GATTILUSIO, Palamede
Figlio quartogenito di Jacopo (Francesco II) di Lesbo, nacque probabilmente nell'ultimo decennio del XIV secolo a Mitilene. I Gattilusio, di origine genovese, erano signori dell'isola di Lesbo dal 1355 per concessione di Giovanni V Paleologo. Nel 1409 il G. ricevette in eredità dal prozio Niccolò I, reggente di Lesbo durante la minorità dei pronipoti, la signoria della città di Enos, sulla costa della Tracia, e del suo retroterra. Almeno fino al 1414, fu soggetto alla reggenza esercitata dal fratello maggiore, Jacopo, ma probabilmente proprio in quell'anno egli diede inizio al suo governo personale, intervenendo militarmente al fianco del fratello in favore del principe d'Acaia Centurione II Zaccaria, di origine genovese. In tale occasione il G. ricevette per questo fatto le proteste diplomatiche di Venezia, che vedeva di malocchio tali interferenze nella propria politica nel Peloponneso.
Al contrario del fratello Jacopo, spesso impegnato in campagne militari contro Turchi e Veneziani, il G. non risulta essere stato successivamente coinvolto in attività militari di qualche rilievo, ma ciò non gli impedì di ampliare considerevolmente i propri possedimenti territoriali, ai quali aggiunse nel 1430 la ricca isola di Samotracia (concessagli dall'imperatore Giovanni VIII) e in seguito, tra il 1450 e il 1453, quella di Imbro, strategicamente importantissima, per concessione di Costantino XII.
Tali successi, ottenuti in maniera del tutto pacifica, erano frutto dell'abile politica del G. il quale, grazie alla sua parentela con la casa imperiale dei Paleologi più volte orgogliosamente ricordata nelle sue iscrizioni, mantenne sempre stretti rapporti tanto con la corte imperiale di Costantinopoli quanto con esponenti di alcune delle principali famiglie dell'aristocrazia bizantina, che consideravano il colto e raffinato signore di Enos come un loro pari. Questa saggia politica, che consentì al G., come del resto anche agli altri membri della sua casata, di non avere mai seri problemi nei rapporti con i suoi sudditi greci, lo portò, per esempio, a nominare governatore di Samotracia e Imbros per suo conto il principe bizantino Giovanni Lascaris Ryndakenos, senza sostanzialmente intervenire nella vita tradizionale degli abitanti se non per rinforzare considerevolmente le fortezze che assicuravano la difesa dalla sempre più grave minaccia turca, tenuta in qualche modo sotto controllo anche attraverso l'accettazione dei sempre più pesanti tributi in favore del sultano, richiesti in cambio del riconoscimento della signoria del Gattilusio.
Se la politica "di equilibrio" tenacemente perseguita dal G. è strettamente assimilabile all'analogo atteggiamento tenuto per lunghi anni dal suo predecessore, Niccolò I, il tratto distintivo della personalità del secondo signore di Enos rispetto agli altri membri della sua casata è rappresentato dal suo sincero e profondo interesse per la cultura, in particolare per la storia e le testimonianze artistiche e letterarie dell'antichità greca. Fin dagli inizi del suo governo sono frequenti le attestazioni di una vivace attività edilizia, tanto civile quanto ecclesiastica e militare, nei territori del suo dominio, e molto spesso il G., appassionato raccoglitore di epigrafi e di lastre scolpite provenienti dai grandi monumenti ellenici dell'area, utilizzò i frammenti marmorei antichi per decorare e nobilitare questi edifici, sia che si trattasse di chiese o di porte di fortezze e torri.
Il G., che parlava correntemente il greco, mantenne inoltre stretti rapporti con alcuni intellettuali esponenti della rinascenza ellenistica tardo-bizantina, e in particolare con Giovanni Canabutzes, originario di Focea, il quale gli dedicò dapprima un'opera sui dialoghi platonici relativi al rapporto tra filosofia e politica e quindi un commentario sugli scritti di Dionigi di Alicarnasso, redatto su specifico invito dello stesso Gattilusio. Un altro erudito che ebbe stretti rapporti con il G. fu Ciriaco de' Pizzicolli d'Ancona, umanista e antiquario, il quale nel 1444, provenendo da Lesbo, fu per diverso tempo ospite della corte di Enos; lo stesso G. e il suo segretario, Francesco Calvi, oltre a illustrargli la collezione di statue raccolte nel palazzo di Enos, lo accompagnarono personalmente a visitare la "tomba di Polidoro" nei dintorni della città, mentre Giovanni Lascaris gli fece da guida nell'approfondita visita ai monumenti di Samotracia; le lettere di presentazione concessegli dal G. gli assicurarono, a ulteriore prova dei positivi frutti che la sua politica filoellenica aveva prodotto, una cordiale accoglienza da parte dei monaci del monastero di Haghia Lavra del Monte Athos, che gli mostrarono senza difficoltà i loro tesori artistici e librari.
Sebbene il G., che spesso nelle iscrizioni amava assumere, oltre a quello di famiglia, anche il cognome Paleologo, fosse sul piano politico e culturale dichiaratamente filobizantino, non per questo dimenticò le proprie origini genovesi, anzi, per quattro delle sue figlie egli combinò matrimoni con esponenti di famiglie di primaria importanza politica a Genova e in Liguria: Caterina sposò infatti Marco Antonio di Oberto Doria, Ginevra Ludovico Fregoso (futuro doge di Genova), Costanza Gian Galeazzo Fregoso e Valentina il marchese Giorgio Del Carretto, signore di Zucarello.
Il matrimonio politicamente più importante fra quelli combinati dal G., fu quello tra un'altra sua figlia, di cui non è noto il nome, e il primogenito di suo fratello Dorino I, il giovane Francesco III. Il matrimonio, deciso con il chiaro scopo di consolidare l'unione tra i due rami della dinastia, fallì però per la prematura morte dello sposo, dopo appena sei mesi dalle nozze. A parte l'unione con i Doria, del resto, anche le altre unioni erano destinate a portare, anziché i benefici politici indubbiamente sperati dal G., pesanti interferenze nella politica interna della signoria, in particolare da parte di Ludovico Fregoso, il quale operò in ogni modo per impedire le progettate nozze tra Ginevra Gattilusio e il fratello minore di Francesco III, Domenico. Al momento della loro conclusione, tuttavia, il signore di Enos aveva probabilmente sperato che queste unioni matrimoniali gli potessero assicurare un maggiore appoggio politico e militare da parte di Genova contro la minaccia turca che, dopo la caduta di Costantinopoli (1453), stringeva sempre più da presso i suoi domini. Crollato il trono dei Paleologi, tanto il G. quanto suo fratello, Dorino I di Lesbo, si erano infatti dovuti affrettare a rendere omaggio al vittorioso Maometto II, accettando di pagare un tributo superiore a quello stabilito in precedenza in cambio della benevolenza del sultano, ma nessuno dei due nutriva probabilmente illusioni sulle reali intenzioni del nuovo conquistatore nei confronti dei loro domini, e pertanto un più stretto legame con Genova poteva apparire come una possibilità di rinforzare le difese contro un attacco ritenuto ormai inevitabile.
La sorte risparmiò al G. il destino di assistere al crollo della sua signoria e allo sgretolamento dei domini della sua casa nell'Egeo: nel 1455 egli morì, lasciando i suoi domini, e i gravi problemi connessi al loro mantenimento, in eredità al secondogenito Dorino II (il figlio primogenito, Giorgio, era morto nel 1449). Egli lasciava anche un figlio illegittimo, Luchino, destinato insieme con suo cugino Niccolò (II) Gattilusio a una tragica fine nella Costantinopoli ottomana.
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