BONAFEDE (Buonafede, Bonafè), Paganino
Nacque a Bologna, nella prima metà del sec. XIV, da Simone.
Della sua vita si hanno poche notizie, fornite da documenti dell'Archivio di Stato e dell'Archivio Notarile di Bologna, rintracciati e illustrati dal Frati: si tratta di una serie di atti di locazione riguardanti due case in Bologna, stipulati tra il 13 marzo e l'11 maggio 1373 dal B. e dal fratello Pierino, e del testamento, rogato il 14 marzo 1373, di Pierino, che attesta una notevole fioridezza economica della famiglia Bonafede (in esso si sommano legati e lasciti per un totale di 1.209 lire e 1.100 ducati d'Oro: cento ducati andavano fra l'altro a Mina, figlia del B.). Il 25 genn. 1374 Pierino era già morto, e il B., suo esecutore testamentario, si adoperava a metterne in atto le volontà.
Nel 1360 il B. compose un poemetto di didattica agricola, in endecasillabi a rime baciate, intitolato Tesoro dei rustici, opera che si pone nella scia del Liber ruralium commodorum, composto fra il 1304 e il 1309 dal bolognese Pier Crescenzi (che egli però non mostra di conoscere). L'anno di composizione e la paternità del Tesoro sono fuor di dubbio, in quanto attestati nell'incipit e nell'explicit del testo. L'aspetto didattico è ovviamente prevalente, e fa passare del tutto in secondo piano anche le esigenze di una regolarità di versificazione (spesso le rime baciate vengono trascurate o sacrificate). L'interesse dell'opera, oltre che nel contenuto agronomico, risiede nel materiale linguistico, che offre abbondanza di forme dialettali bolognesi.
Il Tesoro dei rustici ci è stato trasmesso da due manoscritti che adducono lezioni notevolmente diverse tra loro. Nel codice della Biblioteca Comunale di Bologna n. 3135 il testo ha 865 versi e presenta numerose imperfezioni metriche e maggiore rusticità di linguaggio, per cui sembra rispecchiare una prima redazione. Nel codice della Corsiniana 44.B.7 il testo ha cinque versi in più, e la lingua e la metrica appaiono in buona parte ripulite e risanate. In questo manoscritto, inoltre, il poemetto è preceduto da alcune ricette in prosa, sempre vertenti su argomenti agronomici, che sembrano doversi attribuire con ogni probabilità allo stesso Bonafede.
Il trattatello dovette avere una certa diffusione, dato che un compendio (e non un frammento) di esso, di quarantadue strofe contro le centoquarantotto della redazione originaria, è contenuto in due codici, probabilmente di origine bolognese, della fine del sec. XIV (l'uno, Viennese 3121, e l'altro già Boncompagni, ora nella Bibl. Naz. Vittorio Ernanuele, n. 563).
Il Tesoro fu ritenuto perso da F. Re. Ma O. Mazzoni-Toselli ne ritrovò poi e acquistò il codice che gli servì per l'edizione (in appendice alla Origine della lingua italiana, Bologna 1831, pp. 225-276) e che donò in seguito alla Biblioteca Comunale di Bologna. Il Frati ha dato più tardi alle stampe le due redazioni dell'operetta, secondo il codice di Bologna e quello della Corsiniana, raffrontate, facendole seguire dalla redazione abbreviata secondo il testo del codice della Vittorio Emanuele, con le varianti di quello Viennese.
Bibl.: F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, IV, Milano 1749, p. 70; F. Re, Saggio di bibliografia georgica, Venezia 1809, pp. 7 s.; F. Zambrini, Le opere volgari a stampa dei secc. XIII e XIV, Bologna 1884, col. 187; L. Frati, Rimatori bolognesi del Trecento, Bologna 1915, pp. XI, XXIV-XXX, 94-157; A. Marescalchi, Un rimatore d'agricoltura del Trecento, in Nuova Antologia, 1º ottobre 1943, pp. 189-197.