ozio
Ha significato affine a quello del latino otium (in quanto opposto a negotium) in Cv I I 4 la cura familiare e civile... convenevolemente a sé tiene de li uomini lo maggior numero, sì che in ozio di speculazione esser non possono, dove chiaramente si riferisce al tempo libero da occupazioni private e pubbliche, dedicabile allo studio, all'acquisto della scienza.
Negli altri due esempi indica invece quella condizione di neghittosità e scioperataggine che è condannata come peccaminosa dalla morale cristiana (cfr. Cv IV I 9): Ottacchero ebbe nome, e ne le fasce / fu meglio assai che Vincislao suo figlio / barbuto, cui lussuria e ozio pasce (Pg VII 102); chi nel diletto de la carne involto / s'affaticava e chi si dava a l'ozio (Pd XI 9).
Il concetto di o. non trova largo spazio di trattazione nei testi teologici e più di una volta viene ricondotto a quello di accidia (v.). Le Scritture mettono l'o. tra le colpe di Sodoma (Ezech. 16, 49), lo considerano causa di stoltezza (Prov. 12, 11), di povertà (28, 19), di malizia (Ecli. 33, 29), ostacolo all'agire - " quid hic statis tota die otiosi? " (Matt. 20, 6) - e svilimento della parola: " Dico autem vobis quoniam omne verbum otiosum, quod locuti fuerint homines, reddent rationem de eo in die iudicii " (Matt. 12, 36). Il rapido cenno di s. Tommaso (Sum. theol. II II 35 4 ad 3), mentre assorbe l'otiositas nell'ambito dell'acedia, la distingue dalla somnolentia; ambedue consistono in un torpore " circa principia ", ma con una differenza: " circa quae est aliquis otiosus, omnino ea praetermittens; et somnolentus, ea negligenter implens ".