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Pakistan

Lessico del XXI Secolo (2013)
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Pakistan


Pakistàn. – Diviso da contrasti religiosi, scontri etnici e da profonde disuguaglianze sociali, il P. si è presentato, alle soglie del nuovo secolo, ancora in bilico tra arretratezza e modernizzazione stentando a trovare un assetto politico in grado di garantire il consolidamento delle istituzioni democratiche faticosamente affermatesi a metà degli anni Ottanta del 20° secolo. Il governo presieduto dal generale P. Musharraf, protagonista del colpo di Stato dell’ottobre 1999, si è schierato a fianco degli Stati Uniti dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e ha offerto un uso limitato delle basi aeree alla coalizione che si apprestava a colpire l’Afghanistan. Il nuovo credito internazionale così acquisito ha permesso a Musharraf di consolidare il suo potere, nonostante l’ondata di antiamericanismo che ha investito l’opinione pubblica e la crescente influenza dei movimenti fondamentalisti e dei partiti islamici. Grazie a una serie di emendamenti costituzionali imposti unilateralmente, nell’agosto 2002 il presidente ha ampliato le proprie prerogative e assicurato maggior potere all’esercito. Dopo le elezioni del 2002, vinte dalla Pakistan Muslim league-Quaid-e-Azam (PML-Q), favorevole a Musharraf, è stato varato un nuovo esecutivo guidato da Z.K. Jamali; è stato però impossibile dare avvio ai lavori parlamentari per l’ostruzionismo delle forze di opposizione che si sono rifiutate di avallare le modifiche costituzionali introdotte dal presidente. Dopo mesi di trattative nel dicembre 2003 si è giunti infine a un accordo che ha imposto una serie di vincoli formali alle decisioni presidenziali. Musharraf ha ottenuto in cambio (gennaio 2004) l’appoggio del Parlamento alla proposta di prolungare il suo mandato fino al 2007 e di mantenere fino a quella data anche la carica di capo delle forze armate. Nel corso del 2003 il governo è stato da più parti attaccato per non essersi opposto con decisione all’intervento armato contro l’Iraq e ha dovuto fronteggiare numerose manifestazioni di protesta antioccidentali; lo stesso presidente è stato oggetto di attacchi personali ed è scampato a diversi attentati. L'incapacità di far uscire il Paese dalla situazione di emergenza e le crescenti riserve, espresse dagli alleati statunitensi, rispetto alla cauta politica del governo nei confronti dei gruppi talebani, hanno indebolito Musharaff e ridato slancio alle forze di opposizione. Benché rieletto presidente nell’ottobre 2007, Musharaff si è trovato sempre più isolato e ha dovuto acconsentire sia a lasciare il ruolo di capo delle forze armate sia al ritorno in patria dei due principali leader dei partiti di opposizione: Benazir Bhutto, leader del Pakistan people’s party-Parliamentarians (PPP-P, nuova denominazione assunta dal Pakistan people’s party nell’agosto 2002), e Nawaz Sharif, alla guida della Pakistan Muslim league-Nawaz group (PML-N). In un clima di crescente tensione in vista delle elezioni legislative fissate per gennaio 2008, Bhutto è rimasta uccisa, vittima di un attentato (dicembre 2007). La sua morte ha provocato un’ondata di indignazione in tutto il Paese e la rabbia della popolazione ha generato rivolte spontanee in molte città. Le elezioni legislative, svoltesi nel febbraio 2008, hanno sancito la sconfitta del partito di governo (53 seggi), la vittoria del PPP-P (121 seggi) guidato dal marito di Bhutto, Asif Ali Zardari, e l’affermazione della PML-N (91 seggi). In marzo Yusuf Raza Gillani del PPP-P è stato nominato primo ministro e si è formata una coalizione di governo composta da PPP-P e PML-N. L’accordo tra i due partiti, tradizionalmente ai lati opposti dello schieramento politico, non ha però resistito e in maggio la PML-N si è ritirata dalla coalizione. Un ulteriore passo avanti nel processo di rinnovamento interno è stato rappresentato dalle dimissioni del presidente Musharaff (agosto 2008), contro il quale era stato promosso un procedimento di empeachment per violazione della costituzione e manipolazione dei fondi pubblici. Al suo posto, è stato eletto in settembre Asif Ali Zardari. Chiamato ad affrontare l’emergenza del terrorismo islamico, nel 2009 il governo ha alternato una politica di dialogo con le milizie filotalebane, concedendo in cambio dell’abbandono definitivo delle armi l’applicazione della legge islamica, a un duro confronto armato, al quale i Talebani hanno risposto con un’intensificazione dell’attività terroristica. Il permanere di un forte stato di tensione ha contribuito a esacerbare il malcontento della popolazione alle prese con una situazione economica estremamente critica e con problemi endemici di mancanza di infrastrutture, disoccupazione e povertà. Tutto ciò ha indebolito la popolarità del presidente e dell’esecutivo fatto oggetto di pesanti critiche anche da parte dell’esercito e della magistratura. Quest’ultima nel 2009 ha decretato incostituzionale l’amnistia per i reati di corruzione concessa nel 2007 a Zardari e nel 2012, di fronte alle resistenze dell’esecutivo di istruire un’inchiesta sulle presunte operazioni finanziarie illecite del presidente in Svizzera, ha condannato il capo del governo Yousuf Raza Gilani per oltraggio ai giudici costringendolo di fatto alle dimissioni. Al suo posto è stato nominato Raja Pervez Ashraf, sempre del PPP-P. Anche al nuovo premier la Corte suprema ha rinnovato l’ordine di riaprire l’inchiesta sul presidente. Sul piano internazionale il governo ha proseguito in questi anni il dialogo con l’India, già avviato dal precedente esecutivo dopo il superamento della crisi del 2002 ‒ generata dall’intensificarsi degli scontri nel Kashmir e dall’attuazione di test missilistici pakistani nella zona di confine ‒, e il rafforzamento delle relazioni tra le due potenze è stato confermato dall’incontro tra Zardari e il primo ministro indiano a Nuova Delhi nell’aprile 2012. I rapporti con gli statunitensi si sono invece raffreddati dopo l’uccisione di Osama Bin Laden, avvenuta nella notte tra il 1° e il 2 maggio 2011 nei pressi di Islāmābad a seguito di un blitz delle forze militari statunitensi; i dubbi sulla possibile connivenza fra servizi segreti pakistani e gruppi terroristici hanno di fatto portato a un rilevante incremento delle tensioni tra il Paese e gli USA. Tuttavia nel corso del 2012 uno sforzo congiunto ha permesso la ripresa delle trattative diplomatiche tra i due paesi. Al centro dei nuovi colloqui la fine della guerra dei droni che il governo pakistano chiede con insistenza considerandola un’aperta violazione del proprio spazio territoriale.

Vedi anche
Afghanistan Stato continentale dell’Asia di SO. Confina con il Turkmenistan, l’Uzbekistan, e il Tagikistan a N, con la Cina per un breve tratto a NE (l’appendice che s’incunea fra il Pamir e l’Hindukush), con il Pakistan a E e a S, con l’Iran a O.  ● L’esplorazione dell’Afghanistan iniziò con le varie spedizioni ... Islamabad Città capitale del Pakistan (529.180 ab. al censimento del 1998), costruita (dal 1961) sull’altopiano di Potwar, 15 km a N di Rawalpindi, con cui forma una conurbazione (3.100.000 ab. nel 2008). La progettazione, affidata all’urbanista greco C.A. Doxiàdis, ha suddiviso la città in 8 zone funzionali alle ... Talebani (o Taliban) Gruppo di fondamentalisti islamici formatisi nelle scuole coraniche afghane e pakistane (dal pashtō ṭālib «studente»), impegnato nella guerriglia antisovietica in Afghanistan. Tra il 1995 e il 1996 emersero come vincitori della guerra civile afgana successiva al ritiro dell’URSS. Conquistato ... Kashmir (sanscr. Kaśmīrās, o Kaśmīra) Regione del subcontinente indiano, controllata per due terzi dall’India, per una piccola parte dalla Cina e per il resto dal Pakistan, che non ha mai rinunciato a rivendicarlo, sia per motivi etnico-religiosi (la maggioranza della popolazione è musulmana) sia per il suo ...
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rupìa
rupia rupìa s. f. [dall’ingl. rupee, adattam. dell’indost. rupayā o rupīā o rūpyakā]. – Nome dell’unità monetaria dell’Unione Indiana, del Pakistan, dell’Indonesia e di altri stati asiatici, con valori diversi nei varî paesi.
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