PACINO di Buonaguida
Pittore e miniatore attivo a Firenze nella prima metà del 14° secolo.Scarsissimi sono i dati documentari relativi alla figura di P.: il più importante è un'iscrizione frammentaria ("Symon p(res)b(i)ter S(ancti) Flor(entii) fecit pi(n)gi h(oc) op(us) a Pacino Bonaguide a(n)no D(omi)ni MCCCX[---]") nel polittico (Firenze, Gall. dell'Accademia) già sull'altare della chiesa di S. Firenze; a essa si aggiungono un atto notarile del 20 febbraio 1303, che attesta lo scioglimento della società che il pittore aveva con un tale Tambo del Serraglio (Milanesi, 19012, pp. 17-18), e, infine, l'immatricolazione di P. intorno al 1330 all'Arte dei medici e speziali (Frey, 1885, p. 331).Dopo alcuni tentativi di associare al nome di P. dipinti anonimi di cultura strettamente giottesca, la prima opera stabilmente inserita nel catalogo del pittore, accanto al polittico citato, è la pala raffigurante l'Albero della vita (Firenze, Gall. dell'Accademia), in origine nel convento delle Clarisse nel quartiere di Monticelli a Firenze; l'attribuzione, proposta da Thode (1885, p. 503), si basa sull'evidente analogia tipologica ed esecutiva tra il Cristo della pala suddetta e il Crocifisso nella tavola principale del polittico fiorentino. La proposta di Thode non sortì inizialmente nuove attribuzioni altrettanto prudenti e ragionevoli; al contrario P. continuò a essere genericamente annoverato tra i giotteschi, giungendo al punto di venire considerato un collaboratore di Giotto stesso per le ali laterali del polittico (Bologna, Pinacoteca Naz.) proveniente da S. Maria degli Angeli a Bologna (Venturi, 1907, pp. 505-506).Si devono a Offner (1922; 1927) la prima riflessione organica sulla figura di P. e la creazione di un coerente catalogo delle opere del pittore. Dapprima Offner (1922) riunì un certo numero di dipinti più o meno direttamente riconducibili all'attività di P., fra i quali spiccano la croce dipinta della sagrestia di S. Felicita a Firenze e una piccola Madonna con il Bambino tra i ss. Francesco e Lorenzo (Firenze, Mus. Horne). Successivamente Offner (1927, pp. 3-19) tornò a occuparsi di P., accrescendone ulteriormente il catalogo con altri quattro piccoli altaroli, tra i quali un dittico (New York, Metropolitan Mus. of Art; già New York, Straus Coll.) raffigurante su di un'anta la Crocifissione e sull'altra S. Giovanni a Patmo, la Madonna con il Bambino tra i ss. Francesco e Paolo, la Morte della Vergine. Nell'ambito dello stesso studio Offner, notando nei piccoli dipinti assegnati a P. e nei tondi con scene cristologiche dell'Albero della vita un'attitudine da miniatore, cercò di individuare le coordinate di una possibile attività dell'artista come autore di illustrazioni librarie, raccogliendo alcuni codici o fogli sciolti miniati assimilabili allo stile del maestro: fra questi emergono per qualità un volume di sole immagini con scene della Vita di Cristo e della Vita del beato Gerardo da Villamagna (New York, Pierp. Morgan Lib., 643) e la Bibbia Trivulziana (Milano, Bibl. Trivulziana, 2139). Il notevole ampliamento del catalogo del maestro è il risultato della volontà di Offner di far finalmente uscire P. dall'indeterminatezza di una generica identità 'giottesca', definendone invece i caratteri formali molto semplificati e arcaizzanti, nonché la chiara e insistente attitudine alla ricerca di una dimensione narrativa non distratta da effetti volumetrici e plastici, da intenti monumentali, da dettagli descrittivi, dall'espressività o dinamicità delle figure; Offner delineò dunque una personalità del tutto alternativa a Giotto e alla sua scuola, poco permeabile alle ricerche naturalistiche e plastiche, e orientata invece su un versante più tradizionale, attento forse anche alla pittura romana e battezzato da Offner stesso con la formula miniaturist tendency, in cui si collocherebbero anche altre figure di pittori-miniatori fiorentini dell'epoca, quali il Maestro della S. Cecilia, Bernardo Daddi e Jacopo del Casentino.Le ricerche dello studioso hanno stimolato nei decenni successivi numerosi interventi tesi ad accrescere il catalogo di P., soprattutto nel campo della miniatura, confermando l'ipotesi di un P. titolare di un grande atelier e in grado di esercitare una forte influenza sulla produzione della decorazione libraria a Firenze nei primi decenni del 14° secolo. I più sostanziosi contributi sull'argomento si devono a ulteriori interventi dello stesso Offner (1930-1956) e, nella medesima sede del Corpus of Florentine Painting, al più recente studio di Boskovits (in Offner, Steinweg, 1984), che si è assunto il compito di mettere ordine tra le molte frammentarie acquisizioni critiche recenti e non, tentando di organizzare una sequenza cronologica nel catalogo di Pacino. Mancando certezze anche sulla data del polittico fiorentino, che comunque Boskovits (in Offner, Steinweg, 1984) ha ritenuto non poter essere molto anteriore al 1320 sulla base di considerazioni tipologiche, lo studioso ha acquisito come punti fermi nella cronologia dell'opera di P. la copia elegantemente miniata dei Regia carmina di Convenevole da Prato in onore di Roberto d'Angiò (Londra, BL, Royal 6.E.IX), che per ragioni storiche si colloca intorno al 1336, e una copia della Cronaca di Giovanni Villani (Roma, BAV, Chigi L.VIII.296), che registra notizie fino al 1333 e difficilmente può superare di molto quella data; opera estrema di P. sarebbe invece il tabernacolo con scene cristologiche e della Vita del beato Chiarito di Firenze (Cambridge, Fitzwilliam Mus.), che dovrebbe essere posteriore alla fondazione nel 1343 del convento fiorentino di S. Maria Regina Coeli, dal quale proviene. Meno certezze si hanno riguardo all'attività iniziale di P., a partire dal principio del secolo, alla quale secondo Boskovits (in Offner, Steinweg, 1984) apparterrebbero la pala con l'Albero della vita, il dossale Murnaghan (Baltimora, Walters Art Gall.), di tipologia ancora duecentesca, e quattro pannelli di polittico (Firenze, raccolte della Cassa di Risparmio), per il quale lo studioso ha ipotizzato una provenienza dall'altare di S. Tommaso Becket in S. Maria Novella. Per il secondo decennio del sec. 14°, Boskovits (in Offner, Steinweg, 1984) ha supposto un'evoluzione di P. sull'esempio di Giotto, con una maggiore attenzione al dato spaziale e volumetrico, che sarebbe rappresentata da opere come il polittico fiorentino, le notevoli miniature di New York (Pierp. Morgan Lib., 643), due gruppi di vetrate (Firenze, Mus. dell'Opera di Santa Croce); a partire dagli anni venti P. si sarebbe dedicato prevalentemente alla miniatura e a dipinti di piccolo formato, acquisendo nel proprio bagaglio culturale anche alcune minuzie e raffinatezze di gusto gotico che emergono specialmente in opere di grande impegno, come in un elegante laudario realizzato in collaborazione con il Maestro delle Effigi domenicane, purtroppo smembrato e diviso tra quindici diverse collezioni europee e nordamericane, nei Regia carmina per Roberto d'Angiò e nella Bibbia Trivulziana.Parallelamente alle ricerche che hanno portato a un notevole accrescimento del corpus delle opere attribuite a P., taluni studi hanno cercato di distinguere e precisare la fisionomia di alcuni miniatori attivi nella sua bottega. Conti (1969) ha individuato un Miniatore di Piteglio che sarebbe autore di un graduale (Pistoia, Mus. Diocesano) e di due opere importanti quali la Bibbia Trivulziana e la copia vaticana della Cronaca di Giovanni Villani. Chelazzi Dini (1977) ha collegato il foglio di laudario di New York (Pierp. Morgan Lib., 742), ai Regia carmina per Roberto d'Angiò e all'altro frammento di laudario di Londra (BL, Add. Ms 35254B), isolando un nuovo maestro autonomo rispetto alla bottega di Pacino. Restano invece nella cerchia di P. i due miniatori individuati da Ciardi Dupré Dal Poggetto (1984) in due antifonari a Firenze (Arch. dell'Opera di Santa Croce, G, Q), che collaborerebbero con il maestro anche nelle scenette cristologiche della pala con l'Albero della vita. Tartuferi (1986) si è concentrato invece su di un manoscritto con i Fatti dei Romani, datato 1313 e diviso tra Firenze (Bibl. Riccardiana, 2418) e Berlino (Staatsbibl., Hamilton 67), nel quale ha riconosciuto addirittura una sorta di 'dissidenza pacinesca' che declina lo stile del caposcuola in una versione ingentilita e forse sensibile alle istanze dell'arte senese. Da ultimo, lo studio di Spagnesi (1994) propone l'estrapolazione dal catalogo di P. di diverse opere importanti - quali il tabernacolo del beato Chiarito di Firenze, un piccolo trittico (Tucson, Univ. of Arizona, Mus. of Art, Kress Coll.), un codice della Divina Commedia (Firenze, Bibl. Naz., Pal. 313) - per raggrupparle attorno a un ipotetico maestro attivo nel 1330-1350, artista cui Lazzi (1994) ascrive anche la Bibbia Trivulziana.
Bibl.: K. Frey, Der Loggia dei Lanzi zu Florenz, Berlin 1885; H. Thode, Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance in Italien, Berlin 1885 (19042; trad. it. Francesco d'Assisi e le origini dell'arte del Rinascimento in Italia, a cura di L. Bellosi, Roma 1993); G. Milanesi, Nuovi documenti per la storia dell'arte toscana dal XII al XV secolo, Firenze 19012 (1893); Venturi, Storia, V, 1907; R. Offner, Pacino di Bonaguida, a Contemporary of Giotto, ArtAm 11, 1922, 1, pp. 3-27; id., Studies in Florentine Painting. The Fourteenth Century, New York 1927 (19722); id., A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, III, 2, 1, New York 1930, pp. IV-VIII, 1-40; III, 2, 2, 1930, pp. 221-238; III, 6, 1956, pp. XIII-XIV, 121-264; M. Salmi, La miniatura fiorentina gotica (Quaderni di storia della miniatura, 1), Roma 1954; A. Conti, Un disegno del Trecento, Paragone 20, 1969, 231, pp. 61-63; G. Chelazzi Dini, Osservazioni sui miniatori del Panegirico di Roberto d'Angiò nel British Museum, in Scritti di storia dell'arte in onore di Ugo Procacci, a cura di M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto, P. Dal Poggetto, Milano 1977, pp. 140-144; M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto, I francescani a Firenze: due antifonari della scuola di Pacino, in Studi di storia dell'arte in onore di Mario Rotili, Napoli 1984, pp. 243-249; R. Offner, K. Steinweg, A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, III, 9, a cura di M. Boskovits, Firenze 1984, pp. 48-54, 254-279; A. Tartuferi, I 'Fatti dei Romani' e la miniatura fiorentina del primo Trecento, Paragone 37, 1986, 441, pp. 3-21; Painting and Illumination in Early Renaissance Florence, 1300-1450, cat., New-York 1994, pp. 44-80; A. Spagnesi, Per il pacinesco Maestro della ''Bibbia Trivulziana'', AV 33, 1994, 1, pp. 34-39; G. Lazzi, Ancora sulla bottega di Pacino: un messale miniato della Biblioteca Nazionale di Firenze, ivi, 4, pp. 5-8.F. Colalucci