Vedi PAGODA dell'anno: 1963 - 1996
PAGODA (v. vol. V, p. 841)
Il termine, di origine pracrita, è arrivato nelle lingue occidentali per il tramite del portoghese e indica convenzionalmente la versione cinese dello stūpa (v.). Per indicare questo monumento i Cinesi usano principalmente il vocabolo ta, scritto con un segno grafico che non si trova in testi precedenti la dinastia degli Han Orientali (25-220 d.C.) e che verosimilmente fu creato ad hoc dai primi traduttori di scritture buddhiste. Si tratta con tutta probabilità dell'adattamento di una parola indiana, in forma abbreviata; la p. infatti, come struttura architettonica e complesso simbolico, nasce dall'importazione e conseguente adattamento di modelli indiani e centroasiatici in Cina, da cui si è diffusa nelle sue varie forme in tutta l'Asia orientale.
Nella tradizione cinese la p. continua la funzione di monumento commemorativo propria dello stūpa, testimoniata dalla presenza di sacre reliquie (śarīra, in cinese normalmente sheli) nelle sue fondamenta o alla sommità. Ne vengono mantenuti gli elementi costitutivi (base, corpo, asse centrale, sommità con ombrelli sovrapposti), che però assumono collocazioni e forme diverse. Il suo aspetto, tuttavia, è il risultato di una «traduzione» nelle forme più proprie alla tradizione architettonica cinese. Il ruolo di reliquiario non va sempre inteso come riferentesi alle reliquie fisiche del Buddha, dato che le p. che potevano vantare di contenere tali resti erano di numero limitato. La presenza delle reliquie poteva venire simboleggiata in altro modo; così, troviamo p. ove furono depositate scritture canoniche in quanto il corpus dell'insegnamento del Buddha veniva assimilato alle reliquie fisiche, secondo un'idea diffusa tra l'altro dal Sutra del Loto. In questa chiave va letta la costruzione della «Grande P. dell'Anatra Selvatica» (Da yanta) a Chang'an (ora Xi'an), che doveva servire al traduttore Xuanzang (morto nel 664 d.C.) per conservare i testi portati dall'India. La presenza del Buddha poteva essere simboleggiata anche da immagini sacre, e troviamo perciò p. che assumono la funzione di cappella in cui poter offrire un culto a rappresentazioni plastiche di Buddha o Bodhisattva. Infine, con la diffusione della pratica della cremazione negli ambienti monastici, l'idea che anche il corpo fisico di religiosi eminenti lasciasse reliquie dotate di potere miracoloso condusse, soprattutto sotto i Tang (618-907), alla costruzione di tombe di monaci in forma di pagoda.
In conseguenza anche della sua multifunzionalità la p. cinese era realizzata in una varietà di dimensioni, da quelle in miniatura con funzione votiva e come contenitori delle reliquie in senso stretto, a quelle di media grandezza delle p. funerarie, alla monumentalità delle torri a più piani. La funzione della p. all'interno dei monasteri cambia nel corso dei secoli; in epoca più antica essa costituiva l'oggetto principale del culto ed era perciò collocata al centro del monastero. Tale doveva essere la disposizione del Baimasi (il «Monastero del cavallo bianco», tradizionalmente considerato il più antico in Cina) a Luoyang in epoca Han, che seguiva, come dice il Weishu, «la forma antica dell'India». La posizione centrale della p. rimase sostanzialmente immutata fino all'epoca dei Tang. La pianta dello Yoningsi, il tempio monumentale della Luoyang dei Wei (386-581 d.C.), vedeva la p. disposta lungo l'asse principale del tempio, tra il portale di accesso e la sala principale. Una tradizione analoga esisteva, a quanto pare, anche sotto le dinastie meridionali e successivamente sotto i Sui (581-618 d.C.). Ce ne offrono testimonianza la p. ottagonale del Songyuesi sul monte Song, le piante dei monasteri di Paekche in Corea (VII sec. d.C.) e del periodo di Asuka (592-710) in Giappone (Asukadera, Shitennöji). Parallelamente si diffuse anche l'usanza di costruire due p. accoppiate lungo l'asse centrale del monastero. I più antichi esempi li troviamo citati nelle fonti scritte già nel IV sec. d.C., ma solo in una fase successiva tale abitudine si affermò in Cina. Per il periodo Tang è interessante lo studio delle due p. al Linquansi di An'yang (Henan). Proprio grazie all'influenza Tang troviamo introdotto il modulo in Giappone a partire dal VII sec. d.C., con esempi famosi come lo Yakushiji, la cui p. E è ancora quella originale, e, per l'VIII sec., il Daianji di Nara, i cui resti sono stati riportati alla luce da scavi archeologici. L'idea sembra corrispondere all'uso cinese delle torri gemelle (que), un tipo Han testimoniato soprattutto nell'architettura palaziale, che prevedeva la presenza di due strutture a piani sovrapposti ai lati dell'asse che conduce a un edificio principale. Già qui la funzione ornamentale sembra arrivare a una posizione di primo piano, secondo un processo che sotto i Tang porterà la p. a perdere la sua centralità a vantaggio della sala di culto. Ciò finirà per oscurarne il significato religioso, sì che, dall'epoca dei Song in poi, essa si distacca gradatamente dal monastero, spesso collocandosi su un'altura vicina, come puro elemento paesaggistico simboleggiante la presenza di un monastero buddhista.
Le fonti storiche parlano della costruzione di p. in Cina sin dalla fine del I sec. d.C. I meriti derivanti da questa attività sono illustrati abbondantemente nelle scritture canoniche, soprattutto di tradizione Mahāyāna. Grande impulso alla loro costruzione lo dette anche la diffusione del mito che attribuiva all'imperatore Aśoka l'edificazione di numerosi stūpa, un modello che spinse imperatori e principi, a partire dalle dinastie meridionali del V sec. d.C. e raggiungendo il culmine nell'epoca dei Sui, ad appoggiare con entusiasmo la realizzazione di questi edifici nei monasteri. Per il periodo più antico (all'incirca dal I al IV sec. d.C.) non si hanno né informazioni scritte sufficienti a ricostruire le forme delle p., né resti archeologici. Possiamo invece farci un'idea più chiara per il periodo compreso tra il IV e il X sec. d.C. (dinastie Jin e Tang), dato che edifici risalenti a quest'epoca si possono ancora vedere nella loro forma originale, pur se in numero limitato. Inoltre, a integrare le nostre conoscenze concorrono molti documenti iconografici, soprattutto le rappresentazioni pittoriche o in bassorilievo delle grotte di Dunhuang e di Yungang.
Per quanto riguarda la morfologia architettonica dell'edificio, va rilevato che l'aspetto «indiano» della p. si ritrova nel tipo «a stūpa». In Cina gli elementi funzionali dello stūpa indiano si trovano però spostati verso l'alto ed è quindi alla sommità delle p. che vediamo raggruppati la harmikä, o sommità piana (pingtou), e la serie di chattra (xiangln), ombrelli sovrapposti lungo il palo centrale (yaṣṭi).
La sua forma emisferica trova le analogie più strette negli stūpa indiani antichi come il Grande Stūpa di Sāñcï. Tuttavia questa tipologia appare poco attestata in Cina. Esiste una dozzina di esemplari in miniatura del V sec. d.C. con iscrizioni in cinese ritrovati nel Gansu e a Turfan, ai confini quindi dell'Asia centrale, la cui destinazione d'uso è oggetto di discussione. La struttura architettonica più antica ancora esistente ascrivibile a questa categoria è una delle p. funerarie in mattoni alle spalle del Foguansi, sul monte Wutai (Shanxi). Essa risale al X sec. d.C. (fine della dinastia dei Tang) ed è quindi relativamente tarda. La persistenza del tipo dello stūpa indiano è testimoniata sia dalle fonti storiche, sia da dipinti e sculture. La prima versione della già citata «Grande P. dell'Anatra Selvatica» del monastero Ciensi fu progettata personalmente da Xuanzang ed eretta nel 652 d.C. Destinata a essere sostituita dopo un cinquantennio con quella attuale, pare seguisse fedelmente un modello indiano, ossia un tumulo di terra rivestito1 da un paramento di mattoni. Il monaco giapponese Enchin (814-891) racconta di aver visto un monumento analogo anche al Qianfusi, sempre nella Chang'an dei Tang. Come documenti iconografici si possono invece ricordare edifici assai simili allo stupa indiano, con un'apertura centrale in cui campeggia una figura di Bodhisattva. Li troviamo rappresentati, p.es., a Yungang (parete E della grotta 13, epoca dei Wei Settentrionali) e a Dunhuang (parete E della grotta 428, epoca dei Zhou Settentrionali; parete Ν della camera antistante la grotta 303, epoca dei Sui; illustrazione del Sūtra del Loto sulla parete S della grotta 217, inizi dell'epoca Tang).
Il modello architettonico più diffuso e considerato più tipico della Cina è però quello monumentale a torre, suddiviso in due varietà: a padiglione con piani sovrapposti (louge) e a embrici accostati (miyan). Il primo tipo ha un'origine più antica e ha influenzato lo sviluppo di questo genere di architettura in Corea e Giappone. Si tratta di una struttura elevata di forma rastremata, al cui interno sono sistemate scale con finestre o nicchie su ognuno dei livelli. Questo tipo è considerato un incontro di elementi indiani e centroasiatici con la tradizione architettonica cinese. Molte di queste p. furono costruite in legno, come quella a nove piani del monastero Yongningsi nella Luoyang dei Wei Settentrionali (386-581), le cui fondazioni sono state recentemente riportate alla luce e di cui ci rimane la descrizione nell'opera Luoyang qielang ji («Memoria sui monasteri di Luoyang»), compilata agli inizi del VI secolo. La deperibilità del materiale ha impedito la conservazione degli edifici in legno di quest'epoca, ma particolari architettonici delle costruzioni lignee sono riprodotti in p. in pietra o mattoni. A parte gli esemplari conservati in Giappone, per ricostruire l'evoluzione di questa architettura vi sono rappresentazioni scultoree o pittoriche coeve. La documentazione iconografica riporta esempi a tre, cinque, sette o nove piani (bassorilievi a Yungang nelle grotte 11 e 17, oppure nella grotta Guyangdong a Longmen, del tardo periodo dei Wei Settentrionali), mentre le fonti letterarie alludono all'esistenza del medesimo modello architettonico fin dall'epoca degli Han Orientali. Rappresentativa delle p. a padiglione con piani sovrapposti anteriori al periodo Tang è forse la p. lignea a cinque piani dello Hōryūji, in Giappone (VII sec. d.C.). In Cina esistono esemplari non in legno risalenti al periodo Tang, generalmente a pianta quadrata. Da ricordare è innanzitutto la p. in mattoni a cinque piani che costituisce il mausoleo di Xuanzang nei pressi di Xi'an (Chang'an sotto i Tang), in un complesso chiamato Xingjiaosi. Costruita nel 669 d.C., essa è affiancata da altre due p. minori nello stesso stile dedicate ai due maggiori discepoli di Xuanzang. La più famosa p. di questo tipo è la già citata «Grande P. dell'Anatra Selvatica», un'imponente torre a sette piani risalente all'epoca dell'imperatrice Wu Zetian. Essa fu costruita nel 704 d.C., ma l'edificio attuale è stato rifatto sotto i Ming (1368-1644), pur conservando la pianta originaria. Xuanzang vi avrebbe conservato scritture e immagini sacre portate dall'India insieme ai testi da lui tradotti in cinese. Fu comunque usata durante il periodo dei Tang anche per scopi non direttamente religiosi. Era, tra l'altro, il luogo dove una volta l'anno l'imperatore riuniva gli aspiranti funzionari che avevano superato gli esami per il diploma di jinshi.
L'altro tipo di p. a torre, è quella definita comunemente «a embrici accostati» (miyan). In essa il piano più basso è l'unico sviluppato completamente, mentre la distanza tra gli embrici dei piani successivi disposti in serie è estremamente ridotta. I materiali da costruzione usati per realizzare queste p. si limitano ai mattoni e alla pietra. Tra un piano e l'altro di solito non vi sono finestre vere e proprie e le eventuali aperture servono da lucernai. Contrariamente al tipo precedente, l'interno è raramente accessibile. Si sono voluti trovare antecedenti di questa tipologia in esemplari indiani del periodo gupta, ma la questione resta aperta, con molti studiosi che vedono in essa piuttosto il risultato finale della sinizzazione dello stupa indiano. Per il periodo più antico la documentazione iconografica è quasi inesistente; sopravvivono tuttavia alcuni esemplari. Evidenza isolata dell'esistenza di tali strutture per il periodo precedente ai Tang è la p. del monastero Songyuesi sul monte Song, centro monastico a poca distanza da Luoyang. A quindici livelli sovrapposti, essa venne costruita nel 523 d.C. (oppure nel 520) su una pianta con un perimetro esterno di dodici lati e interno di otto. Numerose sono invece le p. analoghe risalenti al periodo Tang, le quali mostrano di nuovo una preferenza per la pianta quadrata. Se ne può osservare una sempre sul monte Song in una valle vicina al già citato Songyuesi, quella del Fawangsi, anch'essa a quindici livelli. A Xi'an troviamo invece la «Piccola P. dell'Anatra Selvatica» (Xiao yanta, costruita nel 707), assai simile in stile alla precedente. Una delle tre p. del Chongshengsi di Dali (Yunnan), conosciuta con il nome di Qianxun ta, testimonia lo splendore del regno di Nanchao. È un esemplare con un numero pari di livelli (sedici), dovuto, a quanto pare, all'influenza di concezioni taoiste. L'edificio è stato realizzato in mattoni probabilmente da architetti Tang nell'836 d.C. Ancora simile alla «Piccola P. dell'Anatra Selvatica» è infine una delle tante strutture di epoca Tang che troviamo al Fangshan, un sito a 75 km da Pechino, famoso soprattutto per le stele su cui è inciso l'intero canone buddhista. Si tratta della p. a nove piani chiamata Jinxiangong Zhuta, che si trova sulla terrazza meridionale del monte Shijing.
Le tombe di monaci a forma di ρ. costituiscono un tipo a parte, che può definirsi «a padiglione». L'edificio è a pianta quadrata o, più raramente, ottagonale, con un solo piano. Negli esemplari a pianta quadrata, esso è spesso costituito da un grosso cubo sormontato da un tetto, alla sommità del quale sono posti gli elementi tipici della pagoda. Rimangono pochi esempi, ma durante il periodo medievale questo tipo doveva essere assai diffuso, e fin da epoca abbastanza antica, come testimoniano raffigurazioni a Dunhuang (grotta 257, dipinto sulla parete S) e a Yungang (raffigurazione in bassorilievo nella grotta 11). Come esempio classico si cita la tomba a pianta ottagonale del monaco Jingzang, costruita nel 746. Questi edifici potevano avere anche dimensioni considerevoli, come nel caso della «P. a quattro porte» (Simen ta, alta una quindicina di metri) di Licheng (Shandong), costruita nel 611 d.C. (epoca dei Sui), o come un'altra struttura analoga risalente con tutta probabilità alla seconda metà dell'epoca Tang, ancora visibile nel luogo dove sorgeva il monastero Xiudingsi, ad An'yang, Henan. Quest'ultima ha attirato recentemente l'attenzione degli studiosi per la ricca decorazione in mattoni che ne orna le pareti esterne, con motivi rappresentativi della matura arte scultorea Tang. Incertezze sussistono relativamente alla sua destinazione: più che camera mortuaria o mausoleo, essa sembra sia servita ad alloggiare una statua, fungendo quindi da cappella.
Merita un accenno anche un altro tipo di p. che avrà una discreta fortuna in epoca molto tarda: quello convenzionalmente definito a «trono adamantino» (jingang baozuo). Si tratta di una struttura con quattro torri costruite agli angoli di un recinto quadrato e una quinta torre più alta al centro, la quale imiterebbe il Tempio della Mahābodhi di Bodh Gayā, in India. Non si è ancora trovato nessun esemplare antico di questa tipologia, ma da alcuni riferimenti nelle fonti storiche e da una raffigurazione pittorica trovata a Dunhuang (parete O della grotta 428) si può ipotizzare l'esistenza di tali costruzioni in Cina fin dalla seconda metà del VI secolo.
Recenti scavi hanno infine gettato luce su aspetti particolari della cultura artistica legata alle p. e al culto delle reliquie nella Cina medievale, quando erano conservate in una camera posta al livello delle fondazioni; sono state fatte anche scoperte spettacolari, come quella del 1987 a Fufeng, località a 120 km da Xi'an. Nel monastero Famensi di epoca Ming (1368-1644) sono venute alla luce le fondazioni della p. di epoca Tang, nel cui locale sotterraneo (digong) erano stati deposti come reliquie resti ossei delle dita del Buddha. Il monastero, con una storia precedente che risaliva alla metà del VI sec. d.C. e forse oltre, era stato ricostruito all'inizio della dinastia Tang per diventare uno dei centri del culto delle reliquie più popolari di tutta la Cina. Grazie anche alla sua vicinanza alla capitale Chang'an, esso godette dell'appoggio di vari sovrani Tang. Vi era l'usanza di aprire ogni trent'anni la camera che conteneva le sacre reliquie e di portarle in processione fino a una delle capitali per sottoporle all'adorazione dell'imperatore, della corte e della gente comune, con una devozione tanto sconfinata da apparire un eccesso di fanatismo agli occhi dei funzionari di formazione confuciana. Gli oggetti ritrovati sono quasi tutti da porre in relazione con una di queste ricorrenze cultuali, e precisamente con quella dell'874 d.C. quando l'imperatore Yizong fece un'ingente donazione in onore delle reliquie, ricostruendo tra l'altro l'intera serie di camere sotterranee. Dal punto di vista architettonico, è evidente l'influenza esercitata dalla struttura delle tombe principesche coeve. Mentre di solito le p. presentano un'unica camera per le reliquie, qui vediamo invece una lunga rampa discendente che dà accesso a un corridoio e a una serie di tre camere. Il locale più in fondo corrisponde a quello che nelle tombe ospitava la sepoltura vera e propria, mentre nel monastero Famensi svolgeva la funzione di reliquiario. Qui è stata rinvenuta la maggior parte degli oggetti, la cui lista completa è scolpita su una stele di pietra, tra i quali spiccano centoventuno manufatti in oro e argento di elevatissima qualità.
Nella prima camera è stata tra l'altro ritrovata una piccola p. di marmo, tipologicamente identica a quelle a un singolo piano che vediamo in grandi dimensioni allo Xiudingsi o a Licheng nello Shangdong; al suo interno era un contenitore in bronzo riproducente una p. di legno.
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