Ovaio
L'ovaio, detto anche gonade femminile, è un organo pari e simmetrico, situato ai lati dell'utero, in prossimità delle pareti laterali della pelvi femminile, con forma e grandezza paragonabili a quelle di una grossa mandorla. Le ovaie sono equivalenti ai testicoli del maschio e sono importanti sia dal punto di vista riproduttivo, in quanto producono le cellule germinali femminili od ovociti, sia dal punto di vista endocrinologico, in quanto espletano la funzione di secernere ormoni (estrogeni, progesterone e piccole quantità di androgeni; v. cap. Pelvi, Organi genitali femminili).
1.
Le gonadi sono organi specializzati per la produzione dei gameti e come tali presenti, in maniera più o meno evoluta, in quasi tutti gli organismi pluricellulari a riproduzione sessuata, piante comprese. In alcuni animali meno evoluti, come le Spugne o gli anemoni di mare, mancano tuttavia veri e propri organi: le cellule germinali si formano in zone non differenziate e si trovano sparse nel mesenchima. Se nei Vertebrati la riproduzione sessuata con sessi distinti è la condizione pressoché generalizzata, negli Invertebrati si possono trovare casi di ermafroditismo, in cui i gameti dei due sessi sono prodotti da uno stesso individuo, che possiede entrambe le gonadi, o addirittura da una stessa gonade, come avviene nelle lumache: in ogni caso, tuttavia, viene impedita o resa difficile l'autofecondazione, proprio per garantire quello che è il punto cruciale della riproduzione sessuata e cioè il mescolamento di due patrimoni genetici diversi. Negli Invertebrati, il numero delle gonadi femminili varia da una nei Molluschi, a due nei vermi cilindrici, a diversi sacchetti nei vermi a nastro. Negli Insetti l'ovario è in genere costituito da un numero variabile, da uno a qualche migliaio, di ovarioli, i quali sboccano in un ovidotto; essi contengono le cellule germinali e spesso cellule che servono al nutrimento degli ovociti. Nei Vertebrati l'ovario è generalmente costituito da una parte interna, midollare, e da una parte esterna, corticale: solo in alcuni Pesci il differenziamento tra queste due parti non è evidente.
Gli ovari degli squali e dei Mammiferi placentati sono organi compatti, a differenza di quanto si riscontra nella gran parte dei Vertebrati: infatti, gli ovari di molti Pesci ossei presentano una cavità centrale, quelli degli Anuri e degli Urodeli hanno l'aspetto di sacchi ripiegati e quelli di alcuni Rettili, degli Uccelli e dei Mammiferi monotremi mostrano numerose lacune interne, irregolari e ripiene di liquido. La cavità presente negli ovari dei Pesci ossei deriva dall'inglobamento di una piccola parte della cavità celomatica entro le creste genitali che si ripiegano durante il loro differenziamento come gonadi femminili: queste si sviluppano alla stregua di lamine espanse e poco spesse, che si piegano a doccia e, dopo la chiusura dei margini, formano un ovario a sacco; ne risulta una cavità ovarica rivestita internamente dall'epitelio germinale in continuità diretta con la cavità dell'ovidotto; in questa cavità sono rilasciate le uova e al suo interno, nelle specie vivipare, si sviluppano i piccoli. Altre specie presentano una cavità ovarica di diversa origine: si tratta di un'escavazione secondaria che inizia al centro dell'ovario a ogni ovulazione; le uova vengono emesse centralmente. L'epitelio germinale di gran parte degli altri tipi di ovari, siano compatti, a sacco o con lacune, è disposto in superficie (in un cortex ovarico), subito al di sotto del peritoneo viscerale; le uova vengono rilasciate nella cavità celomatica per passare poi nell'ovidotto.
Nei Pesci cartilaginei gli ovari sono voluminosi e a grappolo e producono grosse uova ricchissime di vitello; in alcune forme si ha un'unica massa di tessuto ovarico, che probabilmente deriva da uno sviluppo preponderante della gonade destra, piuttosto che dalla fusione dei due ovari. Per la riproduzione gli Anfibi ritornano alle acque, deponendo uova di media grossezza e piuttosto numerose, prodotte in voluminosi ovari a grappoli. Anche nei Rettili i due ovari sono a grappolo e liberano nel peritoneo grosse uova, accolte poi negli ovidotti. Negli Uccelli si abbozzano negli embrioni di sesso femminile due gonadi, ma poi si accresce, si sviluppa e diventa funzionale solo quella sinistra, mentre la destra rimane rudimentale. I segni di questa vistosissima asimmetria si riconoscono fin da stadi embrionali molto precoci, a 9-10 giorni di sviluppo. In una gallina di 1 mese l'ovario sinistro ha già un notevole sviluppo e la tipica struttura a grappolo. Gli ovari dei Mammiferi placentati sono compatti e le uniche escavazioni sono rappresentate dalle cavità follicolari ripiene di liquido (follicoli di Graaf), che compaiono durante la fase preovulatoria o di preparazione all'ovulazione. Il numero di uova è generalmente piccolo nei Mammiferi (da 1 a 3), a eccezione di alcuni Carnivori e piccoli Roditori nei quali è più elevato.
Una situazione particolare si realizza nell'elefante africano, nel quale a ogni ovulazione vengono emesse anche più di 50 uova, delle quali se ne impianta nell'utero al massimo un paio. Il follicolo di Graaf completamente maturo sporge sulla superficie dell'ovario dei Mammiferi; la sua parete, diventata via via più sottile nelle ore precedenti l'ovulazione, si rompe e ciò consente il rilascio nella cavità celomatica dell'ovocita secondario, a cui resta adeso uno strato di cellule follicolari che costituiscono la corona radiata. Dopo l'ovulazione, le cellule rimaste nel follicolo si organizzano, per azione dell'ormone luteinizzante ipofisario, nel corpo luteo, che secerne il progesterone necessario per il proseguimento della gravidanza; prima dell'ovulazione le cellule follicolari secernono, invece, prevalentemente ormoni estrogeni. La formazione del corpo luteo non è limitata ai Mammiferi, ma è stata identificata in ogni classe dei Vertebrati con specie ovovivipare e vivipare.
2.
Nell'embrione umano di 3 settimane, le cellule germinali indifferenziate, i goni, si spostano dalla parete posteriore del sacco vitellino verso le creste genitali, dove la parte corticale prolifera costituendo i cordoni genitali primordiali, che nell'embrione femminile subiranno una degenerazione, con una migrazione delle cellule germinali primordiali verso la regione esterna, o corteccia, della cresta genitale. Nell'embrione umano i corpi genitali sono evidenti tra la 6ª e la 7ª settimana; sono uguali nel maschio e nella femmina e quindi non ancora riconoscibili come ovaie o testicoli: il differenziamento avviene tra l'8ª e la 9ª settimana. All'inizio della vita embrionale vi è infatti uno stadio indifferenziato durante il quale le gonadi procedono nel loro sviluppo senza un orientamento preciso verso uno dei due sessi. Questo avviene perché i primi stadi di sviluppo sono condizionati principalmente dall'uovo: l'influenza dello spermatozoo, e quindi la determinazione del sesso in base alla presenza o meno del cromosoma Y, si rende evidente solo successivamente. Il sesso del nascituro sembra infatti dipendere da un unico gene posto sul cromosoma Y, il quale codifica una proteina regolatrice che innesca altri geni, i quali a loro volta porteranno al differenziamento delle gonadi primitive in testicoli. In assenza di questo gene, le gonadi daranno origine alle ovaie, le quali si formano quindi in posizione identica ai testicoli e subiscono poi uno spostamento che le porta da una posizione dorsale e paramediana a una più laterale, caudale e profonda della regione pelvica.
1.
Nella donna adulta in età fertile l'ovaio è lungo circa 2-4 cm, spesso 1-2 cm e largo 2-3 cm. Tali dimensioni, tuttavia, possono aumentare durante il ciclo ovarico, per la presenza di follicoli o corpi lutei, e nel 1° trimestre di gravidanza, per la presenza del corpo luteo gravidico. Dopo la menopausa, invece, le ovaie vanno incontro a un processo di involuzione (atrofia senile) che determina una diminuzione del loro volume. Il peso è di circa 6-8 g. La gonade appare di un color grigio-rosato, piuttosto opaca e irregolare rispetto agli organi circostanti. L'irregolarità, in età fertile, è dovuta alla presenza di vescicole sottostanti (follicoli o corpi lutei), che determinano sporgenze sulla superficie dell'ovaio. L'opacità, invece, è da mettere in relazione con l'ovulazione e cioè con la 'rottura' della superficie ovarica (necessaria per consentire la fuoriuscita dell'ovocita), che viene poi riparata con la formazione di una cicatrice, la quale in seguito si retrae; ciò determina a ogni ciclo una depressione sulla superficie ovarica, che nell'età fertile diventa sempre più irregolare.
Nell'ovaio si distinguono due facce (mediale e laterale), due margini (anteriore e posteriore) e due poli o estremità (superiore e inferiore). La faccia mediale guarda verso la cavità pelvica, quella laterale è in contatto con il peritoneo parietale che riveste le pareti laterali della pelvi. Il margine anteriore (o mesovarico) si congiunge al foglietto posteriore del legamento largo tramite una piega peritoneale che prende il nome di mesovario. Da questo margine entrano ed escono dalla gonade femminile vasi e nervi; è pertanto definito come ilo dell'ovaio. Il margine posteriore, invece, è libero. Il polo superiore (o tubarico) è connesso, tramite la fimbria ovarica, all'infundibulo della tuba uterina; il polo inferiore (o uterino) si continua nel legamento uterovarico, che lo congiunge al margine laterale dell'utero. La sede anatomica abituale dell'ovaio è una depressione della parete posterolaterale della piccola pelvi, la fossetta ovarica (o di Krause), delimitata posteriormente dall'uretere, anteriormente dall'inserzione del legamento largo, superiormente dai vasi iliaci esterni e inferiormente dall'origine dell'arteria uterina. L'ovaio è tuttavia molto mobile, in quanto è facilmente spostabile a seconda dello stato degli organi vicini; per es., può seguire l'utero in tutti i suoi spostamenti fisiologici, allontanandosi dalla sua sede abituale. Nel corso della gravidanza è dislocato in alto; dopo il parto, soprattutto nelle donne che hanno avuto più di un figlio, può scendere verso il basso (ovaio prolassato), fino a raggiungere lo sfondato di Douglas.
Pertanto, non è corretto parlare di una posizione dell'ovaio normale e costante, ma bisogna piuttosto considerare la possibilità che tale posizione si modifichi anche in condizioni perfettamente fisiologiche. Come per il corpo uterino, l'ampia mobilità descritta è dovuta alla lassità ed estensibilità dei legamenti. Il legamento sospensore (o infundibolopelvico) è nastriforme e risulta essenzialmente costituito dai vasi e nervi ovarici (circondati da fasci di tessuto connettivo e muscolare) che, dalla parete laterale della pelvi, si portano all'ilo dell'ovaio. Il legamento tubovarico assicura il rapporto tra l'ovaio e la tuba, portandosi dal polo ovarico superiore all'ostio addominale della tuba. Il legamento uterovarico è costituito da tessuto connettivo e da fibrocellule muscolari lisce e va dal polo inferiore dell'ovaio all'angolo superolaterale dell'utero, poco al di sotto e dietro all'inserzione delle tube, sollevando il foglietto posteriore del legamento largo. Il mesovario va dal foglietto posteriore del legamento largo al margine anteriore dell'ovaio e risulta costituito da due foglietti peritoneali, tra i quali decorrono vasi e nervi destinati all'ovaio. I due foglietti si separano a livello dell'ilo e continuano per breve tratto sulle due facce dell'ovaio, fino a terminare bruscamente lungo una linea denominata di Farre-Waldeyer.
L'ovaio ha una duplice irrorazione: dall'arteria ovarica e dal ramo ovarico dell'arteria uterina. L'arteria ovarica origina dall'aorta discendente, in prossimità della seconda vertebra lombare, raggiunge il mesovario attraverso il legamento sospensore e, dopo aver dato un ramo tubarico, prosegue per anastomizzarsi a pieno canale con il ramo ovarico dell'arteria uterina. Dall'arcata che si viene a formare si diparte una decina di rami che penetrano nell'ilo dell'ovaio e ne raggiungono il centro. Da qui hanno origine numerose arteriole spirali che, con direzione radiale, si portano verso la superficie ovarica. Dai sottili vasi che seguono il decorso delle arteriole della gonade si formano vene che drenano verso l'ilo ovarico e che nel mesovario formano il plesso pampiniforme. Quest'ultimo si scarica nelle vene ovariche, che confluiscono a destra nella vena cava inferiore, a sinistra nella vena renale. Un gruppo mediale di vasi venosi termina nelle vene uterine. I vasi linfatici si portano prevalentemente ai linfonodi pre- e para-aortici. L'innervazione è costituita prevalentemente da fibre simpatiche, tuttavia sono presenti anche fibre parasimpatiche e sensitive. I nervi provengono dal plesso ovarico (plesso celiaco), che segue l'arteria ovarica, e dal plesso uterovarico (plesso pelvico), che accompagna l'arteria uterina. Una volta penetrate nell'ilo dell'ovaio, le fibre nervose seguono per lo più la disposizione dei vasi.
Procedendo dall'interno verso l'esterno, si possono distinguere nell'ovaio due zone distinte: la midollare, profonda e di colore rosso, e la corticale, periferica e rosa-grigiastra, nella quale si trovano gli organuli ovarici. In superficie l'ovaio è ricoperto dall'epitelio superficiale (o germinativo, termine ancora in uso, ma in realtà improprio, in quanto motivato dall'ipotesi non rispondente al vero che da esso derivassero i gameti), mentre il peritoneo riveste solo in minima parte la gonade, arrestandosi lungo la linea di Farre-Waldeyer. L'epitelio superficiale è fragile e sottile; ha un'elevata capacità rigenerativa, molto utile in seguito alla deiscenza del follicolo, ma stranamente non risponde agli stimoli ormonali. Tale epitelio poggia su uno strato connettivale biancastro, ricco di fibre collagene, la falsa albuginea (così chiamata per distinguerla dalla vera albuginea del maschio), che si continua in profondità con lo stroma di sostegno della corticale, dal quale deriva, e che può avere uno spessore variabile, tendente ad aumentare in età avanzata. La midollare è detta anche zona vascolare; ha aspetto spugnoso e colorazione rossa, come già detto, per la presenza di numerosi vasi che l'attraversano. Tali strutture vascolari sanguigne e linfatiche si dirigono con decorso elicoidale (arterie a cavaturacciolo) verso la corticale, al di sotto della quale le arteriole formano delle arcate che si uniscono fra loro. In prossimità dell'ilo si trovano le cellule dette ilari che sono omologhe di quelle interstiziali (di Leydig) del testicolo; queste cellule sono responsabili della produzione di androgeni e, in rari casi, possono dare origine a tumori virilizzanti.
Un'altra analogia con la gonade maschile è rappresentata dalla rete ovarii, un residuo embrionario formato da cordoni situati sempre in prossimità dell'ilo, che corrisponde alla rete testis presente nel maschio. La corticale dell'ovaio è la regione periferica, situata al di sotto dell'epitelio ovarico. Ha uno spessore variabile da 2 a 10 µm ed è formata dallo stroma connettivale e dagli organuli ovarici (follicoli oofori e corpi lutei). Lo stroma corticale non è presente in prossimità dell'ilo, dove circonda gli organuli contraendo rapporti tanto stretti da renderne pressoché impossibile una netta separazione. Nel connettivo stromale si trovano numerose cellule fusate, che hanno la capacità di differenziarsi in elementi endocrini, potendo trasformarsi in cellule tecali e luteiniche, capaci di produrre ormoni femminili in sinergismo con le cellule della granulosa (di origine follicolare). Le cellule fusate, tuttavia, possono anche dare origine a piccoli gruppi di elementi endocrini sparsi nello stroma corticale, responsabili della produzione di androgeni. Gli organuli ovarici sono costituiti da una serie di formazioni che rappresentano fasi diverse del processo evolutivo del follicolo ooforo, cosicché, mentre nell'età prepubere si nota solo un grande numero di follicoli primitivi, in età senile la corticale è sostituita da tessuto connettivo denso. Alla nascita il numero degli organuli è elevatissimo (circa 1.000.000), ma si riduce gradualmente, tanto che alla pubertà si aggira intorno ai 400.000. Dei follicoli primordiali solo un certo numero (400-500) potrà raggiungere la maturazione completa (follicoli evolutivi), mentre gli altri (follicoli involutivi) verranno riassorbiti o si muteranno in formazioni atresiche o cistiche, non utili per la gametogenesi, ma capaci di produrre sostanze ormonali. I follicoli evolutivi attraversano i seguenti stadi di sviluppo: follicoli primordiali, follicoli primari, follicoli secondari, follicoli cavitari, follicoli maturi o dominanti.
A ovulazione avvenuta, la tappa maturativa finale è costituita dalla trasformazione del follicolo in corpo luteo. Il follicolo primordiale, del diametro di circa 30 µm, è costituito da una cellula uovo centrale, circondata da una fila di cellule appiattite, dette cellule follicolari. Nel follicolo primario le cellule follicolari diventano cubiche. L'ovocita diventa più voluminoso e il diametro è leggermente maggiore di quello dei follicoli primordiali. La caratteristica più evidente del follicolo secondario è rappresentata dalla moltiplicazione delle cellule follicolari, che si dispongono in più strati. Tra queste cellule, inoltre, si formano dei piccoli spazi contenenti liquido. L'ovocita presenta delle estroflessioni della sua membrana che cominciano a separarlo dalle cellule follicolari (zona pellucida). In questa fase le cellule follicolari prendono il nome di cellule della granulosa. Per la confluenza degli spazi contenenti liquido situati tra le cellule follicolari, si forma una cavità (o antro) follicolare, rispetto alla quale l'ovocita non è più centrale, ma situato su una parete del follicolo e coperto da un gruppo di cellule della granulosa che prende il nome di cumulo ooforo. L'ovocita del follicolo cavitario raggiunge le sue dimensioni definitive (125-150 µm) e la zona pellucida diventa molto evidente. Le cellule della granulosa che circondano l'ovocita si dispongono intorno alle estroflessioni della zona pellucida, assumendo una direzione a raggiera, e formano nel loro insieme la corona radiata. Alla periferia del follicolo, intanto, gli elementi connettivali si organizzano in due strati distinti, la teca esterna, che assume l'aspetto di un ispessimento dello stroma circostante, e la teca interna, formata da cellule ricche di lipidi e dotate di funzione endocrina, in quanto capaci di secernere estrogeni.
Normalmente, solo un follicolo cavitario per ogni ciclo ovarico raggiunge lo stadio di follicolo maturo o dominante (di Graaf) mentre gli altri, dopo una prima fase di accrescimento (reclutamento), vanno incontro a involuzione. Il follicolo maturo ha un aspetto cistico, raggiungendo il diametro di 18-22 mm. Le sue dimensioni sono tali da determinare una sporgenza sulla superficie dell'ovaio, a livello della quale (stigma) il follicolo si rompe e l'ovocita viene espulso (ovulazione), insieme alle cellule del cumulo ooforo. Nel periodo fertile di una donna, l'ovulazione si verifica periodicamente, con intervalli di circa 28 giorni. Nel follicolo maturo l'ovocita porta a termine una divisione cellulare (I divisione meiotica) dalla quale hanno origine un ovocita detto di secondo ordine e una cellula più piccola, il globulo polare. Il fenomeno ha una grande importanza dal punto di vista riproduttivo, poiché permette la formazione di un ovocita con la metà dei cromosomi delle altre cellule dell'organismo (corredo cromosomico aploide). Se, dopo l'espulsione, l'ovocita di secondo ordine dovesse essere fecondato, cioè penetrato dallo spermatozoo maschile, potrà completarsi anche la II divisione meiotica, con formazione dell'uovo maturo e del secondo globulo polare.
Nel follicolo appena scoppiato, l'apertura, che si è prodotta in seguito alla rottura della superficie ovarica, viene riparata. In un primo momento le pareti si afflosciano per la fuoriuscita del liquido follicolare e per la compressione dei tessuti circostanti. Lo strato interno della parete si ripiega e circonda una zona emorragica centrale, prodotta dall'invasione vascolare da parte di capillari provenienti dalla teca, che superano le cellule della granulosa e raggiungono la cavità antrale. Si forma così un coagulo, che, in seguito alla migrazione di elementi connettivali, si organizza. Le cellule della granulosa aumentano di volume e contengono nel loro citoplasma un pigmento giallo ricco di lipidi (luteina); in questa fase tali cellule prendono il nome di cellule luteiniche. L'insieme di queste strutture funziona come un organo endocrino, la cui principale funzione è quella di secernere progesterone. Le cellule della teca, invece, si assottigliano e vengono indicate come cellule tecoluteiniche, più piccole delle luteiniche, e producono prevalentemente estrogeni.
Se non si instaura una gravidanza, il corpo luteo viene detto mestruale; se, invece, ha luogo la fecondazione, si parlerà di corpo luteo gravidico. Il corpo luteo mestruale dura in genere solo 12-14 giorni, poi degenera; quello gravidico è più voluminoso, soprattutto nei primi 3 mesi di gestazione, mentre successivamente regredisce. Dopo il periodo di attività, in seguito ai processi involutivi, lo stroma connettivale tende a sostituire le cellule luteiniche, portando alla formazione di un corpo fibroso. L'attività ovarica della donna si verifica dalla pubertà alla menopausa, dopo l'avvenuta maturazione dell'asse ipotalamo-ipofisario. L'ovulazione, che, come accennato in precedenza (v. sopra), ha luogo periodicamente, a intervalli di circa 28 giorni, può presentare variazioni fisiologiche individuali (tra i 24 e i 35 giorni) ed è strettamente collegata al fenomeno mestruale. La selezione del follicolo dominante (uno per ciclo ovarico, come già detto) avviene con modalità non ancora ben conosciute. Per comprendere esattamente il ciclo ovarico, tuttavia, bisogna tenere presenti la fisiologia dei centri regolatori (ipotalamici e ipofisari) e le modificazioni cicliche dell'endometrio. In base all'attività endocrina, si possono distinguere nel ciclo ovarico tre fasi: estrogenica, ovulatoria e progesteronica.
L'evoluzione della crescita follicolare si verifica in relazione a fattori genetici e intraovarici; è pertanto indipendente dal controllo dell'asse ipotalamo-ipofisario. Dopo la pubertà, invece, all'inizio di ogni ciclo ovarico (fase estrogenica), e in risposta a stimoli provenienti dal torrente circolatorio e dalla corteccia cerebrale, l'ipotalamo secerne dei fattori liberatori (Releasing hormone per le gonadotropine, o GnRH), i quali agiscono sull'ipofisi anteriore, determinando la liberazione di ormone follicolostimolante (FSH, Follicle stimulating hormone). Anche in questa fase l'ipofisi produce piccole quantità di ormone luteinizzante (LH, Luteinizing hormone), che inizia un'azione stimolante sulle cellule tecali. L'FSH, invece, determina nell'ovaio la stimolazione di un certo numero di follicoli primordiali, che iniziano il processo di accrescimento e maturazione (reclutamento). L'ormone follicolostimolante agisce soprattutto a livello delle cellule della granulosa, che iniziano un'intensa attività proliferativa e secretiva. Ciò è reso possibile dalla comparsa sulle cellule della granulosa di recettori specifici per la gonadotropina FSH, per gli estrogeni e per gli androgeni. L'FSH, in particolare, agisce esclusivamente sulle cellule della granulosa, stimolandone la proliferazione e secrezione e favorendo la produzione di enzimi (aromatasi) capaci di convertire gli androgeni in estrogeni (estradiolo). Questi ultimi inducono un aumento del numero dei propri recettori sulle cellule della granulosa e ne stimolano i processi mitotici, potenziando l'azione dell'FSH.
L'azione sinergica dell'estradiolo e dell'FSH, inoltre, induce la comparsa dei recettori specifici per l'LH, i quali costituiscono uno stimolo ulteriore per la produzione estrogenica. Gli estrogeni circolanti, da un lato, stimolano le cellule endometriali verso l'attiva proliferazione, che è caratteristica della prima metà del ciclo mestruale, dall'altro agiscono a livello ipotalamico, favorendo la secrezione di un fattore il quale libera ormone luteinizzante (LH-RH). Intorno al 14° giorno del ciclo (fase ovulatoria), l'elevato tasso circolante degli estrogeni agisce come stimolo retrogrado (feedback) positivo a livello ipotalamo-ipofisario, determinando sia una brusca elevazione (picco) dell'LH, sia un aumento dell'FSH. In risposta al picco dell'LH, nel follicolo maturo si verifica una serie di modificazioni, che culmina con la rottura del follicolo e l'espulsione dell'ovocita (ovulazione); è opportuno sottolineare che il picco dell'LH sembrerebbe essere responsabile anche della riattivazione della meiosi nell'ovocita e della sintesi di prostaglandine, funzioni essenziali per la rottura del follicolo.
L'aumento dell'FSH, invece, agirebbe attivando alcuni sistemi enzimatici (plasminogeno, ialuronidasi), importanti nella dissoluzione della parete follicolare prima della rottura, e favorirebbe l'aumento dei recettori per l'LH. Successivamente, nella fase progesteronica (o postovulatoria o luteinica), il follicolo va incontro alla trasformazione in corpo luteo, la cui funzione principale è quella di secernere progesterone. Questo ormone è prodotto dalle cellule luteiniche di origine granulosa e raggiunge il massimo livello circa 7-10 giorni dopo l'ovulazione (21°-24° giorno del ciclo); agisce allora con meccanismo retrogrado (feedback) negativo sull'ipotalamo, con conseguente caduta della produzione di LH ipofisario. Il corpo luteo, in questo caso, regredisce rapidamente trasformandosi in corpo fibroso. Il progesterone secreto dal corpo luteo agisce principalmente a livello endometriale, favorendo la secrezione ghiandolare. Sotto questo stimolo l'endometrio si ispessisce e l'utero diventa pronto ad accogliere un embrione. La progressiva regressione del corpo luteo e la mancata fecondazione dell'ovocita determinano delle modificazioni involutive dello strato funzionale dell'endometrio, che portano allo sfaldamento e all'espulsione della mucosa, caratteristici della fase mestruale del ciclo.
Se si instaura una gravidanza, invece, l'attività del corpo luteo si prolunga per circa 3 mesi, sostenuta dall'azione LH-simile della gonadotropina corionica (HCG, Human chorionic gonadotropin), secreta dalle cellule del citotrofoblasto; la produzione di progesterone, tuttavia, in gravidanza continua a opera della placenta.
2.
L'ovaio può essere affetto da varie lesioni di origine congenita, infiammatoria o funzionale. Piuttosto usuale è il riscontro di formazioni funzionali, che comprendono cisti follicolari, cisti luteiniche e corpi lutei emorragici. Si tratta di affezioni che non hanno caratteristiche proliferative, ma origine disfunzionale. Sono caratteristiche dell'età fertile della donna e molto spesso vanno spontaneamente incontro a regressione. Accanto alle formazioni funzionali, va collocata la sindrome dell'ovaio policistico, nella quale prevale l'aspetto disendocrino, con alterazioni ormonali a vari livelli. Molto frequente in età riproduttiva è l'endometriosi ovarica, caratterizzata dalla presenza sull'ovaio di isole di tessuto endometriale, da cui originano cisti contenenti materiale ematico più o meno organizzato.
Un cenno a parte per le caratteristiche peculiari merita la cisti dermoide, che origina da cellule primordiali germinative e contiene elementi spesso ben differenziati; nell'interno, pertanto, possono essere ritrovati capelli, peli, denti, aree cartilaginee. Può essere bilaterale. L'ovaio, inoltre, può presentare una lesione solida, l'adenofibroma. Si tratta di una formazione di origine connettivale, dalla consistenza dura, simile al fibromioma uterino. Altre lesioni cistiche, infine, derivano dalla proliferazione tumorale benigna di elementi dell'epitelio di rivestimento ovarico; in questo ambito quelle di più frequente riscontro sono il cistoadenoma sieroso e quello mucinoso. Nella maggior parte dei casi le cisti, soprattutto se di piccole dimensioni, sono asintomatiche. Il sintomo più usuale è il dolore (quasi sempre presente in caso di endometriosi); se subentrano delle complicanze (torsione o rottura della cisti), si può arrivare a un quadro di addome acuto. Altro sintomo possibile è la presenza di irregolarità mestruali, legate all'eventuale attività funzionale della cisti con iperproduzione ormonale.
Il carcinoma dell'ovaio è un tumore epiteliale maligno che colpisce prevalentemente donne nella quinta decade di vita. I principali fattori di rischio per questo tipo di neoplasia sono un ambiente iperestrogenico e la familiarità. La lesione si può presentare in forma cistica o solida; i tipi istologici più frequenti sono il cisto-adenocarcinoma sieroso, mucinoso e quello endometrioide. La sintomatologia, specialmente nelle fasi iniziali della malattia, può essere del tutto assente; quando è presente, consiste in perdite ematiche anomale (molto sospette se compaiono in postmenopausa) o dolore, che compare solo tardivamente, quando la neoplasia ha coinvolto organi pelvici o addominali, infiltrandoli o semplicemente comprimendoli. Per le neoplasie di dimensioni maggiori oppure associate alla presenza di liquido nella cavità peritoneale (ascite) si può avere uno spiccato aumento di volume dell'addome, accompagnato da un dimagrimento generale. La disseminazione del tumore è prevalentemente intraperitoneale, ma nelle fasi avanzate di malattia si può verificare la diffusione, per via linfatica o ematica, a organi distanti dalla pelvi. In particolare, questi tumori si diffondono per: 1) disseminazione diretta al peritoneo pelvico, alla superficie degli organi pelvici, all'omento, nel fluido peritoneale; 2) trasporto mediante la circolazione del fluido endoperitoneale alle docce paracoliche, alla superficie sottodiaframmatica ed epatica; 3) drenaggio linfatico retroperitoneale ai linfonodi para-aortici, renali, pelvici, inguinali; 4) via intratubarica all'endometrio; 5) via ematica con metastasi a distanza (fegato 10%, polmoni e pleura 15%, ossa 4% ecc.).
La diagnosi precoce è difficile, poiché le piccole tumefazioni annessiali possono sfuggire all'esame ginecologico. Gli esami più utili sono: l'ecografia pelvica (soprattutto per via transvaginale) e la laparoscopia diagnostica; la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica sono, invece, indicate per la valutazione della diffusione della malattia (stadiazione). Una completa determinazione dello stadio in cui si trova un carcinoma dell'ovaio si deve basare, tuttavia, sull'esame clinico e sull'esplorazione chirurgica, in accordo con la classificazione della Federazione internazionale di ginecologia e ostetricia (FIGO) riportata in tabella. La terapia è chirurgica e chemioterapica, a seconda della diffusione della malattia. Il carcinoma dell'ovaio è la neoplasia genitale femminile a più elevata mortalità. La prognosi è a tutt'oggi molto sfavorevole; la sopravvivenza complessiva a 5 anni è solo del 25-35%. Il tipo istologico del tumore, tuttavia, condiziona notevolmente la prognosi: nelle pazienti con malattia allo stadio I la sopravvivenza a 5 anni è del 52% nei tumori endometrioidi, del 46% in quelli mucinosi, del 39% in quelli sierosi, del 5% in quelli indifferenziati.
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