PALEOSLAVO
. Lingua. - Generalità. - Col nome di paleoslavo o veteroslavo si usa designare la lingua di cui gli apostoli slavi e i loro compagni e discepoli si servirono nella loro attività letteraria (v. Letteratura). Non sono quindi paleoslavi né i tre documenti di Frisinga, scritti in antico sloveno, che, pur essendo coevi all'attività letteraria degli apostoli slavi e dei loro seguaci, rimasero una produzione del tutto isolata, né i primi albori letterarî che in Boemia e Polonia si hanno appena nel sec. XIII, cioè tre secoli più tardi.
È ormai pacifico, per criterî glottologici, che la lingua primamente usata nei documenti paleoslavi fu il dialetto di Bulgaria; onde si dà a questa fase linguistica dello slavo anche il nome di antico bulgaro. Del tutto omogenea questa lingua non è: vi s'incontrano bulgarismi antichi di diverse regioni, perché in diverse regioni bulgare tali scritture furono redatte. Inoltre nessun manoscritto è dell'età della sua redazione, del sec. IX: i più antichi sono dei secoli X e XI; ricopiati più tardi in Bulgaria, in Serbia, in Russia, s'introdussero nelle copie elementi mediobulgari, serbi, russi; né manca qualche boemismo. Si possono considerare boemismi c per št, z per žd; serbismi gli e per ę, di varia provenienza, gli u per ą (ǫ), il dileguo di ĭ, ŭ, il loro scambio; russismi u,. ja per ǫ, ę, ecc.
In fonti slave del sec. IX-X la lingua dei testi viene detta lingua slovena (slovĕnĭskyjĭ językŭ), e il popolo vi ha il nome di "Sloveni" (= Slavi: Slovĕne, sing. Slovĕninŭ). Il termine non si potrebbe adottare o perché troppo generico o perché inesatto. Il fatto che l'attività degli apostoli slavi si svolse anche non brevemente in Pannonia con popolazione slovena, nel senso odierno della parola, indusse il Miklosich a ritenere scritti quei documenti in lingua slovena antica. Ma, oltre ai caratteri bulgari dell'antica lingua, i documenti coevi di Frisinga e altri argomenti storici dimostrarono che il concetto del Miklosich era errato, e la sua denominazione, soprattutto nel senso da lui voluto, non accettabile.
I testi sacri e religiosi in antico bulgaro servirono nell'uso della liturgia e della devozione nei tre paesi cristiani di rito greco ortodosso. In tale uso con l'andare del tempo il numero dei serbismi, russismi e mediobulgarismi fu sì grande da conferire a questo paleoslavo primitivo fisionomie linguistiche speciali e diverse. Per distinguere con un nome le due fasi si chiama la forma più antica di lingua, quella in antico bulgaro, col nome di slavo ecclesiastico antico, e il tipo nuovo col nome di slavo ecclesiastico: e quest'ultimo viene, secondo il vario carattere, distinto in slavo ecclesiastico mediobulgaro, slavo ecclesiastico serbo, slavo ecclesiastico russo.
Caratteri differenziali dello slavo ecclesiastico mediobulgaro, sono: le sillabe ię, šę, žę son divenute ją, šą, zą; ĭ ed ŭ vengono rappresentati indifferentemente da ĭ o da ŭ; dello slavo ecclesiastico serbo: ę ed ą (ǫ) sono ridotti ad e ed u; per ĭ ed ŭ è adoperato un segno solo ĭ od ŭ (nel cirilliano ĭ); dello slavo ecclesiastico russo: ę ed ą son ridotti aja, u; ĭ ed ŭ si mantengono generalmente distinti (russo mod. e, o, se conservati); liq. con vocali: tolot, torot per tlat, trat e simm.; istr. dei temi in -o-: -ŭmĭ, -ĭmĭ; 3 pl. pres. -tĭ, per -tŭ; forme d'imperf. in -jaa- (idjaaše).
Lo slavo ecclesiastico così via via modificato rimase, fino alla metà del sec. XVIII e oltre, la lingua letteraria dei paesi ortodossi e lasciò nelle lingue letterarie di essi qualche traccia dialettale (così nel russo, ad es., il partic. in -štij o forme come glava "capitolo" accanto al popolare golová "testa").
Ciò premesso, le caratteristiche della lingua letteraria anticobulgara, o genuine anticobulgare o dialettali antiche di diversa origine, sono le seguenti (non si riferiscono fatti che sono proprî dello slavo comune o protoslavo, per cui v. slavi).
Note fonologiche. - Singolari caratteristiche sono in primo e particolar modo i fonemi št o št′, žd, st, zd da palatizzazione di varia natura:
1. KT, GT in št: noštĭ da *noktĭ, moštĭ da *mogtĭ;
2. TJ, DJ in št, žd: svěšta da *světja; mežda da *medja;
3. SK, ZG + J, E, Ĭ, Ę, Ĕ (= ē), I (= ī, ei) in št, žd: ištą da *iskją (10 sg.: di iskati); moždanŭ da *mozgěnŭ (agg. di mozgŭ);
4. ST, ZD + J in št, žd: es. věštą da *věstją (1° sg. di věstiti); prigvoždą da *prigvozdją (1° sg. di prigvozditi);
5. SČ, ZZ̆ in št, žd: es. ištisliti da iz-čisliti, ižditi da iz-žiti;
6. SK, ZG + I, Ĕ (= oi, ai), J in st (o sc), zd: dŭstě loc. di dŭska; dręzě loc. di dręzga;
7. G + I, Ĕ (da oi, ai) e anche + j dà dz o z; es. mnodzi e mnozi; ma anche ž da gj (es. straža da stragja).
In varia misura nelle varie fonti si trovano già sostituiti ou (u) od o ad ą, e del pari e a ę.
AL può andare soggetto alla metatesi o talora no (es. alkati e lakati); or si continua con ro e ra (es. roz- che è un boemismo, e raz-). Indoeuropeo ṛ, ú, sono graficamente rappresentati da rŭ, lŭ o rĭ, lĭ; la grafia con ŭ prevale nei codici glagolitici, quella con ĭ nelle fonti cirilliane.
J fra vocali si può dileguare e dare luogo all'assimilazione e a contrazione di vocali in iato e con ciò a fatti interessanti per l'aspetto morfologico della parola: p. es., gen. sing. agg. det. dobrajego, dobraago e dobrago; dat. dobrujemu, dobruumu, dobrumu; imperf. nesĕachŭ e nesěchŭ, pečachŭ per pečaachŭ; forme di indic. di verbi in -ati, -ěti, -ovati: razbivaatŭ, povědaši, vĕruutŭ.
Già in età antica qua e là le vocali ĭ e ŭ o si confusero, o dileguarono in fine di parola e nelle sillabe aperte interne, dando luogo all'alterazione di ĭ in e e di ŭ in o nelle sillabe diventate chiuse in seguito al dileguo degli ĭ o ŭ delle sillabe seguenti. Si ha dunque: mnoga per mŭnoga, psati per pĭsati; sonŭ per sŭnŭ, denĭ per dĭnĭ; temĭnica per tĭmĭnica (in questi ultimi esempî ĭ e ŭ hanno valore puramente tradizionale). Lo stesso avviene negli esiti ĭ-jĭ, -ŭjĭ: es. svętoj e svęntŭjĭ; casi di temi in -i-: pątemĭ, pątej, pątemŭ, pątechŭ per -ĭmĭ, -ĭi, -īi, -ĭmŭ, ĭchŭ.
Note morfologiche. - Nominativo singolare participio presente attivo: nei testi più antichi, circa un -ę per -ü: nesę accanto a nesy.
Nominativo e accusativo singolare neutro participio presente attivo: desin. -šte, raro nel nominativo, quasi generale nell'accusativo.
Nominativo plurale maschile participio presente e passato: oltre alla forma comune probabilmente di analogia preistorica -šte, še: nesgąte, nesŭše per nesąte, nesŭse, anche forme in -i.
Pronomi: analogamente sulla declin. degli aggettivi determ.: tii, tyję, takyję (Supr.), comun. sii per si, talora anche per sĭ.
Ritenuto quale un tema, čiso, česo gen. di čĭto, si ebbe un dat. čĭsomu, česomu; l'illusione di un tema čĭso deve essere sorta in čisogo e questo deve ritenersi esistito in antico, sebbene non se ne incontri che un solo esempio.
Verbo: 3° sing. pres. nel codice Suprasliense frequente la forma senza -tŭ.
L'imperfetto in 2° pl., 2ª e 3ª duale ha due terminazioni: -šete, -šeta, -šete e -ste, -sta, -ste.
Participio perfetto attivo I di verbi in -iti: forma ant. es. chvalĭ da *chvalj-ĭs, *chvalj-ŭs; sono seriori le forme in -ivŭ.
Inf. e aor. anal. in temi in liquida sul tema del pres.: mĭrěti accanto a mrěti da merti, anal. su mĭrě, ecc. e così kŭlati, sŭlati, mĭlěti per klati, ecc.; e così aor. mĭrěchŭ, ecc., anche in fonti glagolitiche.
3ª e 2ª sing. aor. in -tŭ anal. sul pres.: umrětŭ, umĭrětŭ per umrě, e così začętŭ, pitŭ, obitŭ, bystŭ, dastě, jastŭ e simm. Il -tŭ si estende anche alla 2ª persona per l'identità di essa con la terza nelle forme regolari (es. umrě, 2ª e 3ª).
Carattere più arcaico hanno i documenti in scrittura glagolitica. Di essi il codice Mariano si distingue pei l'arcaicità del lessico e della morfologia, il codice Zographense per l'arcaicità della fonetica, soprattutto per la distinzione conservata degli ŭ e ĭ, e per la conservazione delle vocali nasali.
Bibl.: A. Leskien, Handbuch der altbulgarischen (altkirchenslavischen) Sprache, 6ª ediz., Heidelberg 1922; id., Grammatik der altbulg. (altkirchenslav.) Sprache, 2ª e 3ª ed., ivi 1919; V. Vondrák, Altkirchenslav. Grammatik, 2ª ed., Berlino 1912; id., Vergleichende slavische Grammatik, 2ª ed., Gottinga 1924-1928; V. Jagić, Entstehungsgeschichte der altkirchenslav. Sprache, 2ª ed., Berlino 1913; St. Kul′bakin, Le vieux slave, Parigi 1929; N. van Wijk, Geschichte d. altkirchenslav. Sprache, Berlino 1931; P. Diels, Altkirchenslavische Grammatik, Heidelberg 1932.
Antologie: V. Jagić, Specimina linguae palaeoslovenicae, 1882; E. Berneker, Slavische Chrestomathie, mit Glossaren, Strasburgo 1902; V. Vondrák, Církevněslovanská chrestomatie, 1925; P. Diels, Ausgewählte Texte und Wörterbuch, Heidelberg 1934.
Il lessico del Miklosich, Lexicon palaeoslovenico-graeco-latinum, 1862-65, è opera monumentale, ma va adoperata con prudenza, e utilmente sempre da chi sia esperto conoscitore della linguistica slava.
Letteratura.
La produzione letteraria paleoslava, generalmente adespota, non ha per il suo contenuto che molto scarsa importanza. Consiste per massima parte in traduzioni (per lo più da originali greci, raramente da latini) di testi sacri, liturgici, di edificazione e istruzione religiosa, di teologia, e in minima parte di poco considerevoli e poco originali opere di contenuto sacro o profano. Riguardo al loro contenuto, le opere di carattere religioso possono essere classificate nel modo che segue: i Tetraevangeli, ossia i quattro Evangeli in traduzione integrale e completa; Evangeliarî, ossia lezioni tratte dagli Evangeli e destinate alla lettura durante la messa; Apostolici, ossia lezionarî tratti dagli Atti degli apostoli e dalle Lettere; Paremie, lezionarî tratti dall'Antico Testamento (in sl. parimejnik); Salterî; Eucologi (nel linguaggio slavo ecclesiastico della chiesa orientale ortodossa detti trebnik); Menologi, raccolte di vite di santi, ordinate per mesi e giorni; Messali, Breviarî, Omilie, Parenesi; un Nomocanone; Inni della chiesa; Poesie religiose; Pandette della sacra scrittura; Scritti teologici.
Di carattere profano o semiprofano sono le leggende dei santi contemporanei, le traduzioni del Physiologus, leggende orientali, grezzi appunti storici, sia in traduzioni indipendenti sia in opere di varia erudizione, e qualche scritto grammaticale.
Le fonti per le notizie sugli autori e la loro attività letteraria sono: I, in slavo ecclesiastico: 1. la vita di S. Cirillo pubblicata con una traduzione in latino da E. Dümmler e Fr. Miklosich e con un'introduzione del Dümmler nelle Denkschriften dell'Accademia delle scienze di Vienna, cl. fil.-stor., XIX (1870). Fra le edizioni più recenti va rilevata quella di Lavrov, pubblicata in Trudy slav. komissii, I, dell'Accademia di Leningrado (1930); 2. una vita di S. Metodio, Vita Sancti Methodii russicoslavonice et latine, a cura di Fr. Miklosich, Vienna 1870. Entrambe le vite, forse, furono scritte originariamente in greco; gli originali andarono perduti. Di queste vite, note sotto il nome di "Leggende Pannoniche", c'è ora una traduzione francese dovuta a Fr. Dvorník (in Les légendes de Constantin et de Méthode vues de Byzance, Praga 1933).
II, in lingua greca: vite di S. Clemente, compagno e scolaro di Metodio, Vita S. Clementis episcopi Bulgarorum graece (a cura di Fr. Miklosich, Vienna 1847, con un riassunto in latino).
III, in lingua latina: 1. la cosiddetta Leggenda italica o Translatio S. Clementis, in Acta Sanct. Boll. Martii, t. II, 19 (è forse ancora del sec. IX); 2. Libellus de conversione Bagoariorum et Carantanorum dell'anno 871, ed. Wattenbach, in Mon. Germ. Hist., XI; 3. lettere dei papi Giovanni VIII (872-882) e Urbano V (885-891); 4. ricordo di Costantino da parte di Anastasio bibliotecario e lettere di questo, degli anni 875-79; e alcuni altri documenti dell'epoca.
Gli autori. - Nell'862 venivano inviati in Moravia come maestri di religione (per richiesta fattane da quel principe Rostislao), dall'imperatore d'Oriente Michele III, i due fratelli Costantino (poi Cirillo) e Metodio, greci nativi di Tessalonica, ma conoscitori dell'antico dialetto bulgaro. Furono ad essi compagni di propaganda Clemente, nativo di Bulgaria, Gorazd, moravo, Naum, Angelar, Sava, dei quali è ignota la nazione d'origine. Questi santi uomini furono designati nelle cerimonie della chiesa bulgara col nome di sedmipočetni, "I sette santi". Per le notizie biografiche su Costantino (Cirillo) e Metodio si vedano tali voci. Gli altri, dopo avere presa attiva parte alla predicazione in Moravia e Pannonia, nell'885, alla morte di Metodio, per l'ostilità suscitata contro loro dal vescovo cattolico Vichingo, abbandonate quelle regioni, si rifugiarono in Bulgaria, dove furono amichevolmente accolti dallo zar Boris. Clemente si recò nella parte sudovest della Bulgaria e dell'Albania contigua, vi fece in breve 3500 proseliti, e da essi scelse preti, diaconi, suddiaconi, lettori. Fu quindi nominato vescovo di Velika nel territorio detto Kutmičivica, dove morì nel 916.
Di Gorazd si dice nella Vita di S. Metodio che fu naučen dobrĕv latinskijeknigy (versatissimo nelle lettere latine) e, nella vita di S. Clemente, è detto: utriusque linguae slovenicae et graecae peritissimus.
Scolari e successori dei sette santi furono: Costantino vescovo di Bulgaria, scolaro e successore di Cirillo, il prete (pop) bulgaro Gregorio, Giovanni Esarca di Bulgaria, legato del patriarca, il monaco Teodoro Duksov o Duks, Simeone il Grande di Bulgaria (regnò dall'893 e morì nel 927), Cirillo il Filosofo e il monaco Hrabr. Con il regno di Simeone e del suo debole successore Pietro si chiude il periodo aureo della letteratura antica slava (veterobulgara).
Le opere. - Coordinando le notizie delle varie fonti, Cirillo avrebbe tradotto una scelta dell'Evangelo e dell'Apostolico (izborŭ), e indeterminatamente tutta la liturgia (legg. di S. Cirillo: totum ordinem ecclesiasticum vertit); e Cirillo e Metodio insieme avrebbero tradotto il Salterio, un parimejnik, un breviario e una parte degl'inni della chiesa. Secondo la leggenda di Metodio, poi, questi avrebbe negli ultimi sei mesi di permanenza in Moravia compiuta la versione di tutti i rimanenti libri canonici della Bibbia (tranne i Maccabei). Sebbene si dica che ciò egli fece con l'aiuto di due tachigrafi scelti fra i suoi scolari, la notizia non pare attendibile.
Non solo per la brevità del tempo, ma anche per quest'altra considerazione. La prima raccolta completa dei testi biblici in lingua slava è sorta in Russia nell'ultimo decennio del sec. XV. E il compilatore, l'arcivescovo di Novgorod, Gennadio, non ebbe a disposizione un Corpus completo dell'Antico Testamento; infatti nel 1489 egli scriveva all'arcivescovo Giosafat di Rostov chiedendo esemplari di singoli libri (Genesi, Re e altri); inoltre l'ordine dei libri è quello della Volgata; non solo, ma Cronache I, II, Esdra I, II, III, Tobia, Giuda, Sapienza, Maccabei I, II, Ester (in parte), hanno per fondamento la Volgata; e il resto, che riposa su versioni slave più antiche dalla Bibbia dei Settanta, proviene da diverse redazioni slavo-ecclesiastiche. È interessante ricordare che la Bibbia russa attuale è la Bibbia cosiddetta di Elisabetta, collazionata con quella dei Settanta, stampata nel 1756 (in prima ed. nel 1751), e che questa Bibbia viene anche usata da Bulgari e Serbi. Anche i mss. dell'Evangelo, dell'Apostolico e del Salterio, sebbene rimontino a uno stesso testo fondamentale, non sono completamente identici, ma rivelano differenze intenzionali.
Secondo il biografo di Clemente (Vita S. Clementis, a cura di Miklosich), questi sctisse: Panegirici per le feste di tutto l'anno, cioè in onore di Cristo, della Vergine, di S. Giovanni Battista, degli Apostoli, dei Profeti, Martiri ed altri Padri; vite dei Santi Padri; e il Triodio (inni della chiesa) da dopo Pasqua a Pentecoste (il triodio pasquale doveva essere stato già tradotto non si sa da chi). Si conservano alcuni panegirici su diversi santi in parte da mss. dei sec. XII e XIII e con l'indicazione: Klimenta episkopa slovenskago; un panegirico dei Ss. Cirillo e Metodio in diversi manoscritti a Mosca e altrove. In una biografia greca di S. Clemente trovata in Ocrida e pubblicata da Grigorovič (1847) si trovano scritte le parole: ἐσοϕίσατο δὲ καὶ χαρακτῆρας ἑτέρους γραμμάτων πρὸς τὸ σαϕέστερον ἢ οὓς ἐξεῦρεν ὁ σοϕὸς κίλλος (il cirilliano?).
Molte sono le opere compilate da scolari e successori dei Sette Santi, o ad essi attribuite. Di Costantino, vescovo bulgaro, in due manoscritti del sec. XV si conservano le traduzioni dei quattro libri contro gli Ariani, di Atanasio di Alessandria, tradotti nel 906 per incarico dello zar Simeone. Nella biblioteca sinodale di Mosca fu ritrovato un manoscritto contenente una scelta di discorsi sui Vangeli domenicali di Giovanni Crisostomo e di Isidoro da Pelusio, tradotta da Costantino, che vi aggiunse suoi prologhi ed epiloghi; il manoscritto contiene anche un suo discorso originale e un'originale prefazione; dal manoscritto risulta che quest'opera fu compiuta già nell'898 al tempo dello zar bulgaro Boris per suggerimento di Naum e che la copia è una riproduzione di un'altra del 918. In principio della prefazione a quest'opera si trova una preghiera in versi, in cui si parla del battesimo degli Slavi e nella prefazione l'autore si nomina e dice di essere stato spinto a quest'opera da Naum. Questa preghiera si trova pure in altre scelte, attribuita al primo Costantino (Cirillo).
Probabilmente Gregorio, un prete bulgaro, tradusse per incarico dello zar Simeone un cosiddetto Octateuco (parte del Pentateuco, dell'Ecclesiastico, dei Giudici e di Rut) simboleggiante il Nuovo Testamento, e la leggenda della distruzione di Troia, presa dall'annalista greco Malala.
Giovanni Esarca di Bulgaria al tempo dello zar Simeone scrisse un Šestodnev (Hexaëmeron), un'esposizione dei primi capitoli del primo libro di Mosè sulla creazione del mondo secondo S. Basilio Severiano di Gabala, con sue aggiunte originali; una traduzione della Teologia di Giovanni Damasceno, la Dialettica o Filosofia dello stesso in 70 capitoli; una Grammatica greca dello stesso, adattata allo slavo, di cui si è conservato solo il principio; Discorsi per diverse festività.
Il monaco Hrabr, del tempo dello zar Simeone, scrisse un trattato polemico sulle lettere slave: Skazanie kako sŭstavi Sv. Kirilŭ Slověnom pismena protivu jazyku, conservato in un manoscritto del 1348.
Di un prete Giovanni sono le traduzioni delle biografie di Antonio il Grande di Atanasio di Alessandria e di Pancrazio, uno scolaro di Pietro. Anche questo anonimo visse, come da indicazione propria, al tempo dell'Esarca Giovanni, cioè dello zar Simeone.
Di Cirillo il Filosofo si ha un altro Šestodnev, prediche per i sei giorni della settimana (esclusa la domenica), conservato in un manoscritto russo del sec. XV.
Ilarione (morto nel 1164) compose prediche contro i Manichei e gli Armeni.
Del prete Kozma sono 13 discorsi contro la setta dei Bogomili.
Fra le opere anonime si possono ancora ricordare la Parenesi di Efrem Siro, che contiene 106 discorsi, le Pandette della Sacra Scrittura di Antioco di Gerusalemme, il Klimax (Lěstvica) dell'anacoreta Giovanni, un Paterikon di Giovanni Moschos, Sinassarî (detti anche Prologhi), Menei liturgici, Inni della Chiesa e anche Poesie religiose in forma acrostica (l'ordine dell'alfabeto glagolitico ne rivela una come molto antica), Leggende di anacoreti.
Accanto ai libri canonici pullu̇larono anche fra gli Slavi gli apocrifi, diffusi soprattutto dalla metà del sec. XI dalla setta dei Bogomili. Noteremo fra questi il Vangelo di Nicodemo, anche perché nella redazione integrale ha per fonte un testo latino.
Letteratura profana e semiprofana. - Nessun interesse per le notizie di carattere storico mondano manifestano fino assai tardi queste popolazioni; la letteratura paleoslava è paga o di leggende di vite di santi o di cronache universali di carattere e interesse religioso dalla creazione del mondo sino ai loro giorni. Forse del prete Gregorio è la traduzione della misera χρονογραϕία di Giovanni Malala, che è del tempo dello zar Simeone. Col titolo di Vrěmennikŭ (bulgaro) o Lětovnikŭ (serbo) è conservata una traduzione della Cronaca universale di Giorgio Amartolo, traduzione che deve risalire al sec. XI. Un'altra Cronaca universale si trova in fondo all'evangelistario di Costantino dell'età di Simeone. Di elencazioni cronografiche si trovano più di una o scritta a sé, o parte di scritti didattici complessi. La Palejá, un compendio di storia biblica, fu pure composta nel mezzogiorno durante il sec. XII. Il Physiologus, tradotto dal greco, uno dei soliti manuali del Medioevo in cui da notizie su animali, reali o immaginarî, piante, pietre, si traeva in fine argomento di edificazione, è la sola forma di un manuale scientifico di quel tempo. D'interesse giuridico il Nomocanone. Di argomento antico sono la Leggenda della guerra troiana nella cronaca di Malala, le Gesta di Alessandro Magno nel romanzo dello Pseudocallistene. Di contenuto orientale sono la Leggenda di Barlaam e Giosafat, la . Storia del saggio Aiḥqār (slavo Akirij), poi Akir), la Leggenda del regno di Babilonia, e, dal Ciclo di Salomone, il Racconto di Salomone e Kitovra (Kentauros). Qualche scritto grammaticale è stato ricordato sopra.
Ma della letteratura paleoslava interessano soprattutto i manoscritti in antico slavo ecclesiastico e alcuni dei più importanti in slavo ecclesiastico. Si tratta delle opere seguenti:
Tetraevangeli, in scrittura glagolitica: a) Codex Zographensis, cosiddetto dal nome del convento Zographos sul Monte Athos, che lo possedeva; nel 1860 quei monaci lo mandarono in dono allo zar di Russia, che lo destinò alla biblioteca pubblica di Pietroburgo. Fu pubblicato in caratteri cirilliani dallo Jagić, col titolo: Quattuor Evangeliorum codex glagoliticus olim Zographensis nunc Petropolitanus (Berlino 1879).
Per la fonetica, la lingua è più arcaica che nel Marianus (di cui qui appresso; mantiene distinti ĭ e ŭ), che è più arcaico invece nella morfologia e nel lessico. Sull'uso dell'ĭ e dell'ŭ, cfr. v. Jagić, Studien über das altslov. Zographenevangelium, in Arch. f. slav. Phil., I, p. 1-55, II, p. 201-269.
b) Codex Marianus, detto così dal nome del convento di S. Maria sul Monte Athos, dove fu ritrovato. Fu acquistato dal Grigorovič che lo descrisse (in Izvestija dell'Acc. russ., II vol., 1853), passò poi al museo Rumjancev (ora Biblioteca Lenin). Fu pubblicato dallo Jagić in trascrizione cirilliana col titolo: Quattuor Evangeliorum versionis palaeoslovenicae Codex Marianus glagoliticus (Pietroburgo e Berlino 1883), con un apparato critico e un compiuto indice lessicale, che fu utilissimo per gli studî sugli antichi testi. Del Vangelo di Luca fu fatta anche una riproduzione fotografica (in Obščestvo ljubitelej drevnej pis′mennosti, 1881). Secondo lo Jagić (ib., p. XXIX) è del sec. XI. Si ritiene da alcuni che sia stato trascritto in territorio serbocroato (ciò per lo scambio tra u e ą, che però s'incontra anche in altri codici, e qualche altro indizio: p. es., sega radi).
Evangeliarî, in glagolitico: a) Codex Assemanianus, cosiddetto dal nome dell'orientalista Assemani che lo scoperse e l'acquistò nel 1736 in Gerusalemme; attualmente nella Biblioteca Vaticana. Fu scritto nel sec. XI e in Macedonia, a giudicare dai santi locali macedoni. Pubblicato dal Rački in caratteri glagolitici nel 1865 con un'importante introduzione dello Jagić (confronti con l'Ostromir di cui appresso), col titolo Assemanov Vatikanski Evangelistar; e più correttamente in trascrizione cirilliana dal Černčić col titolo Assemanovo izborno evangjelje (Roma 1878). Recente è la riproduzione in fototipia a cura di J. Vajs e J. Kurz (Praga 1930).
b) Frammento ocridano, due fogli scoperti e comperati in Ocrida dal Grigorovič, ora in Odessa: contengono Luc., XXIV, 19-35, Giov., I, 30-35, XX, 19-31, II,1-7. Per la lingua s'avvicina ai documenti più antichi. Pubblicato da J. J. Sreznevskij in Drevn. glag. pamjatniki (Antichi monumenti glagolitici), 1866, e, più esattamente, dal Grunskij in Izvestija Otdelenija russkago jazyka, XI, 1906, e dall'Ilinskij in Pamjatniki, III, 2.
In caratteri cirilliani: a) Evangelo del prete Sava o Savvina Kniga (l'indicazione del nome si trova nel codice). Si trovava nel monastero di Pskov, ora a Mosca. Edizione critica è quella di V. N. Ščepkin, Savvina Kniga (Pietroburgo 1903), contiene un facsimile e un compiuto indice lessicale; cfr. id. Razsuždenije o jazyke Savvinoj knigi (Considerazioni sulla lingua del libro di Sava, Pietroburgo 1899 con osservazioni paleografiche e linguistiche e due facsimili). Fu scritto nel sec. XI, in territorio, a giudicare da certi fatti linguistici, prossimo alla Russia meridionale. Contiene una redazione alquanto diversa dagli altri testi veterobulgari pure fra loro non concordi.
b) Frammento Undolskij (nome di un bibliografo), ora nel museo Rumiancev a Mosca. Due fogli contenenti Matt., XIII, 24-30, e Marc., V, 24-34. Pubblicato da ultimo con facsimile da E. F. Karskii, in Pamjatniki staroslavjanskago jazyka (Monumenti della lingua paleoslava), I, fasc. 3, 1904, che lo ritiene del secolo XI (secondo lo Ščepkin del XII, copiato da un originale glagolitico); contiene alcune varietà di dizione.
Salterî, in caratteri glagolitici: Psalterium sinaiticum, dal monastero di S. Caterina sul monte Sinai, dove il manoscritto si trova. Copiatolo insieme con l'Euchologium Sinaiticum in gran fretta, per sospettosa vigilanza dei monaci, il Geitler lo pubblicò, con inevitabili errori, in trascrizione cirilliana col titolo: Psalterium, glagolski spomenik manastira Sinai brda (Zagabria 1882). Il lessico è conforme a quello degli Evangeli (Jagić, četyre kritiko-paleogr. stat′i, Pietroburgo 1884). S'incontrano anche alcuni boemismi.
Eucologi, in caratteri glagolitici: Euch. sinaiticitm (della biblioteca di S. Caterina sul Sinai) del sec. XI. Da sviste nella grafia risulta copia di un originale più antico. Una parte anzi, relativa alla confessione, si può attribuire a S. Clemente di Macedonia, per alcune attinenze coi frammenti di Frisinga, alcuni tratti deí quali o di altro testo consimile Clemente traduce, alla lettera, in un'omilia; alcune forme d'imperativo si trovano anche nel Salterio di Bologna (scritto dopo il 1230, pubblicato dallo Jagić col titolo di Psalterium Bononiense, Berlino 1907), scritto in Ocrida, nel qual territorio si svolse la propaganda religiosa di S. Clemente. Il tutto però per argomenti linguistici risulta composto in Macedonia, e per l'ampiezza del rituale, più tardi. Una preghiera è una traduzione di altra in ant. alto ted. (Vondrák, Archiv. f. slav. Phil., XVI, pagine 118-132); di altre si è trovato l'originale greco. Fu pubblicato dal Geitler col titolo Euchologium. Glagolski spomenik manastira Sinai brda (Zagabria 1882).
Messali, in caratteri glagolitici: i Fogli di Kiev, dove furono spediti nel 1862 da Gerusalemme; a Kiev stessa riscoperti nel 1874. Sono 7 fogli trascritti da tre mani diverse: il primo foglio è di scrittura del sec. X, gli altri della fine dell'XI o del principio del sec. XII. Il luogo della prima redazione è incerto. È una traduzione da un testo liturgico latino di rito romano e contiene alcuni boemismi (c e z per antico bulg. št e žd). Che sia stato tradotto da Gorazd compagno di Cirillo e Metodio per gli sloveni cattolici di Pannonia? Fu pubblicato dallo Jagić con scrittura cirilliana (in Glagolitica, Würdigung neuentdeckter Fragmente, in Denkschr. dell'Accademia di Vienna, cl. fil.-stor., vol. XXXVIII, 1890), con riproduzioni fotografiche nell'estratto; un completo glossario in Vondrák, O pêvodu Kiyevskych listê (Sull'origine dei fogli di Kiev, Praga 1904).
Interessanti anche per la scrittura in glagolitico croato intermedio (tra il rotondo e l'acuto) sono i Fogli viennesi, frammento di un messale di rito latino, in rapporto coi Fogli di Kiev, del sec. XII.
Catechismo, in carattere cirilliano. I Fogli di Chiliandari, nome di un monastero del monte Athos, dove furono scoperti da Grigorovič nel 1844; poi donati alla Bibl. univ. di Odessa; il manoscritto è dei sec. XI, e il testo una traduzione degl'insegnamenti catechistici di Cirillo di Gerusalemme; rimonta all'età di Simeone.
Omilie, in carattere glagolitico: Glagolita Clozianus, cosiddetto dal nome del conte Paride Cloz che ne possedette una parte e la donò prima della morte (1856) al museo civico di Trento. Appartenne un tempo al conte Giovanni Frangipane di Veglia (morto nel 1482). Ne rimangono 14 fogli, di cui 12 sono i trentini, e altri due si trovano nel Ferdinandeum di Innsbruck. É del sec. XI. Si ritiene che l'originale sia stato scritto in Macedonia e poi ricopiato in territorio serbocroato (scambî tra u e a, non tra ę. ed e). S'incontrano anche alcuni boemismi.
I Fogli trentini furono pubblicati dal Kopitar, 1836; i Fogli enopontini furono pubblicati dal Miklosich nelle Denkschr. dell'Accademia di Vienna, cl. fil.-stor., vol. X; entrambi i frammenti furono ripubblicati dal Vondrák col titolo Glagolita Clozêv (Praga 1893). La pubblicazione del Kopitar ebbe una parte importante nella storia della filologia slava.
Menologio e Omilie, in scrittura cirilliana: Codex Suprasliensis, cosiddetto dal convento di Suprasl presso Bialystok; dopo molte vicende e smarrimenti conservato in parte nella biblioteca liceale di Lubiana, in parte nella biblioteca Zamojski di Varsavia. Il codice consta di ben 285 fogli e contiene il menologio per alcuni giorni del mese di marzo; contiene inoltre omilie, di cui 20 di Giovanni Crisostomo, tre d'altri, e una preghiera. Fu edito dal Miklosich col titolo: Monumenta pȧlaeoslovenica e codice suprasliensi (Vienna 1851), su una copia fattane dal Kopitar, e, con più esattezza, collazionato il codice, da Severjanov, Suprasl′skaja rukopis (Codice S., Pietroburgo 1904). La parte conservata a Lubiana fu anche riprodotta fotograficamente dal Severjanov stesso. Il contenuto del codice è tratto da diverse fonti: la parte più antica è un'omilia di Epifanio di Cipro (che si ritrova quasi tal quale nel Cod. Cloziano e in altre scritture).
Parenesi di Efrem Siro, in glagolitico: il foglio glagolitico macedone o di Rylo, dove fu trovato; varie volte pubblicato (Iljinskij, Makedonskij glagoličeskij listok, Pietroburgo 1909). Per criterî linguistici lo si può ritenere scritto in Bulgaria sotto Simeone alla fine del IX o al principio del sec. X; contiene due discorsi della Parenesi.
Sono in caratteri glagolitici, come si è visto, dei documenti in antico slavo ecclesiastico i seguenti manoscritti: 1. Codex Zographensis; 2. Codex Marianus; 3. Codex Assemananianus; 4. Psalterium Sinaiticum; 5. Euchologium sinaiticum; 6. Glagolita Clozianus; 7. Evangelium ochridanum; 8. il Foglio macedone glagolitico; 9. i Fogli di Kiev; in carattere cirilliano: 1. l'Evangeliario di Sava; 2. il Codex Suprasliensis; 3. il Framm. dell'Evang. di Undolskij: 4. il framm. del Salterio di Sluck; 5. i Fogli di Chiliandari; 6. il Foglio macedone cirilliano.
I manoscritti glagolitici, specialmente Mar. e Zogr., rappresentano una condizione di lingua più arcaica dei manoscritti cirilliani.
Dei manoscritti in slavo ecclesiastico, noteremo: in slav. eccl. serbo-croato: a) in car. glagol. croati: l'Evangelo di Reims (il Texte du Sacre, sul quale i re di Francia proferivano il giuramento), scritto nel 1395 nel convento di Emaus presso Praga;
b) in caratteri cirilliani: l'Evangelo di Miroslav con belle illustrazioni e ornamenti (a cura di L. Stojanović nel 1893 e in facs. litogr. nel 1897), del sec. XII;
In slavo ecclesiastico russo: a) l'Evangelo di Ostromir. È il più antico manoscritto in cirilliano datato (anno 1056-57) e fu scritto per il governatore di Novgorod, Ostromir: a cura di A. Vostokov. Ostromirovo Evangelie (Pietroburgo 1843). Riproduzione fotografica a spese di J. K. Savinkov, Pietroburgo 1883 e 1889. È particolarmente importante per questioni linguistiche e critiche relative all'antico slavo ecclesiastico. Ripete due testi diversi (il secondo dopo il f. 25). È singolarmente vicino all'Assemaniano: l'originale pare provenuto dalla Bulgaria orientale. Sulla lingua, M. Kozlovskij, Izsledovanie o Jazyke Ostromiorva evangelija, (Pietroburgo 1885); Fortunatov, Sostav Ostromirva Ev. in Miscellanea Lamanskij (Pietroburgo 1908); b) lo Svjatoslavov izbornik, datato del 1073, il secondo dei più antichi documenti datati in scrittura cirilliana, scritto in origine per il principe Simeone; a cura di O. M. Bodjanskij, Mosca 1882: è pressappoco una miscellanea didattica di patristica, dogmatica, storia e grammatica.
Bibl.: Oltre agli scritti particolari ricordati nel testo, M. Murko, Geschichte der älteren südslavischen Litteraturen, Lipsia 1908; V. Vondrák, Altkirchenslavische Grammatik, 2ª ed., Berlino 1912; A. Leskien, Grammatik der altbulgar (altkirchenslav.) Sprache, 2ª e 3ª ed., Heidelberg 1919; Leskien, s. v. Bibel, in Realencyklopädie für protestantische Theologie u. Kirche, III; V. Jagić, Entstehungsgeschichte der kirchenslavischen Sprache, Berlino 1913. In queste opere si hanno anche ampie ed esaurienti bibliografie su particolari studî. Il Murko dà anche a p. 221 segg. un importante elenco dei "Cataloghi dei mss. e stampe antiche" slave delle biblioteche d'Europa. Il periodo antico è anche trattato da P. F. Šafarik, Geschichte der südslavischen Literatur, Praga 1864-65; id., Kurze Uebersicht der ältesten kirchenslavischen Literatur, Lipsia 1848. V. anche l'introduzione alla Altkirchenslavische Grammatik del Diels, sopra cit. Per gli apocrifi: D. Bonwetsch, in Harnack, Geschichte der altchristlichen Litteratur, I, pp. 902-917; E. Kozak, Bibliograph. Übersicht der biblisch-apokryphen Litter. bei den Slaven, in Jahrbücher f. protest. Theologie, XVIII, 1 (1892).