OVINI (dal lat. ovis)
Denominazione con la quale comunemente si indicano la Capra e la Pecora.
I. La capra.
La capra (lat. Capra hircus L.; Ovis capra Sanson; fr. chèvre; sp. cabra; ted. Ziege; ingl. goat) è un ruminante appartenente al sottordine degli Artiodattili, famiglia dei Cavicorni; A. Sanson ne fa un sottogenere del genere Ovis. (V. capra Selvatica).
Secondo C. Keller le capre dell'Asia occidentale, dell'Europa e dell'Africa deriverebbero dall'Egagro; le capre asiatiche a pelo lungo e corna a vite, estesesi già in Persia, come anche la capra d'Angora, del Kashmir e del Tibet, dalla capra Markhor o C. Falconeri Wagn.; le capre malesi e di Sumatra, dall'Emitrago o Tahr o Jar. Questa derivazione non è oggi accettata da altri e particolarmente da L. Adametz. Questo autore dà molta importanza, come forma stipite delle capre domestiche, alla C. prisca, già estinta, i di cui primi resti fossili si rinvennero negli strati di passaggio al Quaternario inferiore della Galizia orientale. L'Adametz, nello stabilire tale derivazione, si fonda principalmente sulla grande somiglianza della forma, direzione, torsione, impianto delle corna della C. prisca con gli stessi caratteri della maggior parte delle capre domestiche attuali. L'Egagro avrebbe avuto così una più limitata importanza come forma stipite delle capre domestiche, di quanto non sia stato ritenuto dal Pallas e da altri. Le forme attribuibili all'Egagro si riscontrerebbero, in modo chiaro, ma non frequentemente, in alcune regioni del Caucaso, al nordovest del Mar Caspio e nel Turkestān presso i Kirghisi; cioè lungo tutta la fascia di territorio a tipo steppico estendentesi dall'Europa media orientale fino a oltre il Turkestān. Alla C. Falconeri anche l'Adametz ricollega forme domestiche che dovettero già diffondersi in antico tempo nell'ovest asiatico fino a raggiungere l'Egitto; per quanto egli soggiunga di trovare strano che quasi soltanto la capra circassa appaia realmente come puro rappresentante domestico del tipo Falconeri. L'Adametz toglie però importanza a questa forma, come capostipite di capre domestiche, in quanto osserva che molte razze centro-asiatiche del Bukhara, come pure la capra d'Angora, rappresentano proprio il tipo di C. prisca spinto fino all'eccesso.
Dell'Emitrago egli non fa menzione. W. Amschler ritiene ugualmente le forme Egagro e C. prisca quali capostipiti delle capre domestiche; ma, nei riguardi della capra Falconeri domestica attuale, a corna erette sulla testa, anche col bordo anteriore ritorto in fuori, ma poco girate, non la considera discendente dalla odierna capra Falconeri selvaggia.
L'addomesticamento delle capre, come quello della maggior parte degli animali domestici, risale al periodo preistorico. Resti fossili di capre simili alle attuali, con corna diritte fino a metà e poi divergenti, si rinvennero nelle più antiche palafitte svizzere e in numero maggiore dei resti di pecore; mentre nelle palafitte più recenti e nell'età del bronzo il rapporto s' inverte, e compaiono anche resti di capra attribuibili a forme domestiche con corna più pesanti, ma uguali per forma alle prime (H. Kraemer), insieme con una terza con corna a bordo anteriore molto tagliente e girante in dentro e indietro solo all'estremità (Th. Studer). Si ritiene da molti che la culla d'origine di tutti gli animali domestici sia da ricercare nell'Asia centrale, ma anche il Sanson ritiene che le forme domestiche europee siano derivate da forme locali. Di recente il Sikkenberg descrisse i resti di un cranio di C. prisca trovato nel Pliocene dell'Austria inferiore, il quale rappresenta quindi il più antico resto di capra.
Conformazione esteriore. Caratteri anatomici. Abitudini. Funzioni economiche. - Il corpo della capra è spesso di forma raccorciata e tozza, particolarmente nel maschio e nelle razze molto rustiche; ma non mancano razze a corpo meno tozzo, più angoloso, a muscolatura asciutta, specialmente nelle femmine di razze molto lattifere, che spesso sono di forme assai fini e perfino gracili, con cosce scarne e a profilo posteriore incavato, come accade nelle vacche di razza Jersey. Il ventre è bene sviluppato, la coda corta, gli arti non sempre brevi, forti, asciutti, solidi nelle articolazioni, terminati da due dita fornite di resistenti zoccoli, detti unghioni.
La testa è a profilo più spesso diritto o incavato, particolarmente sotto la fronte, ma vi sono anche razze con profilo accentuatamente convesso. La faccia è più corta di quella delle pecore; le corna assumono direzioni, forme, aspetti e dimensioni assai varî, mentre possono talora mancare completamente. Più spesso sono prima dirette all'indietro e poi in fuori. La loro sezione è triangolare depressa. Il bordo anteriore, più tagliente, è fornito, particolarmente nei maschi, di una speciale robusta carena. Tale bordo va facendosi prima interno o mediale, poi posteriore e quindi, nelle corna molto sviluppate (maschi), gradatamente esterno o laterale, fino a compiere anche più di un giro (tipo Capra prisca), cioè a torsione con direzione inversa di quella delle corna di C. Falconeri e del Kudu. Anche la caratteristica forma delle corna di capra girgentana, spiccatamente a cavaturacciolo, dato il senso della torsione, è riferibile al tipo C. prisca e non al tipo C. Falconeri, come s'è ritenuto da alcuno di recente. La differenza nell'aspetto dalle altre capre dipende dal fatto che il bordo anteriore alla base gira più volte intorno al posteriore, più corto, che non prende parte alla torsione e procede rettilineo. La capra dell'età del bronzo (C. hircus Keller) avrebbe avuto appunto le corna a cavaturacciolo molto stirato, ma sempre ritorte nel senso di C. prisca. Corna non ritorte, piegate semplicemente a sciabola, col bordo anteriore disposto sempre sullo stesso piano, di tipo egagro, si osservano meno frequentemente, e le presentano le citate capre della zona stepposa Caucaso - Turkestan. Non mancano poi corna irregolarmente contorte come nelle capre Sciucrie dell'Eritrea e nei casi di policerismo nei quali, ugualmente alle pecore policere, la torsione delle corna tende a scomparire, in modo che queste assumono, per quanto dirette diversamente, l'aspetto di tipo Egagro con forma più o meno curvata a sciabola. Le orecchie sono ora corte e dirette in alto, ora medie e volte di lato, ora larghe, grandi e cadenti, talvolta con le punte gradatamente piegate in fuori e in alto. L'occhio è vivace, con l'iride spesso giallo-chiara lucente e la pupilla è allungata in senso trasversale. La punta del naso, tranne il bordo delle narici e un solco mediano glabri, è provvista di peli corti e non forma, come nei bovini, un vero e proprio "specchio". Il collo è generalmente lungo e sottile, particolarmente nelle femmine di razze distinte, più robusto e tozzo nei maschi, anche in rapporto allo sviluppo delle corna. Ai lati della porzione superiore del margine inferiore del collo esistono spesso due appendici cutanee, dette pendenti, o tettole, o barbazzali, o ciondoli, ecc. Il mento è spesso provvisto di barba.
Il mantello della capra può essere uniformemente bianco, grigio, nero, biondo, o variamente pezzato di questi colori con tinte rossastre, marrone, fulve, giallastre più o meno sfumate o franche. Il pelame è ora corto e raso, ora lungo, grossolano e ruvido, opaco o lucente; talvolta anche finissimo e morbido come seta. In altre razze il pelo lungo e grosso copre un' abbondante e fine peluria corta, detta duvet o borra; in altre, a pelo corto e raso dei paesi caldi, tale borra può mancare del tutto. La pelle è sottile, pieghevole, provvista di ghiandole il cui secreto dà il caratteristico odore ircino, accentuatissimo nei maschi, odore che non è comune a tutte le razze. Le mammelle sono inguinali, in numero di due, raramente di quattro, di sviluppo vario, a volte riunite fino in basso e con capezzoli rivolti lateralmente, a volte, per buon tratto, distinte l'una dall'altra da un solco mediano e provviste di capezzoli grossi, lunghi, diretti più verticalmente (mammelle a bottiglia). Non esistono né la ghiandola sopraorbitaria, come in alcune antilopi, né la ghiandola sottorbitaria, né i canali biflessi degli spazî interdigitali, né i seni mammarî, di cui sono provviste invece le pecore.
Tra i caratteri anatomici è da ricordare che il teschio della capra differisce da quello dei grandi ruminanti domestici per il minore sviluppo delle ossa frontali e dei loro seni e per il maggiore sviluppo dell'osso parietale. Questo, nella capra, si distingue però anche da quello della pecora per una maggiore lunghezza antero-posteriore e specialmente per la direzione delle creste temporali che convergono maggiormente indietro. Le cavicchie delle corna hanno il loro impianto più ravvicinato rispetto ai bovini e alle pecore stesse. Quando mancano le corna, nel luogo dell'impianto si notano due particolari protuberanze arrotondate e rugose, inesistenti nelle pecore acorni. Mancano le fossette sottorbitarie chiamate impropriamente lacrimali, fossette ben evidenti, invece, nella pecora. La formula dentaria è identica a quella dei bovini e delle pecore. I denti incisivi differiscono invece da quelli dei bovini per la mancanza di un vero e proprio colletto che distingua la corona dalla radice, e, di più, per una maggiormente spiccata eminenza della parte mediana della faccia linguale e per il bordo posteriore della medesima più rilevato. Gl'incisivi sono inoltre più lunghi, più robustamente infissi nell'alveolo e più spessi nel senso anteroposteriore, anche rispetto a quelli delle pecore. I molari non offrono differenze spiccate e assumono solo un colore più nerastro per la qualità dell'abbondante strato di cemento. Lo scheletro è piuttosto gracile e leggero, ma, in compenso, robusto. La colonna vertebrale presenta 7 vertebre cervicali, 13 dorsali, 6 lombari, 4-5 sacrali, 11-13 caudali. Le apofisi spinose delle vertebre dorsali variano in lunghezza anche in ragione diretta dello sviluppo delle corna.
Lo stomaco composto delle capre, come quello delle pecore, offre, rispetto a quello dei bovini, qualche differenza nel relativo volume tra le varie parti del rumine. Questo ha inoltre le papille della superficie interna meno folte. Il reticolo è più grande del foglietto, inversamente a quanto accade nei bovini. Il caglio è più largo e meno allungato di quello della pecora. L'intestino della capra ricorda la disposizione di quello del bue, ed è un poco meno lungo (26-28 volte il corpo) e più grosso di quello della pecora. I reni, in entrambe le specie ovine, sono semplici e non multilobati come nei grandi ruminanti. La milza è corta e triangolare, contrariamente a quella allungatissima dei bovini.
Le capre sono agili, irrequiete, intelligenti, curiose, graziose e scherzose. Quando non si rendono conto dei rumori, e particolarmente di notte, divengono assai paurose. Sono però, all'occasione, anche molto combattive: quando, per es., vengono immessi nuovi animali nei branchi o quando si tratta di difendere i piccoli o di lottare nell'epoca degli amori. Si abituano alla presenza dell'uomo, lo seguono insistentemente se attendono qualche ghiottoneria; lo aspettano fuori della capanna durante la notte (es. Africa centrale) e si adattano facilmente ad allattare i piccoli di altre specie, compresi i bambini, ai quali si affezionano molto, correndo, anche spontaneamente, presso le culle, sulle quali salgono con ogni precauzione per non recar danno ai lattanti. La voce della capra è un belato a tono vario a seconda dello stato d'animo di quest'animale che è assai sensibile ed emotivo.
Le capre preferiscono nutrirsi di teneri germogli nei cespugli, nelle siepi e nei boschi nascenti; sicché, per i danni, talora gravi, arrecati, si sono create molti nemici e cattiva fama, specialmente nel campo della silvicoltura. Mercé la loro agilità riescono talvolta a salire sui rami orizzontali degli alberi vicini a terra e abilmente piegano i getti troppo alti, ma ancora flessibili, per poterli brucare. Le capre preferiscono i terreni asciutti, scoscesi, rocciosi, praticando i più pericolosi sentieri con sicura franchezza; come i loro parenti selvaggi. Pascolano ogni sorta di erbe magre e asciutte, e, in mancanza di alture, s'adattano bene anche a pascoli piani e a carattere steppico e sabbioso. Si ritiene che le capre siano resistenti alle piante velenose, ma, probabilmente, la percentuale più bassa d'avvelenamenti, che si osservano in questi animali di fronte ad altri erbivori, dipende un poco dalla scelta che esse maggiormente fanno, e un poco anche dal loro modo vagabondo di nutrirsi, prendendo or qua or là il nutrimento, in maniera da miscelare ogni sorta di essenze, più che nutrirsi d'una sola qualità di vegetali, cosicché più difficilmente viene raggiunto il quantitativo d'una essenza velenosa capace di dare disturbi. Nell'America settentrionale si notò che, in una grande boscaglia, le capre rispettarono per molto tempo alcuni cespugli di un'Ericacea (Kalmia latifolia), ma un gruppo di esse, più affamate, provenienti da altro luogo, non trovando altro alimento nelle vicinanze, dove le erbe erano già tutte falciate dalle capre precedenti, si gettò avidamente sopra tali cespugli e la mattina seguente 300 soggetti si presentarono gravemente malati e 50 morti.
La funzione economica più importante della capra è la produzione del latte, e quest'animale, relativamente al suo peso vivo, supera in rendimento ogni altro. Così, mentre, ad es. in Germania, la vacca Veilchen I, potente lattifera, raggiunge appena 22 volte il peso del suo corpo (kg. 71,5) con kg. 1566 di latte in una lattazione, la capra Luise I superò il suo peso (kg. 60) 37 volte con il latte prodotto ugualmente in una lattazione (kg. 2220). Si citano capre della Nubia che avrebbero dato più di 11 kg. quotidiani di latte con contenuto di grasso anche dell'8%; ma, a parte queste notizie non esattamente controllate, già nel 1899 si registrò nel Holstein una capra di razza Saanen, chiamata Betty, che diede in un anno 2000 kg. di latte. Più recentemente, nel 1929, quattro capre color capriolo superarono i 2000 kg. e altrettanto si osservò in altre quattro di razza Saanen, al controllo del 1930. La massima quantità annuale registrata fu di kg. 2220 e quella giornaliera di kg. 8,400, quantità superata ancora, nel 1931, con le punte di kg. 2263 e 2282. Il record del burro in una lattazione sembra sia, per il momento, quello di kg. 90,94 con un contenuto percentuale del 5,73% (capra Heidi 862 del sig. Wölke di Bettmar-Brunswick). Il latte di capra è adattissimo al consumo diretto, ma è usato anche per fabbricare formaggi sia da solo, sia mescolato a quello di vacca e di pecora, come pure per la fabbricazione del burro. La composizione percentuale media e le oscillazioni massime e minime riscontrate sarebbero le seguenti: estratto secco, media 11,2; massimo 17,3; minimo 9,09 - materia albuminoide, 4,2; 7,07; 2,25 - materia grassa, 4,8; 8,75; 2,45 - lattosio, 4,8; 5,46; 2,59 - ceneri, 0,76; 1,11; 0,51. Il latte di capra, assai apprezzato, ha però spesso l'inconveniente dell'odore ircino, dovuto, in gran parte, al modo come viene eseguita la mungitura e come sono tenute le capre, cioè accumulo di molti animali in piccoli ambienti su alto strato di letame impregnato di urine, da cui emanano ogni sorta di esalazioni e su cui gli animali s'imbrattano il vello. Tenendo le capre in locali adatti, ampî e mungendo igienicamente all'aperto, l'inconveniente può essere eliminato.
La produzione della carne in questi animali è secondaria; tuttavia la carne dei capretti è molto ricercata. Quella delle capre adulte non ha invece grande importanza e, per lo più, è oggetto di consumo locale. Ciò anche perché, in genere, s'allevano razze lattaie e quindi sempre piuttosto magre, con carne tigliosa e di gusto non troppo buono. Nelle capre europee d'età superiore ai 5-6 mesi le carni emanano odore ircino, in altre, come quelle di Angora e di Egitto, tale odore manca. In alcune località, per evitare l'inconveniente e migliorare il prodotto, s'usa la castrazione (Pirenei, Alpi, località africane). Nelle montagne della Francia si pratica la salatura di carne di capra e talora, sulle alture, i prosciutti di capra superano in numero quelli di maiale.
Il pelo ruvido e grossolano della capra comune è utilizzato per fare pennelli, corde e tessuti rozzi, specialmente presso i popoli primitivi (es. in Arabia); ma è ben noto che nella capra d'Angora il pelo finissimo rappresenta una produzione di alta importanza per la fabbricazione d'importanti tessuti (mohair). In altre razze si utilizza l'abbondante lanugine (duvet), sopra ricordata, per fabbricare i famosi scialli kashmir.
Un'importante industria prende vita inoltre dalla lavorazione delle pelli dei capretti per la confezione di guanti, ecc.
Le razze caprine. - A. Bénion classifica le capre domestiche nei seguenti quattro gruppi: 1. capre a orecchie corte e diritte; 2. capre a orecchie piatte, lunghe e pendenti; 3. capre a orecchie cadenti e a vello crespo; 4. capre a orecchie larghe, semicadenti e a borra abbondante.
J. U. Dürst raggruppa le razze caprine a seconda della presunta derivazione dalle razze domestiche preistoriche, distinguendo: un primo gruppo derivato dalla capra delle torbiere, a taglia ridotta o media, a pelo corto o semilungo nelle femmine, lungo nel maschio, a mantello fulvo o rosso-bruno con riga scura sul dorso; questo gruppo comprenderebbe tre tipi; un secondo gruppo derivato dalla capra dell'età del rame, di cui farebbero parte la capra del Tibet e del Kashmir, del Vallese, del Galles, di Norvegia, di Kerry, di Tunisi, di Angora e di Persia; un terzo gruppo sarebbe rappresentato invece da capre di derivazione meticci a come quelle di Saanen, di Toggenburg, ecc. C. Keller riunisce le forme caprine secondo la derivazione da lui sostenuta e oggi non più completamente accettata. La maggior parte degli autori, per comodità di studio, raggruppa le capre del mondo in tre categorie: a) capre d'Europa; b) capre d'Africa; c) capre d'Asia.
Capre d'Europa. - Svizzera. - Capra dell'Alto Vallese (Sattelziege), detta anche "a collo nero", caratteristica per il pelame nero alla testa e alla metà anteriore del corpo, bianco alla metà posteriore a partire dal passaggio delle cinghie. Possiede corna grandi, solide, pelame lungo, barba sviluppata, testa corta, occhio vivave, orecchie piccole e mobili, groppa poco inclinata, arti robusti; alta 70-78 cm.; resistente ai freddi e chiamata perciò "capra dei ghiacciai". È adatta all'ingrassamento, inadatta ai pascoli piani e bassi e alla stabulazione permanente. Ora è in diminuzione.
Capra camosciata delle Alpi. - Il mantello richiama quello del camoscio, variabile però nel colore secondo gli ambienti; il pelo è corto sul corpo, semilungo sul dorso e sulle cosce; in genere esistono le corna, che sono di media grandezza. La razza è provvista di barba, ha testa corta e leggera, occhio vivace, dorso diritto, groppa inclinata, scarna, corta; gli arti sono sottili. L'attitudine varia assai. Esistono varietà acorni, oggi preferite, come la Oberhasli-Brienz e le antiche, dette di Schwarzenburg-Guggisberg, Guggisberg, Simmental, Greyerz, Wintersheim, ecc., chiamate gemsfarbig dal colore somigliante al camoscio. Sono ottime lattaie.
Capra di Toggenburg. - Del Cantone di S. Gallo. Forse derivata dalla camosciata di S. Gallo e dalla bianca di Appenzell. Di colore bruno chiaro con strisce grigiastre ai lati della fronte, al naso, ai lati della coda, al basso degli arti, ecc. Pelame corto sul corpo, semilungo al dorso e alle cosce. Nel becco, in genere, esiste la barba. Testa acorne, lunga, a profilo diritto o concavo; collo sottile con tettole; orecchie diritte; buona conformazione del tronco; arti lunghi; altezza 70-78 cm. Produzione di latte elevata, con media di 4 kg. giornalieri. La razza è diffusa in altri paesi ed è adatta al pascolo e alla stabulazione.
Capra di Saanen o di Gessenay. - Dell'Oberland Bernese. Di colore bianco, a pelle rosea, pelame fine, folto, corto in genere, ma anche un po' lungo, brillante; barba, talora troppo sviluppata. La testa è acorne, lunga, fine; il collo slanciato, con tettole, le orecchie diritte, la pelle fine. La groppa è corta, obliqua, gli arti anteriori solidi, la coscia scarna. È la capra più grande di tutte le svizzere, ma le misure più accettate, secondo lo standard attuale, sono da 76 a 85 cm. nel maschio e da 74 a 82 nella femmina; e i pesi rispettivamente di 70-85 kg. e di 55-70. La produzione lattea raggiunge i 5-6-8 kg. al giorno e i 700-1200 e perfino 2000 l'anno, con lattazione assai lunga. Perciò la razza è apprezzatissima e diffusa nei varî paesi, ove, nonostante contrarie opinioni, si ambienta bene. La capra bianca di Appenzell è considerata una sua varietà a pelo semilungo, meno lattaia, meno pesante (50 kg.).
Italia. - Le capre popolanti l'Appennino sono di vario colore e riferibili alla capra comune alpina e alla camosciata. Caratteristica è la capra siciliana girgentana di color bianco o bianco-crema, con macchie marrone, più o meno diffuse, moschettate ai lati della faccia e talora sul corpo. Pelame semilungo e lungo, ruvido al tronco, barba ridotta. Corna spiccatamente a cavaturaccioli, molto stirate e quindi diritte, disposte a V più o meno aperto e impiantate in modo assai caratteristico. La testa, talora con ciuffo, ha un profilo pressoché diritto; il collo è provvisto di lunghe tettole; il tronco robusto; l'altezza varia da 75 a 86 cm. e il peso oscilla intorno ai 60 kg. nel maschio. La produzione lattea s'aggira sui 2-3-4 litri al giorno.
Si nominano poi come razze, a seconda delle località, la siciliana, lattifera, talora acorne, la sarda, la romana, ecc. Nell'Appennino centrale (umbro-marchigiano) si distinguono dai pastori due varietà: una, bianca, di grande taglia (75-88 cm. nei maschi, 65-73 nelle femmine), a pelo lungo, lucente, orecchie diritte, corna bene sviluppate, l'altra a manto nero o pezzato, più piccola, in branchi meno numerosi e non transumanti. Le prime sono chiamate volgarmente mercantili e le seconde caprareccia.
Capra maltese. - Da comprendersi tra le italiane, ma descritta come razza africana, forse per la sua pretesa derivazione.
Grecia. - In Grecia s'allevano numerose capre di colore nero, bruno, giallo-chiaro, raramente bianco, di media taglia e del peso di 40-50 kg. Sono adatte prevalentemente alla produzione del latte e secondariamente della carne. La loro prolificità è media (1-2 capretti); sono allevate a sistema brado transumante dal piano alla montagna e trovano nel loro paese un ambiente quanto mai adatto. Negli altri paesi balcanici l'allevamento caprino è pure importante, ma gli animali dànno una limitata produzione lattea.
Francia. - Capra delle Alpi o razza savoiarda, o maurina, o di Tarantasia. Di colore vario, con soggetti caratterizzati dalla testa e dalla parte anteriore del corpo d'un colore giallo zafferano, tendente talvolta al grigio biancastro e con parte posteriore del corpo grigia o bruna a magnifici contrasti di colore. Talora due strisce nere traversano la faccia dai lati della fronte alla commessura delle labbra. Il mantello può essere nero o color castagno intenso, con sfumature grigiastre alle gote e agli arti. Il pelame è corto. È preferita la testa fine e acorne. Il collo è lungo, provvisto di tettole e la taglia è media. L'attitudine lattifera è assai sviluppata e persistente (da 4 a 6 kg. quotidiani e 900 annui).
Varietà alpina di Mont-d'Or. - Di color grigiastro-fulvo pezzato, di pelo sericeo, spesso acorne e con forme svelte. La taglia oscilla tra 55 e 88 cm. nelle femmine. Produzione fino a 3-4 kg. quotidiani di latte, impiegato, un tempo, a fabbricare il formaggio di Mont-d'Or.
Capra del Poitou. - Ha il mantello bruno o grigio o bianco; il pelame è lungo, grossolano. Manca spesso di corna e ha una taglia elevata e una limitata attitudine a produrre latte. È rustica, poco adatta alla stabulazione ed è allevata da piccoli proprietarî.
Capra del Berry. - Uguale alla precedente.
Capra dei Pirenei. - Di colore bruno, nero e chiaro al ventre, con pelame lungo, lievemente ondulato, sericeo. La razza è acorne solo talvolta, ma generalmente ha corna lunghe e graziosamente incurvate indietro. Porta le orecchie obliquamente; ha il corpo lungo, d'aspetto bassotto per la brevità degli arti. Le mammelle si presentano allungate, con capezzoli grandi e producono abbondante latte (600-1000 kg. annualmente col 5% di grasso nei soggetti migliori). La razza è rustica e si adatta tanto al monte quanto alla stabulazione.
Spagna. - Capra delle Murcie. - Questa capra ha mantello a tinte franche, rosso, sauro, dorato, sauro scuro e scurissimo, talora con pezzature (pezzata rossa e rosso pezzata). Il pelame è raso, sericeo; la testa generalmente acorne, piuttosto piccola; la faccia a profilo diritto o lievemente incavato; orecchie corte, diritte; le forme del corpo sono eleganti, gli arti sottili; la taglia 60-70 cm. e il peso 32-38 kg. È una razza prolifera, mediocre e buona lattaia, con mammelle di grande sviluppo a lobi nettamente divisi. La produzione giunge a 600 kg. annui con media giornaliera di 3,5-6 kg. Il latte è ottimo, forse in conseguenza della vita all'aperto.
Capra della Mancha o castigliana. - I caratteri di questa non sono molto diversi da quelli della precedente, ma essa è meno lattaia; il latte è tuttavia assai grasso. Più importante la produzione della carne.
Capra di Granata. - È una razza a manto rosso-bruno, castagnobruno, nero; pelo fino, corto, sericeo. La taglia oscilla intorno ai 70 cm. Il latte è ottimo, senza odori. Questa capra è mantenuta lungamente alla stalla dove, se riccamente alimentata, può produrre anche 900 kg. di latte all'anno.
Capra di Malaga. - È una razza di colore prevalentemente rosso, a pelo lungo sulla faccia esterna delle cosce e lungo la linea dorsale, corto e brillante sulle restanti parti, a corpo bassotto, a piccola taglia, a buona produzione giornaliera (4-6 kg.).
Belgio. - L'allevamento della capra è molto curato nel Belgio. La comune capra posseduta da tempo, con o senza corna, mediocre lattaia, immiserita, è stata soppiantata da razze importate, irlandesi, francesi e, soprattutto, svizzere. In ogni modo oggi si selezionano le capre esistenti verso un tipo color camoscio, a pelo corto, a testa acorne ed elegante detta "di cervo", e non grossolana come quella che, sul luogo, viene chiamata "di montone". La taglia varia da 60 a 70 cm. nelle femmine, da 70 a 80 nel maschio.
Germania. - Le razze di capre tedesche si dicono in gran parte derivate dalle svizzere, ma, secondo A. Machens, l'influenza delle razze estere è, in realtà, molto meno importante di quanto si crede.
Capra di Langensalza. - Abita principalmente la Turingia settentrionale. Dagli allevatori è preferito il colore bianco, ma esistono pure capre fulve, brune, con la riga sul dorso e fulvo-pezzate originarie, mentre le bianche somigliano assai alla Saanen, di cui posseggono i caratteri. Le capre bianche nobili tedesche, molto diffuse del resto nella Germania centrosettentrioriale, oltre somigliare alla Saanen ed essere selezionate secondo il criterio usato anche in Svizzera, raggiungono produzioni altissime. Quattro di tali capre, al controllo effettuato nel 1930, hanno raggiunto rispettivamente la produzione di kg. 2035, 2053, 2095, 2220, mentre nel 1931 si registrarono le produzioni di kg. 2192, 2199, 2203, 2263, 2282. Molti sono poi i soggetti che superarono i 1000 kg.
Capra della Foresta Nera. - È di colore bruno, e si seleziona la varietà color capriolo a pelo corto e semilungo sulla linea del dorso, a barba piccola, a testa acorne, a taglia modesta. È una buona lattaia, raggiungendo i 600-700 kg. annui di media e spesso quantità superiori anche ai 1000 kg.
Capra del Harz. - È una capra di color fulvo con riga mulina; sovente nelle femmine si notano le strisce chiare ai lati della fronte, al dorso del naso fino alla bocca, ai lati della coda e al basso degli arti. Alle volte il mantello è nero o bruno pezzato, ma in genere camosciato con pelo corto o semilungo. Si preferiscono però índividui a pelo raso, acorni e con piccola barba, che talvolta è assai sviluppata nel maschio. Gli orecchi sono piccoli, la conformazione slanciata e il rendimento 500-700 kg. di latte durante l'intiera lattazione. Quattro capre di colore bruno, chiamate rehfarbene (color capriolo), del tipo Harz, appartenenti alla Soc. di allevatori di capre di Brunswick, al controllo dell'anno 1929, diedero rispettivamente la produzione annua di kg. 2016-2020-2025-2156 e molte altre superarono i 1000 kg.
Capra dell'Erzgebirge. - È una capra fulva, grigia o bruna, a pelo corto o semilungo, e spesso acorne.
Capra della Rhön. - Di questa razza si preferiscono gli animali grigioscuri senza corna.
Inghilterra. - Le capre inglesi hanno poca importanza e non sono altro che capre comuni, spesso pezzate, a pelo rude, sovente acorni e mal conformate.
Irlanda. - Le capre dell'Irlanda sono migliori di quelle dell'Inghil- terra; sono caratterizzate da corna fortemente ricurve indietro; da orecchie pendenti, mediamente lunghe; hanno sovente il dorso insellato; ma rappresentano un vero tipo di capra lattaia.
Norvegia. - La capra tipica della Norvegia somiglia assai, per il colore e per la distribuzione di questo, alle capre svizzere a collo nero. Il pelo è ugualmente lungo e ondulato e le corna sono di pari sviluppo e di simile direzione.
Capre dell'Africa. - Capra domestica della Nubia o dell'alto Egitto. - Questa capra, oltre che nei paesi da cui prende il nome, s'estende anche alla costa africana del Mar Rosso ed è importata in varî altri paesi. Il suo colore varia moltissimo: dal bruno al giallo volpe si va fino al bianco e all'intensamente nero, con frequente distribuzione asimmetrica. Gli animali pezzati, visti da lontano, assumono l'aspetto di una piccola vacca. Il pelo è corto, sericeo e talvolta solo un po' lungo alla linea dorso-lombare; il mento è sprovvisto di barba. Le corna, sempre mancanti nella femmina, talora anche nel maschio, sono inclinate indietro, piatte, corte. La testa è a profilo spiccatamente montonino, la mandibola caratteristicamente prognata e il naso, rientrante, fa sporgere in modo tipico gl'incisivi. Le orecchie sono molto grandi, larghe, lunghe, pendenti, con le estremità rivolte gradatamente in fuori. L'occhio è bruno-marrone o blu-cielo, a fior di testa, grande. Il tronco è corto e gli arti molto lunghi. Spesso questi animali sono magri e sfiancati. La statura è piccola (60-75 cm.) e il peso varia dai 35 ai 40 kg. nella femmina, e dai 38 ai 45 nel maschio. Le mammelle sono talvolta grandissime e a lobi ben distinti. Il carattere di questo animale è assai dolce e tranquillo, e la sua esigenza alimentare molto limitata; ma grande è la sua sensibilità al freddo invernale e alle uscite mattutine, capaci di produrre disturbi e anche rapidi aborti nello stato di avanzata gravidanza. La produzione si dice altissima e il latte ha forte contenuto di grasso. Anche la fecondità è proverbiale. La capra di Nubia è una di quelle razze che non emanano il caratteristico odore ircino.
Capra della Siria o Mambrina. - È una razza descritta talora come africana e talora come asiatica. È detta anche samar dai nativi. S'incontra in molte contrade calde dell'Asia, nell'Indonesia e nel Madagascar. Di colore vario: grigio, giallo, fulvo, nero. Nei dintorni di Damasco sarebbe talora di colore bianco e chiamata maress. Il pelo è lungo, folto, lucido, corto alla testa, al collo e agli arti. Le corna sono inclinate indietro, talvolta spiriformi, ma spesso mancano; la testa è a profilo diritto o leggermente montonino; il prognatismo è frequente. Sulla fronte si nota un sottile ciuffo di peli; le orecchie sono larghe, lunghe o lunghissime (40 cm.), pendenti, con le estremità ricurve in fuori. Il corpo di frequente più lungo e tarchiato della nubiana. È una capra rustica, feconda, frugale, mediocre lattaia. Il latte, il burro e il formaggio sono però eccellenti e privi di odore ircino. I nativi, allevandola, hanno di mira anche la produzione del pelame liscio che, misto a quello di cammello, serve a fabbricare stoffe, tappeti, sacchi di grande durata.
Capra nana dell'Africa. - Questa razza s'estende alla parte settentrionale centro-africana fino alle coste orientali, alla Nubia e anche all'ovest africano. Ha diverse varietà e presenta un caratteristico mantello camosciato con striscia nera al dorso, all'estremità degli arti, sulla faccia, ecc. Il pelo è corto, folto; le corna brevi, sottili; la corporatura robusta, rotonda; gli arti spessi e forti, le cosce molto carnose. L'altezza è di circa 40 cm. e il peso oscilla attorno ai 25 kg. L'attitudine alla produzione del latte è limitata. Secondo il Keller la migliore forma di questa capra si troverebbe in Somalia, dov'è provvista di cornatura ridotta, con mantello bianco, distinta dagl'indigeni in due tipi mescolati fra loro. La distinzione riguarda la maggiore o minore lunghezza delle orecchie. Anche in Somalia, oltre al colore bianco, esistono pure i pezzati rossi, i rosso-marrone e i neri. Le corna possono mancare.
Capra del Futa Gialon. - Molto simile alla nana; vivente nella parte sud dell'Africa Occidentale Francese, di colore dal marrone fulvo al chiaro, con riga di mulo. Il pelame è raso, il maschio è provvisto di barba, le corna sono ridotte, la testa è grande, le orecchie corte, il corpo tozzo, l'altezza dai 50 ai 60 cm. La produzione prevalente è la carne.
Capra maura. - Altra razza dell'Africa Occidentale Francese, estesa alla Mauritania e al Sahel; sovente pezzata rossa o nera, più spesso bianco-nera, ha pelo raso e fino. Barba e peli lunghi alla faccia e alle cosce nel maschio, corna nel maschio ritorte a vite, asciutta di forme, rustica, prolifica, discreta lattaia, fornitrice di latte privo d'odore ircino.
Capre del Congo Belga. - Nell'est del Congo Belga gl'indigeni distinguono due caratteristiche varietà di una capra detta kiwu, l'una a pelo lungo, l'altra a pelo corto. La varietà a pelo raso, pezzata nera o nero pezzata, ha frequentemente la riga di mulo. La testa è a profilo diritto o leggermente incavato, le orecchie piccole; il tronco pieno di forme; la coscia ben conformata; di una statura che varia dai 70 agli 80 centimetri. La mammella è ampia e le produzioni del latte e della carne possono dirsi buone. La varietà a pelo lungo differisce dalla prima, oltre che per questo particolare, anche per una minore taglia, per una più accentuata magrezza, per le corna più sviluppate e contornanti l'orecchio e per una minore attitudine alla produzione del latte.
Capre della Libia e dell'Africa settentrionale francese. - Il mantello di queste capre è sovente nero pezzato con macchie bianche specialmente nella regione della testa e agli arti. Talvolta domina il bianco. Esistono anche individui grigi e grigio-pezzati. Il pelame è lungo, le corna grandi e spiralate nel maschio, più piccole nelle femmine, che sono talora anche acorni. La testa è a profilo diritto o incavato nelle femmine, leggermente montonina nel maschio. Orecchie lunghe, corporatura robusta, taglia 60-70 cm., peso 30-35 kg. nella femmina e 40-60 nel maschio. Le mammelle hanno buono sviluppo e la produzione del latte può variare da 1 a 3 kg. al giorno nelle condizioni di buon pascolo dopo le piogge.
Capre eritree. - In Eritrea gli animali domestici assumono spesso, come in altre regioni africane, il nome delle tribù che li allevano; così accade anche per le capre, come le Assaorta a grandi corna; le Hamasen di colore bianco sporco, a corna medie, ecc. I mantelli sono rosso o neropezzati. Una razza molto rinomata è la Sciucrie, di grande statura (70-85 cm. di altezza e 40-60 kg. di peso), con orecchie talora lunghissime, anche più della testa, con pelame raso e più lungo soltanto sulle spalle e sulle cosce, dove forma abbondanti gualdrappe di colore bruno.
Capra maltese. - Si crede derivata dalla razza di Siria e da quelle di Nubia e delle Murcie. Presenta tutti i colori, più frequente è il bianco pezzato marrone, più o meno chiaro, detto talora "miele". Il pelo è raso alla testa, lungo e sericeo sul corpo; le corna piccole o mancanti; la testa leggera; il profilo diritto o leggermente montonino; orecchie di forma varia, più o meno grandi, tese o ondulate ai bordi. La statura varia dai 60 ai 70 cm. e il peso dai 30 ai 40 kg. nella femmina. Il maschio è più grande. Le mammelle sono molto ampie, globose, con capezzoli spesso diretti di lato. La produzione del latte è elevata giungendo fino ai 6 litri al giorno di media. È una razza molto adatta alla stabulazione e molto rinomata.
Capre dell'Asia. - Capra d'Angora. - È questa una razza famosa, originaria dell'Anatolia, con mantello di colore bianco purissimo, brillante in tutto il corpo; raramente scuro o nero. Il pelame è lungo, sericeo, ondalato e riunito in bioccoli lunghissimi e sottili, quasi a forma di cordicelle; solo alla faccia, agli arti e alle orecchie è corto. Sotto la lana fine e lunga, che in estate cade a grossi fiocchi per subito ricrescere, si nascondono peli più grossolani. Le corna esistono in ambo i sessi, sono piatte, grandi e spiralate talora in eleganti volute nel maschio, dirette lateralmente e indietro. La barba è bene sviluppata nei becchi, ma composta di pelo più rigido, non ondulato. La testa è corta, a profilo pressoché diritto; il corpo massiccio, muscoloso, ben conformato. Gli arti sono brevi, solidi, la statura è media, e il peso oscilla nel maschio da 50 a 70 kg. La razza si è bene acclimata negli Stati Uniti e nell'Africa del sud dove ha mantenuto perfettamente e anche migliorato i caratteri del vello. Insuccessi si ottennero in Francia probabilmente per causa del clima umido che la razza teme assai. In Asia Minore i greggi passano il massimo del tempo sulle alture e vengono condotti al riparo solo nell'inverno durante i freddi più íntensi. Poco, ma buono, è il latte che produce, ottima la carne per la mancanza dell'odore ircino. La razza è rinomata per la sua lana adatta a confezionare pregiati tessuti somiglianti a seta, e ha dato luogo a una fiorente industria nell'America Settentrionale e nell'Africa del sud. Il peso del vello, ma specialmente la qualità variano col sesso e con l'età. È migliore nei giovani di un anno, mentre è gia inservibile a 6 anni, quando gli animali sono destinati al macello. La produzione in lana varia da kg. 1 a 2,500. In America questa capra è stata utilizzata per valorizzare i terreni dopo il taglio dell'alto bosco, allo scopo di liberare gratuitamente il suolo dall'intricato sottobosco; anzi traendone grande vantaggio per l'ottimo prodotto in lana e in carne che si ha in tale contingenza. In questa maniera si è abilmente messa in valore la deprecata tendenza della capra ad attaccare gli arbusti del sottobosco, invece di pascersi del sottostante pascolo. Le capre Angora sono state riconosciute anzi le più adatte a tale lavoro.
Capra del Kashmir. - Il colore più frequente di questa capra è il bianco; talora si osserva un color caffè e latte volgente anche al grigiocenere e al bruno. Vive sui versanti del gruppo del Himālaya e porta un vello a pelo grossolano; lungo, duro, rigido, rado (bal) e un sottovello assai più corto, morbidissimo (tiftit), conosciuto generalmente in Europa sotto il nome di duvet. Questa lanugine di estrema finezza è di un grigio più o meno chiaro negli animali a pelo bianco e di un grigio cenere in quelli a manto scuro. Il mento nel maschio è provvisto di barba; le corna sono a spira dirette in fuori e indietro con le punte talora in dentro. Orecchie di varia forma e di media grandezza. La razza, di statura non grande, si acclima anche fuori del suo habitat, ma perde l'attitudine a dare buon duvet. Essa è assai resistente ai freddi rigorosi e la sua fama deriva dalla fabbricazione dei caratteristici scialli Kashmir fabbricati con la sua lanugine, Prodotta dai migliori capi nella sola quantità di 200-250 gr. all'anno. Tale lanugine si può raccogliere in primavera, prima della caduta, pettinando gli animali, ma anche tosando e selezionando il pelo. Altri prodotti sono: la carne buona e il poco, ma ottimo, latte.
Capra del Tibet. - È una varietà molto simile alla precedente.
Capre dell'Oceania. - Le capre sono tutte d'importazione, ma, rispetto all'allevamento della pecora, il loro allevamento ha ben poca importanza. Molto apprezzate sono le razze svizzere e vi si è acclimata bene anche la capra d'Angora.
Capre dell'America. - Anche in America le capre sono tutte di derivazione europea, e molto hanno incontrato le svizzere a pelo corto e la maltese. In antico vi furono importate (Antille) le capre nane tropicali d'Africa; ma grande diffusione ha preso la capra d'Angora, che s'è diffusa principalmente in 4 o 5 stati e cioè nel Texas, nel Nuovo Messico, nell'Arizona, nell'Oregon e nella California. Tranne particolari luoghi di allevamento vicini ai centri, dove le capre sono tenute in piccoli gruppi, in genere esse sono poco curate.
Allevamento. - L'allevamento della capra può essere brado, semibrado e, talora, anche puramente stallino a seconda delle circostanze. Fatta astrazione dai paesi caldi, la capra ha quasi sempre bisogno d'essere ricoverata nel rigoroso inverno, quando vive sulle alture, per le nevicate abbondanti ricoprenti il suolo, che non le permettono di nutrirsi all'aperto. Nel caso esse transumano al piano. Con F. Anderegg si possono distinguere in ogni modo razze adatte alla montagna (Gebirgsziege), e razze da montagna e da stalla (Gebirgs- und Stallziege) per l'attitudine diversa che hanno le capre a sopportare meglio l'inclemenza del tempo e meno la stabulazione (Sattelziege), oppure, inversamente, meglio la stabulazione e i pascoli bassi che non le inclemenze meteoriche delle altitudini (Appenzeller acorne, Saanen, Toggenburger Ziege, ecc.). Il sistema totale brado, transumante o stazionario, si ha particolarmente presso i popoli primitivi e in determinati climi. Del resto è ampiamente praticato nell'Europa meridionale (Spagna, Italia, Grecia). Bene si confà questo sistema d'allevamento al carattere vagabondo e randagio delle capre che vivono in continuo movimento. Le capre vengono talvolta tenute insieme con le pecore e in determinate proporzioni a seconda dei casi. In Sicilia rappresentano, in genere, il 10% dell'intero gregge e in Libia circa il 25%. Talvolta le capre sono tenute anche in più piccolo numero per servire di guida alle pecore.
L'allevamento semibrado è il più frequentemente adottato nei paesi europei centrali, dove prevalgono le cosiddette "capre nobili". Esso è molto confacente a tali animali che, pur avendo sempre bisogno di movimento, hanno necessità di particolari cure date le alte produzioni di latte.
L'allevamento stallino puro e semplice non è indicato per le capre, ma alcune razze vi si abituano, specialmente se vi sono allevate fin dalla gioventù, e se si ospitano in stalle ampie, arieggiate, pulite, fresche (temp. da 5° a 12°) e possibilmente fornite di piccoli recinti esterni adiacenti, dove gli animali possano liberamente recarsi e muoversi.
In tale sistema è bene non legare gli animali alla greppia e non pretendere soprattutto di costringervi soggetti mantenuti in precedenza in piena libertà nei boschi. In tal caso difficilmente s'ottiene lo scopo, e gli animali possono anche intristire.
Il numero dei capi per ogni branco varia assai a seconda dei paesi, del sistema di allevamento e delle razze. Nell'America Settentrionale si contano greggi di capre Angora grandissimi, non come quelli di pecore, ma superiori anche al migliaio di capi. In ogni modo ciò avviene per i greggi lontani dai centri abitati; ma in prossimità delle grandi città, dove s'allevano razze lattaie, il numero dei capi per ogni gruppo è più basso, oscillando tra i 40 e i 50 capi per gregge. Branchi numerosi si riscontrano anche nell'Africa del sud e nell'Asia, nonché in qualche paese d'Europa. In Europa le condizioni variano molto da regione a regione. La Spagna e le isole del Mediterraneo sono molto adatte all'allevamento delle capre, i cui greggi sono grandi e frequenti. Altrettanto può dirsi della Grecia e degli altri paesi balcanici. Nella Germania, nel Belgio e nell'Olanda la capra è tenuta spesso a piccoli gruppi da piccoli agricoltori e anche da operai della campagna, da minatori, ecc., che posseggono, in genere, pochi, ma buoni capi.
La riuscita dell'allevamento della capra sta, innanzi tutto, come per gli altri animali, nella scelta del metodo di riproduzione (selezione o incrocio a seconda dei casi) e nelle forme di organizzazione a favore dell'allevamento stesso, organizzazioni già esistenti da tempo in Germania, in Svizzera, nel Belgio, ecc. Come per i bovini, anche per la capra la scelta è morfologica e funzionale, nonché genetica. In Germania, per es., si scartano i soggetti maschi dalla riproduzione, quando le madri, sottoposte al controllo funzionale, non hanno raggiunto almeno la produzione annua di 800 kg. (Soc. di allevatori di capre di Brunswick). In quanto alla selezione morfologica poi, negli standard per le razze tedesche e svizzere migliorate, si sceglie verso il tipo fine, acorne, a pelo raso e con poca o niente barba.
Le nascite dei capretti si verificano generalmente in primavera, ma l'epoca cambia a seconda dell'andamento delle stagioni nei varî paesi. Secondo una statistica stabilita dal Silckenstaedt, il numero delle nascite si distribuisce principalmente nei primi quattro mesi dell'anno nel modo seguente: gennaio 1,45%; febbraio 38,54%; marzo 52,67%; aprile 6,47%. Però le capre possono partorire anche due volte all'anno. Il peso alla nascita varia a seconda delle razze e oscilla approssimativamente da 1 a 3 kg. La durata dell'allattamento, secondo molti autori, è di 40-50 giorni, per gli animali da riproduzione, ma in Germania, secondo regole di recente stabilite da alcune società tedesche di allevamento della capra, per capretti di razza perfezionata si consiglia di arrivare anche ai 4 e ai 6 mesi. Durante la prima settimana si sogliono concedere tre poppate quotidiane nella quantità aumentabile fino a 2 e 3 kg. alla quarta settimana, mantenendola tale fino alla decima e gradatamente diminuendola poi fino alla sospensione. Nell'allattamento che può essere naturale e artificiale, s'adopera anche, per utilizzarlo, il latte magro, residuo della fabbricazione del burro. All'età di 8-9 mesi gli animali sono già atti alla riproduzione, ma si consiglia di destinarveli più tardi, quando sono più robusti, cosicché, per gli animali nati in primavera, la buona utilizzazione avverrà normalmente alla fine della seconda estate, quando, in genere, si usa permettere la fecondazione delle femmine. Un maschio adulto si dice possa fecondare, data la sua proverbiale robustezza, anche 25 e 30 capre al giorno per uno o due mesi; ma, di regola, non si devono assegnare più di 100-150 capre ogni stagione e 4 o 5 nelle 24 ore. A questo riguardo però le opinioni non sono molto concordí. Matthews e Weawer in America stabiliscono che per un becco dai 12 ai 18 mesi di età vengano assegnate solo 25 capre, e per un adulto 50, in una stagione di monta. I numeri variano, del resto, a seconda della rusticità della razza e della vigoria dei soggetti. Il momento propizio alla fecondazione è facilmente riconoscibile nelle femmine per la particolare irrequietezza, per il ripetuto belato, per lo scuotere frequente della coda, ecc. L'epoca dell'anno più adatta è, come s'è detto, l'autunno dal settembre al novembre; mentre l'estro si mostra nella femmina ogni 18 giorni circa, ma principalmente in primavera e in autunno. Il tempo delle manifestazioni dura da uno a due giorni.
La durata media della gestazione è di circa 150 giorni. Durante l'ultima fase di questo periodo le femmine richiedono qualche cura e debbono, in prossimità del parto, essere protette da eventuali avversità atmosferiche e alimentate adeguatamente, specie se appartengono a razze delicate. I segni precursori del parto consistono principalmente: nella particolare turgescenza della mammella, nel rilassamento dei legamenti ai lati della coda e nel continuo ripetersi di piccoli belati. In tale circostanza, quando i parti avvengono alla stalla (capreria), si dovrà offrire un'asciutta lettiera e, se è necessario, aiutare l'espulsione del feto. Sempre, com'è di regola per gli altri animali, le trazioni saranno operate sugli arti del neonato, solo quando la femmina compie sforzi espulsivi, fissando le estremità degli arti del feto con panni o con apposite cordicelle. Il numero dei nati per ogni parto varia assai a seconda delle razze. Si citano soggetti che partorirono anche più di 5 piccoli e in recenti controlli operati in Germania, in una società di allevatori, si notò che, su 253 capre, 165 partorirono due capretti, 48 tre e 5 quattro.
Le prime cure ai neonati consisteranno, se è necessario, nel taglio del cordone ombelicale, nel facilitare l'asciugamento delle mucosità che bagnano il pelo dei piccoli e nell'impedirne il raffreddamento con l'aiuto di coperte e buona lettiera nella fredda stagione, raffreddamento che può essere dannoso, in tale momento, anche alla madre. I capretti possono essere tenuti insieme con la madre e lasciati poppare a volontà; ma si possono tenere anche separati, permettendo loro 3 o 4 poppate al giorno a ore fisse, come accade quando le femmine escono al pascolo e i piccoli rimangono alla stalla.
La durata della lattazione varia assai a seconda delle razze. Le osservazioni fatte in Germania hanno stabilito di recente che essa oscilla tra i 178 e i 365 giorni, con una media di 298; ma si sono notate durate anche superiori all'anno nelle razze molto lattaie, mentre in quelle comuni la durata può essere assai più breve.
La capra si alimenta al pascolo più facilmente degli altri animali, in quanto si nutre bene anche di foraggi poveri, secchi, legnosi, purché l'alimento sia asciutto. Per questo essa è adatta ai luoghi montuosi, scoscesi, rocciosi, con vegetazione scarsa, insufficiente a specie più esigenti. In tali condizioni non può produrre certo gran quantità di latte, e ben si comprende che per le razze migliorate e selezionate per una spiccata attitudine alla produzione del latte occorre aggiungere ai foraggi anche alimenti concentrati, i quali, data la produttività di questo animale, possono essere somministrati senza tema che il reddito decresca. I pascoli bassi umidi e anche quelli fertili e pingui della pianura, come pure i prati artificiali, che possono convenire alla pecora, non sono sempre i più adatti alle capre. Anzi, quando il foraggio è un po' troppo ricco di acqua, occorre mescolarlo al fieno asciutto, oppure somministrare questo agli animali prima dell'uscita al pascolo. Il sale è un condimento molto opportuno in questa contingenza.
Le capre vengono mantenute negli allevamenti un tempo diverso a seconda delle razze e delle attitudini. Nelle poche razze allevate esclusivamente per la carne (regioni africane e asiatiche), rappresentando le capre dei capitali circolanti e peggiorando la qualità del prodotto con gli anni, dovrebbero esser eliminate ancor prima della completa maturità. Nella razza Angora a duplice attitudine (carne e pelo), l'età propizia per la macellazione è segnata dalla perdita di valore del vello e cioè verso i 5-6 anni, andando la maggiore attesa tutta a danno della qualità della produzione rimanente (carne) e del bilancio dell'allevamento per l'inutile spesa di mantenimento.
Nelle razze altamente lattaie con carne di basso valore (capre europee) l'andamento della produzione lattea indica il momento opportuno per l'eliminazione.
Nei maschi l'utilizzazione migliore come riproduttori corrisponde all'età da 3 a 8 anni. Per avere da loro un residuo di carne di un certo valore sarebbe necessaria la castrazione, utile, del resto, anche nelle femmine. Ciò per le razze europee, ma non per l'Angora, la Kashmir, la Nubiana, la Mambrina, ecc. che mancano di odore ircino. La durata della vita si calcola a 15 anni e l'età si desume approssimativamente dal rimpiazzo dei denti incisivi da latte con quelli di adulto. La coppia centrale degli incisivi (picozzi) è sostituita a circa 17-18 mesi, la seconda coppia (primi mediani) a 24 mesi, la terza, sempre più laterale (secondi mediani), a 36-42 mesi, la quarta (cantoni) a 4 anni circa. Si verificano degli anticipi a seconda della precocità della razza. Le corna, quando esistono, mostrano più o meno chiaramente distinti l'uno dall'altro i singoli segmenti annuali. Tali segmenti sono discretamente evidenti nei maschi a grandi corna, ma poco o nulla nelle femmine.
I nati della capra nel primo anno d'età si chiamano capretti; in seguito, se maschi, caproni o becchi; in alcune regioni del Mezzogiorno, al secondo e terzo anno, bigliastoi o terzini, se castrati zurri o zimbali.
II. La pecora.
La pecora (lat. ovis aries; fr. mouton; sp. oveja; ted. Schaf; ingl. sheep) è, come la capra, un ruminante del sottordine degli Artiodattili, famiglia dei Cavicorni (v. pecora selvatica).
Sulla sua origine dalle forme selvagge si hanno incerte notizie. Quale stipite di varie forme pecorine selvagge si dà molta importanza all'Ovis antiqua del Pommerol, dalla quale sarebbero derivate molte delle attuali specie. L. Adametz considera, come forme stipiti della pecora, l'Ovis musimon o Muflone della Sardegna; l'Ovis orientalis Gmelini o Muflone dell'Armenia; l'Ovis Vignei e l'Ovis ammon o Argali. Dalla prima sarebbero derivate le pecore dell'Europa settentrionale, la Heidschnucke della Europa media, la Brzosuwcki estendentesi nel sud fino ai Carpazî, come anche le pecore della Russia del nord, razze queste di limitata produzione, vello grossolano, coda corta e corna a tipo muflone. Dalla seconda deriverebbero diverse razze domestiche, ma poco si conosce al riguardo, e, secondo molti autori, anche l'O. aries palustris L. Rütimeyer. Dall'O. Vignei, ricca di sottospecie diffuse dal Caspio al Himālaya, sarebbero derivate razze molto importanti e, come notò C. Keller, la sottospecie O. Vignei arkar I. F. Brandt, la pecora delle steppe, forma originaria di molte razze cornute a coda lunga come la Merina, la Zigaia, la Zackel, la Bergamasca e le numerose razze a coda grassa. All'O. ammon L. o Argali, divisa in varie sottospecie e forme locali, apparterrebbero le forme più pesanti con grandi corna nel maschio, come l'O. Polii Blyth e probabilmente la pecora a coda grassa dei Kirghisi e Mongoli.
Come le capre, le pecore entrarono in domesticità in tempo preistorico, e resti riferibili a forme domestiche si rinvennero anche per questa specie nelle più antiche palafitte svizzere e nelle stazioni preistoriche italiane; tali resti si attribuiscono all'O. aries palustris Rütimeyer o pecora delle torbiere, a piccolo e gracile scheletro e corna ridotte di forma caprina. Si rinvennero pure in Svizzera, nelle palafitte occidentali e altrove, resti di una forma più recente, l'O. aries Studeri o pecora del rame caratterizzata da più grandi corna. In Africa si scoprirono resti dell'O. aries palaeoaegyptica, dell'O. aries africana e dell'O. aries laticauda Fitzinger.
Conformazione esteriore. Caratteri anatomici. Abitudini. Funzioni economiche. - Il corpo della pecora è di aspetto vario, a seconda delle numerose razze, ora tozzo, bassotto e pieno di forme, anche per la diversa attitudine all'impinguamento, ora slanciato e sorretto da membra alte e sottili. Il collo è robusto nei maschi in prossimità della nuca; più compresso indietro, e specialmente nelle femmine. Esso varia anche nella lunghezza. Il dorso e le reni sono diritti, piani e più o meno larghi. La testa è piana nella regione della fronte, ma il profilo, talora rettilineo, si fa spesso anche esageratamente convesso (montonino) al dorso del naso. La faccia è relativamente lunga, con corna a sezione più decisamente triangolare di fronte alla capra, di sviluppo vario, dirette in genere prima indietro e poi gradatamente in basso e in fuori e svolgentisi cioè in spire più o meno larghe o aperte e più o meno aderenti, con la voluta basale, ai lati della testa, come a contornare l'orecchio. Talora le corna compiono anche più di un giro e hanno sempre il bordo anteriore girante in dentro, indietro, in basso e poi in fuori come in Capra prisca. Non mancano anche nelle pecore forme di corna molto stirate e torte a vite, mentre esistono razze acorni in uno o in ambo i sessi. Le orecchie sono variabilissime di forma, dimensione e direzione, come nella capra, ma le punte non si rivolgono, mai, in fuori e in alto nelle orecchie pendenti. La coda, variabilissima in lunghezza, ora è sottile, ora è ingrossata alla base o al terzo superiore o più in basso, da depositi adiposi diversamente abbondanti a seconda della razza e della stagione. In altre razze i depositi di grasso si notano alla groppa e alle natiche (pecore a groppa grassa). Nelle pecore domestiche, tranne le razze a pelo dei paesi caldi, il corpo è coperto dal vello composto di peli più o meno fini e ondulati, detti lana, spesso sprovvisti di midollo, frammisti a peli più grossi, più rigidi, radi, detti canini o caprini (jarre dei francesi). Tali peli si fanno rari e scompaiono nelle razze a lana finissima. La "giarra" si riscontra maggiormente lungo la linea dorsale, alla faccia, sugli arti, mentre ai lati del tronco, sulle spalle e sui fianchi, ecc. si trova in genere la lana più fina. Il vello si dice più o meno esteso a seconda che ricopre in maggiore o minore misura la superficie del corpo. Le regioni più facilmente scoperte e provviste soltanto di veri e proprî peli sono: la testa, il margine inferiore del collo, la regione sterno-ventrale, il piatto delle cosce, la parte distale degli arti. L'ampiezza del vello varia anche col numero delle pliche cutanee. Il vello inoltre è più o meno folto, più o meno impregnato dal sebo secreto dalle ghiandole della pelle, e si distingue in: chiuso, quando singoli fiocchi o bioccoli, ben distinti, sono composti da fili ugualmente lunghi e ne risulta la forma più o meno prismatica, detta anche impropriamente quadrata, del bioccolo terminato da una superficie più o meno piana e normale al suo asse; aperto, quando i singoli fili, di varia lunghezza, determinano un bioccolo di forma conica più o meno allungata o appuntita. Tra questi due tipi esiste una serie di gradi del cosiddetto vello semiaperto. In alcuni casi la lana è arruffata, infeltrita e in altri i bioccoli non sono ben distinti. I velli si dicono anche a lana mista, quando sono composti di peli grossi e lunghi, frammisti a peli più fini, più corti e lanosi. La pelle è fine, morbida, scorrevole, di colore nero, grigio scuro o roseo e spesso provvista di abbondanti pliche. Il mantello può essere nero, rossiccio, marrone, grigiastro, ma molto più frequentemente bianco o bianco giallognolo. I colori uniformi, tranne il bianco, sono più rari, predominano invece i pezzati con macchie più frequenti alla testa e agli arti; talora il colore scuro della lana si schiarisce con l'età.
Le mammelle sono inguinali, in numero di due, di vario sviluppo e di forma più globosa di fronte a quelle delle capre. Esistono le ghiandole sottorbitarie, i cosiddetti seni mammarî agli inguini e le caratteristiche ghiandole agli spazî interdigitali dei piedi, bifidi, chiamate canali biflessi.
Alle analogie e differenze tra i caratteri anatomici della capra e della pecora, già ricordate, è da aggiungere che la formula vertebrale nella regione lombare presenta nella pecora 6-7 pezzi, nella sacrale 4 e nella caudale da 24 a 16 e in alcuni casi fino a 3 o 4.
Le pecore hanno subito fortemente l'influenza della domesticazione e sono profondamente modificate nel carattere in maniera da renderne impossibile il ritorno allo stato selvaggio. Al contrario delle selvagge, sono molto timide e seguono ciecamente la guida, cosicché, una volta in fuga, non s'accorgono dei pericoli e continuano a precipitarsi anche in corsi d'acqua, se quelle che precedono vi sono saltate. Le pecore sono inoltre meno brave madri di fronte alle capre, avendo perduto in gran parte anche l'istinto della difesa dei piccoli. Soltanto i maschi combattono accanitamente tra loro.
Le pecore domestiche, al contrario delle capre, preferiscono pascolare sul terreno anziché salire sulle siepi e abbassare gli arbusti. Bene si adattano anche a luoghi stepposi e sabbiosi (Libia e Turkestan), ma soffrono però ugualmente nei terreni umidi, dove sono soggette a malattie infettive, ecc.
Le funzioni economiche della pecora, in ordine d'importanza, sono: la lana, la carne, il latte. In genere si associano meglio la carne e la lana e la carne e il latte. In ogni modo, per quanto in grado attenuato, tranne che nelle razze a pelo, si verifica spesso la triplice attitudine. Mercé la selezione, in fatto di lana, si sono raggiunti risultati sorprendenti, sia per qualità che per quantità. In fatto di quantità, come pure di qualità, basta ricordare i valori raggiunti da alcuni arieti australiani che superarono il prodotto annuo di 30 libbre inglesi e quello del famoso ariete Patron che in un anno raggiunse libbre 363/4, mentre i quantitativi medî generali australiani oscillano dalle 7 alle 8 libbre. Per aumentare il quantitativo, in passato si dava la preferenza alle molteplici pliche della pelle. Oggi, tanto in Francia quanto in Australia, si vuole il corpo senza pliche e si accettano solo quelle del collo. La lana si classifica a seconda di diversi caratteri e cioè: la lunghezza relativa, la lunghezza assoluta, il diametro, l'elasticità, la resistenza alla rottura, il nervo, la lucentezza, la morbidezza, l'uniformità nelle varie parti del corpo, come pure l'untuosità, che però secondo recenti osservazioni non avrebbe nessuna influenza sui pregi della lana stessa. Il diametro o finezza della lana si misura in micron e si adottano varie classificazioni (v. lana).
Un metodo pratico, rapido (O. Rhode), per esaminare su bioccolo le lane merine, consiste nel contare il numero delle ondulazioni sulla lunghezza di 25 mm.; a tale numero corrispondono approssimativamente determinati spessori. Allo scopo servono speciali "eriometri", portanti pettini di acciaio con le diverse seghettature. Oggi esistono apparecchi speciali a proiezione, molto sbrigativi, per misurare il diametro addirittura sopra piccoli ciuffi di lana. Per la resistenza e l'elasticità esistono i noti, più o meno costosi e complicati, "eriodinamometri".
J. Kühn stabilì un sistema, completato da M. Wilckens, di distinzione delle razze di pecore a seconda della lana prodotta, dividendole in: 1. Pecore a lana mista di peli grossolani, restoni (Grannenhaare) e di peli più fini, più corti, amidollati, nascosti dai precedenti (Flaumhaare; pecora Zackel, pecora a coda grassa, pecora Heidschnucke, pecora leccese moscia, ecc.). 2. Pecore a lana lucente, lunga da 20 e più cm., di media finezza, lievemente ondulata, senza midollo, sericea (pecore Leicester, Cotswold, ecc.). 3. Pecore con lana a scarsa untuosità, ondulazione media e caratteri di passaggio alle lane merine di tipo più grossolano (pecora frisona, Hampshire, Oxfordshire, bergamasca, ecc.) e di tipo più fino (gruppo delle pecore Southdown, ecc.). 4. Razze merine a lana più fina (tipo Elettorale e Negretti) e lane mediamente fine (tipo Rambouillet). Sono da ricordare anche le ben note razze da pelliccia e cioè, principalmente, la Karakul.
La produzione della carne, nelle pecore, assume diversa importanza a seconda dei paesi, importanza che va oggi notevolmente aumentando e che è massimamente elevata nelle pecore inglesi, come anche in Francia, in Ungheria, ecc. La produzione della carne delle pecore costituisce anche una delle principali risorse dei popoli primitivi di alcune località dell'Africa e dell'Asia in genere. Molto apprezzata è la carne degli agnelli da latte ("abbacchi" della Campagna romana) e dei castrati, che sono prevalentemente trasportati ai centri, mentre costituisce in maggior parte oggetto di consumo più locale quella proveniente dalle pecore adulte. Il rendimento di carne netto, in rapporto al peso vivo, nelle razze inglesi specializzate per la produzione della carne, cosiddette "da grasso", sale molto al di sopra del 60%, con incrementi giornalieri del peso vivo, per animali di 12 mesi, superiori spesso ai 300 gr.; mentre in razze meno perfezionate, che si possono chiamare "razze da carne", il rendimento può scendere fino al 47%, per animali in medie condizioni di nutrizione. Queste ultime sono le più ricercate in Italia per la quantità limitata di grasso interno e di copertura; tra esse sono da annoverare la bergamasca e i suoi prodotti d'incrocio con le pecore toscane, umbre, marchigiane, ecc. Molto influisce sulla qualità la proprietà dei pascoli in cui esse vivono e il metodo di allevamento brado o stallino. Il peso vivo varia molto; dai 20 kg. nelle razze immiserite si sale oltre i 150 kg. in alcune razze da carne inglesi; mentre negli arieti della razza russa Hissar a groppa grassa (Asia) può oscillare dai 150 ai 196 kg. e nelle femmine intorno ai 125.
La produzione del latte, infine, varia assai, ma è generalmente molto più bassa di fronte alle capre. Non mancano razze in cui essa sia molto spiccata, come, per es., nella Frisona, dove supera i 1000 kg. per anno, con una punta registrata al controllo nel 1931 di 1341 kg. Il contenuto in grasso può oscillare molto a seconda delle razze e del periodo della lattazione. La composizione percentuale media e le oscillazioni massime e minime, date da A. Monvoisin nel suo trattato, sono rispettivamente le seguenti: estratto secco medio 17, mass. 23, minim. 12,7; materia grassa 6,4 - 10,4 - 3,7; materia albuminoide 5,3 - 9 - 5,1; lattosio 4,3 - 5,8 - 4,1; ceneri 0,9 - 1 - 0,55. Sono state notate tuttavia, in prossimità dell'asciutta, percentuali anche superiori al 12% di grasso (pecore della Campagna romana). Il latte di pecora, dato il suo alto contenuto in varî principî, dà un alto rendimento in formaggio e determina in alcuni paesi come, p. es., in Italia, fiorenti industrie di caseificio (Sardegna, Sicilia, Campagna romana). La pelle degli ovini e specialmente quella degli agnelli, dà pure vita a industrie di notevole importanza.
Le razze pecorine. - La classificazione delle razze pecorine è stata più volte tentata, senza però mai corrispondere agli effetti pratici. Può essere ricordata quella di C. Keller, che divide le pecore in tre gruppi: 1. Le razze derivate dal Muflone (pecore delle brughiere tedesche, pecore scandinave, siberiane, irlandesi, delle Ebridi, delle Shetland, ecc.); razze dei Paesi Bassi e simili a grande formato, da carne e da latte. 2. Le razze africane a coda lunga e a testa caprina, quasi scomparse. 3. Le razze derivate dall'O. arkar (Merina, Zackel, del Norfolk, della Svizzera, di Bergamo, a coda grassa dell'Africa del nord, di Buchara, ecc.).
A. Sanson, a seconda della forma cranica, divide le razze di pecore in brachicefale e dolicocefale; ma tale classificazione non risponde alle razze ovine. P. Dechambre raggruppa, secondo il suo metodo, anche le razze pecorine, tenendo conto cioè della taglia, del peso, dei profili, delle proporzioni, ecc.; ma la più parte degli autori suole descrivere le razze raggruppandole a seconda dei paesi. In qualche paese si adottano tuttavia particolari criterî di suddivisione e ripartizione (Inghilterra).
Francia. - Razza merina. - Di fama mondiale per la spiccata attitudine alla produzione di lana fine. Si diffuse dalla Spagna, dove giunse in antico dall'Africa, in quasi tutto il mondo, suddividendosi in numerose varietà o determinando, per mezzo d'incroci, il miglioramento di molte altre razze. Tra le varietà più importanti formatesi sono da nominare i merini francesi, gli australiani, i tedeschi, gli ungheresi, gli argentini, i brasiliani, i nord-americani, i sud-africani, ecc. Il Merino di Rambouillet è la razza più famosa della Francia, esportata a più riprese all'estero a scopo di miglioramenti. Ampia di forme; tarchiata; di grande taglia; con testa forte, corta, profilo diritto, fronte e arti coperti di lana; dorso del naso largo e pieghettato; orecchie corte e fini. La femmina è acorne e il maschio possiede corna grandi, robuste, ritorte in doppia spira. Il petto e la groppa sono ampî, gli arti robusti, corti. La lana abbondante, fine, a bioccoli quadrati, elastica, di buon nervo. La pelle forma pieghe, numerose in gioventù, che diminuiscono con l'età, rimanendo ampie al collo. Il vello, che risulta molto chiuso, pesa negli adulti, quando è sporco, da 7 a 9 kg. nei buoni maschi, e da 4 a 6 nelle buone femmine. Peso vivo rispettivo 80-90 kg. e 55-65 kg. Oltre la Rambouillet esistono in Francia altre razze di merini come la Chantillonnaise, la Soissonnaise, quella di Brie, della Beauce, ecc., meno pregiate però e ancor più sprovviste di pliche allo stato adulto. Tra le altre razze francesi si possono ricordare le seguenti:
Berrichonne. - È una razza acorne; con testa priva di lana, a profilo diritto o leggermente montonino nel maschio; orecchie un po' lunghe, fini; vello compatto, bianco, a bioccoli lunghi, del peso circa di 3 kg. Il peso vivo massimo è di kg. 80 nel maschio. La razza ha molte varietà, come quelle di Crevant, Champagne, Indre, Cher, ecc.
Charmoise o Kent-Berrichonne. - Derivata da incrocio, come lo indica il nome, e da selezione operata da Malengie; ma tuttavia armoniosa di forme, con testa sprovvista di lana, orecchie piccole, vello bianco; robusta, adatta a tutti i pascoli, di facile ingrassamento.
Dishley-Merina o dell'Île-de-France. - Ottenuta per incrocio; progressivamente diffusasi. in molti dipartimenti francesi. Questi animali sono pesanti, massicci, con tronco a parallelepipedo; dorso, lombi, groppa larghi, piani; cosce piene; testa pesante, acorne; profilo diritto o lievemente convesso nel maschio; orecchie grandi, mai cadenti; collo muscoloso, senza pliche; arti brevi, solidi; vello esteso sino alla base della testa, abbastanza chiuso, con bioccoli prismatici. La lana discretamente fina (22-30 μ, elastica, resistente, mediamente untuosa, con giarra solo alla testa. La razza è ottima per la carne ed è di grande precocità; le femmine raggiungono i 65-70 kg., i maschi possono superare i 100.
Larzac. - Dal paese dello stesso nome; con taglia di 50-60 cm.; peso vivo kg. 40-45; petto un po' stretto; groppa bene sviluppata; vello chiuso ricordante un po' quello della merina e del peso medio di 2,5 kg.; senza corna; allevata principalmente per la produzione del latte. Possiede mammelle grandi, ben costrutte, che producono da 0,800 a 2 kg. di latte al giorno. Ogni pecora annualmente raggiunge gli 80-100 kg. di latte, con cui si prepara il famoso formaggio Roquefort. Dello stesso gruppo possono considerarsi le varietà della Causse, di Lacaume, di Millery, ecc. Il formato è longilineo, le corna mancano, la lana copre il corpo meno la testa, la parte ventrale del collo, lo sterno, il ventre, gli arti; le orecchie sono sviluppate, la coda lunga; il vello, del peso medio di kg. 1,800 nella femmina, con lana non soffice, di circa 30 μ di spessore. La mammella è voluminosa, rotonda, con capezzoli soprannumerarî. La razza è prolifica (2 e anche 3 agnelli) e il rendimento è di 1,5-2,5 kg. di latte al giorno, raramente più. Esistono, oltre alle precedenti, altre razze comuni di varia importanza (razze del Cotentin, dell'Avranchin, Solognote, Limousine, dei Bizets, Landaise, Bernaise, Basquaise, Embrunaise, di Savournon, ecc.).
Spagna. - I merini di Spagna odierni (Ovis aries africana Sanson) sono rimasti inferiori per qualità a quelli da loro derivati e non hanno più oggigiorno l'importanza che ebbero in passato come animali miglioratori. Altre razze ovine spagnole sono la Churra, quella di Biscaglia, la Mancha, le Basche. La Churra ha grosso vello e produce circa 60 kg. di latte all'anno, come del resto le altre due e kg. 3 e 3,500 di lana per lo più di colore nero, raramente bianca. In Portogallo esiste la pecora Bordaleira a lana nera, molto diffusa e apprezzata pure per il latte.
Italia. - Razza bergamasca. - Di grande statura (85 cm. fino a i metro), attribuita dal Sanson all'O. aries sudanica. Possiede testa grande a profilo fortemente montonino; orecchie grandi, larghe, lunghe, pendenti; alta in gambe; del peso di 70-100 kg.; precoce; adatta principalmente alla produzione della carne che è di ottima qualità. Gli agnelli nascono di 4-5 kg. e passano ai 40 a due mesi e mezzo di età. È molto prolifica (2-3 agnelli) e rende bene al macello. Il vello è grossolano, con bioccoli poco distinti; la lana spessa, poco elastica, prodotta in media nella quantità di kg. 3. Questa razza è impiegata spesso per incroci allo scopo d'elevare la statura e il peso di molte altre razze italiane ed estere. Partorisce anche due volte all'anno e può dare allora anche 5 agnelli. Varietà pregiate a lei affini sono: l'ottima Varesina, la Biellese, la Padovana, quella delle Langhe, ecc., migliori talvolta per la lana. Nella pecora delle Langhe si sono riscontrate di recente punte di produzione lattea giornaliera anche di 2,500 kg.; e nella varesina, prolificissima, 4 e 5 kg. di lana.
Pecore dell'Appennino settentrionale. - Poco uniformi; riferibili principalmente, in diverso grado, alla bergamasca e alla merina. Sono da ricordare tra queste, come buone, le pecore di Corniglio e le Garfagnine.
Pecore senesi, della Val di Chiana, dell'Umbria, delle Marche. - Fra queste pecore non si comprendono le vissane e le sopravissane. Sono di statura piuttosto elevata, di peso variabile, ma sempre piuttosto alto; produttrici di latte, lana e carne la prima, di carne e lana le altre, hanno tutte sangue bergamasco e merino. Quelle dell'Umbria e delle Marche sono di più forte sviluppo e si usa farle partorire anche due volte all'anno.
Pecora vissana e sopravissana. - La vissana, di statura media e piccola nelle forme immiserite, rustica, robusta, discreta lattaia, ha vello semiaperto, bianco o bianco-giallastro, talvolta marrone o pezzato. La testa e gli arti sono sprovvisti di lana. Queste pecore sono ormai rare a trovarsi nella regione umbro-marchigiana e tosco-romana litoranea, dove prevale la sopravissana, incrocio della prima con la merina. È una pecora transumante dalla Maremma all'Appennino; è assai robusta. La taglia è media (kg. 35-40 nelle femmine e 50-55 nei maschi); il vello ha caratteri merini, ma risulta più aperto, a bioccoli quasi prismatici. La lana bianco-giallognola, di media finezza, copre generalmente tutto il corpo, come gran parte della faccia e degli arti. La produzione della lana oscilla nella femmina da kg. 1,5 a 1,8, mentre il vello dei maschi va da 1,9 a 2,8 kg. La media generale in lavato sul corpo è di circa kg. 1,3. Apprezzata per la produzione della carne dei suoi agnelli, i quali a circa 30 giorni raggiungono gli 8-10 kg. di peso. La produzione del latte si protrae dalla metà di aprile alla metà di settembre con quantitativi giornalieri di 240-250 gr. Il latte serve alla fabbricazione del rinomato formaggio pecorino. Si calcola che ogni pecora produca in media dai 4 ai 5 kg. di formaggio annualmente.
Pecora maremmana o spagnola bastarda. - Simile alla precedente, più piccola, più rustica, meno redditiva; pascola nelle colline della maremma toscana e in genere è stazionaria.
Pecora gentile di Puglia. - Detta anche merina pugliese, allevata particolarmente per la lana, che è superiore per qualità a tutte le altre razze italiane; alta al garrese dai 65 ai 70 cm., precoce; di buona attitudine all'ingrassamento e fornitrice di buona carne. Il peso nel maschio è di circa 50 kg., nella femmina di 45. Buona conformazione; provvista di corna soltanto nel maschio; sobria, resistente alle marce e agli strapazzi della transumanza quanto la sopravissana, lungo i tratturi. Il corpo è interamente coperto di vello compatto, abbastanza omogeneo e giungente talvolta fino a quasi tutta la faccia. La quantità annua di lana negli arieti è di circa kg. 2,5-3,8 e nelle femmine di kg. 1,5-2,2. La finezza varia nelle femmine e nei maschi dai 22 ai 27 micron circa. Il latte può raggiungere il quantitativo di 55-70 kg. all'anno.
Pecora leccese moscia. - Di taglia più elevata della precedente, ha il mantello bianco e talvolta è macchiata di nero alla faccia e agli arti. Il vello è aperto, a bioccoli lunghissimi di lana grossolana, senza ondulazioni (vello misto), adatta a imbottiture e a speciali tessuti, di cui esiste una fabbrica rinomata nel Leccese. È migliore produttrice di latte della precedente e ha forme più slanciate, come pure maggiore resistenza e frugalità.
Pecora di Lucania. - Si riscontrano anche qui due varietà, una "gentile" e una "moscia", come del resto accade anche nella pecora di Calabria.
Pecore a manto nero mosce del Mezzogiorno. - Si riscontrano ugualmente nelle Puglie, nella Campania, nella Calabria. Sono di grande resistenza, a vello aperto, ruvido, di lana grossolana e vivono dove la pecora a lana bianca non può resistere a certe azioni poco conosciute delle qualità dei pascoli (pascoli invasi da piante infeste - Hypericum - dette volgarmente sul luogo fumuli).
Pecore siciliane. - Sono di mantello bianco con testa macchiata di nero ai lati e ventralmente, talvolta picchiettata. Tronco corto, stretto, arti piuttosto lunghi, sottili; il vello è grossolano, a bioccoli non distinti, simili un po' a quello della leccese moscia, con fili lunghi, grossolani, ruvidi (29 micron e più). La lana è opaca, poco elastica, e non copre la testa, la parte ventrale del tronco, il piatto delle cosce, gli stinchi. Non mancano velli scuri o neri. La statura varia dalla pianura alla collina, il peso da 38 a 48 kg. nelle femmine, da 45 a 60 nei maschi. Esistono nell'isola anche pecore derivate dalla Barbaresca, a coda più o meno ingrossata alla base. La produzione di lana di una sola tosatura è di circa 1600 gr. l'anno in media, per tutti i soggetti (maschi, femmine, agnelli), con una resa del 45-50% in lavato. Scarsa la produzione della carne, che però è buona. Per il miglioramento s'introduce sangue di pecora maltese, che è assai migliore specialmente per il latte. A. Romolotti ha infatti registrato produzioni giornaliere superiori a kg. 3. Le prove di mungitura a Enna hanno messo in evidenza la buona attitudine alla produzione del latte della pecora siciliana e nel 1932, su 57 pecore, 40 superarono i 1500 gr. nelle 24 ore con un massimo di 2932.
Pecora sarda. - Vivente in tutta l'isola e per l'addietro non giustamente apprezzata. È di taglia varia dal piano al monte. I migliori soggetti presentati nei concorsi per le prove del latte hanno raggiunto pesi di 65-70 kg. nei maschi e 45-53 nelle femmine. Come la leccese moscia e la siciliana, ha testa leggiera, fronte stretta, orecchie piccole orizzontali, faccia e arti sprovvisti di lana. Le corna sono però poco sviluppate nei maschi, mancanti nelle femmine. Il collo è sottile, il torace non largo, la coda e gli arti lunghi e fini. La lana è rigida, grossolana, mista, a vello aperto, a bioccoli sottili, lunga, talora lunghissima. Il colore generalmente è bianco, talora con macchie nere alla testa. La più importante funzione economica è quella del latte. In seguito all'opera di miglioramento iniziata nel 1925 si è giunti a registrare nel 1932 soggetti superanti i 300 kg. di latte all'anno, con una punta di kg. 373,900, mentre nel 1933 in 280 giorni sono stati superati i 427 kg. In seconda linea e a una certa distanza viene la produzione della carne, di ottima qualità. L'agnello nasce del peso di 2-4 kg. ed è venduto a 25-40 giorni. La lana è di mediocre valore; è prodotta nella quantità di kg. 0,800-1,200 nelle femmine e 2,500-3-4 negli arieti; serve a tessere l'orbace. Nel prodotto totale lordo dell'allevamento della pecora sarda la lana entra per il 10-8% e oggi sembra anche meno.
Inghilterra. - In Inghilterra le pecore sono classificate in varie maniere e cioè con o senza corna; a faccia nera e a faccia bianca; a lana corta e a lana lunga; del piano e della montagna; ma tutte queste classificazioni non possono, al solito, stabilire dei limiti netti. È importante sapere, in ogni modo, che lo scopo principale dell'allevamento è la produzione della carne, per la quale gli ovini inglesi sono da tempo famosi in tutto il mondo.
Razze inglesi a lana lunga. - Razza Dishley-Leicester. - Derivata dall'antica Leicester, che era mal conformata e tardiva, attraverso la selezione operata da R. Bakewell e poi salita a grande rinomanza per la sua spiccata precocità. La carne però non è molto saporita né molto stimata. È razza adatta ai climi umidi, esigente per l'alimento; del peso di 80 e oltre 120 kg. La testa è nuda con ciuffo di lana alla fronte; le orecchie lunghe, orizzontali, macchiate nere bluastre come la faccia. È acorne, con collo corto; vello lucido, fine, crespo, del peso di kg. 7,800. Sue parenti sono: la Border Leicester senza ciuffo e la Border Leicester-Cheviot. Molte razze furono migliorate con questa pecora.
Pecora Lincoln. - Somigliante alla precedente, più grande, più pesante, con forte produzione di lana lunga, robusta, lustra, in quantità anche superiore ai 12 kg. negli arieti e 6 kg. nelle pecore. Rispetto alle altre razze a lana lunga, la carne ha maggior proporzione di magro. Si ottengono spesso parti gemellari e si hanno nascite nella proporzione di 130-140%. All'esposizione di Smithfield si sono pesati arieti di 24 mesi con oltre 150 kg. di peso vivo.
Razza di Kent o Romney Marsh. - Antica razza, rustica, adatta ai climi eccessivi, forte, lenta di sviluppo, con lana lunga. La faccia e gli arti sono bianchi; il vello spesso, semilustro; la testa larga tra le orecchie, sprovvista di corna, con peli neri alla sommità che è coperta di lana; il naso è diritto, largo, nero; il peso vivo medio è di 70-80 kg. circa, ma può superare i 100; alle esposizioni di Smithfield i migliori soggetti a 24 mesi hanno raggiunto una media di kg. 119 circa.
Razza Cotswold. - È della contea di Gloucester; ha la faccia grande, con fronte coperta di un grosso ciuffo di lana, faccia e gambe bianche, talvolta con macchie nere; dorso lungo, diritto sino alla groppa; petto largo; costato rotondo; torace profondo. La lana è lunga, forte, né serrata, né aperta, un po' grossolana, prodotta nella quantità di kg. 3,600-4,700. Gli animali ingrassati si ricoprono troppo di sebo. I migliori soggetti alla mostra di Smithfield hanno dato un peso medio di kg. 136.
Varietà Wensleydale. - Migliorata con la Dishley e derivata da un grande montone a faccia bianca di Teeswater. Il corpo è pressoché interamente coperto di lana lunghissima, brillante, divisa in sottili bioccoli lunghissimi, cadenti in cordicelle; la fronte è provvista di un bel ciuffo cadente; il contorno degli occhi, la faccia posteriore degli arti, l'addome, lo scroto sono coperti da lana fine a bioccoli. È una razza robusta produttrice di carne magra superiore a quella di molte varietà a lana lunga.
Razza South Devon. - Della contea di Cornovaglia; produce carne magra, e perciò apprezzata. Ha sviluppo rapido (con accrescimento, fino ai 12 mesi, anche di 370 grammi al giorno); di costituzione robusta; di forte ossatura; frugale; a testa grossa e coperta di lana, che è piuttosto corta. Esiste una varietà a lana lunga il cui vello può pesare da 4 a 5 kg. Peso medio per animali di 24 mesi all'esposizione di Smithfield kg. 116. Altra varietà è la Roscommon, unica razza irlandese rimasta; molto antica; alta di taglia; robusta; adatta sia ai pascoli piani freddi sia ai fertili. Non è precoce, ma le pecore sono buone lattaie. La carne è di grana fina con abbastanza giuste proporzioni di grasso e di magro.
Razze inglesi Downs o delle dune. - Vi sono comprese: la Southdown, la Shropshire, la Suffolk, la Hampshire, la Oxford, la Dorset Down e la Dorset Horn.
Varietà Southdown. - La più pregiata tra le inglesi a lana corta. Di statura media (65 cm.); arti brevi e sottili; tronco largo; cosce carnose, piene; petto profondo; groppa larga, molto lunga, caratteristicamente piatta al di sopra; il vello è bianco o grigiastro, esteso dalla testa fino ai ginocchi e ai garretti. La testa è caratteristicamente larga tra le orecchie e senza corna; il vello è chiuso, di lana fina, di media lunghezza. È questa una pecora di rapidissimo ingrassamento; assai precoce; dà carne di prima qualità ed è perciò premiata a molte esposizioni. Altrettanto è a dirsi per la lana. Importante come razza incrociante, essendo i suoi arieti forti razzatori. Peso medio all'esposizione di Smithfield, per i migliori maschi di 12-24 mesi, kg. 91.
Varietà Shropshire. - La più cosmopolita delle razze Downs, vigorosa, armonica di forme; tarchiata, con mantello spesso, fino, lustro; la carne è di qualità superiore; il vello è esteso alla faccia e alle gambe, coperte di pelo scuro. È ammesso che abbia sangue di Southdown. Il peso del vello per le femmine varia da kg. 2,3 a kg. 2,6. I maschi migliori, all'esposizione di Smithfield, hanno raggiunto a 12-14 mesi la media di kg. 115.
Pecora Suffolk. - Derivata da incroci di pecore Norfolk acorni con l'ariete Southdown. Animale di elegante aspetto, forte, resistente. La testa è acorne, senza lana, ma coperta di pelo corto nero e fine, ugualmente agli stinchi e alle orecchie, che sono portate orizzontalmente. Il vello è compattissimo, la lana fine, di media lunghezza, mai infeltrita, del peso di kg. 2-3. Questa pecora è prolifica e apprezzatissima per la bontà della carne. Ottenne molti premî alle prove di macellazione. I pesi all'esposizione di Smithfield raggiungono la media di kg. 129. Fino a un anno di età l'incremento giornaliero medio raggiunse i kg. 0,308.
Pecora Hampshire Down. - Il maschio ha testa grande, ma non grossolana; la faccia e gli stinchi sono neri; il vello, spesso e compatto, si estende sulla fronte e alle gote; è di lana fine, in quantità dai 2,2 ai 2,4 kg. nelle femmine e dai 2,7 ai 3,6 nei maschi. Le orecchie sono portate orizzontalmente, impiantate in basso. È precoce e adattissima a incroci di prima generazione. Il peso medio nei migliori maschi da uno a due anni è di kg. 127 circa.
Pecora Oxford Down. - Con sangue Hampshire, Southdown e Cotswold. È la più grande delle Downs, ha lana lunga; vello compatto; ciuffo pronunciato alla fronte; lana più aperta delle altre Downs, contornante le orecchie ed estesa fino alle gote, alla gola, alle orecchie e ai ginocchi. Fornisce buona carne e ha il peso medio, nei migliori maschi, di kg. 131 circa.
Pecora Dorset Down. - Altra del gruppo, non grossolana, orecchie e faccia grigiastre, fronte e gote coperte di lana, vello chiuso del peso medio nelle pecore di kg. 2,300.
Pecora Dorset Horn. - Prima chiamata Dorset Somerset Horn. Ha corna dirette di lato e poi piegate in avanti nelle femmine, grosse e ritorte a spira in modo caratteristico nei maschi; è semimontana, attiva pascolatrice e vigorosa. Il vello è di lana assai bianca, chiuso, a superficie uniforme; coprente la fronte e le gote meno la faccia, che è bianca al pari degli stinchi. Peso medio a un anno kg. 90 circa.
Pecora Ryeland. - Con sangue di un'antica razza del Western Midlands e di Leicester. Sprovvista di corna; produce buona lana (kg. 2,300-2,700), con faccia e contorno degli occhi coperti di soli peli bianchi e opachi; ottima razzatrice; del peso medio, nei maschi migliori, di kg. 90.
Pecora Kerry Hill. - Del Paese di Galles. Generalmente acorne, con faccia e gambe bianche macchiettate di grigio scuro; orecchie orizzontali; coda lunga, larga, carnosa e lanosa; vello sovente giarroso, del peso di kg. 1,800 fino a 3,600. Adatta ai pascoli elevati. Da ricordare la pecora Clun Forest e quella Western.
Razze inglesi della montagna. - Sono razze d' origine antica e sconosciuta, più vigorose delle altre, meno esigenti; atte a utilizzare pascoli poveri e vasti; piccole; specialmente buone per la carne. Generalmente provviste di corna e di vello grossolano e giarroso.
Pecora Black-face. - Scozzese. La più robusta, la più resistente, la più selvaggia; mobilissima pascolatrice, ma pure adatta alla stabulazione. Ha corpo rotondo e tarchiato e perciò chiamata "pecora corta" in opposizione alla Cheviot detta "pecora lunga". La faccia e le gambe sono nere o marmorizzate, lisce, con lustro; il naso è largo; le corna sono grandi nell'ariete, medie nelle femmine. Fornisce carne di prima qualità. La lana però è rude, ondulata, lunga quasi fino a terra, giarrosa, forte, adatta a imbottiti e a confezionare tappeti.
Pecora Lonk. - Somiglia alla precedente, ma il vello è più pesante, più compatto, più fine; offre carne molto magra, nella quantità netta di 27-30 chilogrammi; ma è molto meno robusta.
Pecora Rough Fell. - Molto vigorosa, ha grandi corna a doppia voluta; più piccola della Lonk; la lana è forte e grossolana.
Pecora Swaledale. - Vello grossolano; corna ritorte nel maschio come nella Rough Fell, con due giri di spira; faccia e arti macchiati.
Pecora Derbyshire Gritstone. - A lana fine, chiara, talvolta con macchie nere al ventre e alla groppa. La faccia marmorizzata, stinchi moschettati.
Pecora Cheviot. - Dal nome delle colline che abita. È vivace, svelta, con testa e gambe senza lana, coperte di peli corti, bianchi e fini. Le orecchie sono brevi o medie. È generalmente acorne, con narici larghe e nere; il collo è robusto; il dorso rotondo, robustissimo; vello chiuso; lana di discreta finezza, uniforme. Il vello deve terminare a bordi caratteristicamente netti alla nuca, alle orecchie, alle gote, alla gola. Peso del vello lavato kg. 2. La coda viene tagliata all'altezza dei garretti nelle femmine e, per maggiore pulizia, è tenuta corta negli agnelli delle valli, alimentati a rape. Peso vivo medio a 12 mesi nei migliori soggetti, all'esposizione di Smithfield, kg. 100.
Altre pecore inglesi della montagna sono: la Radnor, la Herdwick, la Norfolk, la Limestone, la Penistone, la Welsh Mountain, la Dartmoor, la Exmoor Horn o Porlock.
Germania. - In Germania si allevano ovini merini, ovini da carne inglesi e ovini indigeni, nonché varî meticci. In passato furono famosi: 1. I merini di razza Elettorale, mal conformati, degenerati, di creazione tedesca, per ottenerne esclusivamente lana finissima; 2. I merini Negretti, preferiti in Austria, più vicini all'antico tipo merino, più raccolti di forme, più robusti di ossatura; con molte pliche e cravatte, ma con lana più abbondante e meno fine dei primi. Questi due tipi furono in seguito abbandonati, perchè si mirava a un vello con lana di sufficienti proprietà, accoppiato però a conformazione e precocità adatta alla maggior produzione della carne. La razza Rambouillet importata a questo scopo batté in concorrenza le due ricordate e formò gli attuali merini, che si distinguono oggi: in merini propriamente detti a lana per stoffe; in merini a lana da cardo, e in merini a lana da pettine; dei quali ultimi si distinguono tre tipi: uno con prevalente attitudine alla lana, uno con attitudine contemporaneamente alla lana e alla carne e un terzo con attitudine prevalente alla carne. Le razze inglesi allevate in Germania per la carne sono la Shropshire, la Hampshire Down, la Oxford Down e la Cotswold.
Tra le razze indigene è da ricordare la famosa lattaia della Frisia orientale, di grande taglia (cm. 87,5 e peso vivo kg. 119 nel maschio, cm. 77,6 e p. v. kg. 79,5 nella femmina). Il peso degli animali ingrassati può raggiungere perfino i 125 kg. e nelle gravide i 90. La razza è acorne, a testa grande, con naso leggermente montonino, orecchie lunghe e sottili, collo svelto; anteriore del corpo corto; spalle diritte; petto un po' stretto. La coda è relativamente corta e sottile con punta lanosa. La mammella, sviluppatissima, è calva o con fine pilosità, di colore caratteristicamente carnicino a capezzoli bene sviluppati. Il colore del vello è bianco, non sono rare però macchie scure e anche pecore del tutto nere, che vengono scartate. Vello aperto, a bioccoli increspati, esteso sul corpo fino alla testa e agli stinchi, che sono coperti soltanto di peli corti. Peso della lana da 3 a 5 kg. nelle pecore e perfino 7 nel becco, con resa del 60-70% al lavaggio. La produzione del latte è alta e nei controlli del 1930 ben 9 pecore diedero le produzioni annuali seguenti: 1005, 1054, 1070, 1090, 1094, 1126, 1243, 1256, 1261 kg. e nel 1931, com'è più indietro ricordato, una punta di kg. 1341. La razza è prolifica e si hanno anche due o tre agnelli del peso di kg. 2,5-4,5. Altre razze locali della Germania sono: la pecora della Franconia, delle regioni montuose, la quale ha media attitudine all'ingrasso e raggiunge pesi da 85 a 110 kg. nel maschio e 50-56 nella femmina; possiede mantello dello spessore dai 7 ai 10 cm., di lana appena ondulata e di buon nervo e fornisce carne di buona qualità; la pecora della Rhön di notevole robustezza, lunga di arti, breve, apparentemente, di tronco, di 57 cm. di altezza nella femmina e 73 nel maschio, a testa coperta di pelo nero brillante, collo lungo, arti a pelo bianco, lana poco ondulata e grossa, peso da 60 a 75 kg. nel maschio e da 43 a 50 nella femmina; la pecora Heidschnucke di piccola taglia, primitiva, robustissima, cornuta, a lana grossolana, giarrosa, lunga, bianca o grigiobruna. La testa e gli stinchi sono coperti di pelo nero o bruno. È una pecora delle brughiere del Hannover, Brandeburgo e della Prussia. In Germania è allevata anche la pecora Karakul in purezza o incrociata specialmente con la Heidschnucke.
Svizzera. - Nella Svizzera l'allevamento pecorino non ha molta importanza. Si possono ricordare la pecora della montagna (Wildhauserschaf) con orecchie grandi pendenti, di forte sviluppo, a testa bianca, a vello aperto, orecchie, testa e stinchi sprovvisti di lana. È somigliante alla bergamasca, alla varesina, ecc.; la pecora bruno-nera della montagna tipo del Giura, a orecchie orizzontali, a vello semi aperto, alta in gambe; la pecora della Carinzia a gambe alte, vello liscio, orecchie pendenti, ottima per l'incrocio con la Karakul; la pecora a testa bruna da carne e da lana, migliorata con razza inglese, con vello abbastanza compatto, esteso fin quasi alle gote e alla fronte, ecc.
Austria, Ungheria e Paesi Balcanici. - Pecora Zackel. - Importante per la produzione del latte e la fabbricazione del formaggio; estesa all'antico territorio austriaco, nei Sudeti, nei Carpazî, in Ungheria, nella Bucovina, in Romania, negli Stati Balcanici dell'Ovest, nella Russia del sud, ecc. Essa è a lunga coda, corna a vite dirette lateralmente o in alto, con delle varietà a corna di tipo merino, e anche acorni. Il vello è lungo, misto, in parte bianco, in parte bruno e nero. La testa e le gambe nelle pecore bianche possono essere bianche oppure scure; il peso oscilla dai 25 ai 50 kg.; la lattazione si protrae per 3 o 4 mesi e mezzo con un quantitativo di 50-100 kg. per capo. Esiste una varietà detta Račka con vello lungo, un poco più fino e con 50-70 kg. annui di latte e talora fino a 100. In Romania, in Bosnia, in Ungheria, in Bulgaria si sono operati incroci con la Frisona.
Razza Zigaia (rom. ôigae). - È frequente nel Banato, più rara nell'Ungheria attuale, con o senza corna, a testa nera oppure rossa e con vello rossastro o bianco. Buona per l'ingrassamento e con attitudine al latte avvicinantesi alla Račka.
In Bulgaria si nota la pecora Stara Zagora, che produce anche 90 kg. di latte in 130 giorni con il 7,5% di grasso.
Anche in Grecia si trovano razze ovine da latte.
In Romania è a nominare la pecora zurcana (ôurcană) con vello aperto, grossolano, somigliante alla Zackel. Si trovano anche delle Zigaia e importanti allevamenti di ovini Karakul in purezza o incrociati con la zurcana.
In Ungheria ha assunto grande importanza l'allevamento degli ovini merini detti di Ungheria, dove s'alleva, come in Austria, la razza così detta Negretti-Elettorale, fornente lana finissima. Si hanno poi merini da lana da pettine, divisi in due classi e cioè: merini ungheresi da carne e merini ungheresi da lana da pettine; quelli da carne, simili ai tedeschi, sono molto redditizî, raggiungono a un anno 70-80 kg. e a due 90 a 100. Gli ovini merini ungheresi da lana da pettine a due anni raggiungono i 70-90 kg., ma nei montoni ingrassati il peso può oscillare tra 110 e 130 e nelle femmine di 3 anni da kg. 35 a 55. Occorrono però condizioni di nutrizione favorevoli, altrimenti il peso si riduce.
Belgio e Paesi Bassi. - Nel Belgio e Paesi Bassi si trova la pecora Frisona, uguale a quella della Frisia orientale già descritta. S'incontra anche il montone delle brughiere simile al Heidschnucke; il montone così detto dei Marsch e il Fiammingo identico a questo, pesante e a coda lunga.
In Olanda prende oggi voga una pecora simile alle precedenti, detta di Texel, prima incrociata, ma oggi migliorata per selezione. È di grande taglia, prolifica, a testa nuda, orecchie orizzontali, senza ciuffo, naso nero. La coda è larga, coperta di lana grossa e giarrosa. La lana è di un giallo chiaro, infiltrata di grasso; è prodotta nella quantità media di kg. 5.
Russia e Asia. - Esistono molte razze rustiche locali primitive nonché, nella Russia europea, le importate merine. Molto importante è la famosa razza Karakul, a manto nero o grigio, di Buchara, a lana grossolana, mista; provvista o no di corna nel maschio; appartenente al gruppo delle pecore a coda grassa (O. laticauda), terminata in punta sottile piegata a S., molto nota per la produzione delle pellicce breitschwanz e astrachan o persiane, ecc. dei suoi agnelli, pellicce che assumono grande valore quando nelle breitschwanz si hanno bei disegni morezzati e lucentezza spiccata e, nelle pellicce karakul, ricci ben chiusi, stretti, compatti, uniformi, alti quanto larghi, rigidi e al contempo morbidi, lucidi, nerissimi o grigio cenere o, talvolta, anche bianchi e marrone.
Oltre la pecora Karakul a coda grassa, esistono la razza Magon, la Saradia, la Hissar a groppa grassa che raggiunge pesi enormi, fino a 196 kg. nei maschi e 125 nelle femmine. Vi sono inoltre da ricordare la pecora a lana fina e coda grassa Persiana, le molte pecore a coda grassa dell'India e così la razza Hunia che si dice adoperata per combattimenti tra i maschi, a somiglianza di quanto si faceva una volta in Inghilterra con i galli combattenti. Altre razze primitive della Russia europea sono: la Čuška a testa e arti neri senza lana; il vello è grossolano; la coda non grassa; lo sviluppo medio (p. v. kg. 55); la Chechsowen a testa e stinchi bianchi, di più debole costituzione, con coda grassa, sviluppo medio (p. v. kg. 50), vello grossolano bianco, con corna più piccole della precedente; la razza Osseta del Caucaso a coda grassa complicata; le razze Sivaska e Balbaz entrambe con complicazioni di groppa e coda grasse; la Siberiana a lana rigida e groppa grassa, resistentissima al clima rude, ecc.
In Cina sono allevate prevalentemente pecore rustiche le quali, come anche la Karakul e le pecore Barbaresche dell'Africa settentrionale, presentano spessissimo la conca auricolare atrofica.
Africa. - Molte sono le razze africane, alcune delle quali assai caratteristiche e primitive. Tipico è appunto il montone domestico del Niger, coperto di solo pelo colorato di scuro alla parte anteriore del corpo, con corna a spire allungate e dirette lateralmente e un po' in basso; ha orecchie grandi e pendenti, arti e coda tanto lunghi da costituirne una delle più rilevanti caratteristiche. Esso vive in domesticità fino dai tempi più remoti. Tipiche sono pure: la razza Maura o della Mauritania (Ovis aries sudanica Sanson) di grande statura, a pelo corto, gambe lunghe, orecchie grandi e pendenti, originaria del Sudan ai confini del Sahara e molto frequente in Mauritania e nel Sahel, diffusa pure altrove; la razza del Futa Gialon, piccola, a pelo corto, spesso a testa nera, i cui maschi presentano una particolare criniera; la razza Macina, che per avere lana bianca e fina si ritiene da taluni progenitrice dei Merini, come accade per la razza Beni-Ahsen a lana fina, del Marocco. Inoltre è da nominarsi il montone somalo con varietà simile, che si estende anche nell'Africa meridionale, dove è chiamata razza Persiana a testa nera, e che ha qualche rassomiglianza anche con la pecora, spesso a testa nera e a coda più lunga e pelosa, dell'isola del Madagascar. Questi ovini hanno la testa e il collo neri, ma talora, nel Benadir, anche rossi. Il pelame è corto e bianco opaco sul corpo, sprovvisto completamente di lana. Molto caratteristico è il deposito di grasso attorno alla radice della coda (piccola) salente sulla groppa e discendente talvolta quasi ad arco sulle natiche; il tronco è di forma compatta, profondo; la testa corta quasi sempre senza corna, provvista al di sotto della gola di un'abbondante pagliolaia. La carne è considerata buona, ma un po' troppo grassa, nell'Unione Sud-africana. È da ricordare anche la pecora berbera a coda grassa che popola tutte le regioni dell'Africa settentrionale (Libia, Tunisia, ecc.). Essa ha il vello abbastanza sviluppato, aperto, più o meno giarroso, estendentesi su tutto il corpo fino alla fronte, alle guance, al ginocchio, al garretto; il colore è bianco con macchie nere, marrone o rossicce, più sovente alla testa; il peso medio è di 35-45 kg. nelle femmine, di 45-60 nei maschi; la produzione della carne è assai buona. Nell'Africa meridionale, oltre alla persiana a testa nera ricordata, esistono le razze indigene chiamate Rondriber-Afrikander e Namaqua, a coda grassa che dànno buona qualità di carne vivendo bene sui terreni aridi.
Nella Colonia Eritrea vi sono le pecore Begghie-Abèsce o abissine, coperte non di lana, ma di folto pelo, a coda semigrassa con punta ritorta; mantello rossastro e pezzato, appartenenti, secondo I. Bohm, all'O. pachycerca recurvicauda. Oltre a queste, richiamano l'attenzione per la loro statura (85 cm.; peso 65-90 kg.) le pecore Hamalé bianche a pelo raso, a orecchie lunghe, grandi e pendenti, a profilo montonino, con pagliolaia, a coda lunga e poco grassa, simili assai alla pecora Maura. Accanto a queste troviamo le pecore Arrit, acorni come le precedenti, con orecchie mezzane e coda lunga diritta, a pelo più abbondante. Il colore è rosso-pezzato, pezzato rosso, più comunemente bianco.
Oceania. - L'allevamento della pecora è fiorentissimo in Australia e grande diffusione hanno preso notoriamente i merini, conosciuti sotto il nome di australiani. Un tempo si allevava il cosiddetto tipo popolare con moltissime pliche cutanee al pari della varietà Negretti, importata già da tempo in Australia. Oggi, nell'intento d'evitare disuguaglianze nella qualità della lana in conseguenza delle pliche, si è prodotto, per selezione, il tipo moderno con grandi pagliolaie solo al collo e attorno alla testa. Questi animali sono ottimamente conformati. Non si esige più però l'estrema finezza di una volta, giacché si è sacrificata un po' di questa a favore di una maggiore robustezza e quantità di lana e, contemporaneamente di un maggiore rendimento in carne. In seguito alla selezione i migliori arieti degli anni 1864, 1895, 1900, 1907 diedero le seguenti produzioni di lana in forte ascesa e cioè: kg. 5,435-12,230-13,590-16,650. In Australia e nella Nuova Zelanda, oltre ai merini, si allevano ovini da carne inglesi, ma lo stesso merino australiano è un ottimo produttore di carne.
America. - Nell'America Meridionale: Argentina, Uruguay, ecc. e nell'America Settentrionale: Stati Uniti, Canada, ecc., le pecore sono tutte d'importazione e le razze allevate sono le merine (es. merine della California) e le inglesi da carne e lana. Un tipo completamente a sé è costituito dai famosi carneros lanudos del Chile, già ritenuti il prodotto d'incrocio di pecore con capre, ma poi riconosciuti per una vera e propria razza di pecore, per quanto a caratteristiche molto particolari. Mentre non si poté provare la fecondità di questi animali con le capre, con le pecore si dimostrano costantemente e illimitatamente fecondi. Questi animali sono provvisti di un vello misto di peli veri e proprî, assai lunghi, molto grossi e molto rigidi, per nulla ondulati, di colore ora marrone a gradazioni fulve, scure, ora più chiare fino a un giallastro sporco. Questi peli lunghi, che non si riscontrano in nessun'altra razza di pecore, sono misti, al solito, a una peluria molto più fine e più corta. Il vello può pesare da 3 a 4 kg.; la statura è media; la testa è a profilo diritto, provvista di ciuffo alla fronte con orecchie orizzontali; faccia e stinchi coperti di pelo corto.
Allevamento. - L'allevamento è brado, stazionario o transumante; semibrado; raramente stallino. I varî sistemi sono praticati a seconda dei paesi, del clima e di altre condizioni ambientali. La vera industria armentaria, specialmente quella che ha per principale scopo il prodotto lana e lana e carne, non può astrarre dal pascolo e se il sistema stazionario brado o semibrado ha possibilità d'esplicarsi in modo redditizio in alcune località e in determinate circostanze, in altre località, invece, non è possibile; e la transumanza, nonostante i ben noti lamentati inconvenienti (diffusione di malattie, ece.), è il metodo più confacente alla vita della pecora, alle sue produzioni e, contemporaneamente, il mezzo di utilizzare quei pascoli che non si prestino a coltura e che, nello stesso tempo, non possano offrire agli animali ospitalità per tutto l'anno. Tale è il caso, in inverno, degli alti pascoli coperti d'uno strato di neve e, in estate, delle plaghe aride di cui non sia possibile l'irrigazione e dove manchino acque correnti e buone per l'abbeveraggio. L'allevamento brado, stazionario o transumante, ha spesso l'inconveniente di esporre gli animali ai rigori del clima, con perdite talora gravi, talché si consiglia di usare ripari i quali possono andare dall'ovile ben costruito e attrezzato (ampie finestre, apposite greppie e mangiatoie, larghe porte d'accesso con adatti sistemi per impedire affollamenti all'uscita, come i rulli agli stipiti e le soglie elevate con piani inclinati d'accesso più stretti dell'apertura; locali appositi o mungitoi con speciali stalli, per contenere gli animali durante la mungitura) a sommarie tettoie con una o due pareti laterali, a seconda dei paesi. Talora i greggi trovano riparo naturale sotto grandi alberi come gli eucalipti in Australia e i grandi baobab in Africa; mentre le spallette dei fossi in Australia, le siepi di fichi d'India o altri ripari naturali bassi, possono difenderle dai venti gelidi. In genere, nell'allevamento brado durante la notte si tengono gli animali su un tratto di terreno recintato da reti di corda facilmente trasportabili, fissate a paletti infitti nel terreno. In caso di forti intemperie in qualche luogo si sogliono appoggiare alle reti dei sommarî graticci o paraventi di rami intrecciati, di frasche, di paglia. I recinti sono costituiti anche da muriccioli e, come in Africa, da siepi morte di piante spinose dette zeribe. Il sistema stallino assoluto può essere praticato soltanto per piccoli gruppi e anche a singoli animali tenuti alla stalla per ingrassamento, nei paesi ad agricoltura intensiva; nel qual caso, del resto, gli animali sono condotti in certe ore del giorno sui margini delle strade e dei fossi e tenuti a guinzaglio.
La custodia del gregge è affidata generalmente a pastori, i quali possono esserne anche i proprietarî. Per tale personale di custodia tutto è regolato da patti a caratteristiche varianti da località a località; esso è retribuito spesso parte in denaro e parte in natura. Vi è un capo dal quale tutti dipendono e che, nella Maremma, è detto "vergaro"; sotto di lui v'è il "buttero" che può sostituirlo; quindi il "caciere", "l'agnellaio", il "montonaio", i "biscini". In Sicilia a comandare vi è il "curatolo", che ha alle sue dipendenze i "pastori" e il "caciere". I nomi variano da luogo a luogo e non è quindi il caso d'indicarli tutti. Il numero delle persone varia moltissimo a seconda dei paesi, dell'attitudine degli animali, dei costumi, ecc. In Australia, per le merine da lana e da carne, si calcola che due ben istruiti pastori, con i cani e cavalli bene addestrati, possano bastare a circa 4000 pecore. In Italia, per pecore della Campagna romana, alle quali però si munge il latte che viene convertito in formaggio, per un gregge di 4000 capi occorrono da 30 a 40 persone. In Sicilia si calcola che un pastore possa bastare per 200 pecore.
Si deve tener presente però che nell'opera di sorveglianza delle grandi greggi gli uomini sono sempre, come in Australia, aiutati da cani da pastore intelligenti, di cui esistono molte razze, come la romana, abruzzese, bergamasca, scozzese, della Brie, dell'Alsazia, della Beauce, ecc. A seconda dell'organizzazione del gregge gli animali sono tenuti tutti insieme o divisi per categorie. In alcune contrade, per es., si segue la brutta abitudine di tenere costantemente gli arieti con le femmine, sicché le nascite degli agnelli sono irregolari e avvengono durante tutto l'anno.
Nella buona organizzazione si dispone che l'immissione dei maschi nei branchi delle femmine sia fatta a epoca opportuna in modo che in ogni paese, a seconda dell'andamento delle stagioni e delle abitudini, le nascite avvengano in epoca propizia e il gruppo delle pecore partorisca entro un periodo di tempo non troppo lungo. In genere le pecore si fanno partorire una volta all'anno e le fecondazioni avvengono in periodi che variano a seconda delle località e dell'età. Nella Maremma toscana, per es., i montoni si dànno alle pecore in giugno, dopo la tosatura, prima di partire per la montagna; le giovani (recchie), allo scopo di evitare lo strapazzo alla prima gravidanza, si fanno fecondare in ottobre. In Sicilia l'epoca corrisponde alla metà di aprile; in Sardegna al 15 di maggio. I parti si verificano naturalmente circa 5 mesi dopo. Nei casi dell'allevamento stallino o quasi, cioè di pecore da carne in genere, in Italia si usa farle partorire due volte all'anno per potere avere così anche 4 o 5 agnelli. L'età propizia per la riproduzione oscilla dai 12 ai 16 mesi nel maschio, da 10 a 14 nelle femmine, ma anche più tardi nei casi di razze rustiche, non precoci. Il maschio è sempre pronto alla riproduzione, mentre per le femmine il momento propizio si manifesta, di solito, periodicamente ogni 17-18 giorni. Il numero normale degli arieti per 100 femmine, quando si vuole assicurare un'alta fecondità, è di 4-6. La durata della gestazione è un po' minore di quella della capra (circa 145 giorni), e il parto avviene, in genere, senza complicazioni. L'agnello è più tardo del capretto a dirigersi alla mammella, talché spesso i pastori usano aiutarlo. Il numero dei nati nelle varie razze va da uno a cinque; un caso di alta prolificità è stato recentemente registrato in California in una pecora di razza Romney che diede alla luce sei agnelli vivi. La quantità di pecore feconde s'aggira annualmente dal 70 al 95% a seconda dei luoghi, delle circostanze e del numero degli arieti immessi nel gruppo. Gli agnelli non destinati alla riproduzione sono venduti, all'incirca, a 30-50 giorni a seconda delle razze, quando non sono allevati per farne castrati.
La castrazione si opera a età diversa, a seconda dei paesi, e anche a 15 giorni. Il metodo usato può essere il "coperto" con piccole pinze Burdizzo, oppure il metodo "scoperto". Oltre alla castrazione, fino da tempo antico, si pratica il taglio della coda a giusta lunghezza, allo scopo di evitare l'imbrattamento della lana che ricopre la coda stessa e le natiche.
Lo slattamento si verifica a 2 e 3 mesi e, come per gli altri animali, deve essere graduale.
La durata della lattazione nelle pecore varia pure a seconda delle razze e degl'individui. Nella Frisona, molto lattaia, si considera che il periodo oscilli dai 6 ai 10 mesi; nei recenti controlli operati in Sardegna, in forti lattazioni si sono superati i 300 giorni e, in un caso, si trovano registrati 358 giorni.
L'alimento principale delle pecore è rappresentato dall'erba dei prati naturali (falciabili) e da quella dei pascoli (non falciabili). Il numero dei capi in rapporto alla superficie (carico del pascolo) varia moltissimo a seconda della fertilità, così, p. es., nel pascolo di collina più povero scende a 1,5-2 capi per ettaro e va fino a 3-4,5 per il prato buono permanente del piano (Maremma toscana); nei pascoli delle Puglie si calcolano, in media, 4 capi a ettaro e si arriva ai records australiani di alcune zone, espressamente coltivate, ove si allevano perfino da 12 a 20 capi ad ettaro. Naturalmente il numero è assai minore nei pascoli comuni, dove si calcola una pecora per un acro e mezzo, cioè ogni 6062 mq. In ogni modo la pecora, per la sua mobilità, è molto adatta a utilizzare pascoli poveri e steppici, dove il terreno assegnato a ogni capo è talvolta molto più esteso di quanto è sopra indicato. Oggi si consigliano gli alimenti concentrati non solo per le pecore specializzate alla produzione della carne e per i castrati destinati all'ingrassamento, ma anche per i grandi greggi, quando il pascolo risulti insufficiente. Ciò è accaduto, p. es., nella Puglia e anche in altre località, ove prospera la coltivazione della fava, di cui in certi momenti si usa dare alle pecore i frutti freschi.
In molte località, oltre ai pascoli e ai prati, come sopra è accennato per l'Australia, s'impiantano anche prati artificiali con erbe e radici adatte, quali trifoglio, erba medica, bietole, navoni. In America si usano erbai di rape e avena, e campi di mais.
Per evitare inconvenienti che possono derivare dall'ingestione di erba eventualmente ancora coperta di rugiada e di brina, si suole attendere, al mattino, un'ora propizia prima di lasciare liberi gli animali. Occorre anche, talvolta, nel caso dell'utilizzazione di prati artificiali rigogliosi e con erba molto tenera e acquosa, di non mandarvi le pecore troppo affamate. È bene allora farle passare prima per pascoli più poveri e magari somministrare loro in antecedenza fieno secco.
A distinguere gli animali delle diverse proprietà e anche i diversi soggetti, è in uso, particolarmente negli ovini, la marcatura, che può farsi con l'applicazione di bottoni e con tagli e bucature convenzionali agli orecchi, o con tatuaggio vero e proprio al padiglione dell'orecchio. Si usa anche scrivere grossi numeri a vernice sui velli molto chiusi. A questo proposito si lasciano alle volte, alla tosatura, ciuffi di lana, di varia forma, quali segnalazioni temporanee, particolarmente utili durante i lunghi tragitti cui obbliga la transumanza.
La tosatura, operazione molto importante per la buona raccolta della lana, si può eseguire una o due volte all'anno, e molto si è discusso sull'opportunità dei due metodi. In generale si usa un'unica tosatura alla fine della primavera o all'inizio dell'estate. In tempi antichissimi si usava strappare la lana; oggi il mezzo più razionale e più rapido per i grandi allevamenti è quello delle tosatrici meccaniche. È praticata sempre però anche la tosatura con particolari cesoie a molla, le quali, una volta strette per tagliare, si aprono spontaneamente per non stancare la mano. Le tosatrici hanno il vantaggio di scalfire meno frequentemente e meno profondamente la pelle e, nello stesso tempo, di tagliare uniformemente raso pelle. Durante la tosatura il vello dev'essere mantenuto unito e quindi arrotolato con la superficie esterna rivolta all'indentro e ben legato con la stessa lana.
Prima della tosatura si usa, in molti luoghi, lavare la lana sul dosso degli animali, i quali, più comunemente, vengono spinti a uno per volta attraverso un corso d'acqua dove i pastori li afferrano per squassare la lana. In Australia si usa perfino la doccia a cui segue il bagno in vasche particolari. In questo paese esistono grandissimi impianti in speciali fabbricati esclusivamente costruiti per le operazioni della tosa, che è organizzata in grande stile per rendere rapido e razionale il lavoro, dato il numero dei soggetti che può salire a diecine e centinaia di migliaia per ogni azienda.
Anche per le pecore il periodo di tempo della loro utilizzazione varia a seconda delle destinazioni. Nelle razze esclusivamente da carne non s'attende in genere la maturità completa, mentre quelle atte alla produzione della lana, in vista del peggioramento del prodotto, non possono essere mantenute negli allevamenti al di sopra di 7-8 anni. Il periodo migliore della produzione, per la bontà del prodotto, va dalla terza tosatura, quando cioè la lana, oltre ai caratteri definitivi, ha raggiunto il massimo peso, fino ai 4 anni e mezzo.
La determinazione dell'età si fa come nei caprini, con la differenza che, essendo la specie pecorina ricca di razze precoci, gli animali, più spesso e più sensibilmente, presentano degli anticipi nelle successive mosse degl'incisivi e a tal grado da essere compiuta ai 12 mesi la prima, ai 16 mesi la seconda, ai 19-20 la terza, ai 26 la quarta.
La durata della vita va dai 12 ai 15 anni, in media, ma non è affatto conveniente, per quanto sopra è detto, raggiungere tali estremi.
In genere, anche nella specie pecorina, si usano nomi diversi a seconda dell'età e anche questi, come al solito, variano con le località: in Sicilia, per es., fino a 6 mesi si chiamano agnelli; da 6 mesi a un anno crasti-agnelli; da un anno a due novellari; da due in su crasti; ai tre anni terzigni; ai quattro quartigni. Per le femmine agnelle fino all'anno; agnellazze da uno a due e mezzo; pecore lattaie se in produzione; strippe se asciutte; pecorazze se destinate al macello per vecchiaia. Nella maremma toscana e romana, invece, dopo l'anno e fino a due circa i maschi si dicono giavarri, poi montoni, ma se castrati in giovane età, semplicemente castrati, se da vecchi serroni o manzi o guidarelli; le femmine nel secondo anno prendono il nome di recchie o recchiarelle e di pecore o matricine dopo il parto.
In generale, agnello è il nato della pecora fino al primo anno, ariete o montone il maschio adulto. L' agnellino di latte, destinato al macello, viene chiamato a Roma e nel Lazio abbacchio.
Dati statistici riguardanti le capre e le pecore. - Utilizzando i dati statistici degli ultimi anni secondo i prospetti dell'Annuario internazionale di statistica agricola (Istituto internazionale d'Agricoltura), il quantitativo mondiale delle capre e delle pecore risulta rispettivamente di circa 175 e 676 milioni, così ripartiti: Europa e Russia asiatica, capre 22.905.500; pecore 204.400.000; America Sett., capre 10.323.000; pecore 60.812.000; America Merid., capre 15.834.000; pecore 97.967.000; Asia, capre 74.560.000; pecore 76.256.000; Africa, capre 51.471.000; pecore 96.790.000; Oceania, capre 231.000; pecore 140.392.000.
Questi numeri possono dare un'idea sommaria della relativa importanza dell'allevamento delle due specie. In genere l'allevamento della capra ha, come s'è detto, un valore più spiccatamente locale di fronte a quello della pecora, e non dà luogo ai movimenti commerciali che si verificano per questa. L'allevamento delle pecore si può considerare anzi d'importanza maggiore di quella che potrebbe risultare dal raffronto dei dati statistici globali. Tuttavia l'allevamento della capra è importante per alcuni paesi, a causa di particolari condizioni, come in quelli assai montuosi, o molto aridi, ecc. Così, p. es., si riscontra una maggiore quantità di capre che non di pecore nella Svizzera, nel Messico, nel Kenya, nell'isola di Haiti, nel Camerun francese e britannico, nel Mozambico, nella Turchia, ecc. In altri luoghi, come nell'Asia (esclusa la Russia asiatica), i quantitativi si equivalgono. I caprini si trovano negli ultimi anni in aumento ad Haiti, nella Guinea francese, nel Kenya, nel Marocco, nel Tanganica, ecc. Nelle nazioni più progredite, come la Germania, la Svizzera, i Paesi Bassi, s'è notata negli ultimi anni una sensibile diminuzione del numero degli ovini in genere; ma, per l'azione delle società e dei governi, ne è risultata assai migliorata la qualità. In Italia, in entrambi gli allevamenti, si è avuta, negli ultimi anni, una sensibile contrazione, ma proporzionatamente molto più sensibile nelle capre, che nelle pecore. Per le prime il fenomeno sembra dovuto, in parte, ai provvedimenti governativi per la tutela dei boschi (r. decr. 16 gennaio 1927); per le seconde la causa va ricercata sia nell'andamento dei mercati dei formaggi e delle lane, sia nell'aumento dei prezzi d'affitto dei pascoli (Maremma, Puglia), che sono saliti enormemente. L'intensificarsi dell'agricoltura, pur conciliandosi con l'allevamento ovino, ne muta gl'indirizzi, e, almeno in un primo tempo, ne contrae lo sviluppo. Inoltre si rende sempre più difficile sostenere la concorrenza di paesi, anche lontani, ma più adatti all'industria armentizia, i cui prodotti sono, come la lana, di facile trasporto. Tuttavia non si può negare che l'allevamento degli ovini in Italia abbia sempre una notevolissima importanza e che perciò meriti un serio interessamento. Tale importanza va aumentando dall'Italia settentrionale (923.130 pecore), all'Italia centrale (3.208.910 pecore), alla meridionale (3.856.680 pecore) e, relativamente alla densità della popolazione, alla insulare (2.780.720, di cui 2 milioni circa spettano alla sola Sardegna). Importante articolo d'esportazione dall'Italia è il formaggio pecorino, che negli ultimi anni è andato purtroppo diminuendo. Il prodotto lordo dell'allevamento della pecora è stato calcolato (1930) in un miliardo di lire di fronte a un pari valore del patrimonio stesso. L'allevamento della pecora ha preso del resto grande impulso in tutto il mondo, e talora è stato veramente gigantesco come in Australia, dove il numero dei capi è salito a 110 milioni. Anche in Francia, come in Germania e in Ungheria, si sta provvedendo a dare incremento all'allevamento delle pecore e così pure in Inghilterra, che rappresenta la fonte degli animali miglioratori delle razze pecorine da carne di tutto il mondo e nella quale il numero dei capi supera i 26 milioni. L'Europa importa grandi quantità di prodotti ovini dagli altri continenti, ma specialmente lana (v.); per la carne l'importazione è relativamente limitata e riguarda quasi esclusivamente l'Inghilterra che nel 1931 importò 3.647.400 quintali di carne ovina congelata. Il movimento mondiale d'esportazione e importazione di carne di pecora è quindi piuttosto limitato, giacché essa viene in prevalenza consumata sul posto e ha, in certo modo, come quella della capra, maggior valore locale. Le esportazioni più forti si fanno dalla Nuova Zelanda, dall'Argentina, dall'Australia e dall'Uraguay, esportazioni che andarono gradatamente crescendo negli ultimi anni, così come hanno fatto, parallelamente, le importazioni nel Belgio, nella Francia e nell'Inghilterra. I quantitativi esportati nel 1931, dai paesi esportatori sopra ricordati, sono rispettivamente: quintali 1.759.297; 830.430; 816.833; 182.853, mentre i tre paesi importatori hanno introdotto rispettivamente: quintali 3.647.406; 189.555; 21.575.
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Principali malattie infettive e infestive proprie degli ovini.
1. Agalassia contagiosa delle pecore e delle capre. - Malattia infettiva sostenuta da un particolare ultravirus, filtrabile ma visibile e coltivabile (A. Celli e D. De Blasi, 1906; H. Carré, 1912; Y. Bridré e A. Donatien, 1923-25; G. Flückiger, W. Wroblewski, 1929-1931). Si manifesta con lesioni infiammatorie alla mammella, culminanti nell'atrofia dell'organo (da cui il nome di agalassia), con lesioni infiammatorie agli occhi e alle articolazioni. Possono ammalare con manifestazioni oculari e articolari anche animali molto giovani e animali di sesso maschile. L'infezione si presenta in forma acuta febbrile e in forma subacuta. Sembra che al formarsi delle lesioni più gravi partecipino, oltreché l'ultravirus specifico, anche germi d'invasione secondaria (H. Carré, A. Mirri, D. Karamarias). Gli animali convalescenti e portatori di lesioni croniche eliminano materiale infetto, per cui sono portatori di contagio. La malattia è diffusa in Francia, Svizzera e Spagna; in Italia è particolarmente segnalata nelle regioni centrali e meridionali e in determinati pascoli (mal del sito). Non si conoscono presidî immunizzanti, preventivi e curativi, di sicura efficacia contro l'agalassia contagiosa. Il siero Marra e Cocciante, il vaccino Bridré-Donatien, lo stovarsol sodico non hanno fornito che risultati relativamente mediocri.
2. Bradsot. - È una malattia infettiva propria degli ovini, prodotta da un germe anaerobio molto simile a quelli del gruppo delle cancrene gassose. Ammalano prevalentemente gli animali di media età (2-3 anni) e sembra specialmente dopo periodi di abbondanti piogge e in determinati pascoli. Le manifestazioni cliniche della malattia sono quelle di una tossinfezione acuta o iperacuta (malattia rapida). Sono abbastanza caratteristiche le lesioni a carattere emorragico presenti nella mucosa del 4° stomaco e del duodeno. La malattia è assai diffusa in Norvegia, in Irlanda, nella Scozia, nella Svezia, in Danimarca, in Francia e in Inghilterra; in Italia è stata identificata e studiata in questi ultimi anni dal Rosa nella campagna romana, dall'Altara in Sardegna e dal De Paolis nelle Puglie. È stato escogitato un procedimento di siero-immunizzazione (Jensen) che sembra molto efficace.
3. Brucellosi. - Le pecore e le capre sono gli animali conservatori e diffusori più importanti dei germi riuniti oggi nel gruppo Brucella; germi che infettano l'uomo, in cui determinano la febbre ondulante, e i bovini, nei quali producono la malattia nota sotto il nome di aborto epizootico. Nelle pecore e nelle capre l'infezione si localizza all'utero e alla mammella provocando l'aborto per una o più gestazioni successive e determinando una continua e pericolosa eliminazione di germi nel latte. La malattia non presenta manifestazioni cliniche apprezzabili; viene supposta dal presentarsi frequente del sintomo aborto e trova la sua dimostrazione nell'esame sierologico del sangue e del latte. D. Bruce nel 1887 scopri l'agente della febbre ondulante dell'uomo, già chiamata febbre di Malta; B. Bang e F. Stribolt nel 1896 scoprirono l'agente dell'aborto epizootico dei bovini; Miss Evans nel 1918 mise in evidenza la stretta parentela fra questi due germi oggi pressoché unificati. T. Zammit (1904-1905) dimostrò l'esistenza dell'infezione nella capra; la recettività e la grande importanza della pecora nella conservazione e nella diffusione delle brucellosi è stata messa in luce in quest'ultimo decennio (v. ondulante, febbre).
4. Cenurosi. - Malattia parassitaria dovuta al localizzarsi nel cervello degli ovini di una cisti che rappresenta lo stadio larvale della Taenia coenurus, la quale vive allo stato adulto nell'intestino del cane e di preferenza del cane da pastore. Il cane infestato di tenia emette con le feci le uova, le quali, se ingerite dagli ovini, dànno luogo allo sviluppo di piccoli embrioni (oncosfere) che, migrando nel sangue circolante, possono arrestarsi nel cervello dove, continuando il loro ciclo di sviluppo, producono le cisti. I cani da pastore mangiando il cervello di ovini morti o uccisi per cenurosi, offrono la possibilità alla tenia di completare il suo ciclo vitale e raggiungere lo stato adulto. Le pecore con cenuro cerebrale presentano sintomi nervosi provocati principalmente dalla compressione esercitata dalla cisti (vertigine da cenuro). La profilassi della malattia viene fatta curando la teniasi nei cani e prevenendola con l'impedire loro la somministrazione di cervello di ovini colpiti da cisti da cenuro.
5. Distomatosi. - È la più frequente e diffusa malattia parassitaria degli ovini; è dovuta al distoma epatico e al distoma lanceolato, Trematodi fogliformi, allungati, non segmentati, i quali compiono alcune fasi del loro sviluppo nel corpo di una piccola lumaca, la Limnaea truncatula; in assenza di quest'ospite intermedio la malattia non può svilupparsi. Gli ovini assumono i parassiti, eliminati dalle lumache, insieme con le erbe di località umide o nella vicinanza di corsi d'acqua; i parassiti ingeriti vanno a localizzarsi nel fegato, dove producono un processo infiammatorio particolarmente a carico dei dotti biliari. La malattia si manifesta clinicamente con dimagramento, anemia, itterizia, edemi sottocutanei, specialmente lungo il canale intermascellare. Talvolta si ha notevole mortalità A scopo terapeutico sono stati usati con ottimo effetto diversi preparati a base di felce maschio. Dal lato profilattico ha importanza la bonifica dei pascoli e la distruzione dei parassiti nel loro stadio larvale mediante lo spargimento nei pascoli di acqua di calce o di solfato di ferro.
6. Meningo-encefalite enzootica. - Malattia delle pecore, a carattere diffusivo, con manifestazioni nervose che vanno dall'ottundimento del sensorio, al barcollamento, alla paralisi, con accessi eccitativi tonico clonici saltuarî. S'inizia con febbre e sintomi di ordine generale; la mortalità non è molto elevata (10-20%). La forma morbosa ha molti punti di contatto con la malattia di Borna del cavallo. L'etiologia di questa malattia non è ancora completamente chiarita; St. Stockmann (1918) avrebbe osservato nel sangue circolante degli animali ammalati la presenza di un protozoo endoleucocitario, che si ritiene trasmesso da speciali zecche (Ixodes ricinus).
La malattia domina in Irlanda, Scozia e Scandinavia.
7. Piroplasmosi. - Malattia dovuta a emoprotozoi, che invadono i globuli rossi provocandone la dissoluzione. Viene trasmessa da ectoparassiti succhiatori di sangue (zecche), nel corpo dei quali gli emoprotozoi compiono una moltiplicazione sessuata. La forma più frequente di piroplasmosi degli ovini è data dal Piroplasma ovis o Babesia ovis (da V. Babes, 1892), che ha aspetto piriforme, spesso riunito a due elementi, della lunghezza poco superiore al raggio di un globulo rosso. La malattia si manifesta con febbre elevata, anemia, ittero più o meno evidente, emoglobinuria; insorge quasi esclusivamente durante i mesi caldi. All'esame del sangue si osservano abbastanza facilmente gli agenti patogeni. Domina largamente nei Balcani (Carceag), ma è presente in molti paesi europei e anche in Italia. Per la profilassi della malattia riveste importanza massima la lotta per la distruzione delle zecche, in mancanza delle quali la malattia non può trasmettersi.
8. Pseudotubercolosi. - Malattia infettiva delle pecore e anche delle capre, a carattere diffusivo, ad andamento cronico, che si manifesta con processi purulento-caseosi a carico dei ganglî linfatici e di altri parenchimi. È dovuta al bacillo di Preistz-Nocard. Si nota grave e progressivo dimagramento e tumefazione delle ghiandole linfatiche. La mortalità può divenire abbastanza elevata; l'agente patogeno si trova diffusamente sparso nell'ambiente; la porta d'ingresso dell'infezione è spesso rappresentata da soluzioni di continuo della pelle; nei soggetti neonati l'infezione si propaga sovente per il cordone ombelicale. Dal lato profilattico ha molta importanza l'igiene dell'ambiente, la disinfezione delle ferite, la legatura e disinfezione del cordone ombelicale nei neonati. H. Carré ha preparato uno speciale vaccino preventivo. La malattia è abbastanza diffusa in varî stati d'Europa e d'America; in Italia viene segnalata con frequenza nelle regioni meridionali e in Sicilia.
9. Rogna delle pecore e delle capre. - È una dermatite cronica di natura parassitaria, dovuta al localizzarsi e al moltiplicarsi nella pelle di speciali acari. Nelle pecore e nelle capre si possono osservare 3 forme di rogna: la rogna sarcoptica, dovuta al Sarcoptes scabiei var. ovis; la rogna simbiotica o dermatofagica, dovuta al Dermatophagus communis var. ovis; la rogna psoroptica o dermatocoptica, dovuta al Dermatocoptes communis var. ovis; quest'ultima è la più frequente e la più grave. Si manifesta con diffuse lesioni della pelle, caduta della lana, forte prurito, dimagramento e anemia.
Per la cura si agisce localmente con pomate o bagni acaricidi, previa tosatura e bagno preparante. A scopo profilattico necessita l'isolamento degli animali ammalati e la disinfezione prolungata degli ovili contaminati.
10. Setticemia emorragica delle pecore e delle capre. - Malattia infettivo-contagiosa, dovuta a germi del gruppo dei septicus o pasteurelle (da Pasteur che ne scoprì il tipo base, quale agente del colera dei polli). Si manifesta con sintomi d'ordine generale comuni a tutte le setticemie e con fatti locali principalmente a carico del polmone. Sono maggiormente sensibili gli animali giovani; si osserva più spesso negli animali pascolanti in regioni basse e paludose; raramente assume andamento epizootico. Fu studiata da F. Galtier per primo in Francia (1889-90) e in seguito da J. Lignières in Argentina (1898). Si possono osservare forme acute, subacute e croniche. La mortalità negli agnelli, in questa setticemia, può raggiungere il 50%.
A scopo profilattico oggi si ricorre a interventi immunizzanti. La malattia è più o meno diffusa in tutti i paesi europei. L'agente della setticemia delle capre può acquistare importanza eome germe dí complicazione nella pleuropolmonite infettiva e nella polmonite contagiosa (A. Lanfranchi e G. Pacchioni).
11. Stomatite pustolo-contagiosa degli ovini. - Malattia infettivo-contagiosa, dovuta all'azione di un virus filtrabile, costantemente caratterizzata dalla presenza di lesioni papulo-pustolose-ulcerative nella mucosa boccale e alla faccia esterna delle labbra; eccezionalmente in altre parti del corpo. Osservata e studiata da M. Aynaud e G. Moussu in Francia, G. Blanc, C. Melanidi e I. Caminopetros in Grecia, A. Lanfranchi, I. Altara e A. Giusberti in Italia. La malattia si trasmette facilmente da animali ammalati e convalescenti ad animali sani e porta talvolta a una mortalità molto elevata, specialmente nei poppanti. È stata dimostrata la sua trasmissibilità ad altre specie animali (bovini, cavie, conigli) ed eccezionalmente all'uomo (M. Aynaud, I. Altara). A scopo profilattico vanno applicate misure igieniche, di disinfezione e d'isolamento; si sono tentate anche prove d'immunizzazione.
12. Vaiolo ovino o schiavina. - Malattia acuta e febbrile delle pecore, caratterizzata da un esantema papulo-vescicolo-pustoloso e da focolai broncopolmonari. Ha molti punti di contatto col vaiolo dell'uomo e d'altre specie animali, però non è reciprocamente trasmissibile. È sostenuta da un virus filtrabile. Nelle cellule epiteliali degli animali ammalati e nelle cellule della cornea di coniglio sperimentalmente infettato sono state identificate particolari inclusioni che vanno sotto il nome di "corpuscoli del Guarnieri" (Cytoryctes vaccinae, clamidozoi: F. F. Friedemann, H. A. Gins, H. Prowazek).
La malattia esordisce con sintomi d'ordine generale ed evolve poi con la formazione delle particolari eruzioni cutanee, presenti specialmente nelle regioni del corpo sprovviste di lana. Le lesioni cutanee tendono all'essiccamento e alla desquamazione; possono confluire e anche presentare carattere emorragico. La mortalità oscilla da un minimo del 10-20% a un massimo del 70%. Gli animali convalescenti e guariti rappresentano dei portatori e diffusori di contagio. Attualmente la malattia viene efficacemente combattuta con i prodotti immunizzanti (Siero Borrel, vaccino sensibilizzato Bridré-Bouquet). Quest'infezione domina in Dalmazia, Bulgaria, Rumenia e Serbia allo stato enzootico con periodi epizootici. In Italia è particolarmente diffusa nelle regioni meridionali. Esiste a Foggia un Istituto zooprofilattico sperimentale antischiavinico.
Malattie infettive degli ovini comuni ad altre specie animali: Afta epizootica, carbonchio ematico, carbonchio sintomatico ed edema maligno, rabbia, tubercolosi, actinomicosi ed actinobacillosi, piobacillosi.
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