PACE di Ottone da Faenza
PACE (Pase) di Ottone (Oddone) da Faenza. – Nacque a Faenza, da Ottone, forse non molto dopo la metà del XIV secolo.
La prima testimonianza è in un documento del 12 ottobre 1388 in cui compare come teste in un atto rogato a Bologna «Pasio q. Oddonis de Faventia pictore capelle sancti Chataldi», ossia nel quartiere della perduta chiesa di S. Cataldo dei Lambertini (Filippini - Zucchini, 1947). Nel 1398-1400 lavorò per Pandolfo III Malatesta a Fano, nel palazzo alla Caminata (Zonghi, 1888; Tambini, 2000, p. 53). Nel 1408 era a Ferrara («Magistro Paxio pictori filio quondam Odonis de Faventia civi et habitatori Ferrarie»: Franceschini, 1993, p. 94 doc. 226). Il 31 aprile 1410 risulta a Mantova, dove fu chiamato forse da Carlo Malatesta, il quale resse la città dal 1407 al 1410, causa la minore età di Gian Francesco Gonzaga e dove gli fu assegnato un salario di 20 ducati al mese per sé e altri sei «pro expensis sibi faciendis pro buchis quatuor, duobus leporariis et uno equo» (L’Occaso, 2005, p. 135). Il 21 novembre 1410 il vescovo di Ferrara, Pietro Boiardi, gli concesse un feudo (Franceschini, 1993, p. 102 doc. 251). A partire da quel periodo non si conoscono suoi viaggi fuori dalla città estense.
Sulla ricostruzione della sua figura artistica hanno pesato le problematiche menzioni di Giorgio Vasari, il quale nella Vita di Gherardo Starnina dell’edizione torrentiniana (1550, p. 295) afferma che Starnina «lasciò suoi discepoli Masolino da Panicale e Pace da Faenza, molto pratico e valente pittore, il quale dipinse in Ferrara molte cose et a Belfiore similmente»; l’impresa di Belfiore fu principiata nel 1392 dal marchese Alberto V d’Este e pertanto l’ambito cronologico e geografico risulta coerente con i documenti sopra citati. In seguito però, nella giuntina (1568, pp. 119 s.), Vasari classifica Pace tra gli allievi di Giotto: «Pace da Faenza che stette seco assai e l’aiutò in molte cose, et in Bologna sono di sua mano, nella facciata di fuori di S. Giovanni Decollato, alcune storie in fresco. Fu Pace valente uomo, ma particolarmente in fare figure piccole, come si può insino a oggi veder nella chiesa di S. Francesco di Forlì in un Albero di Croce et in una tavoletta a tempera, dove è la vita di Cristo e quattro storiette della vita di Nostra Donna, che tutte sono molto ben lavorate. Dicesi che costui lavorò in Ascesi in fresco, nella cappella di S. Antonio, alcune istorie della vita di quel Santo». Vasari nel 1568 fuse quindi due distinte personalità: Pace di Bartolo (al quale occorre riferire l’attività assisiate) e il faentino Pace di Ottone. La letteratura sei e settecentesca replicò la confusione anagrafica e cronologica vasariana. Carlo Cesare Malvasia (1686) riporta l’artista in ambito emiliano, seppure con un insoddisfacente compromesso: «allievo del nostro Manno, e coetaneo di Giotto». Le due personalità sono forzatamente unite anche da Filippo Todini (1980), mentre Anna Tambini le ha giustamente isolate e distinte sin dal 1982.
Nulla è rimasto delle opere menzionate dalle fonti. La delizia estense di Belfiore fu abbattuta già nel XV secolo; il palazzo di Fano fu distrutto dalle fondamenta nel 1472; la chiesa di S. Francesco a Forlì nel 1815. Gli affreschi sulla facciata della chiesa bolognese di S. Giovanni Decollato, detta anche del Mercato (non più esistente), raffiguranti «Christo in croce con molte figure», descritti ancora nel 1767 come «opera assai stimata fatta da Pace da Faenza (Oretti, ms. B 30; Tambini, 2000, p. 52), scomparvero nel 1775 (Malvasia, 1782): essi non potevano certo essere del 1340 (come in Masini, 1650), se spettavano a Pace, ma neppure si possono legare con sicurezza al citato documento del 1388. A Mantova nulla può essere riferito con certezza al breve soggiorno di Pace, il quale lavorò forse per la corte. I documenti ferraresi non permettono supposizioni sulla sua attività per gli Este, seppure il feudo concessogli nel 1410 possa implicare un rapporto di committenza.
A Faenza, Luigi Antonio Lanzi (1809) menziona «un’antica immagine di Nostra Signora», localmente attribuita a Pace, sita nella chiesa di S. Maria Maddalena della Commenda in Borgo Durbecco: forse è da identificare con il polittico descritto in Crowe - Cavalcaselle, 1864, ora di ubicazione ignota, del quale è stata individuata una riproduzione fotografica in cui è leggibile la firma apocrifa di Pace, vergata o rifatta nell’Ottocento (Tambini, 2009, pp. 5-17); l’opera, passata nella prima metà del XX secolo presso l’antiquario Barsanti di Roma, pur pesantemente ridipinta, può datarsi al 1410-20 circa, compatibilmente con le date di Pace. Nel riportare la testimonianza di Lanzi, il cronista faentino Marcello Valgimigli segnalava come opera di Pace in patria le perdute pitture nel «vecchio capitolo dei nostri Serviti» (in Tambini, 2000, p. 43 n. 8); non disdirebbe alle date di Pace un frammentario affresco con la Madonna allattante (Faenza, chiesa del Suffragio) proveniente dal complesso servita. Affreschi nella Commenda, raffiguranti Quattro santi e già accompagnati dalla data 1403 rilevata da Gaetano Giordani (ibid., pp. 46 s.), sono stati avvicinati ad altri a Forlì e a Rimini, riuniti sotto il nome di Maestro della Commenda, ma il riconoscimento a Pace resta tuttora problematico (ibid., pp. 46-51, 53 n. 21).
L’antica attribuzione a Pace di un disegno della Biblioteca Albertina di Vienna (inv. 10) è giustamente respinta a favore di un più adeguato riferimento a Cesare Nebbia (Birke - Kertész, 1992).
Non si conoscono il luogo e la data di morte di Pace, da collocare probabilmente tra secondo e terzo decennio del XV secolo.
Un ante quem per la morte è fornito da un notaio Malatesta designato «filius q. Magistri Paxii pictoris» in un documento del 22 novembre 1425 riportato da Luigi Napoleone Cittadella, (1865, p. 565), il quale però in seguito (1868, p. 15) affermava che nel 1425 Pace era ancora in vita (Tambini, 2000, p. 54 n. 22). Nel 1433 risultava vivere a Ferrara «Malatesta quondam magistri Paxii pictoris» (Franceschini, 1993, p. 155 doc. 380), il cui nome rappresenta forse un omaggio alla famiglia che Pace aveva servito per molti anni. Un altro figlio, Nicola, orefice, nel 1438 compare come massaro dell’arte dei falegnami e degli orefici nella stessa Ferrara (ibid., p. 194, doc. 433).
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, mss., B.30: M. Oretti, Le pitture nelle chiese della città di Bologna descritte nell’anno 1767, p. 35; G. Vasari, Le vite... (Firenze 1550 e 1568), a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, II, Firenze 1967, pp. 119 s., 295; A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1650, p. 736; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno... (1681-1728), I, Firenze 1845, p. 166; C.C. Malvasia, Le pitture di Bologna..., Bologna 1686, p. 64; P.A. Orlandi, Abcedario pittorico..., Bologna 1719, p. 343; C.C. Malvasia, Pitture, scolture ed architetture..., Bologna 1782, p. 26; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia… (Bassano 1809), a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, p. 25; J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A new history of painting in Italy…, I, London 1864, pp. 380 s., n. 1; L.N. Cittadella, Notizie amministrative, storiche, artistiche relative a Ferrara, I, Ferrara 1865, p. 565; II, ibid. 1868, p. 15; F. Argnani, La Pinacoteca comunale di Faenza, Faenza 1881, pp. 5 s., 87; A. Zonghi, Repertorio dell’antico Archivio comunale di Fano, Fano 1888, p. 37; F. Filippini - G. Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna, I, Firenze 1947, p. 189; F. Todini, in F. Todini - B. Zanardi, La Pinacoteca comunale di Assisi, Firenze 1980, pp. 61-63; A. Tambini, Pittura dall’Alto Medioevo al Tardogotico nel territorio di Faenza e Forlì, Faenza 1982, p. 131; S. Casadei, Pinacoteca di Faenza, Bologna 1991, p. 2; V. Birke - J. Kertész, Die italienischen Zeichnungen der Albertina, I, Wien - Köln - Weimar 1992, p. 6; A. Franceschini, Artisti a Ferrara in età umanistica e rinascimentale, I, Ferrara-Roma 1993, pp. 94 doc. 226, 102 doc. 251, 155 doc. 380, 194 doc. 433; A. Tambini, Alla ricerca di P. e Ottaviano da Faenza, in Romagna arte e storia, XX (2000), 58, pp. 41-60; S. L’Occaso, Fonti archivistiche per le arti a Mantova tra Medioevo e Rinascimento (1382-1459), Mantova 2005, pp. 135 s.; A. Tambini, Storia delle arti figurative a Faenza: il Gotico, Faenza 2007, pp. 110-114; A. Tambini, Per P. da F.: il polittico descritto da Crowe e Cavalcaselle e una tavola di Enrico da Monteregale, in Romagna arte e storia, XXIX (2009), 85, pp. 5-22; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, pp. 116 s., s.v.