PAKISTAN.
– Demografia e geografia economica. Condizione economica. Storia. Bibliografia.
Demografia e geografia economica di Marco Maggioli. – Stato dell’Asia meridionale. Secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs), nel 2014 il P. contava 185.132.926 ab., con un tasso di crescita dell’1,5% rispetto all’anno precedente. La densità media è di 226 ab./km2, con notevoli differenze all’interno del Paese; oltre che nelle regioni urbane, dove si concentra il 36,5% della popolazione, i valori di densità sono superiori alla media nelle grandi aree irrigue. La popolazione si conferma caratterizzata da una forte incidenza di giovani (64,6% nella fascia d’età fino a 29 anni), con un’età media di 22,6 anni, conseguenza dell’alto tasso di incremento demografico, che ha raggiunto il suo apice negli anni Ottanta del secolo scorso e che nel periodo 200510 è stato pari all’1,8%, e nel periodo 2010-15 all’1,7%. Le principali aree metropolitane sono Karāchī (13,2 milioni di ab.), Lahore (7,1 milioni di ab. l’agglomerato urbano), Faisalabad (2,9 milioni di ab.), Rāwalpindi (2 milioni di ab.) mentre la capitale, Islāmabād, non raggiunge il milione di abitanti. Complessivamente sono otto le città con oltre un milione di abitanti.
Condizioni economiche. – Il P. continua a essere teatro di una perdurante situazione di instabilità che ne condiziona il cammino verso lo sviluppo economico e la crescita sociale. Nonostante queste difficoltà, nel periodo 2000-11 il PIL è cresciuto a un tasso medio annuo del 4,6%, toccando nel 2006 il livello massimo del periodo (6,6%) e diminuendo tuttavia a partire dall’anno successivo. Nel 2014 l’economia del Paese ha fatto registrare una crescita del 4,1%, con un PIL che è attestato su 232,3 miliardi di $. La situazione economico-sociale è tuttavia molto precaria e nonostante le inefficaci iniezioni di denaro del governo (prevalentemente tramite prestiti dalla Banca centrale), il già elevato deficit nazionale continua a crescere. Il piano triennale di prestito che dovrebbe stabilizzare l’economia rientra nel progetto complessivo di assistenza finanziaria del FMI, approvato nel settembre 2013 e denominato Extended fund facility. Le condizioni per la concessione del credito prevedono che il governo intraprenda misure di austerità come tagli al bilancio, riduzione dei sussidi, aumento del gettito fiscale, privatizzazione delle imprese statali in perdita e riforma del sistema energetico, con un conseguente aumento dei prezzi. Già nel 2013 notevole è stato proprio l’aumento dei prezzi, attestatosi al 7,5% su base annua, e dell’inflazione (12%). Permangono alcuni tradizionali fattori di forte criticità, tra cui il pesante deficit energetico, le ridotte entrate fiscali, l’eccessiva dipendenza dagli aiuti esteri, la contrazione degli investimenti e, su tutto, le tensioni politiche e i costi umani e materiali della guerra al terrorismo. Il governo ha inoltre imposto di recente una ‘tassa sul contante prelevato’, che, insieme alla pressione inflattiva, ha determinato un crollo del valore della rupia pakistana. Si è raggiunto il cambio record di 108,27 rupie per un dollaro, rendendo ancor più gravosi tanto il pagamento del debito quanto le importazioni.
Forti divari sono presenti nella distribuzione del reddito tra classi sociali, gruppi etnici e fra uomini e donne. La povertà è un fenomeno ancora molto diffuso, ma una ristretta élite di famiglie gode di uno standard di vita assai elevato e di un buon livello di istruzione. Il tasso di analfabetismo è stato pari al 45,3% nel 2011, con una spiccata differenza tra uomini e donne: su 100 analfabeti, 60 circa sono donne e 40 uomini. Nel 2013, il tasso di mortalità infantile è stato pari a 69‰ e quello relativo ai bambini al di sotto dei cinque anni di età al 78‰; tale situazione risulta peggiore nelle campagne e nelle regioni più povere. Il tasso di disoccupazione, che su base nazionale è stato nel 2014 pari al 6,7%, tra le donne è salito al 33,3%.
Il settore agricolo mantiene una posizione rilevante nell’economia del Paese, contribuendo alla crescita del PIL nella misura del 24,4% e dando lavoro al 45,1% della popolazione attiva. Le colture principali, che rappresentano il 31,1% delle entrate agricole, nel 2011 hanno perso, a seguito delle inondazioni dell’anno precedente, circa il 4% dei raccolti rispetto all’anno precedente. Particolarmente colpiti sono stati il riso e il cotone, che rappresentano due prodotti agricoli fondamentali per il Paese: il primo in quanto base dell’alimentazione familiare e il secondo per l’utilizzazione intensiva fatta dall’industria tessile nazionale. I due prodotti hanno visto diminuire i rispettivi raccolti a 4,8 milioni di t per il riso (la peggiore annata dal 1994-95) e 11,6 milioni di balle per il cotone (−9% rispetto all’anno precedente). Il P. è attualmente il quarto produttore mondiale e il terzo maggiore consumatore di cotone, essendo l’industria tessile, ma anche quella delle pelli, il vero motore industriale del Paese. In termini di valore aggiunto, le quattro principali colture sono, nell’ordine, frumento, cotone, riso e canna da zucchero, che danno un contributo del 30% circa al PIL agricolo. Il settore tessile ha contribuito nel 2011-12 per l’8,5% alla formazione del PIL, al 52% delle esportazioni, al 46% della produzione totale nel settore manifatturiero e al 40% circa degli occupati del settore. La meccanizzazione agricola, che ha beneficiato a partire dagli scorsi anni del programma speciale Benazir tractor scheme, avviato per incoraggiare gli agricoltori all’acquisto di trattori, ha permesso la vendita di diverse migliaia di veicoli. Il 52% del PIL del settore primario è generato dall’allevamento, che occupa 30-35 milioni di lavoratori nelle zone rurali e fornisce la materia prima alla concia: si allevano soprattutto i bufali, con 30 milioni, contro 33 milioni di altri bovini, che forniscono quasi il 70% della produzione di latte, di cui il P. è il quinto produttore al mondo e che costituisce il principale prodotto dell’allevamento, con una quota del 25% sull’intero valore aggiunto agricolo. Gli allevamenti hanno anche essi sofferto pesantemente, nel 2011-12, degli effetti nefasti causati dalle alluvioni (+3,7% rispetto a +4,3% l’anno precedente). I risultati migliori in termini di produzione sono stati raggiunti dall’avicoltura, i cui consumi interni rappresentano il 24,8% del totale. Anche le risorse ittiche hanno un grande potenziale di crescita per l’economia del Paese, ma costituiscono, al momento, solo lo 0,4% del PIL. Il settore industriale, che incideva nel 2012 in misura del 22% sul PIL, a fronte del 13,7% della forza lavoro complessiva, ha registrato, secondo i dati della State bank of Pakistan, una discreta crescita della produzione complessiva (+11,2%), dovuta in larga parte al settore delle costruzioni (+16,7%) e a quello della distribuzione di gas ed elettricità (+12,6%). A guidare il processo di crescita sono state le grandi e medie imprese. Il settore terziario, infine, costituiva nel 2012 il 53,6% del PIL nazionale e il 41,2% della forza lavoro, ed è cresciuto del 9,9% nel 2013, mantenendo una crescita costante nel tempo, anche nel periodo di crisi.
Storia di Paola Salvatori. – Paese in bilico tra autoritarismo e democrazia, il P. avviò alla fine del primo decennio del 21° sec. un processo di consolidamento delle istituzioni democratiche, pur in un contesto ancora fortemente critico. Rimanevano infatti irrisolti i principali problemi del Paese: il peso dei militari, la dilagante corruzione, la frammentazione della società, ancora coinvolta in scontri etnico-religiosi e poco omogenea dal punto di vista economico e sociale, la proliferazione di gruppi fondamentalisti interni e la turbolenza di intere regioni del territorio nazionale, dove il governo centrale non riusciva a dispiegare un controllo capillare ed efficace.
Il primo passo verso un cambiamento fu rappresentato dalle elezioni politiche del 2008 e dalla successiva uscita di scena del generale Pervez Musharraf, salito al potere con un colpo di Stato nel 1999. Le elezioni sancirono infatti la sconfitta del partito di governo, la Pakistan Muslim league-Quaid-e-Azam (PML-Q, 53 seggi) e l’affermazione dei partiti di opposizione: la Pakistan Muslim league-Nawaz group (PML-N), di orientamento moderato, che conquistò 91 seggi, e il Pakistan people’s party-Parliamentarians (PPP-P), partito laico di centrosinistra, risultato vincitore con 121 seggi. Yusuf Raza Gillani del PPP-P fu nominato primo ministro e si formò una coalizione di governo composta da PPP-P e PML-N. L’accordo tra i due partiti, tradizionalmente ai lati opposti dello schieramento politico, non riuscì però a resistere e nel maggio 2008 la PML-N uscì dalla coalizione. In agosto Musharaff, sottoposto a un procedimento di impeachment per violazione della Costituzione e manipolazione dei fondi pubblici, si dimise e al suo posto fu eletto Asif Ali Zardari, leader del PPP-P e marito di Benazir Bhutto, vittima di un attentato nel 2007.
Tornato nelle mani di un’amministrazione civile, il P. si trovò a fronteggiare l’inasprirsi degli scontri con i talebani nelle zone di confine e l’acutizzarsi dei conflitti religiosi interni, che insanguinarono ripetutamente città e regioni del Paese. Il permanere di un forte stato di tensione contribuì a esacerbare il malcontento della popolazione, alle prese con una situazione economica estremamente critica e con problemi endemici di mancanza di infrastrutture, disoccupazione e povertà. Tutto ciò indebolì la popolarità del presidente e dell’esecutivo, fatto oggetto di pesanti critiche anche da parte dell’esercito e della magistratura. Quest’ultima nel 2009 aveva decretato incostituzionale l’amnistia per i reati di corruzione concessa nel 2007 da Musharaff a Zardari e nel 2012, di fronte alle resistenze dell’esecutivo a istruire un’inchiesta sulle presunte operazioni finanziarie illecite del presidente Zardari in Svizzera, condannò il capo del governo Gilani per oltraggio ai giudici, costringendolo di fatto alle dimissioni. Il suo successore, Raja Pervez Ashraf, sempre del PPP-P, durò solo pochi mesi: accusato di corruzione, abbandonò infatti l’incarico nel 2013, quando fu formato un governo di transizione chiamato a gestire le elezioni politiche.
Le consultazioni (giugno 2013) sancirono la vittoria del PML-N (126 seggi), il crollo del PPP-P (31) e l’affermazione del Pakistan tehreek-e-insaf (PTI, Movimento per la giustizia del Pakistan, di centro, 28 seggi), guidato dall’ex campione di cricket Imran Khan. Venne formato un nuovo esecutivo presieduto da Muhammad Nawaz Sharif (già primo ministro nel 1990-93 e nel 1997-99) e per la prima volta in 66 anni si verificò un passaggio di poteri incruento tra due governi civili democraticamente eletti.
Nel tentativo di pacificare il Paese e creare le condizioni per rilanciare l’economia, il nuovo premier cercò di avviare, nel corso del 2014, colloqui di pace con i talebani, ma dopo l’assalto sferrato da questi ultimi contro l’aeroporto di Karachi (giugno 2014), le trattative furono bruscamente interrotte e si tornò a un uso massiccio dell’esercito. Pochi mesi dopo (dic. 2014), un nuovo sanguinoso attentato contro una scuola a Peshawar provocò più di 140 vittime, in maggioranza bambini e adolescenti. In seguito alla strage il premier Sharif decise di sospendere la moratoria sulle esecuzioni delle condanne a morte contro i terroristi e di istituire corti marziali. I nuovi provvedimenti non misero però fine agli attentati, che nel corso del 2015 continuarono a mietere numerose vittime.
Sul piano internazionale il P. proseguì in questi anni il dialogo con l’India, sebbene rimanesse aperta la controversa questione del Kashmir. I rapporti con gli Stati Uniti, invece, divennero tesi dopo l’uccisione di Osama Bin Laden, avvenuta nella notte tra il 1° e il 2 maggio 2011 nei pressi di Islāmabād a seguito di un blitz di un commando militare statunitense; i dubbi sulla possibile connivenza fra servizi segreti pakistani e gruppi terroristici portarono a un raffreddamento nelle relazioni tra i due Paesi. Nel corso del 2012 uno sforzo congiunto permise la ripresa delle trattative diplomatiche. Al centro dei nuovi colloqui, proseguiti anche negli anni seguenti, era la fine della guerra dei droni, chiesta con insistenza dal governo pakistano in quanto considerata un’aperta violazione del proprio spazio territoriale.
Bibliografia: C. Fair, Pakistan on the brink of a democratic transition?, «Current history», 2013, 753, pp. 130-36; T.V. Paul, The warrior state: Pakistan in the contemporary world, New York 2014.