PACUVIO (M. Pacuvius)
Scrittore e pittore latino. Figlio di una sorella di Ennio, nacque a Brindisi l'anno 220 a. C. Fu portato dallo zio a Roma, dove esercitò la pittura e scrisse tragedie. Fu amico e ospite di C. Lelio e quindi, secondo ogni probabilità, appartenne al circolo di Scipione Emiliano. Ancora a ottant'anni fece rappresentare una sua tragedia, ma poco dopo si ritirò a Taranto, dove morì quasi nonagenario. Di P. ci restano dodici titoli di tragedie e più di trecento frammenti, che in tutto formano poco più di quattrocento versi.
Delle tragedie di P. quattro derivano da Sofocle (Chryses, Hermiona Niptra, Teucer), una da Eschilo (Armorum iudicium), una da Euripide (Antiopa): però prevale l'influenza di Euripide, perché le altre sei tragedie sono sviluppi o variazioni di temi euripidei. Difatti il Medus è uno svolgimento ulteriore del mito di Medea, come l'Atalanta di quello di Meleagro, l'Iliona è uno sviluppo laterale dell'Hecuba, la Periboea e il Dulorestes trattano argomenti euripidei con l'aggiunta di nuovi motivi e di nuovi personaggi, il Pentheus apporta notevoli modificazioni alle Bacchae. Noi non sappiamo se P. stesso elaborò coi suoi mezzi la trama di queste sei tragedie o se seguì modelli post-euripidei. E neanche possiamo paragonare le tragedie tolte da Eschilo, da Sofocle e da Euripide coi loro esemplari, perché questi ci mancano. Però è da credere che P. trattasse con molta libertà i suoi modelli.
P. compose anche una praetexta, Paulus, che celebrava la vittoria riportata a Pidna sul re Perseo da L. Emilio Paolo l'anno 168. Ce ne restano quattro versi. Porfirione e Diomede attestano che scrisse anche satire, cioè poesie miste nello stile di Ennio, ma non ne rimane neanche un frammento.
P. fu molto lodato dagli antichi. Le sue tragedie producevano grande effetto sia per il numero dei personaggi e la complicazione dell'intreccio, sia per la gravità dei pensieri, per la forza dell'espressione e per il contrasto potente dei sentimenti. Esse durarono sulle scene, finché a Roma le tragedie furono rappresentate. Ma fu cattivo scrittore di lingua latina; si nota anche in lui una certa frequenza di allitterazioni, di figure retoriche, di grecismi.
I frammenti di P. si trovano nella raccolta del Ribbeck (Tragicorum romanorum fragnenta, Lipsia 1897, pp. 86 e 325).
Dell'opera pittorica di P. è ricordato soltanto il dipinto che si trovava nel tempio di Ercole nel Foro Boario, d'altronde assai lodato e avvicinato alla pittura del suo predecessore Fabio Pittore. Il tempio di Ercole fu fondato e restaurato con grande splendore da Emilio Paolo, il vincitore di Pidna, ed è probabile che questi stesso ne abbia commesso a P. la decorazione pittorica. Purtroppo non sappiamo nulla né sul soggetto né sullo stile dell'artista.
Bibl.: O. Ribbeck, Die römische Tragödie im Zeitalter der Republik, Lipsia 1875, p. 216; A. Goette, De L. Accio et M. P. veteribus Romanorum poetis tragicis, Rheine 1892.
Su P. come artista: J. Overbeck, Schriftquellen, Lipsia 1868, n. 2375; H. Brunn, Gesch. d. griech. Künstler, II, Stoccarda 1889, p. 303; K. Jex-Blake e E. Sellers, The elder Pliny's chapters, Londra 1896, p. 88; E. Pfuhl, Malerei u. Zeichung d. Griech. u. Röm., II, Monaco 1923, p. 830; A. Rumpf, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVI, Lipsia 1932, s. v.