PAKISTAN (App. II, 11, p. 485; III, 11, p. 343)
Superficie e popolazione. - Ristrettosi territorialmente in seguito alla scissione (1971) della provincia orientale (oggi Bangla Desh), il P. occupa attualmente la zona nord-occid. della penisola indiana, circondata da Afghānistān, Iran, Unione Sovietica, Cina, Unione Indiana e Mare Arabico su una superficie di 803.940 km2. La popolazione, stimata, nel 1974, intorno ai 65 milioni di abitanti, si addensa per oltre il 55% nelle fertili valli interne del Panjāb, cui si contrappongono a sud-est l'infernale deserto del Thar, a nord la sezione occidentale delle alte catene dell'Himālaya, del Caracorum e dell'Hindu Kush, a ovest le pianure desolate e le aride depressioni che interrompono qua e là la regione montuosa del Belūcistān.
La costituzione del 1962, in base alla quale il P. si configurava come una repubblica federale a regime presidenziale, è stata sostituita da una nuova costituzione, entrata in vigore nel 1973. Essa attribuisce una posizione preminente al primo ministro, capo del potere esecutivo, e assegna la funzione legislativa a un Parlamento bicamerale.
I Pakistani sono in netta prevalenza musulmani, con forti minoranze indù (10.001.474): non mancano i buddisti (376.000), e i cristiani (732.787). Gli indù e i cristiani hanno istituito nel paese diverse scuole d'istruzione primaria e secondaria, frequentate anche da musulmani.
Condizioni economiche. - L'aridità del clima e la povertà dei suoli non consentono che una forma di agricoltura estensiva, basata sulla cerealicoltura (1975: grano, 76,7 milioni di q; miglio, 3,1 milioni; sorgo, 3,7 milioni; riso 38,1 milioni; orzo 1,3 milioni di q; mais, 7,8 milioni). La diffusione delle pratiche irrigue, grazie ad alcuni sbarramenti sull'Indo (diga di Lloyd presso Multan, e diga di Tarbela, in costruzione anche ad opera di ditte italiane) ha favorito lo sviluppo di colture come il cotone (10,2 milioni di q di semi e 5,1 di fibra), il tabacco (610.000 q), la canna da zucchero, in rapido aumento. Altre buone produzioni sono quelle della patata, delle leguminose, della frutta (agrumi, uva, mele, pere, datteri, banane, ananassi). Dalle foreste si ricava legname d'opera (8,9 milioni di m3). Il patrimonio zootecnico è cospicuo e comprende soprattutto bovini (13,1 milioni di capi), caprini (12,7), ovini (18,1), bufali (10,2) utilizzati, questi ultimi, nelle risaie.
Le risorse minerarie più diffuse, insufficienti allo stato attuale al fabbisogno nazionale, sono il carbone e la lignite di Quetta e Rawalpindi (1.500.000 t nel 1973); il petrolio dei pozzi di Khaur, Dhulian, Joya Mair, Balkassar, Karsal. (350.000 t nel 1976), che viene raffinato a Morgah, presso Rawalpindi e a Karāchi; ma soprattutto il gas naturale (4.600 milioni di m3 nel 1976), che viene estratto da vari giacimenti (Sui, Mari, Khandkot, Mazarani, Khanpur) collegati con gasdotti a Karāchi, Lyallpur e Islāmābād.
L'energia elettrica è calcolata intorno agli 8000 milioni di kWh, grazie al discreto contributo degli impianti idroelettrici (dighe di Tarbela e di Multan).
Nelle industrie, il settore più attivo è quello tessile (cotone, iuta, lana), con stabilimenti a Karāchi, Gujranwala, Bannu; poco sviluppate sono la siderurgia e l'indtistria meccanica. Importanti cementifici sorgono a Karāchi, Sukkur e Rohri. Il centro più diversificato dal punto di vista industriale (industrie tessili, chimiche, elettriche, delle calzature, del tabacco, e della birra) è Karāchi.
Alla vecchia capitale è stata sostituita la nuova Islāmābād ancora in parte in costruzione, a circa 15 km da Rawalpindi, in una posizione climatica migliore, che si accinge a diventare anche il nuovo centro culturale del paese.
Il P. si pone nel contesto mondiale come uno degli stati più poveri, con un reddito pro capite annuo aggirantesi sui 90 dollari statunitensi. La mancanza di capitali, di mano d'opera specializzata e di sufficienti fonti di energia ha ostacolato per lungo tempo un adeguato sviluppo industriale. Verso il 1960, una considerevole esportazione di cotone e di iuta, connessa con una razionale importazione dei beni di consumo, favorì il compiersi di un rapido quanto inatteso sviluppo industriale, che incise negativamente sull'agricoltura, fonte tradizionale dell'economia pakistana, la quale assorbe il 74% della popolazione attiva. Per superare questa fase stagnante del settore agricolo, fu necessario ricorrere ad aiuti stranieri e rinnovare completamente i quadri dell'economia locale, iniziative che sfociarono in una sorprendente crescita produttiva durante il quinquennio 1960-65. Successivamente, però, la guerra con l'India del 1965 e quella del 1971 con la Provincia Orientale, nonché alcune annate climatiche sfavorevoli, hanno provocato un nuovo arresto e un cospicuo disavanzo nella bilancia dei pagamenti: prova ne sia che la rupia pakistana, dopo la rilevante super-valutazione del decennio scorso, ha subìto nel 1972 una svalutazione del 131%, passando nel cambio col dollaro statunitense da 4,75 a 11 rupie per dollaro.
L'instabilità politica del governo e le sue scelte di programmazione spesso irrazionali contribuiscono infine a far fluttuare la bilancia commerciale e gravano pesantemente sulle strutture economiche e sociali della nazione.
Bibl.: A. Tayyeb, Pakistan: a political geography, Karāchi 1966; G. F. Papnek, Pakistan's development: social goals and private incentives, Cambridge (Mass.), 1967; R. S. Lewis, Economic policy and industrial growth in Pakistan, Londra 1969.
Economia. - Sul piano economico, il P. è tuttora un paese in via di sviluppo: nel 1975 il prodotto nazionale lordo pro capite è stato di 98.800 lire; secondo una statistica dell'OCSE, su 150 paesi il P. occupa la 106ª posizione. La grave situazione economica che caratterizza il paese è, in parte almeno, attenuata dagli aiuti internazionali. Nel 1974 il P. ha importato 2,6 milioni di t di petrolio (il consumo è stato di 3,04 milioni e la produzione nazionale di 400.000 t) che gli sono costate circa 108 miliardi di lire, 78 in più dell'anno precedente: sono cifre molto inferiori agli aiuti ricevuti dai soli paesi dell'OPEC. Dagli aiuti internazionali il P. ha ricevuto 267,3 miliardi di lire nel 1974 (dai paesi OCSE e da altre organizzazioni mondiali), pari al 40,6% delle sue esportazioni di beni; nello stesso anno ha ricevuto impegni di finanziamento per 465 miliardi dai paesi dell'OPEC, pari al 73,7% delle esportazioni di beni; sempre nel 1974 la Cina si è impegnata a versare 50,8 miliardi, la cifra più alta tra quelle concesse a paesi da essa aiutati. Il cumulo dei vari aiuti ammonta a 810 miliardi, cifra superiore a quella di tutte le esportazioni del paese e pari al 13% del prodotto nazionale lordo. Il reddito nazionale si è sviluppato, nel periodo 1960-1976, a un tasso di crescita medio del 9% annuo; dopo una violenta caduta del −33% nel 1970, ha ripreso a crescere, raggiungendo il +22% nel 1973 e il +29% nel 1974. Il prodotto nazionale lordo, dopo aver segnato un tasso medio d'incremento del 6%, per il periodo dal 1961 al 1969, ha subito nel 1970 una pesante caduta dalla quale non si è ancora ripreso.
Nell'ultimo quinquennio la bilancia commerciale, salvo una breve parentesi nel 1972-73, è stata in grave passivo. Lo stesso vale per la bilancia dei pagamenti, che non tiene conto degli aiuti internazionali e che hanno determinato una tendenza all'aumento delle riserve valutarie estere: 281 milioni di dollari nel 1972, 480 nel 1973, 461 nel 1974 e 406 nel 1975. I prezzi all'ingrosso dal 1960 al 1970 sono cresciuti a un tasso medio annuo del +3%, mentre hanno segnato valori molto maggiori per gli anni più recenti: +31,7% nel 1973, +33% per il 1974 e +24% nel 1975; eguale andamento hanno avuto i prezzi al consumo. Il periodo 1974-75 ha registrato un rallentamento dello sviluppo, il tasso di crescita del prodotto nazionale lordo si è valutato intorno al 2,6%. Tale risultato è dovuto sia alla cattiva annata agricola (−2,0), dovuta anche alle pessime condizioni atmosferiche, sia alla crisi dei prezzi internazionali del cotone, sia al deterioramento dei terms of trade del P. (valutato intorno al 20%). Non è risultato soddisfacente neppure l'andamento della produzione industriale (+2,0 contro il +4,0 dell'anno precedente), mentre si sono fatti sentire notevoli ritardi in alcuni progetti d'importanza strategica per lo sviluppo, quale per es. quello di Tarbela. Gli occupati in agricoltura sono circa il 55% della forza lavoro, circa il 20% sono i disoccupati. Estremamente diffusa la sottoccupazione. La struttura delle importazioni è data per il 20% da beni finali, dal 40% per materie prime per beni di consumo, dal 10% per materie prime per beni d'investimento e dal 30% per beni finali d'investimento.
Le esportazioni sono composte in parti uguali da materie prime e da prodotti dell'industria manifatturiera. La percentuale di questi ultimi sul totale delle esportazioni pakistane è tuttavia andata notevolmente diminuendo in questi ultimi anni.
Storia. - La nuova costituzione, a cui una commissione appositamente eletta aveva lavorato fin dal febbraio 1960, fu promulgata il 1° marzo 1962. Conforme alla teoria della basic democracy, essa era fortemente accentratrice; ogni potere esecutivo spettava al presidente; l'unica camera del Parlamento comprendeva 150 membri per ciascuna delle due metà del paese, eletti non direttamente, ma dagli 80.000 basic democrats. Dopo le elezioni del 28 aprile di quell'anno, Ayyub Khan, confermato presidente, abolì la legge marziale e permise di nuovo la formazione di partiti politici. In politica estera il P., decisamente legato all'America dal 1954, se ne distaccò lentamente quando vide che non poteva aspettarsene aiuto nei riguardi dell'India; d'altra parte l'America era delusa per l'instabilità politica e per gli scarsi risultati degli aiuti economici, che in realtà andavano solo ad arricchire una classe ristretta di profittatori. Perciò dopo la guerra cino-indiana del 1962 Ayyub si volse verso la Cina, con cui concluse un accordo per la delimitazione dei confini (2 marzo 1963); meno stretti invece i rapporti con l'URSS. Quelli con l'America si raffreddarono del tutto in seguito alle forniture di armi americane all'India, che se ne avvalse contro il P. nei due conflitti del 1965 (v. indiana, unione). La resistenza del P. alle superiori forze indiane fu però tenace e tutto sommato coronata da un successo difensivo. Nello stesso anno Ayyub fu rieletto presidente e le elezioni diedero una larga vittoria alla Lega musulmana. Anche lo sviluppo economico negli anni Sessanta fu soddisfacente, accelerato da grandi lavori nel campo del controllo delle acque.
Nondimeno tra i politici, gl'intellettuali e le masse cresceva lo scontento; i basic democrats erano degenerati in una casta di notabili locali avidi e corrotti, gli studenti si agitavano per le riforme. Portavoce dell'opposizione si fece Z.A. Bhutto, ministro degli Esteri fino al 1966, fondatore del Partito del popolo. La richiesta generale di un ritorno al suffragio universale si acuì in un marasma crescente con continui disordini. Trattative con l'opposizione all'Ovest e con gli autonomisti del Bengala all'Est fallirono. Allora Ayyub cedette gradualmente, prima rinunziando a una rielezione, poi accettando elezioni dirette; ma alla fine dovette ritirarsi di fronte a un'ondata irresistibile di scioperi e disordini. Il 25 marzo 1969 egli trasmetteva i poteri al gen. Yahya Khaan, comandante dell'esercito, il quale proclamò la legge marziale, abrogò la costituzione del 1962, sciolse le assemblee centrale e provinciali e avviò i preparativi per l'elezione a suffragio universale di un'assemblea costituente. La provincia unica del P. occidentale fu sciolta, ricostituendo le quattro province originarie; nel contempo egli rinsaldava i rapporti con la Cina, visitando Pechino. Le elezioni del 7 dicembre 1970 furono decisive, con la schiacciante vittoria degli autonomisti (Lega Awami) nel Bengala e quella decisiva ma non assoluta del Partito del popolo di Bhutto nel P. occidentale. Le posizioni dei due partiti erano inconciliabili e ne derivò una situazione estremamente tesa. Ogni trattativa riuscì vana e nel marzo 1971 scoppiava la guerra civile nel Bengala, dove i rivoltosi proclamavano la repubblica del Bangla Desh (v.). Yahya Khan diede ordine all'esercito di stroncare la rivolta, il che riuscì solo parzialmente e a prezzo di molto sangue. La situazione precipitò verso la catastrofe; il 3 dicembre 1971 l'India, che aveva appoggiato sempre più scopertamente i guerriglieri del Bengala, entrò in guerra. Malgrado il pieno appoggio diplomatico della Cina e quello molto meno deciso dell'America, la guerra finì in due settimane con la capitolazione delle truppe pakistane nel Bengala e con un armistizio sul fronte occidentale.
La sconfitta portò al completo discredito delle forze armate, al potere dal 1959. Yahya Khan diede le dimissioni (20 dicembre) e Z. A. Bhutto divenne presidente provvisorio. Seguì una vasta epurazione negli alti gradi dell'esercito e della marina; fu anche svolta un'azione risoluta per evitare il collasso finanziario e per ricuperare i capitali emigrati all'estero. Bhutto approfittò inoltre della legge marziale vigente per imporre d'autorità riforme nel campo della sicurezza sociale e dei diritti sindacali, per migliorare la riforma agraria abbassando la superficie massima consentita a ogni famiglia e confiscando senza indennità e distribuendo i terreni in soprappiù. Fu introdotta l'istruzione gratuita e furono nazionalizzate le scuole private nonche, più tardi, tutte le banche. L'Assemblea costituente, composta naturalmente dei soli deputati eletti nell'Ovest, poté finalmente riunirsi nell'aprile 1972 e la nuova costituzione (la terza dal 1947), con una legislatura bicamerale e un presidente eletto dalle Camere, fu promulgata il 10 aprile 1973. Chaudhri Fazl-Ilahi fu eletto presidente e Bhutto divenne primo ministro. Un accordo con l'India e col Bangla Desh (28 agosto 1973) permise il ritorno dei prigionieri di guerra e il rimpatrio dei non-bengalesi dal Bengala, preludendo al riconoscimento formale del Bangla Desh, avvenuto nel febbraio 1974. Tutto ciò non bastò tuttavia a riportare la pace nel paese lacerato dalle discordie. Nel Balūcistān si sviluppò una guerriglia separatista a carattere tribale, durata vari mesi; riprese la tensione con l'Afghānistān per la questione del Pakhtunistan; inquietudine, difficoltà economiche, attentati culminati nell'assassinio del ministro degl'Interni ai primi del 1975, portarono a una situazione assai tesa. Bhutto cercò di consolidare la sua posizione dapprima prendendo misure contro i partiti d'opposizione, e poi indicendo le elezioni generali. Queste furono tenute il 7 marzo 1977 e risultarono in una schiacciante vittoria per il governo. Ma i brogli elettorali erano stati tanti e tali, che l'opposizione chiese l'annullamento delle elezioni. Il rifiuto di Bhutto ebbe come conseguenza una serie di sanguinosi incidenti protrattisi per quattro mesi in un'atmosfera di guerra civile, finché le forze armate una volta di più intervennero con un colpo di stato (5 luglio 1977). Sotto la guida del capo di S. M. gen. Zia ul-Haq, esse promulgarono la legge marziale, sciolsero i governi e le assemblee centrali e provinciali, sospesero la costituzione. Bhutto, accusato come mandante in assassinio, fu arrestato e il 18 marzo 1978 condannato a morte (la sentenza è stata eseguita il 4 aprile 1979). Le nuove elezioni, promesse a breve termine (per il 18 ottobre 1977), furono poi rinviate sine die, e la legge marziale, applicata severamente, rimane in vigore.
Bibl.: R. S. Wheeler, The politics of Pakistan, Ithaca-Londra 1970; S. M. Burke, Mainsprings of India and Pakisatn's foreign policies, Minneapolis 1974; A. Krieger, Le Pakistan, Parigi 1974.
Archeologia. - Le scoperte fatte in un primo tempo a Mundigak, in Afghānistān, e in seguito a Kile Ghul Mohammad nel Balūcistān, hanno stimolato la ricerca in campo preistorico in tutto il Pakistan. Ad Anjira e a Siah Damb si ha un'occupazione neolitica legata a quella di Siyalk (Iran), caratterizzata all'inizio da una ceramica con ingubbiatura rossa. Gli edifici di mattoni crudi della fase seguente trovano riscontro in Kile Ghul Mohammad II-III. Seguono poi altre fasi da porre in relazione con la cultura di Quetta (già studiata negli anni Cinquanta) e di Mundigak IV, quando la ceramica presenta una decorazione di tipo geometrico o naturalistico. J. M. Casal ha scavato, sempre nel Balūcistān, il sito di Nindowari, il cui periodo di massima espansione coincide con l'uso della ceramica tipo Kulli (animali in un paesaggio stilizzato). Si trattava forse di un centro religioso, come indica il ritrovamento di molte figurine di terracotta, tori e dèe-madri, e la presenza di un monumento servito da scale circondato da edifici su una stessa piattaforma quadrangolare. Questa fase di Nindowari sarebbe semi-contemporanea alla cultura di Harappā. Ancora a J. M. Casal si devono gli scavi di Amri (circa 300 km a NE di Karāchi) e di Pirak (nel nord del paese). Ad Amri si hanno i resti di un insediamento preistorico della metà del 3° millennio che ha dato una ceramica particolare (Amri Ware), con motivi geometrici o figurativi su fondo marrone o bruno-rossastro. Restano anche strutture di mattoni crudi, cubicoli o celle. Pirak costituisce invece un insediamento della prima età del Ferro.
Sulla scia degli scavi condotti dagl'italiani nello Swāt, il Dipartimento archeologico dell'università di Peshāwar ha compiuto numerosi scavi in località buddhiste della North-West Frontier Province. Nella zona di Chakdara (Dīr), stūpa e monasteri sono apparsi ad Andandherī, a Chatpat e a Damkot, che hanno dato un abbondante materiale scultoreo. Damkot presenta anche una fase più antica (metà del 1° millennio), con un materiale simile a quello dello Swāt (Ghālīgai) e di Timargarha (si parla ora di una Gandhāra Grave Culture). Altri siti buddhisti sono stati scoperti dalla missione archeologica giapponese nel distretto di Mardān (Chanaka-Dherī, Mekha Sanda, Thareli). Anche a Tulamba, nei pressi di Multān, si sono trovate vestigia buddhiste dei primi secoli dell'era cristiana, ma la vita del sito continua anche in epoca medievale, quando compare una particolare ceramica (Tulamba Stamped Ware) caratterizzata dalla grande varietà di disegni. Il periodo musulmano, accanto allo scavo di Banbhore (v.), registra quello di Manṣūra, una città fondata dagli Arabi nel Sind agl'inizi dell'8° secolo e rimasta in vita fino al 12°. Vedi tav. f. t.
Bibl.: In Pakistan escono due riviste d'archeologia molto importanti, spesso con carattere monografico, Ancient Pakistan e Pakistan Archaeology, quest'ultima dell'Università di Peshāwar. Oltre alla bibliografia citata alle voci banbhore, butkara, chārsada, swāt e taxila, si vedano:
J. M. Casal, Fouilles d'Amri, Parigi 1964; A. H. Dani, Sanghao cave excavation (The first season: 1963), in Ancient Pakistan, i (1964), pp. 1-50; F. A. Khan, The Indus Valley and early Iran, Karāchi 1964; H. T. Lambrick, Sind, 2 voll., Hyderabad 1964 e 1973; R. L. Raikes, New prehistoric Bichrome ware from the plains of Baluchistan (West Pakistan), in East and West, 14 (1964), pp. 56-68; B. de Cardi, Excavations and reconnaissance in Kalat, West Pakistan - The prehistoric sequence in the Surab region, in Pakistan Archaeology, 2 (1965), pp. 86-182; R. L. Raikes, A supplementary note on Pirak Bichrome ware, in East and West, 15 (1965), pp. 69-78; J. M. Casal, Nindowari, in Pakistan Archaeology, 3 (1966), pp. 10-21; M. R. Mughal, Excavations at Tulamba, West Pakistan, in Pakistan Archaeology, 4 (1967), pp. 11-152; M. Wheeler, The Indus civilization, Cambridge 19683; J. M. Casal, Preliminary report on the excavations at Pirak (1968-70), in Pakistan Archaeology, 7 (1970-71), pp. 90-98; A. H. Dani, Excavations in the Gomal Valley (= Ancient Pakistan, 5, 1970-71).