PAESTUM (XXV, p. 916; App. I, p. 914; II, 11, p. 483)
Intense attività di scavo, avviate dagl'inizi degli anni Cinquanta hanno apportato numerosi contributi alla conoscenza della topografia della città e del suo immediato retroterra.
Dibattuto è ancora il problema delle origini; sembra, però, chiaro sulla base di Strabone V, 4,13 che la fondazione vera e propria della città nella pianura è stata preceduta dall'impianto di un fondaco sibarita sulla costa (si è pensato per es. ad Agropoli, dove pare da ubicare anche il santuario di Poseidon, divinità eponima della città, e dove esistono condizioni favorevoli per un porto naturale).
La configurazione geotopografica del territorio pestano suggerisce un'economia prevalentemente agricola che si avvale anche di un vicino approdo, favorevole per lo svolgimento delle indispensabili attività commerciali.
Lo studio dell'urbanistica con l'ausilio della fotografia aerea e il suffragio dello scavo hanno accertato per P. una pianta ortogonale con disposizione per strigas; numerosi sono, però, ancora i problemi insoluti, quali il rapporto tra gli assi stradali e la cinta muraria, la cronologia delle diverse fasi di questa e dell'impianto regolare, mentre sembra che il diverso orientamento del santuario sia da ascriversi a precise regole di culto; il temenos, infatti, segue l'orientamento urbano e non quello del santuario.
Nell'area dei due templi di Hera (cosiddetti Basilica e Tempio di Nettuno) lo scavo ha permesso il recupero di numerosi oggetti di culto (terrecotte raffiguranti i diversi tipi della dea: kourotróphos, hippía, seduta in trono con melograno) oltre che accertare la presenza di tempietti e thesauroi disseminati nell'area del santuario; una delle scoperte più interessanti dell'ultimo ventennio è senza dubbio il cosiddetto sacello ipogeico, rinvenuto da P. C. Sestieri nel 1954, sul bordo orientale della plateia nord-sud, a metà strada tra il foro e l'Athenaion; all'interno del monumento, databile alla fine del sec. 6° a.C., furono rinvenute 2 anfore e 6 hydriai di bronzo che contenevano miele, un'anfora attica a figure nere del Pittore di Antimenes e 5 spiedi di ferro; nessuna delle spiegazioni finora avanzate sulla sua funzione risulta pienamente convincente, anche se rimane molto forte la suggestione che si possa trattare di uno heroon, come ha suggerito P. Zancani Montuoro.
Scavi stratigrafici di una missione tedesca hanno accertato la presenza, nei pressi della porta meridionale, di un insediamento dell'età del Bronzo recente; tra l'altro sono stati rinvenuti due frammenti di ceramica vascolare, da K. Kilian ritenuti micenei. Dal 1972 una missione dell'istituto di storia antica e archeologia dell'università di Salerno ha intrapreso uno scavo sistematico nell'area del foro; sul lato meridionale di questo è stata accertata una stratificazione monumentale che va dalla fine del sec. 6° a. C. fino alla tarda età imperiale romana, con l'individuazione di un tempio tardo arcaico che garantisce l'estensione del santuario fino ai margini meridionali della piazza; una limitazione del santuario, a vantaggio di tabernae e altri edifici del foro, si verifica soltanto dopo l'arrivo della colonia latina (273 a.C.), epoca in cui si assiste ad alcuni sostanziali mutamenti nell'urbanistica, in questa parte della città.
A partire dal sec. 18° si ha notizia di scavi di tombe nell'area extraurbana; dei vecchi rinvenimenti, in genere, è rimasta memoria solo per quanto attiene le lastre tombali dipinte che sono ormai caratteristiche delle sepolture pestane del sec. 4° a. Cristo.
Verso la metà degli anni Cinquanta Sestieri scavò circa 400 tombe a NE delle mura; lo scavo è stato poi ripreso da M. Napoli, a partire dal 1967; in seguito a queste ricerche appare chiaro che tutta una fascia dallo spessore di circa 1 km intorno alla città, a eccezione del lato ovest, è occupata da una serie di necropoli che costituiscono un insieme quasi senza soluzioni di continuità. Nel sec. 6° prevalgono le tombe alla cappuccina con corredi di modesta qualità (ceramica meso e tardo corinzia, vasi attici a partire dalla metà del secolo, ceramica a vernice nera locale e d'importazione, ceramica coloniale di tipo ionico). Molto spesso le tombe arcaiche sono state distrutte nel 5°-4° secolo, quando prevale la sepoltura a cassa incavata nel banco roccioso, con copertura, dapprima piana poi, sempre più spesso, a doppio spiovente, che ha determinato la dispersione dei corredi arcaici, più frequentemente terragni e quindi superficiali rispetto al piano roccioso.
È comunque ancora molto difficile comporre un quadro della società poseidoniate nel 60 e nel 50 secolo; diverso è il caso per il 40-30 secolo: centinaia di tombe di questa epoca sono state recuperate nelle tre grandi necropoli urbane, Andreoli a nord-est, Spinazzo a sud-est, Licinella a sud; grande è la quantità di casse con pareti affrescate; si ritrovano più di frequente raffigurati ludi funebri, esposizione del cadavere (próthesis), scene di partenza o ritorno del guerriero sannitico a cavallo, secondo un'iconografia cara alla ceramografia campana. Uno studio di tutti questi dati è in corso; particolarmente interessante la presenza di poche tombe a camera, accanto a un numero elevato di tombe a cassa, affrescate e non, sempre con abbondante suppellettile di vasi della produzione pestana a figure rosse, armi, monete, oggetti di ornamento personale, mentre non mancano esempi di sepolture terragne, a volte con un solo vaso acromo come corredo, di individui di rango servile.
Un caso isolato, a tutt'oggi, è costituito dalla tomba del Tuffatore, scoperta nel 1968 a circa km 1,5 a sud della città, decorata con affreschi sui 4 lati della cassa (scene di convivio) e sulla lastra di copertura (efebo che si tuffa, donde il nome del monumento); essa è databile verso il 480 a.C. e dev'essere appartenuta a un personaggio aristocratico aperto a esperienze culturali centro-italiche, mediate dalla vicina Campania; lo stile della decorazione pittorica, concepito nell'ambito dell'esperienza culturale italiota, è comunque impostato su modelli greci ionici e attici. Vedi tav. f. t.
Bibl.: una bibliografia completa su P., aggiornata a tutto il 1970, si può trovare in Enc. Arte Ant. V e Suppl. 1970 sub. v.; notizie e rassegne sui più importanti rinvenimenti compaiono negli Atti degli annuali Convegni di studio sulla Magna Grecia, di cui sono finora apparsi, i voll. 1-12, mentre sono in corso di stampa i voll. 13-16; citiamo qui di seguito soprattutto i contributi apparsi dopo il 1970: P. Laveglia, Pasetum dalla decadenza alla riscoperta fino al 1860, Napoli 1971; per l'inquadramento topografico relativo alle vicende della fondazione, E. Greco, Il teichos dei Sibariti e le origini di Poseidonia, in Dialoghi di Arch., VIII, i (1974-75) p. 104 seg.; sul sacello, da ultima, U. Kron, in Jahrbuch des Deutschen Archäol. Instituts 86 (1971), p. 117 seg.; sul Tempio di Nettuno, J.J. Coulton, in Journ. Hell. Studies 1975, p. 13 seg.; per la tomba del Tuffatore, dopo la nota di F. Parise Badoni, in Atti e Mem. Soc. Magna Grecia 1968-69, p. 65 seg., il libro di M. Napoli, La Tomba del Tuffatore, Bari 1970, con recensione di R. Bianchi Bandinelli, in Dial. di Arch., IV-V (1970-71), i, p. 135 seg. è ora apparso un nuovo articolo di A. Rouveret, in Revue Arch. 1972, p. 15 seg.; monetazione: La monetazione di bronzo di Poseidonia-Pasetum (Atti del III Convegno del CISN), Suppl. al vol. 18-19 degli Ann. Ist. It. Numismatica, Roma 1973; F. Sallusto, Monete inedite di Poseidonia, ibid., 16-17, p. 47 seg.; Id., Le monete di bronzo di Poseidonia Paestum nella collezione Sallusto, Napoli 1971; ritrovamenti nella necropoli: A. Greco Pontrandolfo, in Atti e Mem. Soc. Magna Grecia, 1970-71, p. 159 seg.; sulle tombe dipinte del 4° secolo: M. Napoli, I Lucani e la pittura lucana, in Studi di archeologia e storia dell'arte, Galatina 1975; aspetti della romanità a P.: M. Mello, Paestum Romana, Roma 1975.