Pagamento elettronico e tutela del consumatore
Il d.lgs. 21.2.2014, n. 21, in attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, ha profondamente innovato sia il diritto europeo, modificando le direttive 93/13/CEE e 1999/44/CE e abrogando le direttive 85/577/CEE e 97/7/CE, sia il diritto italiano. In particolare, ha novellato il Codice del consumo riscrivendone il capo I del titolo III, composto dagli artt. 45-67, ora dedicati ai Diritti dei consumatori nei contratti. La nuova disciplina pone all’attenzione dell’interprete una serie di questioni; tra queste, si segnala in particolare l’abrogazione dell’art. 56 c. cons., dedicato al Pagamento mediante carta. Le disposizioni novellate non contengono più alcun accenno al pagamento elettronico. Prassi talmente diffusa, e incoraggiata dal legislatore, da rendere indispensabile una particolare attenzione dell’interprete, chiamato a rinvenire interamente aliunde la disciplina applicabile per tutelare il consumatore cui sia stata addebitata una somma non dovuta.
L’approvazione del d.lgs. 21.2.2014, n. 21 ha innovato profondamente il Codice del consumo, novellandone l’intero capo I del titolo III (artt. 45-67), precedentemente dedicato alle Particolari modalità di conclusione del contratto. Occorre da subito precisare che, mentre il d.lgs. n. 21/2014 è entrato in vigore il 26.3.2014, per il novellato capo I (Dei diritti dei consumatori nei contratti) l’entrata in vigore è stata differita al 13.6.2014. Le nuove norme si applicano pertanto ai contratti conclusi dopo tale data (art. 2, co. 1, d.lgs. n. 21/2014).
Oggetto della presente Questione è in particolare la tutela del consumatore, titolare di una carta di pagamento, cui sia stata addebitata una somma non dovuta.
La carta di pagamento può essere infatti smarrita, rubata o falsificata, e quindi usata da un soggetto diverso dal titolare e privo di legittimazione.
Prima della novella del 2014, l’art. 56 c. cons., rubricato Pagamento mediante carta, era composto di due commi: il primo disponeva che «Il consumatore può effettuare il pagamento mediante carta ove ciò sia previsto tra le modalità di pagamento, da comunicare al consumatore ai sensi dell’art. 52, comma 1, lett. e)». Il richiamo all’art. 52 importava l’obbligo di ricevere «in tempo utile prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza» tutte le comunicazioni relative alle modalità di pagamento, della consegna del bene o della prestazione del servizio e, in generale, a tutte le forme di esecuzione del contratto.
Il secondo comma era più articolato. Disponeva che «l’istituto di emissione della carta di pagamento riaccredita al consumatore i pagamenti dei quali questi dimostri l’eccedenza rispetto al prezzo pattuito ovvero l’effettuazione mediante l’uso fraudolento della propria carta di pagamento da parte del professionista o di un terzo... L’istituto di emissione della carta di pagamento ha diritto di addebitare al professionista le somme riaccreditate al consumatore».
Dopo l’abrogazione dell’art. 56, non sostituito da altre disposizioni che regolino il pagamento mediante carta, l’interprete trova davanti a sé il d.lgs. 27.1.2010, n. 11, con particolare riferimento agli artt. 7 ss. Come si vedrà meglio subito infra, la disciplina dettata dal d.lgs. n. 11/2010 è in parte conforme e in parte differente sia rispetto all’abrogato art. 56 c. cons., sia rispetto all’attuale capo I. All’interprete spetta pertanto un duplice compito: ricostruire la disciplina attualmente vigente, con riferimento ai contratti stipulati dopo il 13.6.2014. E interpretare l’abrogato art. 56 c. cons. con riferimento ai contratti stipulati precedentemente, tenendo conto anche delle altre norme applicabili (in primis, gli artt. 7 ss., d.lgs. n. 11/2010) e verificando quindi se l’art. 56 non debba considerarsi tacitamente abrogato già prima dell’entrata in vigore della novella.
L’art. 56 c. cons. aveva dato luogo ad alcuni problemi interpretativi. L’entrata in vigore della novella può offrire all’interprete preziosi spunti ermeneutici, soprattutto per quanto riguarda i contratti conclusi fino al 13.6.2014. Per una compiuta analisi della novità normativa, giova esaminare distintamente sia il co. 1, sia il co. 2 dell’art. 56 c. cons.
2.1 L’abrogato art. 56, co. 1
L’art. 56, co. 1 prevedeva per il consumatore la possibilità di utilizzare una carta di pagamento ove questa modalità era prevista ai sensi dell’art. 52, co. 1, lett. e), c. cons. La disposizione, come era stato osservato in dottrina1, era superflua. La possibilità di pagare attraverso carte si sta diffondendo sempre più, soprattutto grazie alle nuove norme che da un lato favoriscono l’impiego di tali modalità solutorie e dall’altro tendono a limitare l’uso del contante; di queste occorre brevemente dare cenno.
L’art. 49 d.lgs. 21.11.2011, n. 231, nella sua attuale formulazione, vieta in generale il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, «effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi», per un valore pari o superiore a mille euro. Il d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla l. 17.12.2012, n. 221, obbliga (art. 15, co. 4) i soggetti che svolgono l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, pure di natura professionale, «ad accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231». Il dies a quo di tale obbligo, originariamente fissato all’1.1.2014, è stato poi rinviato al 30.6.2014 (l. 27.2.2014, n. 15, di conversione del d.l. 30.12.2013, n. 150). E l’art. 2 del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 24.1.2014 stabilisce che «L’obbligo di accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito di cui all’articolo 15, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, si applica a tutti i pagamenti di importo superiore a trenta euro disposti a favore dei soggetti di cui all’articolo 1, lettera d), per l’acquisto di prodotti o la prestazione di servizi. In sede di prima applicazione, e fino al 30 giugno 2014, l’obbligo di cui al comma 1 si applica limitatamente ai pagamenti effettuati a favore dei soggetti di cui all’articolo 1, lettera d), per lo svolgimento di attività di vendita di prodotti e prestazione di servizi il cui fatturato dell’anno precedente a quello nel corso del quale è effettuato il pagamento sia superiore a duecentomila euro».
L’obbligo di accettare pagamenti elettronici riguarda anche le pubbliche amministrazioni e i gestori di pubblici servizi, nei rapporti con l’utenza, secondo quanto disposto dall’art. 5, co. 1, d.lgs. 7.3.2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale). Ma il progressivo incremento dei pagamenti elettronici non deve far ritenere che i rischi di frodi informatiche (cd. clonazione della carta, phishing e così via) siano destinati ad aumentare2. Parrebbe comunque che l’art. 56, co. 1, dovesse considerarsi tacitamente abrogato anche prima della novella del 2014.
2.2 L’abrogato art. 56, co. 2
Il consumatore che si vedeva addebitate somme non dovute, secondo il testo ormai abrogato dell’art. 56, co. 2, doveva dimostrare: a) l’eccedenza del prezzo pagato rispetto al prezzo pattuito oppure b) l’uso fraudolento della carta ad opera del professionista o di un terzo. In questo caso, l’istituto che aveva emesso la carta di pagamento doveva riaccreditare al consumatore tali somme, ma l’art. 56, co. 2 gli riconosceva il diritto di riaddebitarle al professionista.
Questo riaddebito, noto anche con il termine chargeback, oltre ad avere fonte legale, è spesso previsto dal contratto di convenzionamento, stipulato tra l’istituto di emissione e il professionista3. Come è evidente, la prova dell’uso fraudolento non è facile da fornire.
Con l’art. 10 d.lgs. n. 11/2010 il legislatore ha dettato una regola opposta: qualora il titolare della carta neghi di aver autorizzato un’operazione di pagamento, incombe sull’istituto di emissione provare che l’operazione di pagamento è stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata. Inoltre, in base all’art. 12 d.lgs. n. 11/2010, salvo il caso in cui abbia agito in modo fraudolento, il titolare della carta non sopporta alcuna perdita derivante dall’utilizzo di uno strumento di pagamento smarrito, sottratto o usato indebitamente, ad eccezione di una franchigia non superiore a 150 euro. La legge costituisce una responsabilità oggettiva in capo all’istituto di emissione, che è obbligato a rimborsare al consumatore i pagamenti compiuti tramite carta. L’istituto può liberarsi da questa responsabilità solo provando che il titolare della carta abbia agito con dolo, con colpa grave o senza adottare le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che consentono di utilizzare lo strumento di pagamento. Ed anche questa prova è difficile da fornire.
Tra l’art. 56, co. 2, c. cons. e d.lgs. n. 11/2010 vi era una palese antinomia che si poteva risolvere in tre modi: abrogazione parziale dell’art. 56, co. 2, limitatamente al primo periodo; abrogazione totale dell’art. 56, co. 2; prevalenza dell’art. 56, co. 2, sull’art. 12 d.lgs. n. 11/2010. Si deve segnalare che il Collegio di coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario, pronunciandosi sul punto, ha scelto la seconda opzione, ritenendo che ai consumatori, i quali impieghino, «per giunta a distanza, una carta di credito, non può essere riservata una disciplina deteriore rispetto a quella generale (che peraltro si caratterizza per una limitata derogabilità, comunque non in confronto di consumatori o di microimprese)»4. Per quanto riguarda il secondo periodo, il riaddebito automatico a carico dell’esercente sarebbe incompatibile con il mutato contesto normativo.
Tale interpretazione parrebbe fondata: la novella legislativa sembrerebbe aver risolto questo dubbio, non riproducendo né sostituendo l’art. 56. A conclusione di questa breve analisi, sembra potersi concludere che in tema di pagamento elettronico la novella abbia abrogato l’art. 56 c. cons. non solo per i contratti conclusi dopo il 13.6.2014, ma anche per quelli precedenti. Parrebbe infatti che l’art. 56, nella sua interezza, possa considerarsi tacitamente abrogato già prima della novella.
2.3 La disciplina dei contratti conclusi dopo il 13.6.2014
Per i contratti conclusi dopo il 13.6.2014 è certa l’applicazione del d.lgs. n. 11/2010. Si deve osservare come nel Codice del consumo, in generale, il termine «consumatore» allude, ove non diversamente previsto, alla «persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta». Questa definizione è fatta propria anche dal d.lgs. n. 11/2010; tuttavia, l’art. 2, co. 4, lett. c), d.lgs. n. 11/2010 afferma espressamente che le microimprese sono equiparate ai consumatori. L’abrogazione dell’art. 56 e l’applicazione del d.lgs. n. 11/2010 conduce quindi pianamente ad estendere alle microimprese la stessa disciplina dettata per il consumatore.
Una disciplina caratterizzata da un accentuato favor per il consumatore o la microimpresa. Da ultimo, si deve ricordare come sovente i contratti di convenzionamento, stipulati tra istituto di emissione e professionista, contengano una clausola che permette all’istituto di riaddebitare le somme eventualmente riaccreditate al consumatore. Tale clausola è destinata probabilmente a maggior diffusione, dopo l’abrogazione dell’art. 56.
La novella legislativa parrebbe aver risolto l’antinomia sussistente tra art. 56 e d.lgs. n. 11/2010. Il legislatore avrebbe potuto forse cogliere l’occasione per risolvere alcuni problemi tuttora aperti. Ne segnaliamo in particolare uno.
Al consumatore è sufficiente disconoscere il pagamento, ossia negare di averlo autorizzato. L’istituto di emissione deve provare, in capo al titolare, il dolo, la colpa grave o la mancata adozione delle misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che consentono di utilizzare lo strumento. Se non riesce a fornire questa prova, deve comunque riaccreditare le somme al titolare della carta, salva la franchigia che non può eccedere i 150 euro. Il Collegio di coordinamento A.B.F. ha ritenuto di elaborare un criterio: se dal tempo del furto al momento del prelievo dalla carta trascorrono meno di quindici minuti, il titolare si presume in colpa grave. Si dice che il pagamento non avrebbe potuto aver luogo se non vi fosse stata conoscenza dei dispositivi personalizzati (ad es. il PIN), perché comunicati dal titolare stesso o comunque negligentemente custoditi5.
Sia consentita qualche piccola notazione. La tutela del consumatore non pare efficacemente assicurata attraverso l’imposizione di meccanismi automatici che finiscono per far gravare sull’istituto di emissione una responsabilità abnorme. Atteso il favor legislativo accordato al consumatore, parrebbe più proficuo, ogni volta, presumere la colpa grave da una varietà di possibili circostanze. La responsabilità oggettiva posta in capo all’istituto di emissione, in altre parole, parrebbe meritare un certo rigore nell’interpretazione dell’art. 12 d.lgs. n. 11/2010. La colpa grave dovrebbe presumersi ogni volta che le circostanze lascino pensare ad una trascuratezza del consumatore (ad es., che abbia lasciato per ore la carta di pagamento in un borsello dimenticato all’interno della propria auto lasciata in un parcheggio pubblico). Queste circostanze dovrebbero essere considerate rilevanti per desumere la colpa grave del consumatore, anche oltre i quindici minuti.
1 Cfr. De Cristofaro, G., Art. 56 Pagamento mediante carta, in De Cristofaro, G.- Zaccaria, A., a cura di, Commentario breve al diritto dei consumatori, II ed., Padova, 2013, 494.
2 Occorre osservare che nel luglio 2013 la BCE ha pubblicato il Second Report on Card Fraud, che conferma la tendenza alla diminuzione delle frodi attraverso carte di pagamento. Si legge a p. 24: «This second report found that there was a further decrease in the total value of fraud from 2010 to 2011. This decrease was accompanied by an increase in regular card transactions». In passato nonmancavano prognosi infauste: v. per tutti alcuni dei reports richiamati daMalagò, T.- Mignone, M., Le frodi con carte di credito. Rischi e limiti del commercio elettronico, Milano, 2001, 25-26.
3 In argomento, v. più diffusamente Farace,D., Le clausole di riaddebito dopo il d. legisl. 21 febbraio 2014, n. 21, in Riv. dir. civ., 2014, 919-953.
4 Così A.B.F., Coll. coord., dec. 10.10.2013, n. 5103 (est. C. Colombo), in www.arbitrobancariofinanziario.it.
5 Cfr. per tutte A.B.F., Coll. coord., dec. 10.10.2013, n. 5304 (rel. P. Bartolomucci), in www.arbitrobancariofinanziario.it.