DELLA CROCE, Ottobuono
Nacque nella seconda metà del secolo XII e all'inizio del Duecento era tra i nobiles viri che assistevano con i loro consigli il podestà del Comune. È menzionato per la prima volta dalle fonti il 15 maggio 1201, giorno in cui i consoli genovesi lo scelsero come ambasciatore della città presso la corte imperiale di Costantinopoli. Si trattava di una missione piuttosto complessa, intesa a comporre le passate divergenze politiche e riallacciare i cordiali rapporti economici con l'Oriente greco. Nelle istruzioni i consoli imposero all'ambasciatore di fare precise richieste, alla cui accettazione subordinavano la firma del trattato commerciale.
Il D. avrebbe dovuto richiedere all'imperatore la restituzione a Genova del palazzo di Calamano e delle scale marittime, poste nel porto, accanto a quelle dei Pisani. Inoltre, il sovrano avrebbe dovuto permettere il prolungamento dell'embolo (fondaco), verso S. Sofia, verso la zona di Pisa. L'ambasciatore poteva promettere di pagare al tesoro imperiale gli stipendi arretrati e quanto si era stabilito nei precedenti accordi, ma in compenso doveva esigere che venissero riconsegnati a Baldovino Guercio, un cittadino di Genova, i feudi che egli possedeva in Levante, e che erano stati sequestrati alcuni anni prima in occasione della rottura diplomatica tra le due potenze. Infine, si chiedeva al plenipotenziario di agire per ottenere una riduzione dei diritti di dogana dal 4% al 3% o al 2%, in modo da facilitare maggiormente e da incrementare gli scambi commerciali con l'Impero bizantino.
La legazione ebbe risultati positivi: l'imperatore rinnovò i privilegi, restituì il palazzo e l'embolo, permettendo la creazione di un nuovo e più ampio scalo marittimo, nonché di edificare case e di allargare il quartiere genovese. Il 13 ott. 1202 le trattative diplomatiche si conclusero con la consegna ufficiale dell'embolo al D., che lo ricevette a nome di Genova. Nel maggio dell'anno successivo, ritornato in patria, l'ambasciatore presentò il testo del trattato al podestà, Guifredoto Grassello, e ai responsabili politici della Repubblica, che lo approvarono, ratificando i patti. Alla fine del medesimo mese di maggio il D. fu eletto tra i quattro consiglieri politici del podestà: era il primo passo verso l'assunzione di maggiori responsabilità amministrative. Tra il 1205 ed il 1206la Repubblica lo inviò a Gavi per esercitare, insieme con altri due concittadini, la carica di castellano. Due documenti ricordano la sua attività di giudice, costantemente tesa a salvaguardare i diritti dei Genovesi entro l'area dell'importante fortezza.
Nel 1208 fu eletto console del Comune e dovette occuparsi di importanti affari politici. Convinse in primo luogo il collega Guglielmo Spinola a recarsi per trattative economiche dal sultano di Babilonia. Contemporaneamente, d'accordo con gli altri consoli, inviati una galea ed ambasciatori al sultano del Marocco Mohammed-Nasir li din Illah, stipulò con quest'ultimo un trattato che garantiva pace e scambi commerciali per due anni sotto il suo consolato. Fu pure accolta la richiesta di aiuti avanzata da Enrico Pescatore, conte di Malta e signore di Creta, in guerra contro i Veneti. I consoli, fra cui il D., inviarono al conte di Malta navi e galere, cariche di "milites et servientes", di viveri ("maximam biscocti quantitatem") e un capitale in denaro bastante per stipendiare 100 combattenti a cavallo.
La flotta di Enrico si scontrò presso Creta con le navi veneziane e la vittoria arrise al conte: il comandante nemico, Rainerio Dandolo, ferito durante la battaglia, fu preso prigioniero. Morì alcuni giorni dopo ed il conte di Malta restituì a Venezia il suo corpo.
Da tempo Genova era pure in costante stato di guerra con Pisa: proprio nel 1208 l'abate di Tiglieto, Gerardo Sesso, si fece promotore di una iniziativa di pace. Per seguire le trattative, il D. e Guglielmo Spinola si recarono a Portovenere e poi furono convocati dall'abate a Lerici, ove si incontrarono con Matteo da Correggio di Parma, che in quell'anno ricopriva la carica di podestà di Pisa. Gerardo Sesso convinse i rappresentanti dei due Comuni ad accettare un arbitrato, affidato allo stesso D. e all'abate di San Galgano. Subito fu giurata una tregua sino alla fine di novembre, che venne ratificata in seguito da 3.000 cittadini. Entrambe le parti si impegnarono ad inviare tempestivi messaggi a tutti i concittadini e a tutte le navi dislocate nel Mediterraneo, in modo da far cessare ogni possibile attività bellica. La tregua fu in seguito prolungata sino al 1°marzo 1209, quando il mandato politico del D. era ormai concluso.
Le fonti, tra cui il Liber Iurium, hanno tramandato la notizia di altre iniziative diplomatiche direttamente concluse dal D.: il 16 aprile, ad esempio, sottoscrisse un trattato di alleanza tra Genova ed Ancona valido per dieci anni. I due Comuni marinari si impegnavano ad aiutarsi militarmente contro i rispettivi nemici e si accordavano circa l'entità dei pedaggi per le merci e l'uso dei porti. In dicembre trattò una tregua d'armi con la rivale città di Marsiglia, impegnandosi a rispettare l'armistizio sino alla successiva quaresima.
Nella sua attività politica non mancò di impegnarsi anche nei confronti delle grandi casate signorili della Liguria, alcune delle quali furono sottomesse al potere del Comune proprio durante il suo consolato. Il 10 giugno 1208 il conte Andrea, figlio del conte Oddone, giurò fedeltà alla Repubblica nelle mani del D. e dei suoi colleghi, impegnandosi a sottostare alla giurisdizione comunale. Un mese più tardi, il 17 luglio, il console prestò a Rainerio, marchese di Gavi, un capitale di 583 lire, onde permettergli di acquistare le terre di Albario, località sulla riva del mare, venduta dal proprietario, un dominus chiamato Giovanni Rosso. Il marchese portò a compimento l'operazione e poi si accordò con il D. ed i suoi colleghi per fissare reciproche garanzie in rapporto agli immobili e ai capitali versati in anticipo.
Scaduto dal mandato consolare, il D. lasciò Genova per recarsi a Brescia, ove era stato eletto podestà per il 1209. Nella città lombarda egli dovette svolgere il compito di equilibratore tra le varie tendenze dei partiti interni, divisi intorno al problema dell'accettazione di Ottone IV. Il suo comportamento non fu di certo imparziale, giacché l'imperatore, quando si fu impadronito della città nel maggio del 1210, volle che il D. fosse sostituito con un uomo molto più devoto alla causa dell'Impero, il conte Tommaso I di Savoia.
Dopo questa data non si hanno ulteriori notizie sul Della Croce.
Fonti e Bibl.: Historiae Patriae Monumenta, Chartarum II, Augustae Taur. 1853, coll. 1224 s.; Liber Iurium Reipublicae Genuensis, I, in Hist. Patriae Monum., VII, a cura di E. Ricotti, Augustae Taur. 1854, coll. 496, 523 s., 530, 535, 538 ss.; Annales Brixienses, in Mon. Germ. Hist, Scriptores, XVIII, Hannoverae 1863, p. 817; Ogerii Panis Annales Ianuenses, in Annali genovesi di Caffaro e de' suoi continuatori dal 1174al 1224, a cura di L. T. Belgrano - C. Imperiale, Genova 1901, pp. 84,107; I. Codagnelli Annales Placentini, a cura di O. Holder Egger, in Mon. Germ. Hist, Script. rerum Germ. in usum scholarum..., XXIII, Hannoverae -Lipsiae 1901, p. 37; Georgii et Iohannis Stellae Annales Genuenses, in Rer. Ital. Script, 2 ed. XVII, 2, a c. di G. Petti Balbi, p. 62; G. Sauli, Della colonia dei Genovesi in Galata, II, Torino 1831, pp. 195 s.; W. Heyd, Histoire du commerce du Levant au Moyen Age, I, Leipzig 1885, pp. 240 s.; C. Desimoni, Memoria sui quartieri dei Genovesi a Costantinopoli nel secolo XII, in Giorn. ligustico, I(1874), pp. 167-175; A. R. Scarsella, Il Comune dei consoli, in Storia di Genova, III, Milano 1942, p. 235.