OTTOMANI
Dinastia islamica che assunse il controllo dello Stato turco tra il sec. 14° e il 20°, fondata dal padre dell'eponimo Osman, Ertoğrul, figura patriarcale di un gruppo di pastori che si pensa appartenessero alla tribù turca dei Kayı.Con Söğüt come loro centro, nell'ultimo quarto del sec. 13° i futuri O. ampliarono lentamente il proprio territorio. Intorno al 1330, il figlio di Ertoğrul, Osman, era un bey ('signore') minore di un territorio anatolico da cui il potere bizantino si stava ritirando, lasciando contadini impoveriti e un clero illetterato. Piccoli signori cristiani governavano il territorio risiedendo in città fortificate d'altura che ospitavano alcuni artigiani e mastri muratori; con essi Osman mantenne buone relazioni.Dai piccoli poderi nacquero villaggi, ma la struttura abitativa più apprezzata rimase la tenda, che era ancora in uso presso la dinastia nel sec. 18°, sebbene sempre più spesso sostituita da padiglioni di pietra. Vennero eretti edifici pubblici, visti come una serie di unità paragonabili a tende di maggiori o minori dimensioni, in cui la funzione di ciascun segmento poteva essere individuata dall'esterno. Si sviluppò anche la tipologia della moschea-zaviye, costruita in mattoni o pietra: essa consisteva in un portico - in cui si concentravano funzioni proprie della vita civile -, un cortile interno quadrangolare dotato di una fontana per le abluzioni rituali, la sala di preghiera, alta e dotata di cupola, e ambienti e vani laterali a uso dei dervisci. Questi contribuirono alla cultura dell'epoca in particolare attraverso la poesia. Gli ordini sedentari come i Bektaşi o i Mevlevi fecero dei loro conventi centri di produzione artigianale e di cultura, ma anche tali ordini viaggiavano, contribuendo così al continuo flusso delle idee. Anche per quel che riguarda l'architettura, gli artigiani attivi in questo campo si spostavano continuamente, come del resto avveniva nell'Europa occidentale. In epoca selgiuqide (sec. 13°) è attestato uno scalpellino che costruì i magnifici portali della Grande moschea e dell'ospedale di Divriği e della Gök Medrese di Sivas (Anatolia centrale).Nel primissimo periodo della dinastia ottomana erano necessari solo muratori e scalpellini, mentre una categoria a sé stante era costituita dai carpentieri: nessuna delle piccole moschee in legno è pervenuta, ma rimangono le belle coperture lignee delle grandi moschee, o moschee del Venerdì, in cui tutti i fedeli si recavano a mezzogiorno per ascoltare il discorso pronunciato dall'imam anziano e anche gli ultimi decreti emanati dal sovrano.Il minbar era dotato di un'alta rampa di scale, in qualche caso in legno di noce, la cui costruzione richiedeva l'opera di maestri falegnami e di abili scultori per la realizzazione dell'intricata decorazione, resa possibile dallo sviluppo dello studio della matematica nel mondo islamico, che comprendeva la mutuazione del concetto di zero dalla cultura indiana e di quello di infinito, che per gli O. cominciava con il quaranta (kırk). Elemento fondamentale dell'aritmetica e della geometria fu la conoscenza da parte del mondo islamico dell'opera dei maestri greci, tra cui Euclide (sec. 4° a.C.). Il fatto che la popolazione cristiana avesse ricevuto una formazione analoga costituì un elemento positivo, giacché essa fornì spesso artigiani agli O.; se la religione non rappresentò un impedimento, un ostacolo fu invece l'assenza di manodopera.L'architettura ottomana fu in grado di svilupparsi dalle sue più umili origini, agli inizi del sec. 14°, fino alla costruzione di raffinati e grandiosi monumenti, prima della fine dello stesso secolo.Nell'od. moschea di Ertoğrul a Söğüt, che è stata ricostruita da ῾Abdülhamid II nel sec. 19°, rimangono le tracce dell'edificio originario, che presentava un portico con un pozzo e una sala di preghiera così piccola che è difficile immaginare come più di venti persone potessero pregarvi contemporaneamente. Solo quando le moschee divennero più grandi ci fu posto per gallerie riservate alle donne; ciò nonostante, perfino nella moschea reale di Mehmet I a Bursa, del 1425 ca. (Anatolia nordoccidentale), esisteva un solo ambiente superiore, di modeste dimensioni, dotato di una piccola finestra da cui vedere il miḥrāb.Gli studiosi generalmente concordano sul fatto che la prima moschea ottomana in senso proprio sia quella di Hacı Özbek a Nicea (od. İznik, Anatolia nordoccidentale), che un'iscrizione permette di datare al 1333. Essa fu mutilata dalla distruzione del portico, a causa dei lavori di ampliamento della strada contigua, nel 1939. Il corpo quadrato dell'edificio è coperto da una cupola costruita con pietre inframmezzate da mattoni, con una soluzione ereditata dalla cultura materiale bizantina, adottata sia per ragioni di economia sia probabilmente per conferire alla struttura maggiore elasticità in caso di terremoto. I mattoni bizantini erano di qualità superiore a quelli ottomani, ma per la malta il rapporto si invertiva. Le finestre risalgono a un'epoca successiva, tuttavia i ventotto sostegni triangolari per la cupola sono originali e caratteristici: noti come triangoli turchi, essi assumono una forma a punta di lancia. In questo caso, la soluzione tecnica è semplice, trattandosi di una piccola cupola che poggia su spessi muri; cupole più grandi richiedevano l'uso di archi ciechi di sostegno e quindi il ritorno al pennacchio di tradizione bizantina. La cupola della moschea di Hacı Özbek ha un diametro di m 7,92; obiettivo degli architetti delle epoche successive fu quello di ottenere diametri sempre maggiori, fino ad arrivare a Sinan, che raggiunse il massimo risultato con i m 31,28 della moschea Selimiye a Edirne (1569-1575; Turchia europea). Per quanto riguarda l'esterno della moschea di Hacı Özbek, è interessante notare che le tegole vennero curvate prima della cottura per aderire meglio alla cupola emisferica, contrariamente a quanto avveniva nel mondo bizantino, dove erano utilizzate tegole rettangolari tagliate a misura.Pressoché contemporanea alla moschea di Hacı Özbek è quella di Alaettin Bey a Bursa, che un'iscrizione assegna al 1335. La sua cupola presenta un diametro di m 8,20 e poté costituire il punto iniziale del percorso evolutivo di questa tipologia: i piccoli triangoli turchi della moschea di Hacı Özbek divengono in questo caso tre grandi triangoli posti in corrispondenza di ciascun angolo del corpo dell'edificio e appaiono prossimi a trasformarsi in trombe angolari. Anche la muratura laterizia presenta caratteristiche tecniche di minore qualità. Né le finestre né il minareto, posto maldestramente alla terminazione orientale del portico mutilo, sembrano appartenere alla fase originaria.Prendendo Bursa nel 1326, Orhan Gazi (1324-1360), figlio e successore di Osman, conquistò una capitale e una zecca. Intorno alla città ruotava infatti un ricco commercio con le zone limitrofe; importanti erano anche le entrate derivanti dall'industria della seta per cui la città era famosa e attirava mercanti da Venezia. La moschea-zaviye fatta costruire da Orhan Gazi a Bursa è stata fortemente restaurata: la sua cupola ha un diametro di m 12,30 e un'altezza di m 15,60; i muri hanno uno spessore di oltre m 1, come accade nella maggior parte delle moschee di questo periodo, con la funzione statica di sostenere la spinta dei pennacchi angolari.La moschea di Orhan Gazi a Bilecik (Anatolia settentrionale), eretta intorno alla metà del sec. 14°, presenta una cupola di m 9,50 di diametro. La pianta dell'edificio assume la forma di una croce greca a causa degli enormi cantonali in muratura, dai quali si staccano i quattro profondi arconi laterali separati da pennacchi scalinati. Non potrebbe esservi migliore evidenziazione grafica dell'attenzione posta alla pressione statica esercitata da una cupola. Il diametro della sala di preghiera varia tra m 14,30 e m 15,30 e in ogni sua parte l'edificio pone in risalto i problemi legati all'ampliamento dello spazio interno. Il minareto originale, conservatosi solo nella sua parte inferiore, che poggia su una base in conglomerato di notevole spessore, si erge su uno sperone roccioso, affacciato su una vasta gola da cui si domina la città disposta nella valle sottostante. Dietro il minareto sorge un monastero dei dervisci (tekke), realizzato in legno, che deve essere stato riedificato diverse volte.Costruita nel 1374, la piccola moschea di Hoca Yadigâr a Inönü (Anatolia), con una cupola di m 9,60 di diametro, costituisce una modesta imitazione della moschea di Orhan Gazi di Bilecik.Quando Orhan Gazi morì, gli successe Murad I (1360-1389), che promosse una notevole attività in campo architettonico. Nella sua moschea Hüdavendigâr ('imperiale') a Behram Kale (l'antica Assos), sulla costa egea della Turchia, a pianta quadrata e copertura a cupola, l'elemento di maggiore interesse è costituito dal riuso di materiali bizantini, tra cui un gran numero di pietre accuratamente tagliate, il che lascia addirittura pensare che l'edificio abbia incorporato una chiesa bizantina. La moschea di Yıldırım Bayazid a Mudurnu (Anatolia nordoccidentale), più tarda, può rappresentare la fine dello stile della moschea quadrata cupolata in questo primo periodo. L'edificio venne eretto nel 1382; il suo massiccio tamburo ottagonale regge la spinta di un'imponente cupola dal diametro di m 19,65. Ampi archi ciechi angolari partono dal livello del pavimento, dando l'impressione dell'esistenza di un giro ottagonale di arcate.Prima di questa realizzazione, voluta da suo figlio, Murad I fece costruire tra il 1365 e il 1385 la moschea Hüdavendigâr di Bursa, un edificio unico nel suo genere. Il piano inferiore segue lo schema della moschea-zaviye e appare ancora oggi imponente nonostante le pesanti ristrutturazioni subìte, in particolare con la tamponatura delle gallerie. Dietro queste ultime, in origine aperte, si trovavano le celle per gli studenti e le aule per l'insegnamento di una madrasa, che si sviluppava anche al piano superiore, servito da un portico. Sempre al piano superiore un lungo corridoio conduceva a una stanza posta al di sopra del miḥrāb.La Yeşil Cami o moschea Verde di Nicea venne costruita tra il 1378 e il 1391 da Candarlı Kara Halil Paşa. Per la prima volta è noto il nome dell'architetto, Hacı bin Musa, sul quale non si hanno però altre informazioni; egli fu comunque certamente molto più che un capomastro, giacché la sua moschea rivela l'esistenza di un progetto matematico sviluppato intorno all'idea di due quadrati sovrapposti: il risultato consta di un profondo portico che conduce a un vestibolo, dove tre pesanti arconi, sorretti da due massicce colonne bizantine, si aprono sulla sala di preghiera quadrata, coperta da una cupola del diametro di m 11. Il portico presenta nelle due campate laterali volte rettangolari a crociera con terminazione piana, mentre al centro si dispone un'alta cupola scanalata dalla decorazione finemente scolpita. La moschea venne fortemente danneggiata nel corso della guerra greco-turca del 1922, ma si conserva un'incorniciatura di porta riccamente scolpita nell'apertura centrale e si deve supporre che anche le altre aperture presentassero analoghe balaustre di pietra scolpite con motivi a intreccio.La campata centrale del vestibolo interno presenta una cupola cieca che, analogamente a quanto si è visto nella moschea di Hacı Özbek, poggia su di un anello di triangoli turchi. La sala di preghiera è rivestita da pannelli in pietra da taglio di buona qualità, dell'altezza di m 3,30, i quali debbono provenire da un edificio precedente, dal momento che la loro misura è analoga a quella dei prodotti delle cave romane. L'elemento più sorprendente dell'esterno era il minareto posto in corrispondenza dello spigolo nordoccidentale della moschea, dietro il portico; la sua muratura, connessa a quella del corpo della moschea, dimostra che esso costituiva parte integrante dell'edificio e il suo esempio rende possibile assegnare, con quasi assoluta certezza, a rozzi restauri del sec. 19° ogni minareto semplicemente appoggiato al di sopra dell'angolo di una moschea. Purtroppo la Yeşil Cami di Nicea è stata sottoposta a un pesante restauro che ha comportato@Dl'eliminazione dell'originaria foderatura del fusto del minareto, in mattoni invetriati di colore verde-grigio, e la sua sostituzione con mattonelle smaltate che creano un pesante motivo a zig-zag.Alla fine del sec. 14° i minareti trovarono sempre più frequentemente la loro collocazione nell'angolo nordoccidentale della moschea, in modo da evitare interferenze con il portico; tuttavia, in alcuni casi si continuò a collocare la torre nel meydan, lo spazio aperto di fronte alla moschea. Inoltre va sottolineata la presenza di abili artigiani che si specializzarono nella costruzione di queste instabili strutture; pratica comune divenne anche quella di scavare le fondazioni del minareto prima di quelle dei muri perimetrali della moschea, giacché dovevano spingersi più a fondo di essi. L'abilità ingegneristica era comunque considerevole, dato che i minareti erano costruiti così da essere in grado di affrontare sia la forza del vento - a questo scopo erano a fusto cilindrico o prismatico - sia i terremoti, almeno fino a che i danni non giungevano a compromettere l'integrità del fusto o della scala, che costituiva parte integrante della spina centrale, o anche dei muri esterni. Il diritto di costruire due minareti, normalmente posti agli angoli nord-est e nord-ovest dell'edificio, era appannaggio rigorosamente riservato ai soli sovrani. Un primo esempio dell'uso del doppio minareto è quello della moschea Üç şerefeli a Edirne, della metà del sec. 15°, dove in seguito il numero dei minareti fu portato a quattro. Potrebbero naturalmente essere citati molti esempi provenienti da altre regioni dell'Islam, a partire dalla Grande moschea di Damasco, degli inizi del sec. 8°, databili assai prima che i Selgiuqidi introducessero in Anatolia questa tipologia, normalmente costituita da una coppia di minareti posti ad affiancare l'entrata principale. L'aggiunta di un minareto nordorientale alla Grande moschea di Yıldırım Bayazid a Bursa, alcuni anni dopo la morte del committente originario, può essere individuata come primo esempio di una tradizione dell'architettura ottomana: l'uso di aggiungere minareti in epoche diverse dopo il completamento di una moschea poté in seguito dar vita a bizzarri risultati, come nel caso della Eski Cami di Edirne, il cui impianto originario risale agli inizi del 15° secolo.A partire dalla conquista di Bursa, lo Stato ottomano andò progressivamente strutturando la propria organizzazione burocratica e giuridica, dotandosi di un sistema fiscale e di un governo costituzionale. A questa trasformazione si legano il crescente potere assunto dalla classe degli ῾ulamā, teologi e giureconsulti, e il parallelo fenomeno della rapida crescita numerica delle madrase, le scuole coraniche destinate alla formazione religiosa e giuridica della nuova classe dirigente.Il primo esempio di questa tipologia in epoca ottomana è costituito dalla madrasa di Süleyman Paşa a Nicea, che si conserva in stato di grave decadenza. Essa venne costruita intorno alla metà del sec. 14° e, nonostante la sua modestia, costituisce un buon esempio di come si andasse modificando la forma tradizionale di questo tipo di edifici. Il cortile centrale era delimitato da un muro, oggi perduto, sul lato rivolto verso la strada, mentre lungo gli altri tre lati si disponevano le celle degli studenti, la cui serie è interrotta da un ambiente più grande, utilizzato dal maestro per l'insegnamento e, forse, per le necessità amministrative. Quest'aula, collocata al centro del lato lungo, posto di fronte al muro in cui si apriva il portale esterno, costituisce l'elemento dominante del progetto, contraddistinto da una cupola più grande di quelle disposte sulle celle. A Bursa in particolare, le fondazioni regali e quelle dei visir comprendevano sempre una madrasa separata, eretta dove il terreno lo permetteva, senza tener conto dell'ordine del complesso. In ogni caso, fino all'esperimento non più ripetuto dell'unione di moschea e madrasa in uno stesso edificio (Bursa, moschea Hüdavendigâr), le strutture a carattere educativo non erano fisicamente collegate alla moschea stessa e comunque certamente non nella misura in cui lo erano le residenze dei dervisci. Ciò significa che le madrase venivano considerate strutture autonome dal punto di vista architettonico.A partire dal 1390 vennero portati a termine alcuni importanti edifici, tra cui risultano particolarmente interessanti tre moschee-zaviye. A Bursa Yıldırım Bayazid (1389-1403), detto la Folgore a causa delle sue brillanti tattiche militari, scelse un'altura a N-E della città, che solo da poco era stata incorporata nell'agglomerato urbano. Il complesso venne costruito tra il 1390 e il 1395, più in basso rispetto alla moschea che occupava la sommità dell'altura; tra gli edifici che ancora si conservano va ricordata la türbe ('mausoleo') del sultano. Questo mausoleo, in forma di cubo sormontato da una cupola, è preceduto da un portico coperto da una serie di tre cupole e vede il reimpiego di una coppia di colonne di porfido provenienti da Roma, recuperate da un ignoto edificio di epoca bizantina.La lunga madrasa è disposta intorno a uno stretto cortile con un portale ampio, ma relativamente semplice, posto sull'asse dell'edificio, di fronte all'aula per l'insegnamento. La moschea presenta un portico di ampiezza e altezza eccezionali, nelle cui finestre sono inserite simbolicamente le saette di Giove. Una bella iscrizione posta sul portale centrale, all'interno della moschea, proclama l'autorità, i titoli e la discendenza del sultano. All'interno, il consueto cortile precede la sala di preghiera, da cui è separato da un arco che costituisce la prima attestazione della tipologia nota appunto come 'arco di Bursa', sviluppata qui in scala monumentale per adattarsi all'altezza dell'ambiente, non rivestito da mattonelle invetriate. L'arco è costituito da una sorta di gigantesca trabeazione rettilinea sorretta da una coppia di enormi mensole che si sviluppano a partire dal pavimento e la cui parte inferiore è decorata da stelle scolpite.Il secondo edificio del gruppo è la moschea di Bayazid Paşa ad Amasya (Anatolia settentrionale), costruita tra il 1412 e il 1419, che utilizza un campo aperto quale cortile e un fiume per le abluzioni rituali. Il portico principale è sorretto da grandi pilastri: due celle per i dervisci sono poste al di sopra dell'entrata e appaiono simili a logge, mentre due piccole fontane hanno forma di bagno per uccelli. Nei primissimi anni del sec. 15° Amasya era stata la residenza del futuro sultano Mehmet I Çelebi, impegnato nella guerra civile contro i suoi tre fratelli, dopo la cattura del loro padre, Yıldırım Bayazid, da parte di Tamerlano (1402). Dopo aver sconfitto tutti i suoi rivali, Mehmet I fu in grado di entrare a Bursa e a Edirne come sultano (1411-1413). Bayazid Paşa fu il suo gran visir e questa moschea costituì il modello per le realizzazioni dei gran visir delle epoche successive.Al suo ritorno a Bursa, Mehmet I nominò Ivaz Paşa quale sovrintendente alla costruzione della moschea e della tomba, che avrebbero trasformato tutte le precedenti concezioni estetiche relativamente agli interni. I lavori ebbero inizio nel 1412 e furono completati solo nel 1419, a parte il portico, che non venne terminato a causa della morte del sovrano. La Yeşil Cami o moschea Verde di Bursa era una cappella regale e non necessitava quindi di minareti, dal momento che i cortigiani risiedevano tutti nelle immediate vicinanze e che la chiamata per la preghiera veniva eseguita dal tetto dell'edificio; i due minareti visibili attualmente vennero aggiunti dopo il grave terremoto del 1855. La decorazione a intaglio delle cornici delle finestre è quanto mai elegante e vi compaiono anche alcune belle iscrizioni. La più raffinata è quella sulla lastra al di sopra del portale principale, che celebra il finanziatore della costruzione. Attraverso un vestibolo si entra in un primo ambiente da cui una scala conduce al piano reale, dove si trovano alcune piccole stanze e la loggia del sultano; il passaggio che corre dietro quest'ultima spiega l'esistenza della inusuale finestra al di sopra del portale principale. Da questa posizione privilegiata il sultano poteva guardare, attraverso il consueto cortile interno, dotato di una fontana e di un bacino di eccezionale bellezza, verso un rivoluzionario e grande miḥrāb. La particolarità di tale struttura sta nel fatto che essa è realizzata con piastrelle prodotte dai maestri ceramisti di Tabrīz (Iran), che lavorarono utilizzando una vivida tavolozza di colori e la tecnica della cera persa. Un'iscrizione in persiano posta nella loggia reale (mahfil) attribuisce la decorazione ceramica di questo ambiente, che raggiunge il suo massimo splendore nella volta dorata, a Mehmet l'Eccentrico, artigiano di grande rigore esecutivo. Cornici floreali disposte intorno a campi di mattonelle monocrome si trovano in altre parti dell'edificio, tra cui le logge dei visir ubicate al piano terreno, ma nei grandi ambienti aperti posti su ogni lato del cortile e altrove nella moschea e nel mausoleo si ritrovano piastrelle di un profondo color verde di varia intensità, che traspare attraverso un sottile reticolo d'oro. Le consuete stanze invernali presentano la normale - peraltro sempre di alta qualità - decorazione a stucco su intelaiatura di ferro per scaffalature decorative e per la cappa posta al di sopra del focolare. Il rivestimento del muro è a stelle blu con raggi più scuri che si intersecano per dare la sensazione di un cielo in costante movimento. Il rivestimento ceramico del mausoleo e del suo miḥrāb, della medesima altissima qualità, venne distrutto nel 1855.Il tipo di Grande moschea ipostila, basato sullo schema della moschea congregazionale del Venerdì, la cui sala di preghiera era scandita da serie di pilastri, non godette di popolarità presso gli Ottomani. L'esempio più significativo è costituito dalla fondazione di Yıldırım Bayazid a Bursa, cominciata nel 1396 o 1397 e completata nel 1399 o 1400. Sviluppata su di un'area di m 50-63, essa presenta venti cupole di uguali dimensioni, con l'asse centrale sottolineato solo da una maggiore altezza dei tamburi; le coperture sono sorrette da pilastri, ora decorati da iscrizioni che risalgono alla fine del sec. 18° o ai primi decenni del successivo. I pilastri conferiscono all'edificio una sensazione di forza e allo spazio un certo mistero. Il minbar viene considerato come il più raffinato prodotto di carpenteria dell'epoca. Questa tipologia di copertura si ritrova anche nella citata Eski Cami di Edirne, che prevede però solo nove cupole di dimensioni maggiori.Gli edifici termali (hammam) continuarono a essere anche in epoca ottomana importanti centri di vita sociale sia per gli uomini sia per le donne. L'impianto di base era costituito da un grande spogliatoio cupolato, una sala fredda e una sala riscaldata con una piattaforma centrale per il massaggio e rubinetti alle pareti. Le sorgenti calde di Bursa permisero la realizzazione di terme su scala più grande, con una piscina di acqua calda per il nuoto.In quest'epoca i caravanserragli venivano costruiti in pietra e il mercato si sviluppava intorno al nucleo centrale. Gli esemplari presenti a Bursa, peraltro già gravemente segnati da incendi e terremoti, sono stati tutti ricostruiti.Ove si escludano le opere architettoniche, non si conoscono manifestazioni artistiche di particolare rilevanza nell'arte ottomana prima del 15° secolo. Non vi sono tracce significative, per es., di una produzione di oggetti in metallo, fatta eccezione per sporadiche testimonianze, come una coppa datata 730 a.E./1329, che risalirebbe a Orhan Gazi (Parigi, Louvre; Ölçer, 1985, p. 275). È semmai nella produzione ceramica che può essere operata una classificazione organica, come ha proposto Aslanapa (1965), che ha identificato una fase proto-ottomana, con origini nella seconda metà del sec. 14°, che annovera esempi di vasellame e ceramica destinata alla decorazione architettonica.Un discorso a sé stante merita la produzione di tappeti, che, anche senza aver lasciato esemplari del sec. 14°, trova un riscontro significativo nella pittura occidentale, fra le cui opere si possono osservare riprodotti tappeti con figure animali fortemente stilizzate (Aslanapa, 1971, p. 295).Prima del sec. 15° non sono note attestazioni significative di miniatura ottomana, mentre va ricordata la produzione numismatica realizzata sotto i primi O., di cui gli esemplari monetali risalenti a Orhan Gazi e a suo figlio Murad I costituiscono le testimonianze più rilevanti per il periodo protoottomano (Wilski, 1985, p. 121).
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