PADRE PATRATO
. Il collegio dei feziali (v.), depositario del diritto internazionale dei Romani, ogni volta che doveva procedere alla stipulazione di qualche atto o trattato con un popolo straniero, delegava due o al più quattro dei suoi membri sotto la presidenza di un pater patratus. La definizione di questo titolo è data da Livio (I, 24) con la frase: ad ius iurandum patrandum id est sanciendum. Pater era il titolo di venerazione per le alte funzioni che gli venivano confidate; patratus si può considerare come un sinonimo di sanctus, con allusione al giuramento che doveva prestare. Funzione precipua del pater patratus e dei suoi collaboratori era di ottenere soddisfazione dalle città che avevano in qualche modo recato offesa a Roma. Giunto alla frontiera della città, il pater patratus esponeva clara voce le accuse, prendeva gli dei a testimoni della sua lealtà, enumerava le soddisfazioni che esigeva il popolo Romano e terminava con un'imprecazione contro sé stesso di non rivedere la patria se avesse compiuto atti contro la giustizia (Liv., I, 32). Ripeteva quindi le formule alla prima persona che avesse incontrato di là dalla frontiera, e sulla pubblica piazza della città nemica. Se entro 30 giorni non si fosse data soddisfazione, ritornava sul suolo straniero e, preso atto del rifiuto, tornava a Roma a rendere conto al senato della missione. In caso di dichiarazione di guerra ritornava alla frontiera lasciando sul suolo nemico un giavellotto bruciato nella punta e insanguinato in segno di ostilità (Liv., I, 32; Amm. Marcell., XIX, 2,6). Allontanatesi le frontiere per il progressivo ingrandimento dello stato romano, la cerimonia simbolica si faceva, in caso di dichiarazione di guerra, ln un terreno, considerato straniero, presso il tempio di Bellona, nel Campo Marzio.
Bibl.: A. Weiss, Le droit fétial et les Fétiaux à Rome, Parigi 1883; id., in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, II, Parigi 1896, p. 1095 seg.; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, Monaco 1895, p. 551 seg.; G. Fusinato, in Mem. dei Lincei, s. 3ª, XIII (1884), p. 451 segg. V. anche feziali.