PALERMO 489, Pittore di
Uno dei migliori ceramografi corinzi della fine del Periodo di Transizione e dell'inizio del Corinzio Arcaico. Il nome deriva da un alàbastron del museo di Palermo (n. 489: uccello tra grandi leoni), che il Payne ha riunito ad un gruppo di cinque altri alabastra, anch'essi con leoni, considerandoli produzione di un unico pittore. Due òlpai della Bibliothèque Nationale di Parigi (nn. 83 e 84), che il Benson gli attribuisce, sono dati giustamente (Payne, Amyx) al Pittore della Sfinge (v.): il Benson stesso, del resto è incerto a quale dei due pittori debbano essere attribuite. Altre attribuzioni del Benson (Oxford, nn. 145 e 155; Delo, Dugas, n. 447) devono essere scartate. Gli alàbastra del pittore hanno ancora in parte come motivo di riempimento la rosetta a punti protocorinzia, ma la composizione (grandi animali vigorosi che si stendono per tutta l'altezza del vaso, disposti in schema araldico e separati da un terzo animale) ha quella simmetria che è una delle innovazioni introdotte nella pittura vascolare corinzia fra il 625-615 a. C. Benson fa del pittore un allievo del Pittore del Serpente, dal quale deriverebbe i suoi leoni, ma l'affermazione non convince. I leoni e, in generale, gli animali del nostro pittore sono assai più robusti e massicci ed iniziano la tipologia degli animali corinzî (v. chimera, pittore della). È vicino al Pittore del Delfino (v.).
Bibl.: H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, pp. 275, nn. 76-80; 278, nn. 163-164; J. L. Benson, Geschichte d. korinth. Vasen, Basilea 1953, p. 274 s., n. 29; P. Lawrence, The Corinthian Chimaera Painter, in Am. Journ. Arch., LXIII, 1959, p. 362 ss.