Rimborso, overruling e principio di effettività
A seguito di un nuovo dibattito, con una recente sentenza, le Sezioni Unite della Corte di cassazione ritornano sul tema del decorso dei termini per le azioni di rimborso dei tributi in caso di sopravvenuta pronuncia interpretativa della Corte di giustizia, che abbia rilevato l’incompatibilità comunitaria di una norma impositiva. In questa sede si difende la disciplina nazionale, confermando l’impostazione tradizionale, secondo la quale i termini di decadenza devono decorrere sempre dal versamento dei tributi. La posizione desta qualche perplessità alla luce del sistema europeo e, in particolare, dei valori sottesi al principio di effettività.
Con la sentenza n. 13676 del 16.6.2014, la Suprema Corte di legittimità a Sezioni Unite si pronuncia sulla nota questione del decorso dei termini per l’esercizio dell’azione di rimborso dei tributi nel caso di sopravvenuta pronuncia interpretativa della Corte di giustizia.
In questa sede la Corte di cassazione difende i consolidati assetti nazionali della disciplina dell’indebito tributario, asserendo che l’azione di rimborso deve essere esercitata entro termini di decadenza decorrenti dal versamento.
La Corte di legittimità pone, in tal modo, un punto fermo su una questione fondamentale in tema di rimborso, che negli ultimi anni ha nuovamente alimentato un importante dibattito nell’ambito della giurisprudenza nazionale1.
La questione è, per l’appunto, quella della decorrenza dei termini per la presentazione dell’istanza di rimborso (tecnicamente “dies a quo”), nel caso in cui sopravvengano atti (interpretativi) qualificati chemodifichino l’interpretazione consolidata di una norma impositiva in un momento successivo al versamento del tributo. Il mutamento interpretativo viene identificato con il termine overruling (anche revirement)2 e può essere riferibile sia a pronunce della giurisprudenza che ad atti resi (a livello nazionale) dall’Amministrazione finanziaria.
Il dibattito sul tema è stato sollecitato dall’ordinamento comunitario.
La casistica sul punto ha riguardato, infatti, ipotesi di tributi armonizzati o incompatibili in merito ai quali (sulla base del sistema europeo ed al fine di rendere sempre possibile e non eccessivamente onerosa l’attuazione del diritto comunitario) sorge la necessità di rispettare, nella disciplina relativa alla loro restituzione, tutti i corollari del principio di effettività3.
Si tratta, quindi, di comprendere la possibilità di far decorrere i termini (per l’azione di rimborso) dalmomento in cui viene reso pubblico l’atto (interpretativo) qualificato, che modifica l’interpretazione consolidata di una norma impositiva e che rende nota ad ogni contribuente la natura indebita del versamento in precedenza effettuato.
La soluzione di tale questione giuridica coinvolge la disciplina nazionale del rimborso dei tributi, imponendo una scelta importante tra l’impostazione tradizionale interna ed una soluzione più “europea”, informata ai valori dell’effettività della tutela.
1.1 Il dies a quo dell’azione di rimborso
Come noto, la materia tributaria ha accolto il principio di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. per la tutela dei versamenti effettuati senza causa; i termini dell’azione di restituzione decorrono, quindi, dal momento di realizzazione della prestazione indebita4.
In considerazione della specificità della materia tributaria è stata messa a punto una peculiare regolamentazione della suddetta tutela, prevedendo un procedimento articolato su due livelli: una fase amministrativa precontenziosa (necessaria) attivabile su istanza di parte ed una fase processuale (eventuale, dinanzi alle Commissioni tributarie), subordinata alla corretta attivazione della fase amministrativa.
La tutela dell’indebito versamento è quindi avviata attraverso la necessaria presentazione di un’istanza di rimborso da parte del contribuente agli uffici amministrativi, entro termini di decadenza definiti dalla legge, che decorrono dalla prestazione indebita5.
Da tale impostazione la disciplina nazionale in materia di rimborso non si è mai discostata, ribadendola anche in merito alle controversie sulla restituzione dei tributi incompatibili con l’ordinamento europeo. A tale ultimo proposito, infatti, è stato confermato – sulla base del principio comunitario di equivalenza (corollario della effettività) – che anche per la restituzione di tributi incompatibili è necessaria la presentazione di un’istanza di rimborso all’ufficio competente, entro i termini di decadenza stabiliti dalle singole norme impositive e decorrenti dalla prestazione indebita6.
1.2 Dibattito e remissione alle Sezioni Unite
La sentenza delle Sezioni Unite, oggetto di riflessione in questa sede, si è originata da una ordinanza di rimessione, disposta da una Sezione della Suprema Corte, dinanzi ad un contrasto giurisprudenziale.
La questione giuridica (oggetto della rimessione) nasceva dalla sentenza Vergani della Corte di giustizia, con la quale è stata dichiarata l’incompatibilità comunitaria della disposizione nazionale che ha previsto una tassazione differente tra uomini e donne sugli incentivi all’esodo riconosciuti ai lavoratori7.
Nell’ambito di tale questione le Commissioni tributarie di merito hanno deciso a favore del decorso dei termini, per l’esercizio dell’azione di restituzione dei versamenti indebiti, dalla data della decisione della Corte di giustizia.
La sentenza Vergani è stata di poco successiva alla nota questione dell’imposta di consumo sugli oli lubrificanti dichiarata non conforme ai principi comunitari8; nell’ambito di tale questione, in una occasione la Suprema Corte nazionale ha rilevato come il termine per l’esercizio del diritto al rimborso non decorresse dal versamento del tributo, ma dal momento della pronuncia della Corte di giustizia, che aveva evidenziato l’incompatibilità comunitaria9.
Dinanzi a tali posizioni contrastanti sulla medesima questione giuridica, la suddetta Sezione della Suprema Corte, nell’ordinanza di rimessione, rileva la necessità di rivedere il sistema del rimborso dei tributi per quel che attiene alla disciplina delle decadenze, evidenziando l’esistenza di «indici di un processo evolutivo attualmente in corso nell’ordinamento giuridico», di cui è necessario tener conto per ricostruire una disciplina effettiva e realmente allineata ai valori europei10.
La Corte evidenzia come la decadenza non possa operare se il soggetto non ha alcuna colpa o responsabilità in merito all’inutile decorso del tempo, in quanto non ha conoscenza della propria situazione soggettiva e (conseguentemente) della facoltà di farla valere.
Il principio della tutela effettiva dei diritti dovrebbe condurre – pertanto – ad un temperamento della «intangibilità dei meccanismi decadenziali», che si traduca nella necessità di non sanzionare (con una preclusione alla tutela dei diritti) tutte le ipotesi in cui la decadenza sia frutto di errore incolpevole del contribuente, che risulti sostenuto – a causa della presenza di posizioni interpretative stabili – dalla convinzione di aver attuato un comportamento conforme all’ordinamento giuridico vigente. Le Sezioni Unite, come anticipato, non accolgono tali indici evolutivi e confermano la disciplina tradizionale in materia di indebito tributario sulla base delle motivazioni di seguito analiticamente messe in luce.
La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 13676/2014 afferma, con riferimento alla tutela del diritto al rimborso dei tributi indebitamente versati, che costituisce un principio generale quello secondo il quale qualsiasi rapporto giuridico diviene irretrattabile in presenza di determinati eventi, quali la prescrizione o la decadenza, il giudicato e gli altri motivi previsti dalla legge.
In questa sede conferma la necessità che la tutela dell’indebito versamento in materia tributaria sia avviata entro termini di decadenza che decorrono dal versamento in ossequio alla disciplina tradizionale, anche nel caso di una sopravvenuta sentenza interpretativa della Corte di giustizia e, quindi, nelle ipotesi in cui la restituzione dei tributi avvenga per incompatibilità della norma impositiva con le disposizioni europee.
Si tratta di una posizione già adottata, in relazione ai tributi incompatibili, nell’ambito della nota questione della tassa di concessione governativa per l’iscrizione delle società sul registro delle imprese11.
La decisione si basa essenzialmente su tre argomenti, di seguito messi in luce: la disciplina dei termini nelle azioni di rimborso, il principio di equiparazione della restituzione dei tributi incostituzionali con quella dei tributi incompatibili, la non riferibilità al caso in esame della disciplina interna in materia di overruling, nei termini in cui è stata definita dalla Suprema Corte.
2.1 I termini nelle azioni di rimborso
La Corte di cassazione ribadisce il ruolo fondamentale dei termini di decadenza nell’azione di rimborso dei tributi, in quanto espressione del valore generale della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche. La fissazione della durata dei termini di decadenza è una prerogativa generale del legislatore che gode, in questo senso, di una ampia discrezionalità.
La Corte rileva come la previsione di termini di decadenza, nell’ambito della disciplina della tutela delle situazioni giuridiche soggettive, sia ammessa dall’ordinamento europeo, a condizione che tali termini – in ossequio al principio di effettività – siano tali da non rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti. Queste condizioni risultano rispettate dalla disciplina nazionale dei termini di decadenza previsti per le azioni di rimborso, come attestato da diverse pronunce della Corte di giustizia sul tema. In questo modo la disciplina nazionale risulta allineata al principio di effettività.
In tale ricostruzione, come si analizzerà anche nel prosieguo, non viene focalizzata la reale questione sottesa al tema in esame secondo l’ordinamento europeo; i sospetti di lesione del principio di effettività non concernono, infatti, la durata del termine, quanto la disciplina del dies a quo di decorrenza del termine stesso.
Con tale posizione, inoltre, si rigetta la costruzione messa a punto nella ordinanza di rimessione, ove si evidenziava – come rilevato al par. 1.2 – che nella valutazione del decorso dei termini di decadenza sarebbe stato opportuno dare rilievo all’inerzia incolpevole del contribuente, riscontrabile in tutte le ipotesi in cui lo stesso abbia agito in coerenza a posizioni interpretative consolidate, successivamente modificate in sede giurisdizionale o amministrativa.
La Sezione remittente della Suprema Corte, in nome del diritto europeo, aveva effettuato un particolare passaggio in merito alla disciplina dei termini di decadenza; tali termini, infatti, erano trattati alla stregua di quelli di prescrizione dal momento che solo in relazione a questi ultimi dovrebbe, secondo la disciplina giuridica tradizionale, rilevare l’inerzia del soggetto all’esercizio del proprio diritto. Differentemente, i termini di decadenza nascono per garantire (esclusivamente) la certezza del diritto e non riconoscono alcun rilievo al comportamento della parte che senza colpa non abbia esercitato l’azione a tutela del proprio diritto12.
Le Sezioni Unite rigettano tale interpretazione innovativa, che avrebbe progressivamente avvicinato i termini di decadenza a quelli di prescrizione, ribadendo il requisito dell’oggettività del presupposto del decorso del tempo, quale condizione normativa per la maturazione della decadenza.
2.2 Equiparazione con i tributi incostituzionali
Le Sezioni Unite asseriscono l’esistenza di un principio di equiparazione della tutela dei versamenti indebiti tra i casi di norme impositive dichiarate incostituzionali e le fattispecie di tributi incompatibili con il diritto europeo.
Sulla base di tale principio – in considerazione dell’affinità tra le due ipotesi – si applicherebbe alle restituzioni di tributi per contrasto con il diritto europeo la stessa disciplina messa a punto per i casi di dichiarazione di incostituzionalità della norma impositiva.
In questo modo, sono riferiti alla restituzione dei tributi incompatibili i principi elaborati dalla Corte di cassazione nella storica sentenza a S.U. n. 2786/1989, che ha definito le coordinate generali della disciplina del diritto al rimborso, nell’ambito dell’analisi di una fattispecie di restituzione di tributi costituzionalmente illegittimi. In particolare, in questa sede, si è statuito che i termini per l’esercizio dell’azione di rimborso tributario decorrano sempre dal versamento indebito e non dalla sentenza della Corte costituzionale che dichiara l’illegittimità della norma impositiva.
Secondo l’ordinamento nazionale, infatti, i termini di decadenza prendono avvio dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere; tale prerogativa, nel caso di versamento di un tributo in presenza di una norma costituzionalmente illegittima, sussiste – secondo la ricostruzione della Corte costituzionale – già dal giorno successivo al versamento, in quanto ogni contribuente, che sospetti una illegittimità costituzionale di una norma impositiva, può agire per la restituzione dell’indebito versamento, instaurando tempestivamente una controversia, nel corso della quale potrà essere sollevata la questione di costituzionalità.
La soluzione in esame è, inoltre, supportata dalla natura interpretativa delle sentenze emesse dal Giudice delle leggi, che conseguentemente producono i loro effetti retroattivamente.
Gli argomenti essenziali, che fondano la suddetta equiparazione, sono essenzialmente due: la possibilità per ogni contribuente di ricevere, anche nel caso di norma impositiva incompatibile, una tutela sin dal momento del versamento indebito (in considerazione del potere di agire in giudizio per la restituzione, esponendo i propri sospetti di incompatibilità comunitaria della norma) e la natura interpretativa delle sentenze rese nell’ambito del giudizio dinanzi alla Corte di giustizia, che non hanno valore costitutivo di effetti giuridici. Nel caso dei tributi incompatibili, inoltre, non è necessario adire la Corte di giustizia per sancire l’incompatibilità stessa della norma impositiva, sussistendo, come noto, un sindacato diffuso, in base al quale ogni operatore giuridico (giudice o funzionario amministrativo) può risolvere la questione di compatibilità comunitaria attraverso la disapplicazione della norma.
2.3 La rilevanza dell’overruling
La Corte di cassazione ritiene, infine, non possano essere applicati alla fattispecie del rimborso di tributi i principi in materia di overruling, elaborati dalla giurisprudenza nazionale di legittimità.
A livello interno, infatti, si è posta la questione relativa alla possibilità di dare rilievo all’affidamento incolpevole di un soggetto, che abbia conformato i propri comportamenti ad una interpretazione consolidata del diritto vivente, oggetto di una successiva modificazione in sede giurisprudenziale.
Si è, così, ammesso che una interpretazione possa non essere retroattiva ed esplicare i propri effetti per il futuro soltanto laddove ricorrano alcune condizioni necessarie.
In particolare: il mutamento interpretativo deve riguardare una disposizione processuale; tale mutamento deve essere stato imprevedibile ed aver sovvertito l’interpretazione consolidata nel tempo della disposizione; il mutamento medesimo deve aver prodotto, come effetto, una preclusione alla tutela in capo ad un soggetto, che aveva tempestivamente agito per la protezione dei propri diritti13.
Pertanto, l’impostazione nazionale, attualmente accolta, ammette una rilevanza dell’overruling soltanto nel caso di norme di tipo processuale, escludendone ogni possibile applicazione alle disposizioni impositive. Inoltre, come evidenziato nella pronuncia, la rilevanza dell’overruling è valutata in relazione a soggetti che, pur avendo agito tempestivamente per la tutela dei propri diritti, rimarrebbero pregiudicati in tale aspettativa dal sopravvenire di una interpretazione di contenuto differente in merito ad una disposizione.
I principi in esame non risultano, quindi, riferibili al tema del mutamento di interpretazione di una norma impositiva al fine di legittimare la restituzione di tributi incompatibili. In tale ultima ipotesi, infatti, la questione si pone in termini differenti in quanto è necessario ammettere una tutela verso soggetti rimasti inerti nel lasso di tempo del decorso dei termini di decadenza.
La posizione espressa dalle Sezioni Unite in ordine alla mancata rilevanza, ai fini del decorso del termine per l’esercizio dell’azione di rimborso, del sopravvenire di un’interpretazione qualificata della norma impositiva simostra – quindi – coerente con la disciplina nazionale in tema di rimborso dei tributi ed esclude, almeno per il momento, un ripensamento generale in relazione ai principi fondamentali della materia a livello interno.
La posizione non risulta però del tutto convincente, soprattutto in relazione ai valori espressione dell’effettività europea.
Come più volte rilevato, infatti, secondo i principi generali che governano la tutela dei diritti di origine comunitaria, deve essere sempre possibile la protezione di ogni situazione giuridica soggettiva e non sono ammesse disposizioni che rendono difficile, onerosa o non possibile tale protezione14.
In questo senso la posizione espressa dalle Sezioni Unite non si mostra allineata ad un valore generale di coerenza giuridica e di affidabilità dei sistemi normativi, in quanto pregiudica contribuenti adempienti, che hanno versato dei tributi in ossequio ad una interpretazione consolidata delle norme impositive, confidando nella stabilità e nella certezza dell’ordinamento giuridico.
Tali contribuenti potrebbero essere inibiti in ogni possibilità di tutela (in quanto i termini sono inutilmente decorsi) nel momento stesso in cui comprendono che una tutela è possibile, vale a dire quando sopravviene una posizione interpretativa di contenuto differente, che rende loro conoscibile la natura indebita del versamento in precedenza effettuato15.
I termini di decadenza dovrebbero prendere avvio da un fatto che realmente metta in condizione i contribuenti di agire per una protezione.
Nelle ipotesi analizzate, il decorso dei termini dal versamento dei tributi risulta in assoluto poco efficace ai fini della tutela dei contribuenti, dal momento che l’interesse ad agire per la restituzione, in capo a questi ultimi, sorge soltanto a seguito dell’overruling.
In considerazione della specificità e del tecnicismo della materia tributaria, infatti, nella maggior parte delle fattispecie di rimborso per contrasto con le disposizioni europee, la natura indebita di un versamento non è facilmente comprensibile (se non ad operatori specializzati della materia), anche a causa della sovrapposizione di normative e di interpretazioni riferibili a diversi livelli di governo (nazionale e europeo).
In questo quadro, per ogni contribuente è naturale agire in ossequio all’interpretazione consolidata del diritto vivente e ogni atto interpretativo qualificato (ove esistente) assume un ruolo centrale ai fini della comprensione (da parte del contribuente stesso) delle diverse norme giuridiche e della fondatezza dei diritti da azionare.
In altre parole, gli atti interpretativi guidano e indirizzano il contribuente nei comportamenti da tenere, rivestendo a livello sostanziale un ruolo affine a quello delle norme stesse.
Il rinnovato ruolo degli atti interpretativi è anche il riflesso della circolazione dei modelli giuridici e dei principi dell’ordinamento europeo; in tale ultimo assetto – in particolare – sulla base della tradizione dei Paesi anglosassoni, si è da sempre affermata la centralità dell’attività interpretativa (soprattutto giurisdizionale) per la definizione dei contenuti delle diverse norme giuridiche.
In questo contesto potrebbe apparire opportuno rivedere alcuni principi della disciplina del rimborso dei tributi, per lo meno in tutti i casi in cui la natura indebita del versamento è resa nota da una pronuncia qualificata.
Un’evoluzione di questo tipo è auspicata dall’ordinamento europeo, ove in alcune ipotesi sono stati riconosciuti effetti, ai fini del decorso dei termini per le azioni di rimborso e più in generale per la tutela dei diritti, ai casi di overruling interpretativo16.
Allo stesso modo affiora, anche in ambito nazionale, in determinate discipline, la possibilità di dare rilievo ai mutamenti di interpretazione delle disposizioni, resi da organi qualificati, ai fini della tutela dei diritti; si pensi, oltre ai casi di overruling ammessi dalla giurisprudenza di legittimità, al presupposto dei fatti sopravvenuti che – secondo una posizione della Suprema Corte di legittimità – sosterrebbe la necessità di provvedere da parte dell’amministrazione finanziaria all’istanza di autotutela del contribuente, presentata a norma del d.m. 11.2.1997, n. 3717. A tale ultimo proposito, tra i fatti sopravvenuti potrebbe essere inquadrato l’overruling.
Un passaggio a favore di tale impostazione, volta ad ammettere la rilevanza degli atti interpretativi qualificati ai fini del decorso dei termini nelle azioni di rimborso, richiederebbe una individuazione delle tipologie di atti idonei ad esplicare tali effetti (soltanto quelli particolarmente qualificati) e del contenuto di questi ultimi (mutamento di una interpretazione consolidata), nella considerazione di fondo che non tutti gli atti interpretativi godrebbero della suddetta rilevanza.
Allo stesso tempo, come anticipato, un passaggio di questo tipo imporrebbe una revisione della disciplina nazionale dei termini di decadenza che risulterebbe, in alcuni aspetti, avvicinarsi a quella dei termini di prescrizione, nell’ambito dei quali l’incolpevole decorso del tempo può assumere una rilevanza.
A livello procedimentale, invece, il suddetto passaggio potrebbe avvenire anche a legislazione invariata, utilizzando la tutela offerta dall’art. 21, co. 2, d.lgs. 31.12.1992, n. 546, secondo il quale «la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero se posteriore dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione».
Tale norma consente di agire entro due anni dalla verificazione di un presupposto per la restituzione diverso dal versamento indebito, ammettendo l’ingresso (nel nostro sistema) di cause sopravvenute di diritto al rimborso, per le quali i termini per l’azione debbono decorrere da un momento differente (e successivo) rispetto al versamento dei tributi.
1 In precedenza, sulla medesima questione, nell’ambito della nota vicenda della incompatibilità comunitaria della tassa di concessione governativa per l’iscrizione delle società sul registro delle imprese, Cass., S.U., 12.4.1996, n. 3458. Tale ultima sentenza ha adottato la medesima soluzione giuridica di quella analizzata in questa sede.
2 Sulla questione Amatucci, F., L’overruling interpretativo ministeriale non incide sul dies a quo per il rimborso dell’IVA, in Rass. trib., 2012, 803; Cipolla,G.M., Diritto e processo nelle azioni di indebito comunitario: quando la Corte di Cassazione inventa l’overruling per rimettere in terminis i contribuenti, in Riv. giur. ital., 2012, 502;Melis, G., L’interpretazione nel diritto tributario, Padova, 2003, 455;Della Valle, E., Revirement ministeriale e buona fede nell’esercizio della funzione impositiva, in Riv. dir. trib., 1995, 597; Id., Affidamento e certezza del diritto tributario, Milano, 2001, 113; id., La tutela dell’affidamento del contribuente, in Rass. trib., 2002, p. 459.
3 Sul principio europeo di effettività nella tutela, C. giust., 14.12.1995, C-430/93 e C-431/93, Van Schijndel; C. giust., 10.7.1997, C-261/95, Palmisani; C. giust., 1.12.1998, C-326/96, Levez; C. giust., 9.11.1983, C-199/82, San Giorgio. Sul tema del principio di effettività, in relazione alle azioni di restituzione dei tributi, in particolare, Amatucci, F., I vincoli posti dalla giurisprudenza comunitaria nei confronti della disciplina nazionale del rimborso d’imposta, in Riv. dir. trib., 2000, I, 291; Del Federico, L., Azioni e termini per il rimborso dei tributi incompatibili con l’ordinamento comunitario, in Giur. imp., 2003, 271; Id., Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea,Milano, 2010, 175;Miceli, R., Indebito comunitario e sistema tributario interno. Contributo allo studio del rimborso di imposta secondo il principio di effettività, Milano, 2009.
4 Il fondamento della disciplina del rimborso in caso di versamenti tributari in assenza di causa è, infatti, l’art. 2033 c.c., principio generale di diritto comune, operante in tutte le branche dell’ordinamento giuridico che utilizzano l’istituto dell’obbligazione. Cfr. Tesauro, F., Il rimborso dell’imposta, Milano, 1975, 9; Tabet,G., Contributo allo studio del rimborso d’imposta, Teramo, 1985, 10; Fregni, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, 1998, 25.
5 Sul punto, in particolare, Cass., S.U., 9.6.1989, n. 2786. In questa sede, in termini chiari ed incondizionati, la Corte ha evidenziato l’autonomia (rispetto all’azione civilistica) dell’azione di indebito tributario e la procedimentalizzazione della tutela del diritto alla restituzione (dei tributi). La giurisprudenza di legittimità non ha più cambiato orientamento sul punto. Cfr. Cass., 13.2.2006, n. 15840; Cass., 12.12.2008, n. 29227; Cass., 17.6.2008, n. 16368.
6 L’impostazione suddetta è stata pienamente recepita nell’ambito della questione di incompatibilità comunitaria della tassa di concessione governativa per l’iscrizione delle società sul registro delle imprese. Dopo Cass., S.U., 12.4.1996, n. 3458; Cass., 22.4.2004, n. 17625; Cass., 20.3.2003, n. 10220; Cass., 17.2.2003, n. 10665. Tale conclusione si è ritenuto avesse una valenza generale e non circoscritta al caso specifico della tassa di concessione governativa.
7 Cfr.C. giust., 21.7.2005, C-207/04, Vergani. La pronuncia atteneva, più specificamente, alla incompatibilità comunitaria dell’art. 19, co. 4 bis del t.u.i.r. con la dir. 9.2.1976, n. 207.
8 Si tratta della incompatibilità dell’accisa versata sugli oli minerali non destinati alla combustione o carburazione, ai sensi dell’art. 62, co. 1, d.lgs. 26.10.1995, n. 504 (prima art. 30, co. 1, del d.l. 30.8.1993, n. 331).
9 Cfr. Cass., 26.10.2011, n. 22282. Sulla medesima questione, invece, hanno ribadito i principi tradizionali, affermando che il termine del rimborso decorresse dal versamento indebito, Cass., 23.3.2012, n. 4670; Cass., 25.7. 2012, n. 13087.
10 Testualmente nei motivi dell’ordinanza di rimessione alle S.U. della sez. VI, 16.1.2013, n. 959.
11 Cfr. Cass., S.U., n. 3458/1996.
12 Cfr. Grasso, B., (voce) Prescrizione, dir. trib., in Enc. del dir., XXXV, Milano, 1968, ad vocem; Tedeschi, V., (voce) Decadenza (diritto e procedura civile), in Enc. del dir., XI,Milano, 1968, ad vocem.
13 Il principio in esame è stato affermato più volte dalle Sezioni Unite. Cfr. Cass., S.U., 11.7.2011, n. 15144; Cass., S.U., 21.11.2011, n. 24413; Cass., S.U., 12.10.2012, n. 17402. Successivamente su tale principio, Cass., 27.12.2011, n. 28967; Cass., 4.5.2012, n. 6801; Cass., 3.9.2013, n. 20172.
14 Cfr. nota n. 3.
15 Sul tema si vedano le osservazioni di Falsitta, G., Tassa sulle società indebita e diritto di rimborso, in Riv. dir. trib., 1996, II, p. 641, in merito alla incompatibilità comunitaria della tassa di concessione governativa, evidenziata dalla C. giust., 20.4.1993, C-71/91 e C-178/91, Ponente Carni e Cispadana Costruzioni.
16 In particolare, C. giust., 15.12.2011, C-427/10, Banca popolare antoniana veneta. Sul tema, Amatucci, F., L’overruling interpretativo ministeriale non incide sul dies a quo per il rimborso dell’IVA, cit., 9, il quale pone in rilievo come il caso in esame deve essere inquadrato tra le vicende di efficacia temporale degli atti interpretativi, che generano il diritto al rimborso dei tributi indebitamente versati. Più in particolare, è riconosciuta, sulla base del principio di effettività, una forma di tutela ampia, basata sulla efficacia degli atti amministrativi (contenenti un overruling interpretativo), che determina l’azionabilità del rimborso con il superamento dei rapporti esauriti e della decadenza. Cfr., sulla questione anche C. giust., 13.1.2004, C-453/00, Kuhne & Heitz.
17 Nel caso in cui l’atto sia affetto da un vizio sopravvenuto (vale a dire dipendente da elementi e fatti non esistenti in origine, ma verificatesi successivamente alla sua emissione) è ammessa anche la possibilità di impugnare dinanzi al giudice tributario il diniego a provvedere ovvero il provvedimento emesso ad esito del riesame amministrativo dinanzi al giudice tributario. Cfr. Cass., 12.5.2010, n. 11457; Cass., S.U., 16.2.2009, n. 3698; Cass., S.U., 6.2.2009, n. 2870; Cass., 26.12.2007, n. 1710; Cass., 20.2.2006, n. 3608; Cass., S.U., 10.8.2005, n. 16776.