Vedi PALERMO dell'anno: 1963 - 1996
PALERMO (Πάνορμος; Panhormos, Panormus)
Città posta nella costa nord-occidentale della Sicilia. Fu abitata, sia in quello che è oggi il centro abitato sia nei più vicini dintorni, fin dall'epoca preistorica, come documentano, tra l'altro, le grotte del Monte Pellegrino in due delle quali furono recentemente scoperti alcuni graffiti riproducenti figure umane ed animali e riferibili al Paleolitico.
In epoca storica fece sempre parte del dominio cartaginese della Sicilia occidentale fino all'occupazione romana che avvenne nel 254-3 a. C.: insieme a Mozia e a Solunto fu una delle tre città in cui "abitarono i Fenici quando gli Elleni vi giunsero (in Sicilia) in gran numero per mare" (Thucyd., vi, 2). Delle vicende di P. romana sappiamo pochissimo: la città fu libera ed immune e sotto Augusto ricevette una colonia romana. Il cristianesimo vi penetrò come attestato dalle catacombe esistenti nei pressi di Porta d'Ossuna.
Il nucleo abitato di P., specie nella parte centrale, ha insistito sempre sullo stesso posto e, pertanto, rarissime sono le tracce della più antica città: sono visibili soltanto resti delle mura di cinta. Basandosi appunto su questi resti e su un esame accurato delle fonti, specie di epoca araba, il Columba ha potuto ricostruire quella che fu la città punico-romana: questa aveva due nuclei, separati da mura, la palaeapolis, delimitata a S dal Palazzo dei Normanni e a N dalla Cattedrale, e la neapolis, delimitata a S dalla palaeapolis e a N dalla "cala", il porto, che allora era più arretrato e arrivava fino all'attuale via Roma; ad E e. ad O i due nuclei erano delimitati da due corsi d'acqua, rispettivamente il Kemonia e il Papireto; la tesi del Columba è ancora oggi valida, e un recente rinvenimento di un tratto dell'antica cinta muraria nei pressi di Piazza Bellini, sotto la Chiesa di S. Cataldo, sembra confermarla. Entro questi limiti restò la città fino ad epoca araba quando uscì fuori dall'antica città muraria per espandersi ad E e ad O.
A S della palaeapolis, per un'estensione ancora non definita, era la grande necropoli di P. punica e romana. Si tratta, per le tombe puniche, di camere sepolcrali scavate nella roccia tufacea, cui si accede per una scala; nella camera si trovano frequentemente sarcofagi di tufo con il corredo funebre, spesso abbondante, deposto sui sarcofagi stessi o accanto ad essi. Il materiale rinvenuto nelle tombe, che è costituito per la maggior parte da terrecotte e da ceramiche, è di fabbricazione indigena o d'importazione greca: questo attesta l'influenza greca che si esercitava anche su P. come su tante altre città anelleniche della Sicilia occidentale, influenza che è provata dal nome stesso della città.
Niente sappiamo della fondazione della città: l'unico elemento di datazione è fornito dal materiale archeologico d'importazione greca rinvenuto nella necropoli per il quale, data la presenza di vasi protocorinzî, si può datare alla fine del VII sec. a. C.
In epoca romana non dovevano mancare a P. notevoli edifici com'è provato, tra l'altro, dai grandi pavimenti musivi rinvenuti in Piazza Bonanno, nella palaeapolis, dei quali uno, riproducente una scena di caccia, è stato lasciato in situ e gli altri sono conservati al Museo Nazionale: tra questi ultimi, due sono particolarmente notevoli, uno riproducente scene mitologiche e busti e teste di divinità varie e l'altro Orfeo che col suono della lyra ammansisce le fiere: motivi stilistici e dati di scavo concordano nel datare il mosaico con scena di caccia al I sec. d. C. e gli altri al II, forse ad epoca severiana; nel primo è evidente l'influsso ellenistico, mentre negli altri due non è assente l'influsso dei mosaici africani.
Oltre a questi monumenti, certamente appartenenti alla P. romana, ce ne sono altri la cui provenienza ci è ignota, ma è probabile che provengano da P. stessa: così l'Efebo conservato nel Municipio di Palermo, copia romana di un originale greco forse della prima metà del IV sec. a. C., e vari sarcofagi romani conservati nella cripta del Duomo, nel Museo Nazionale, nella Chiesa di S. Francesco, ecc., e databili dal II al IV sec. d. C. P. ebbe una zecca propria, almeno fin dalla metà del V sec. a. C.: non espresse però nessun motivo originale, essendo tutte le sue monete stanche imitazioni di tipi di Catania, di Selinunte, di Siracusa, ecc.
Bibl.: G. Schubring, Historische Topographie von Panormus, Lubecca 1870; G. M. Columba, Per la topografia antica di Panormo, in Centenario della nascita di Michele Amari, vol. II, Palermo 1910, p. 395 ss.; E. Gabrici, L'efebo del Municipio di Palermo, Palermo 1915; G. M. Columba, Ruderi romani scoperti alla Piazza della Vittoria in P., in Mon. Ant. Lincei, XXVII, 1921, p. 181 ss.; id., Rinvenimenti nelle zone archeologiche di Panormo e di Lilibeo, in Not. Scavi, 1941, p. 261 ss.; J. Bovio-Marconi, La cultura tipo Conca d'oro della Sicilia nord-occidentale, in Mon. Ant. Lincei, XL, 1943, p. 2 ss.; M. O. Acanfora, Panormo punica, in Mem. Lincei, S. VIII, i, 1947, p. 197 ss.; G. Cavallaro, Panormos pre-romana, in Archivio Storico Siciliano, 1950-51, p. 7 ss.; V. Tusa, Palermo: tomba in Piazza Indipendenza, in Not. Scavi, 1954, p. 146; J. Marconi-Bovio, Necropoli punica, in Fasti Arch., IX, 1956, n. 2940; V. Tusa, Sarcofagi romani in Sicilia, in Atti Accademia Scienze, Lettere ed Arti di Palermo, Palermo 1957.
(V. Tusa)
Museo Archeologico. - Il primo nucleo di una pubblica raccolta di materiale archeologico a P. fu costituito dalle tre metope del tempio C di Selinunte rinvenute, com'è noto, dai due architetti inglesi Harris ed Angeli nel 1823: appena rinvenute esse furono depositate all'Università, dove già esisteva una pubblica pinacoteca. A queste seguirono, pochi anni dopo, le metope del tempio E, così altri monumenti provenienti da scavi, doni e acquisti. Provenienti da scavi sono la statua di divinità seduta da Solunto e un gruppo di statue romane da Tindari; doni di re borbonici, per citare i più noti, furono il gruppo bronzeo pompeiano riproducente un atleta che atterra un cervo e il Satiro versante di Prassitele, copia romana rinvenuta a Torre del Greco; dal console inglese Faghan furono acquistate alcune sculture attiche, tra le quali un frammento del fregio del Partenone; un acquisto notevole fu quello della Collezione Astuto, formata dal barone Antonino Astuto da Noto, composta soprattutto da sculture in marmo e iscrizioni provenienti in gran parte da Roma, alcune delle quali però sono da ritenere di fabbricazione recente. Con la soppressione delle corporazioni religiose la pubblica raccolta di materiale archeologico si arricchì di due grandi collezioni già possedute da religiosi, il Museo Salnitriano, fondato nel 1730 da P. Ignazio Salnitro e posseduto dai Gesuti, e il Museo Martiniano, sorto nel 1744 e posseduto dai padri del Monastero di S. Martino delle Scale presso P.: entrambe queste raccolte erano costituite da abbondante e vario materiale archeologico, prevalentemente siciliano; la prima, tra l'altro, possedeva la famosa iscrizione di Alesa recante la divisione dei campi alesini, oggi perduta. In quello stesso periodo (1866) per interessamento di M. Amari e a seguito di una teoria che voleva accostare etnicamente sicani ed etruschi, fu acquistata dalla famiglia Casuccini una notevole collezione di materiale etrusco rinvenuto nei dintorni di Chiusi e che comprendeva anche pregevoli vasi attici d'importazione tra cui, notissima, la tazza di Andokydes dipinta in duplice tecnica e firmata.
Risultati angusti i locali dell'Università fu scelta nel 1866, quale sede per un Museo Nazionale, la Casa dei Filippini dell'Olivella dove venne trasportato tutto il materiale archeologico, medievale e moderno che era ammassato anche in altri luoghi: solo recentemente la sezione medievale e moderna è andata a formare a Palazzo Abatellis la Galleria Nazionale della Sicilia.
Da Selinunte soprattutto proviene il materiale che rende famoso il Museo Archeologico di P., le sculture principalmente e poi la ceramica e le terrecotte; ceramica e terrecotte provengono pure, ed insieme formano una notevolissima raccolta, anche da altri luoghi della Sicilia, specialmente da Gela e da Agrigento, in seguito a scavi o acquisti: da Gela proviene il più bel vaso di tutta la collezione, il cratere con amazzonomachia attribuito al Pittore dei Niobidi. Notevole la collezione preistorica, formatasi in gran parte in seguito a scavi e che comprende le testimonianze delle civiltà precedenti la greca e la punica, particolarmente riguardanti le zone occidentale e meridionale della Sicilia. Notevoli i due sarcofagi antropoidi punici provenienti da una località vicino P. detta La Cannita. Dalle varie raccolte sopra nominate, dal lascito Salinas e da monete rinvenute negli scavi si è formata una pregevole raccolta numismatica. Tra i monumenti più notevoli del museo sono: un frammento di iscrizione egiziana, con liste di faraoni, dell'Antico Regno (v. vol. ii, fig. 1216) e una scultura in bronzo riproducente un ariete a grandezza naturale: proviene da Siracusa ed è molto probabilmente un originale greco della prima metà del IV sec. a. C. cui non è estraneo l'influsso lisippeo. Gli scavi e i rinvenimenti che si vanno facendo in Sicilia incrementano il museo: notevole, la raccolta di àncore antiche di piombo, rinvenute in mare, la più interessante, per diversità di tipi, tra quelle esistenti.
Bibl.: A. Salinas, Del real Museo di Palermo, Palermo 1873; P. Marconi, Il Museo Nazionale di Palermo - Sezione archeologica, Roma 1936.
(V. Tusa)