PALEOASIATICI
. I Paleoasiatici sono gli elementi sopravvissuti delle antiche popolazioni dell'Asia nord-orientale. Secondo una recente proposta (Montandon), dovrebbero piuttosto essere chiamati Paleosiberiani e comprendere anche gli elementi etnici o raziali arcaici della Siberia occidentale e centrale (Voguli, Ostiachi, Jenisseiani, ecc.). Ma è ai "paleosiberiani occidentali" che si dà ancora comunemente il nome di Paleoasiatici (v. sotto: Lingue). Essi comprendono: gli Ainu (v.), i quali però non abitano la Siberia e sono tanto diversi dagli altri Paleoasiatici, che vengono in generale trattati a parte, i Ghiliaki (v.), che per la grande affinità somatica col tipo mongolico devono pure essere considerati separatamente, e infine i quattro popoli contigui dei Camciadali, dei Coriaki, degli Jukaghiri e dei Ciukci.
Nell'antico territorio di queste quattro popolazioni si è segnalata inoltre una tribù paleosiberiana quasi estinta, i Ciuvanci o Ciuvani e altre completamente scomparse, come gli Omoki, i Khodynci, gli Anauli, i Konghienesi, i Šelag e i Ciaacet. I Ciuvanci sono tuttavia semplicemente un clan) ukaghiro, dato che non hanno mai avuto neppure un proprio dialetto. Come gli Jukaghiri, i Ciuvanci si dividono in un gruppo a renne e un altro a cani; i primi, oggi, parlano indifferentemente il ciukci o il coriako, i secondi, invece, il russo; tutti insieme non sono più di 350. Col termine "Omoki" poi venivano semplicemente designati gli antichi Jukaghiri. Khodynci e Konghienesi erano pure designazioni usate per i Ciuvanci o per talune frazioni di Jukaghiri. Infine i Selag, che hanno dato il nome al Capo Šelagskij, e i Ciaacet erano gruppi ormai estinti dei Ciukci situati sulla costa settentrionale. Il blocco dei Paleoasiatici orientali era dunque composto, per quanto ci è dato sapere dai documenti etnologici, soltanto dalle quattro popolazioni sopra nominate (v. camciatca; coriaki; juxaghiri; ciukci). La loro antica distribuzione è indicata dalla carta annessa.
Socialmente, a parte la popolazione costiera che vive di pesca, i Coriaki, gli Jukaghiri e i Ciukci allevano la renna della quale vivono, mentre i Camciadali, tanto quelli dell'interno quanto quelli della costa, non possiedono renne e vivono di caccia. Dei quattro popoli, i Ciukci (12.000) mostrano ancora una forte vitalità, gli Jukaghiri (1850) sembrano ormai destinati a scomparire, i Camciadali (2000) sono culturalmente e anche somaticamente semi-russificati, i Coriaki (8000) si mantengono in una situazione intermedia.
Si noti, per quel che riguarda il rito sepolcrale, che gli Ainu sotterrano i morti avvolti in stuoie e fissano generalmente sulla tomba un palo o vi costruiscono sopra una piccola capanna di tavole. I Camciadali gettavano in passato i morti ai cani. I Coriaki li bruciano lasciando sul posto dell'incinerazione le corna di una renna; la sotto-tribù marittima dei Coriaki, i Kerek, gettano i cadaveri nell'oceano. I Ciukci li bruciano o li espongono dopo di averli aperti con una larga incisione a forma di croce per riconoscere la causa della loro morte: secondo alcune loro tradizioni, in passato il cadavere sarebbe stato mangiato dai parenti. Gli Jukaghiri li espongono su pali e quelli delle rive del Kolyma si dividono la carne e le ossa per farne amuleti. I Tungusi depongono i loro morti in una pelle di renna lasciata all'aperto oppure deposta a sua volta in una bara. I Buriati in passato li bruciavano o li esponevano: l'amministrazione russa li obbliga oggi a seppellirli. Negli Altai vengono praticati diversi sistemi di seppellimento, di incinerazione e di esposizione. Gli Jakuti, che in passato pure li esponevano, forse per via dei contatti con gli Jukaghiri, li sotterrano oggi in una cassa, come i Siberiani occidentali, Samoiedi, Ostiachi e Voguli. In breve, si osserva per la Siberia orientale che gli Ainu seppelliscono i loro morti, i Paleoasiatici (Ghiliaki compresi), tutti con qualche traccia di necrofagia, abitualmente li incinerano e le diverse popolazioni tunguse li espongono.
Antropologia. - Comunque si voglia giudicare, sotto l'aspetto etnologico, la denominazione di "Paleoasiatici", essa, sotto l'aspetto antropologico, non ha altro significato che quello d'indicazione geografica vaga, cioè di gruppi etnici del NE. asiatico. Di fatto i principali dei gruppi etnici indicati sotto quella denominazione (e il loro numero varia del resto a seconda degli autori) hanno caratteristiche morfologiche assai diverse e quindi affinità molto distinte. Fatta eccezione per gli Ainu (v.), abbastanza bene studiati ormai da molti autori, la somatometria di queste popolazioni è basata tuttora principalmente sul lavoro di D. Jochelson-Brodski, sui popoli della Siberia nord-orientale (1906), lavoro però rivolto principalmente allo studio metrico delle proporzioni del corpo femminile d'alcuni gruppi e che riferisce solo alcune misure dei maschi dei gruppi etnici relativi, a scopo di confronto. L'illustrazione completa del materiale di misure, raccolto da parecchi membri della spedizione Jesup, illustrazione promessa dalla Jochelson-Brodski, non è stata ancora pubblicata. Bisogna inoltre osservare che alcuni gruppi studiati non appartengono ai Paleoasiatici, mentre alcuni di questi non furono considerati. Con queste restrizioni passiamo a esporre i dati che qui c'interessano:
148 Ciukci maschi presentavano una statura media di cm. 162, con gli estremi di 150 e 178.49 Ciukci femmine una di cm. 152, con gli estremi di 128 e 163. L'indice cefalico orizzontale degli stessi maschi offre una media di 82, con estremi di 75 e 96. I valori corrispondenti per le femmine sono 81,8; 74 e 88. L'indice facciale morfologico era nei maschi, in media, 88, con gli estremi 77 e 102. I valori corrispondenti nelle femmine erano 86,3; 76; 98. Da un lavoro speciale di Bogoras sui Ciukci si rilevano questi altri dati importanti di natura descrittiva: pomelli assai meno pronunciati che presso i Tungusi e gli Jakuti. Naso grande, ben formato, aquilino. Faccia massiccia e assai grande. Occhi orizzontali, plica mongolica rara. Capelli spesso ondulati. Il colore dei capelli è meno nero nei Ciukci del Pacifico che in quelli dell'Artico. Pelosità scarsa, ma talvolta barba. Il colore della pelle è bronzato (rosso).
173 Coriaki maschi del distretto di Gižiga, presentavano una statura media di cm. 159,6 con gli estremi di 149 e 170.133 femmine presentavano i valori corrispondenti di 149; 138; 161. I Coriaki maschi di Gižiga offrivano un indice orizzontale medio di 80,3 con gli estremi di 75 e 86. Le femmine presentavano i valori corrispondenti di 80; 75 e 86. L'indice facciale morfologico era nei maschi 85,5 con gli estremi 73; 97. Nelle femmine i valori corrispondenti erano 84,3; 71; 98.
63 Camciadali maschi presentavano la statura media di cm. 160 con gli estremi di 147 e 174. 65 femmine presentavano i valori corrispondenti di 149,6; 140; 160. L'indice orizzontale medio dei maschi era 78,5 con gli estremi di 70 e 84; le femmine presentavano i valori di 77,4; 72; 83. L'indice facciale era nei maschi 83,3 con gli estremi di 71; 97. Nelle femmine i valori corrispondenti erano 81,6; 74; 93.
A proposito degli Jukaghiri, bisogna subito notare che molti di essi non sono più ormai che Tungusi jukaghirizzati. È noto che si è creduto un tempo che gli Jukaghiri fossero completamente scomparsi. Con queste riserve riproduciamo i dati ad essi relativi: 70 maschi presentavano una statura media di cm. 156, con gli estremi 144 e 165; 39 femmine avevano i valori corrispondenti di 147; 138; 147.
L'indice orizzontale medio dei maschi era 80,4 con gli estremi 75; 87. I valori corrispondenti per le femmine erano 80; 75; 85. L'indice facciale morfologico era, nei maschi, in media 86 con gli estremi 77 e 97. Nelle femmine i valori corrispondenti erano 84; 75; 93
I Ghiliaki furono studiati molto sommariamente dal punto di vista antropologico dal Seeland, intorno al 1882. Hanno statura inferiore alla media generale dell'umanità. 12 maschi diedero una media di cm. 162; 8 femmine una di 150. Spalle larghe, torace ben sviluppato, mani e piedi piccoli. Le gambe sono spesso piegate all'infuori, si dice per la posizione tenuta nel remare. L'indice cefalico è, per entrambi i sessi, 86,2. Il capello è grosso e nero, l'iride bruna. Molari fortemente sporgenti, naso grosso, poco prominente. Pelosità in genere scarsa.
A riguardo dello scheletro e più particolarmente del cranio, G. Montandom dopo esame di 14 cranî ciukci del Muséum di Parigi, arriva alla conclusione che essi siano perfettamente dei cranî eschimesi. Essi presenterebbero il tipo eschimese vero di Groenlandia meglio che i cranî della zona occidentale eschimese costiera e insulare dell'America Settentrionale. Questa conclusione è contraddetta dai risultati ottenuti dallo stesso Montandon, in base a un riesame di una serie ciukcia pubblicata in precedenza dal Fridolin e sulla quale egli applicò un suo criterio di distribuzione topografica. Egli trova che i cranî da lui qualificati eschimesi hanno lo stesso indice orizzontale, 78, di quelli qualificati ciukci, ma invece hanno l'indice verticale longitudinale di 76,4 contro uno di 73,1 dei Ciukci e un indice nasale di 45,5 contro uno di 49,3 nei Ciukci stessi. Ora è noto che gli Eschimesi dell'Est hanno un cranio assai alto, e perciò i Ciukci non somiglierebbero affatto per questo carattere importantissimo agli Eschimesi. La discordanza fra l'indice orizzontale nel vivente e quello del cranio non si spiega agevolmente. L'influenza di mescolanza con gli Eschimesi d'Asia, che hanno cranio un po' più corto di quelli d'America, non è sufficiente, perché gli Eschimesi d'Asia, misurati da W. Bogoras, hanno una media di 80,8, inferiore cioè a quella dei Ciukci. L'esame dei caratteri della regione fronto-naso-lagrimale degli stessi cranî ciukci di Parigi studiati dal Montandon ha permesso a G. Sera di stabilire che essa è affatto diversa da quella degli Eschimesi. Mentre i Ciukci possono attribuirsi per questi caratteri al primo tipo facciale (tibeto-polinesiano), gli Eschimesi devono essere attribuiti al settimo (mongolico). Questi risultati del Sera collimano perfettamente con la posizione che Morant e Woo hanno dato ai Ciukci nel loro recente tentativo di sistemazione dei tipi umani dell'Asia. Essi infatti li avvicinano al cosiddetto tipo tibetano B, che è il tibetano caratteristico. Sulla craniologia dei Coriaki e Camciadali non si può dire nella di preciso. Al riguardo degli Jukaghiri, se i cranî del Fridolin della Jukagiren-Sopka (montagna degli Jukaghiri) non sono Ciukci, ciò che la differenza nell'altezza tenderebbe a dimostrare, si potrebbe pensare che il cranio iukaghiro è basso, ma tale fatto ci richiama la constatazione preliminare della forte mescolanza con i Tungusi, ed essendo il cranio tunguso sicuramente mesatiplaticefalo, è reso assai problematico che nei detti cranî si abbiano esemplari del tipo antropologico jukaghiro, se pure essi appartenevano a una popolazione linguisticamente iukaghira.
Il cranio ghiliako è invece ben conosciuto, grazie specialmente a una piccola serie di quattro pezzi del Muséum di Parigi, composta di tre maschi e una femmina, serie di una notevolissima omogeneità. È un cranio straordinariamente simile a quello mongolico tipico (Buriati), ma presenta un aspetto più dolce, per l'assenza di rilievi muscolari e di prominenza glabellare.
I caratteri della faccia sono del settimo tipo del Sera; la parte cerebrale è squisitamente platibrachicefalica. Per ciò che riguarda i caratteri facciali abbiamo dunque, con sicurezza, tre tipi diversi nell'insieme dei gruppi etnici paleoasiatici e cioè il primo tipo nei Ciukci, il secondo o melanesoide negli Ainu, il settimo nei Ghiliaki; ma non è escluso che altri tipi facciali siano presenti. Per ciò che riguarda la parte cerebrale, sono presenti forse tutte le combinazioni possibili dei due indici, per alcuni di essi, probabilmente a ragione dell'influenza di gruppi etnici a parlata uralo-altaica.
E. v. Eickstedt colloca i Paleoasiatici nella cornice della razza o gruppo sibiride. A proposito di esso, egli dice che il suo fondo è europoide, ma con aggiunte mongolidiche. Sarebbe una forma di contatto tra le due grandi cerchie raziali (è noto, infatti, come egli rimanga fedele alla vecchia concezione dei tre grandi gruppi umani, Bianchi, Gialli, Neri, che egli chiama Europoidi, Mongolidi e Negridi). In questa razza sibiride si distingue un'ala occidentale, cui appartengono, fra gli altri, Voguli e Ostiachi e i Keto (Jenisseiani), e un'ala orientale, cui appartengono i Paleoasiatici in buona parte (meno i Ghiliaki). Ma la razza sibiride si estendeva certo un tempo per tutta la Siberia e sarebbe stata spezzata, alla metà circa del suo territorio di estensione, in due ali dall'avanzarsi verso il nord, in tempi relativamente recenti, di gruppi etnici, che egli chiama Turano-Tungidi (popoli Turcomongoli, fra i quali, soprattutto, qui importano gli Jakuti) e Tungidi (Tungusi, Buriati). Questi invasori, e soprattutto i secondi, presenterebbero mongolismo assai più accentuato dei Sibiridi, ma un buon elemento sibiride sarebbe entrato a far parte di questi gruppi invasori nei tempi più recenti. Il gruppo etnico paleoasiatico, che più fedelmente conserva l'elemento europoide, è quello degli Ainu, che però il v. Eickstedt considera come un vero Europoide. Questa concezione, per quanto appariscente a tutta prima (a parte la semplicistica tripartizione dell'umanità, che ne è alla base), richiede l'interpretazione che il mongolismo generico e vago dei Ciukci (il gruppo etnico di gran lunga più interessante e teoricamente più importante, secondo il Sera, della regione) sia dovuto a influenze eschimoidi; il che è contraddetto da quanto si è esposto. Inoltre è difficile attribuire ai Voguli e Ostiachi caratteri che li assomiglino agli Ainu. Una teoria soddisfacente della costituzione antropologica dei popoli siberiani è ancora un compito in gran parte da assolvere, sulla base di conoscenze più ampie di quelle che sinora si hanno.
Lingue. - Il gruppo linguistico paleoasiatico è il meno studiato e il meno sicuro di quanti conosciamo. Esso comprende una serie di idiomi parlati tutti nelle regioni artiche, ma i rapporti di parentela reciproca fra questi idiomi non sono ancora stati fissati. In attesa che studî più profondi ci permettano di costituire un gruppo linguistico paleoasiatico in senso genealogico, noi possiamo benissimo considerare le lingue paleoasiatiche come riunite in un gruppo stretto da vincoli di "affinità culturale", come sono, per es., le lingue balcaniche. In tal modo potremmo anche considerare come "paleoasiatiche", perché appartenenti al gruppo culturale paleoasiatico, anche lingue la cui posizione è stata, con maggiore o minore verosimiglianza, fissata nel seno di altre famiglie, quali sono per esempio, le lingue degli Jenisseiani, che, secondo le ultime ricerche, sono da ricollegarsi alla grande famiglia linguistica indocinese.
L'unità culturale dei popoli artici è stata messa specialmente in evidenza dall'etnografo e linguista russo Waldemar Bogoras. Ma dal punto di vista linguistico una classificazione delle lingue paleoasiatiche è molto difficile tanto che lo stesso Bogoras ha rinunziato a darla. Appartengono indubbiamente alla famiglia paleoasiatica: lo iukaghiro, il gruppo ciukcio-coriako-camciadalo, il ghiliako e l'ainu.
Possiamo considerare come il nucleo della famiglia paleoasiatica in senso genealogico il gruppo ciukcio-coriako-camciadalo che comprende tre idiomi:1. il ciukcio (v. ciukci); 2. il coriako (v. coriaki); 3. il camciadalo (v. camciatca). La struttura di queste tre lingue è relativamente molto simile: per darne qualche esempio basterà elencare qui una serie di corrispondenze. I primi cinque numerali sono:
I numerali del camciadalo sono in gran parte perduti e sostituiti dai numerali corrispondenti russi; qun corrisponde al coriako qun "solo". La parentela genealogica dei pronomi e dei primi cinque numerali salta agli occhi. Le concordanze morfologiche fra le tre lingue sono strettissime; il suffisso del plurale nel ciukcio è -t (p. es. lilét "occhi"), a cui corrisponde il -t che f0rma il duale nel coriako (lilat "due occhi") e -t, -d nel camciadalo meridionale (kosgut "cani"). Grande regolarità di corrispondenze anche nei suffissi flessionali: a -tä del locativo del ciukcio corrisponde -ta nel coriako, p. es. ciukcio ekke'tä "dal figlio", coriako lila'ta "con l'occhio"; a -ik, -ki, -qi suffissi del locativo del ciukcio (es. ve'emik "presso il fiume") corrispondono gli stessi precisi suffissi nel coriako e -nk nel camciadalo (p. es. coriako valamik "presso il fiume"), ecc. Anche nella complessa struttura del verbo le concordanze sono innumerevoli. Data la generale somiglianza della struttura grammaticale e l'unità della parte primitiva del lessico, si sono già stabilite alcune corrispondenze fonetiche esatte fra le quali ricorderemo: le laterali L, sonora e muta, e le vibranti r, ř del ciukcio mancano assolutamente nel coriako; r del ciukcio è reso con y nel coriako, p. es. varkin "c'è" coriako vaykin, o anche con s, s, t, č, p. es. ciukcio geyirreúin "era pieno", coriako gayiččalin. A r del ciukcio (i, č, s, t del coriako) corrisponde generalmente j nel camciadalo: cfr. gir "tu", camciadalo kija; a î del ciukcio e coriako corrisponde generalmente k (x) nel camciadalo; a L sonora e muta del ciukcio corispondono nel camciadalo tl e tč, ecc.
Un importantissimo saggio di grammatica del ciukcio, comparato col coriako e col camciadalo ci ha dato W. Bogoras, Chukchee, in Handbook of american indian languages, a cura di Franz Boas, II, Washington 1922, pp. 631-903
Dopo il gruppo ciukcio-coriako-camciadalo procediamo meno sicuri nello stabilire eventuali rapporti di parentela genealogica. Cominciamo dallo jukaghiro (v. jukaghiri); l'unità culturale con gli altri popoli paleoasiatici non si può mettere in dubbio, ma le differenze linguistiche sono enormi.
Si confrontino p. es. coi pronomi e numerali del gruppo ciukcio-coriako-camciadalo i seguenti dello iukaghiro: "io"mot (mät), "tu" tät, "egli" tud-ol, tud-el, "noi" mit, "voi" tit, "essi" tit-el.
Notevole è la contrapposizione delle forme del singolare a quelle del plurale per il vocalismo, come in parte dell'uraloaltaico (mot ~ mit; tät ≃ tit). La comparazione col gruppo ciukcio-coriako-camciadalo è impossibile, mentre balza agli occhi la corrispondenza con il samoiedo (sam. ost. mat "io", tat "tu", ecc.) che ha altre corrispondenze con le lingue ugro-finniche e con quelle altaiche. I numerali dello iukaghiro: irken "uno", adaklon "due", jalon "tre", Jeloklon "quattro", ankanwon cinque, ecc., hanno ben poca somiglianza con quelli del ciukcio-coriako-camciadalo. Il Trombetti, basandosi sulle varianti date dal Jochelson, stabilisce alcuni confronti poco convincenti (Saggi di glottologia generale comparata, II, I numerali, Bologna 1909, p. 173 segg.); ma anch'egli propone un numero di confronti maggiore con le lingue uralo-altaiche che non con il gruppo ciukcio-coriako-camciadalo. Il Trombetti stesso aveva già affermato (Saggi cit., I, I pronomi personali, Bologna 1908, p. 134) che "delle lingue "iperboree" o "paleoasiatiche" quella che più si avvicina alle uraloaltaiche nelle forme pronominali, come in tanti altri punti, è lo jukaghiro". Anche H. Paasonen (Finnisch-ugrische Forschungen, VII, I9-21) ha elencato una serie di corrispondenze tra lo iukaghiro e l'uralico (ugrofinnico+ samoiedo) che A. Sauvageot (Recherches sur le vocabulaire des langues ouralo-altaiques, Budapest 1929, p. XXXII) trova più significative delle corrispondenze ugrofinniche indoeuropee. Ciò non toglie che la posizione linguistica dello jukaghiro non sia ancora fissata né nell'ipotetico paleoasiatico, né nell'uraloaltaico.
Un'altra lingua che appartiene alla parentela culturale paleoasiatica è il ghiliako, per cui v. ghiliaki.
La posizione linguistica del ghiliako non è ben stabilita: secondo Trombetti il ghiliako è intermedio, ma forse più vicino allo iukaghiro che all'ainu; secondo padre W. Schmidt il ghiliako formerebbe tutta una famiglia con l'ainu. Le comparazioni non sono troppo facilmente istituibili anche perché il ghiliako ha quattro dialetti abbastanza fortemente differenziati l'uno dall'altro: tre dialetti sull'isola Sachalin (Tymy, della costa occidentale e Liman) e uno sulla terra ferma (il cosiddetto dialetto dell'Amur).
I pronomi personali sono: ni "io", či "tu", mer o nin "noi", tin "voi". Il Trombetti (Pronomi, p. 134) stabilisce alcune comparazioni fra il pronome di seconda persona del ghiliako e quelli dell'uraloaltaico, ma è costretto a riconoscere che il pronome di prima non può essere confrontato con i corrispondenti del gruppo uraloaltaico. Anche i numerali, che hanno varie forme a seconda che si usano da soli o in unione con nomi di esseri viventi o di oggetti, hanno scarse corrispondenze sicure.
Si riunisce all'ipotetica famiglia paleoasiatica anche la lingua degli Ainu, che però secondo B. Laufer (The vigesimal and decimal Systems in the Ainu numerals with remarks on Ainu phonology, in Journal of the American Oriental Society, XXVII, 1917, pp. 192-208) è da considerarsi completamente isolata.
Alcuni linguisti, e specialmente il Trombetti, includono nel gruppo paleoasiatico anche l'eschimo (v. eschimesi) e l'aleuto (v. aleuti) o, per meglio dire, il gruppo eschimo-aleuto, giacché la parentela fra questi due idiomi è in generale ammessa (cfr. W. Thalbitzer, The Aleutian language compared with Grenlandic, in International Journal of American Linguistics, II, 1921-23, pp. 40-57). È vero che una serie assai ricca di parole dell'eschimo concorda con il ciukcio, ma si tratta in genere di parole culturali riferentisi agli animali, che possono benissimo essere dei prestiti. Però alcune concordanze morfologiche sono innegabili (-t suffisso del plurale che corrisponde al ciukcio -t suff. del plur., coriako -t suff. del duale; -tik suff. della seconda persona duale del verbo intransitivo in eschimo ritorna nel ciukcio sotto la medesima forma). Il Bogoras giunge alla conclusione: "il gruppo linguistico ciukcio, che comprende il ciukcio, il coriako e il camciadalo, differisce nelle sue caratteristiche essenziali dalle lingue del continente asiatico ed è strettamente unito al gruppo linguistico americano. In questo il ciukcio si ravvicina ai gruppi dell'America Settentrionale e nello stesso tempo dunque all'eschimo". Il Thalbitzer avverte che i numerali non potevano venire usati per stabilire eventuali parentele dell'eschimo con altre lingue. Come già lo iukaghiro, anche l'eschimo è stato avvicinato alle lingue uraliche da C. C. Uhlenbeck e da A. Sauvageot. Ma contro questi tentativi protestò con efficace energia W. Thalbitzer.
Dal punto di vista della formazione linguistica interna l'eschimo si ravvicina indubbiamente alle lingue americane. D'altra parte anche il ciukcio-coriako-camciadalo ha rapporti con le lingue dell'America e più stretti ancora con l'eschimo. La traduzione letterale di un testo eschimo in ciukcio può farsi senza troppe trasposizioni e mutamenti, ma questo non si deve tanto ad affinità genealogica, quanto ad affinità culturale; lo stesso avviene nelle lingue balcaniche, ed è noto che occorrono meno mutamenti sintattici a tradurre un testo romeno in bulgaro che in italiano. Secondo Trombetti, le lingue paleoasiatiche segnano il passaggio fra l'uraloaltaico e le lingue americane, ma questo sempre in base alla sua teoria monogenistica che è ben lontana dall'essere accettata. Nei suoi primi lavori egli riuniva le lingue paleoasiatiche all'uraloaltaico (anzi in un primo tempo trattava insieme anche le lingue degli Jenisseiani), ma negli Elementi di glottologia riunisce il gruppo paleoasiatico alle lingue americane. Solo ulteriori studî comparativi potranno portare luce su queste lingue interessantissime e ancora poco esaminate.
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