MASSIMI (Massimo), Pacifico (Pacifico d’Ascoli)
Nacque intorno al 1410 nei pressi di Ascoli Piceno da Ippolito, di famiglia benestante, e da Buccia (Elisabettuccia). Sono perciò da correggere le testimonianze di Angelo Colocci (lettera del 20 giugno 1548 in Fanelli) e di Camillo Damiano nell’epitaffio che chiude l’edizione delle opere del M. Lucretiae libri duo… (Fano, G. Soncino, 1506), secondo le quali il M. morì centenario nel 1506. L’orientamento guelfo della famiglia paterna, in seguito alla ripresa delle ostilità politiche, costrinse il padre del M. ad abbandonare la propria casa con la moglie in avanzato stato di gravidanza e il M. nacque durante la fuga nelle vicinanze della città.
La famiglia si rifugiò a Campli, nei pressi di Teramo, dove il M. studiò con precettori che lo avviarono alle lettere classiche. Durante gli anni vissuti fuori dalla patria morirono i genitori, certamente prima del 1426, anno in cui Ascoli, tornata alla Chiesa, consentì il ritorno degli esuli. Il M. rientrò ad Ascoli da solo e sposò una certa Giusta, in seguito bersaglio del suo rancore espresso in versi: da lei ebbe tre figli, due maschi e una femmina, tutti morti in tenera età. Per il prediletto Ippolito il M. compose una grammatica latina semplificata (Regulae grammaticales, Fano, G. Soncino, 1506). Gli anni successivi furono caratterizzati da continui spostamenti, e lunghi periodi rimangono del tutto privi di documentazione. Lasciata la moglie per ragioni che restano imprecisate, decise di arruolarsi nell’esercito di Alfonso V d’Aragona, costretto dalla ripresa degli scontri tra fazioni (nell’agosto 1445 o agli inizi del 1448, quando molti nobili guelfi di Ascoli furono uccisi) e dalla conseguente confisca dei beni. Tornò ad Ascoli dopo il 1452, anno in cui il papa Niccolò V graziò i ribelli. Nel 1459 si trovava a Perugia come studente di diritto (nonostante l’età avanzata) presso il collegio Gregoriano della Sapienza vecchia e sotto la protezione dell’influente signore della città Braccio (II) Baglioni, del quale probabilmente fu precettore. Durante il soggiorno perugino partecipò a una sommossa studentesca occasionata dalla decisione dell’Università di regolamentare la detenzione di armi: nella circostanza il M. fu incaricato di recarsi, come rappresentante degli studenti, presso Pio II. Nel 1467 risiedeva ancora a Perugia, come attesta la sottoscrizione di un codice da lui copiato, contenente versi di Tibullo, Catullo, Properzio e i Priapea (Londra, British Library, Egerton, 3027). Sempre a Perugia ebbe forse modo di ascoltare le lezioni di greco tenute da Angelo Decembrio, fratello di Pier Candido, e sicuramente lì conobbe Paolo Marso, che successivamente si trasferì a Roma e insistette con il M. perché lo raggiungesse. In seguito si stabilì forse a Camerino, ospite di Giulio Cesare da Varano, come lascia intuire la dedica a Giovanni Maria da Varano premessa alla ristampa dello Hecatelegium (Camerino, G.G. Benedetti - L. Placido, 1523; ed. a cura di J. Desjardins, p. 499).
Dopo essere tornato ad Ascoli, fra il 1476 e il 1479, su invito di Marso soggiornò di nuovo a Roma, dove cercò, senza riuscirci, la protezione di Sisto IV. Fu in questa sede che il M. entrò in contatto con i membri dell’Accademia Romana (come confermano l’elegia IX, 7 dello Hecatelegium e l’epistola esametrica a Filippo Buonaccorsi [Callimaco Esperiente], in ed. Desjardin, p. 470). Egli, tuttavia, non entrò mai nell’Accademia. Nel 1485, nuovamente esiliato da Ascoli per aver preso parte agli scontri tra fazioni, si recò a Firenze, dove in luglio pubblicò per i tipi di A. Miscomini il De componendo hexametro et pentametro. Kalendarum rota (Indice generale degli incunaboli [IGI], 6308) con dedica a Iacopo Salviati, del quale era ospite forse con il ruolo di insegnante privato di lingue classiche. Nel 1488 si spostò a Lucca, dove aveva ottenuto per un anno l’incarico di professore di grammatica latina, di poesia e di fondamenti di lingua greca nello Studio cittadino, nomina sollecitata da lui stesso con una petizione in volgare al Consiglio generale (29 genn. 1488, in Barsanti, pp. 95 s.). Mancando però i libri del camerlengo generale dal 1477 al 1491, non è noto se tenne scuola pubblica per tutto l’anno. Fece in ogni caso ritorno a Firenze nel 1489, in occasione della stampa, in novembre, dello Hecatelegium (A. Miscomini; IGI, 6309). Nel 1493 fu nuovamente a Lucca, dove ottenne la cittadinanza e insegnò per sei mesi, il tempo stabilito nell’incarico, come confermano le registrazioni nei libri del camerlengo. Alla fine della sua vita tornò a Roma, dove strinse amicizia con Colocci, che divenne il suo ultimo mecenate, lo accolse negli Horti Colocciani, o dell’Acqua Vergine, ospitandolo e proteggendolo fino alla morte.
In una lettera a N. Machiavelli scritta da Roma il 16 luglio 1501 A. Vespucci lo cita quale esempio di poeti dall’evidente inclinazione omosessuale che si sono salvati dal rogo grazie alla protezione di influenti prelati.
Il M. morì a Fano, prima del 1506, mentre attendeva alla pubblicazione definitiva delle sue opere.
Scrisse numerose opere latine, per lo più inedite, alcune delle quali attestate ma oggi perdute. Tre sono di argomento retorico e grammaticale: oltre ai citati De componendo exametro et penthametro e Regulae grammaticales, il De declinatione verborum Graecorum (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 2862, cc. 142r-151r). Un secondo gruppo è costituito da scritti di storia antica: De bello Spartaco [sic] libri sex (Vat. lat., 2862, cc. 109r-141r), De bello Cyri regis Persarum libri septem (perduti), De bello Syllae et Marii libri duo (perduti). Altre sono di argomento encomiastico: Carmen in Ioannem [sic] Salvalium (Firenze, A. Miscomini, s.d.; IGI, 6307), Triumphorum libri e Draconides, entrambi dedicati a Braccio [II] Baglioni (Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. lat., cl. XII, 152 [=4386]). Scrisse inoltre il calendario perpetuo intitolato Kalendarum rota (edito con il De componendo hexametro et pentametro, Firenze 1485), la Oratio… habita in Senatu Lucensi in vexillorum assignatione (s.n.t. [Firenze, A. Miscomini, s.d.]; IGI 6310), Epistulae metricae (Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. lat., cl. XII, 152 [=4386]), Epigrammata (ibid.), una Invectiva in Angelum Politianum (perduta), due poemi celebrativi della castità, il Virginiae libri duo e la Lucretiae libri duo. Le opere giudicate più significative dal M. e da Colocci (Lucretiae libri duo, Virginiae libri duo, Elegiarum libri viginti, De bello Spartaco libri sex, De bello Cyri regis Persarum libri septem, De bello Syllae et Marii libri duo, De componendis carminibus, Regulae grammaticales, De declinatione verborum Graecorum, Carmen in Ioannem Salvalium, Invectiva in Angelum Politianum) avrebbero dovuto essere stampate negli Opera a Fano, nel 1506 presso G. Soncino, tuttavia a causa della morte del M. furono impresse solo le prime sessantasei carte, contenenti i Lucretiae libri duo e i Virginiae libri duo. L’opera più importante del M. è lo Hecatelegium, una raccolta di cento elegie latine in distici, suddivise in dieci libri introdotti ciascuno da un epigramma in esametri indirizzato al lettore. I temi trattati sono per lo più autobiografici (il ritratto di sé offerto al lettore è quello di un uomo inquieto, disilluso e dissoluto) e d’amore, declinato di volta in volta secondo tonalità omoerotiche, eterosessuali, misogine, elegiache. Gli esiti sono talora espressionistici e spesso carichi di un intento satirico che evidenzia, al di sotto dell’immoralità esibita, un forte spirito critico nei confronti della società contemporanea. Lo Hecatelegium conobbe tre redazioni. Una prima fase è rintracciabile nel manoscritto apografo Classense 133 della Biblioteca Classense di Ravenna, che trasmette il Monobiblos ad Martiam puellam, costituito da dieci elegie. Otto di queste (V, 8; VI, 2, 9; VII, 4, 6, 7, 9; IX, 9) trovarono accoglimento nelle forme successive. Seguì la princeps fiorentina del 1489, quindi fu approntata una terza forma, che, pur riprendendo l’impianto della redazione del 1489, trasmetteva un testo sostanzialmente nuovo, privo di qualsiasi riferimento esplicito o immorale, conformemente alla volontà di Colocci, che aveva apprezzato gli scritti del M., deprecandone però il tenore osceno e scandaloso. Le tracce di questa intensa rielaborazione, dovuta sia all’intervento dell’autore sia a quello di Colocci, che provvide, dopo la morte del M., a eliminare i passi ritenuti sconvenienti e a correggerne altri in senso encomiastico, sono conservate in due manoscritti databili al 1503-06: il Vat. lat. 7192, che tramanda la sezione che va dal componimento II, 3, 45 al V, 5, 68, e il Vat. lat. 2862, testimone dei componimenti compresi fra il V, 5, 69 e il X, 9, 56. La prima sezione dell’opera, autografa, è da considerarsi perduta. L’ultima versione doveva essere accolta nell’editio maior di Fano del 1506, finanziata da Colocci. Esiste inoltre un secondo Hecatelegium, che sarebbe dovuto confluire nella stessa edizione (sul frontespizio della stampa si legge infatti Elegiarum libri viginti), testimoniato dal Vat. lat. 6852 non ancora studiato. Questa seconda decade è analoga a quella precedente, in quanto composta da dieci libri di dieci elegie, ma completamente diversa per toni e finalità, come si può intuire anche solo dalla lettura dei titoli (per es.: Ad virtutem, De Italia, Ad A. Colotium, De monte Catellae, De saeculo Saturni et nostro, In maleviventes). Dopo la ristampa dell’edizione 1506 impressa a Camerino nel maggio 1523 e un’isolata edizione Parma 1691, la fortuna del M. rimase legata a una serie di edizioni settecentesche francesi (cfr. Desjardins, pp. 499 s.).
Sola opera del M. a essere edita modernamente è lo Hecatelegium: Hecatelegium ou les cent élégies satiriques et gaillardes de P. M., poète d’Ascoli (XVe siècle), a cura di A. Bonneau, Paris 1885; l’edizione critica Les cent élégies, Hecatelegium, Florence, 1489, a cura J. Desjardins, Grenoble 1986; l’edizione italiana, a cura di M. Scatasta, Ascoli Piceno 2000, pregevole per molti aspetti, non brilla per la fedeltà della traduzione ed è comunque priva dell’apparato filologico.
Fonti e Bibl.: N. Machiavelli, Lettere, a cura di F. Gaeta, Milano 1961, p. 63; F. Marcucci, Saggio delle cose ascolane e de’ vescovi di Ascoli nel Piceno…, Teramo 1776, pp. 306 s.; A. Mariotti, Le lettere pittoriche perugine o sia Ragguaglio di alcune memorie istoriche risguardanti le arti del disegno in Perugia…, Perugia 1788, p. 273; G.B. Vermiglioli, Poesie inedite di Pacifico Massimi in lode di Braccio II Baglioni, capitano de’ Fiorentini e generale di Santa Chiesa, Perugia 1818; G.C. Carboni, Memorie intorno i letterati e gli artisti ascolani, Ascoli 1830, pp. 104-114; C. Calì, Studi letterari, Torino 1898, pp. 125-174; N. Barsanti, Documenti e notizie per la vita del poeta P. M. d’Ascoli, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie delle Marche, IV (1907), pp. 93-101; C. Lozzi, Saggio di cimeli marchegiani, in La Bibliofilia, IX (1907-08), pp. 46 s.; V. Fanelli, Le lettere di mons. Angelo Colocci nel Museo britannico di Londra, in Rinascimento, X (1959), p. 116; M.T. Graziosi, P. M. maestro del Colocci?, in Atti del Convegno di studi su Angelo Colocci… 1969, Jesi 1972, pp. 157-168; A. Campana, Angelo Colocci conservatore ed editore di letteratura umanistica, ibid., pp. 257-272; Colocci, Angelo, in Diz. biografico degli Italiani, XXVII, Roma 1982, p. 110; Diz. storico-biografico dei Marchigiani, a cura di G.M. Claudi - L. Catri, II, Ancona 1983, p. 40; A. Mulas, L’Hecatelegium di P. M., in Letteratura italiana antica, in corso di stampa; Indice generale degli incunaboli (IGI), nn. 6307-6310.