarca e successivamente del duca Federico III di Holstein-Gottorp, mecenate e cultore di studi alchemici. Secondo Tachenius (Apologia contra falsarium et pseudochimicum Helwig Didericum, Venetiis 1652), Dieterich, che all’epoca esercitava la professione medica ad Amburgo, aveva manomesso il testo dell’Epistola e aveva aggiunto un poscritto anonimo in cui, oltre a calunniarlo, ne screditava il sal viperinum. Dopo la pubblicazione dell’Apologia, Dieterich intraprese una serie di azioni legali contro Tachenius e, nel 1655, diede alle stampe ad Amburgo Vindiciae adversus Ottonem Tachenium, che includeva numerose testimonianze contro Tachenius, tra cui quella del Senato di Amburgo. Ultimo episodio della polemica fu l’Echo ad vindicias Chirosophi, pubblicato a Venezia nel 1656, ma apparentemente redatto prima della morte di Dieterich (novembre del 1655).
L’opera contiene lettere di Adam Olearius, bibliotecario del duca Federico III di Holstein-Gottorp, che documentano l’interesse del duca per le indagini di Tachenius sull’alkahest e sul mercurio alchemico.
Intorno al 1655 Tachenius era riuscito a ottenere la protezione dei duchi di Brunswick-Lüneburg, presso la cui corte a Hannover soggiornò nel 1659 e nel 1660. Fu al seguito dei duchi durante i loro soggiorni veneziani e nel 1664 accompagnò Sofia, l’elettrice di Hannover, nel suo viaggio in Italia, le prestò le sue cure e le somministrò il suo farmaco a base di vipera – con buon esito, così da meritarsi la sua fiducia.
Tachenius, che nel 1661 si era stabilito a Venezia in un palazzo di proprietà della famiglia Morosini nel calle dei Morti, fu coinvolto in un’ulteriore polemica, ancora per difendere i suoi farmaci e in particolare il sal viperinum. Il nuovo avversario era Johann Zwelfer (1618-1668), farmacista e medico del Palatinato (anch’egli addottoratosi a Padova, dove aveva preparato un farmaco a base di vipera) che nelle Animadversiones in pharmacopoeiam augustanam [...], sive pharmacopoeia augustana reformata (Norimbergae 1657) lo aveva accusato di plagio. A Zwelfer Tachenius rispose con l’Hippocrates chimicus, qui novissimi viperini salis antiquissima fundamenta ostendit (Venetiis 1666), cui Zwelfer a sua volta replicò con il Discursus apologeticus [...] adversus Hippocratem chymicum (Norimbergae 1668). L’opera di Tachenius, dedicata a Giorgio Guglielmo, Giovanni Federico ed Ernesto Augusto di Brunswick-Lüneburg, ebbe larga circolazione: oltre a numerose ristampe, nel 1677 fu pubblicata in traduzione inglese. Uno dei temi principali dell’Hippocrates chimicus è l’affermazione delle antiche origini della chimica, che, secondo l’autore, fu parte integrante della medicina ippocratica. Nell’Hippocrates chimicus, così come nella successiva Antiquissimae hippocraticae medicinae clavis (Francofurti 1669), sostenne che i sali possono essere divisi in due gruppi, acidi e alcalini ed estese la teoria acidi/alcali a tutti i corpi naturali.
Dei suoi possibili contatti con Cristina di Svezia e il suo circolo non vi sono prove certe, anche se erroneamente gli è stata attribuita l’ode alchemica Lux obnubilata suapte natura refulgens (Venetiis 1666), molto probabilmente opera del marchese Francesco Maria Santinelli.
Tachenius fu in corrispondenza con Robert Southwell, fellow della Royal Society (che aveva conosciuto a Venezia nel 1661), al quale nel 1675 inviò il suo farmaco a base di spirito di sale di tartaro, e con Gottfried Wilhelm Leibniz, che gli scrisse il 4 maggio del 1671, chiedendo il suo parere sulla Physica subterranea (1669) di Johannes Joachim Becher.
Nel 1678, su invito dell’elettrice Sofia, fu a Osnabrück, presso la residenza di Ernesto Augusto. Malato di gotta, morì a Venezia il 6 dicembre 1680.
Opere. Oltre alle opere già citate, Tachenius diede alle stampe il Tractatus de morborum principe (Osnabrück 1678). Heinz-Herbert Take (2002) gli attribuisce (ma in modo non convincente) l’anonima Exercitatio de recta acceptione arhritidis et podagrae (Padova 1662).
Fonti e Bibl.: La principale biografia di Otto Tachenius è H.-H. Take, O. T., 1610-1680. Ein wegbereiter der chemie zwischen Herford und Venedig, Bielefeld 2002, che contiene un indice della corrispondenza di Tachenius e la bibliografia delle fonti a stampa e manoscritte. Sono da aggiungere: Londra, British Library, Additional ms. 72852, sig. 102r-103v; Sloane ms. 529, sig. 20r-25r, ms. 3646, sig. 58r-61v, ms. 615, sig. 1-65v.
Si veda anche: J.R. Partington, A history of chemistry, II, London 1961, pp. 291-296.