Vedi PALESTINA dell'anno: 1963 - 1973 - 1996
PALESTINA (v. vol. v, p. 874)
Molto numerosi sono stati in questi ultimi anni gli scavi e le scoperte nella regione, che riguardano tutti i varî aspetti dal Paleolitico fino al periodo bizantino. Si dà qui notizia delle principali scoperte sotto le varie località in ordine alfabetico.
A1 (v. vol. i, p. 164). - Gli scavi a Khirbēt et-Tell (῾Ai) (20 km a N di Gerusalemme), ripresi nel 1964 e proseguiti nel 1966 e nel 1968-69, sono stati condotti da J. A. Callaway con il patrocinio del Southern Baptist Theological Seminary e di altre istituzioni americane tra cui le American Schools of Oriental Research.
L'indagine sulle fortificazioni del Bronzo Antico ha mostrato che nella più antica delle tre fasi di ricostruzione, le mura si estendevano per un perimetro simile alle fasi successive. Nel settore orientale delle mura (sito I) è venuta alla luce una porta databile al Bronzo Antico III, protetta da una torre, che si apriva sulla vallata; al di sotto vi sono tracce della porta della precedente fase del Bronzo Antico II. Nel settore S (sito K) dove la linea delle mura forma un angolo per risalire dritta verso N, vi è un'altra porta con torre quadrata, che presenta subito all'interno la parte terminale (serbatoio-cisterna) di un sistema di approvvigionamento idrico. Gli scavi nella parte centrale del tell (sito B) hanno mostrato che il villaggio non fortificato dell'Età del Ferro ha due fasi di occupazione: una, relativa alla prima parte del Ferro I, e l'altra, con la caratteristica ceramica lustrata, attribuibile alla parte finale del Ferro I. Nel tentativo di comprendere l'estensione dello stanziamento verso oriente, è stato rimosso un terrazzamento del periodo bizantino ed è venuta alla luce una casa del Ferro I caratterizzata da 4 pilastri monolitici, che dovevano sostenere il tetto della corte, da diversi altri pilastri in blocchi rozzamente squadrati, e da basse porte ad arco (forse per il passaggio del bestiame). Pilastri e sostegni di questo genere mostrano, secondo lo scavatore, influenze di origine anatolica e nord-siriana. In seguito allo scavo sull'acropoli (sito D) condotto nel 1966, le strutture del Bronzo Antico appaiono costruite ex novo, non essendo apparse precedenti occupazioni. Per quanto riguarda la fine della fase del Bronzo Antico è probabile che un riesame del materiale degli scavi del 1933-35 di J. Marquet-Krause confermi la presenza di ceramica di Khirbēt-Kerak e quindi un attardamento dello stanziamento, oltre la prima parte del Bronzo Antico III.
῾Ain el-Giarba. - J. Kaplan nel 1966 ha condotto uno scavo per il Museum of Antiquities of Tel Aviv-Jaffa ad ῾Ain el-Giarba, nella piana di Esdraelon, a oriente delle colline di Manasseh.
Sia l'industria litica (utensili, armi) che quella ceramica (giare e coppe del cosiddetto tipo di Wadi Rabah), mostrando evidenti connessioni con Gerico (strato VIII), Ghassūl e Beersheba, contribuiscono a meglio delineare l'evoluzione della cultura del Calcolitico. La ceramica inoltre, avendo connessioni con quella di Tell Ḥalaf, mostra la possibilità di una provenienza da N della cultura del Wadi Rabah.
῾Arāq el-emir. - Tre campagne di scavo, dal 1961 al 1963 sono state dirette da P. W. Lapp, con il patrocinio delle American Schools of Oriental Research, a ‛Arāq el-Emīr, situato ad oriente del Giordano, a 27 km da Gerico e a 17 da ‛Ammān.
Le strutture più antiche appartengono al Ferro I, ma la ceramica indica stanziamenti fino dal Calcolitico. Nel tentativo di dimostrare l'identificazione del sito con Ramat-Mizpeh (Giosuè, xiii, 26) si è indagato nel livello del Ferro I, ma la ceramica è tutta del II sec. a. C. Ciò è dovuto al livellamento di tutta l'area per l'impianto delle strutture al tempo di Giovanni Ircano (134-104 a. C.). Di questo periodo sono notevoli alcuni blocchi con le facce esterne scolpite (felini) e la costruzione del Qaṣr el-‛Abd.
Ashdod. - Gli scavi, organizzati e finanziati da istituti americani (Carnegie Museum, Pittsburg e Theological Seminary, Pittsburg) e israeliani (Israel Department of Antiquities and Museums), e diretti da M. Dothan, si sono svolti dal 1962 al 1970, in sei campagne.
Sia i sondaggi sull'acropoli (aree A, B) che quelli nella città bassa e nelle mura (aree D, G, H, K, M) hanno rivelato 20 livelli nell'occupazione del sito. Mentre il più antico, quello del Bronzo Antico, è caratterizzato soltanto da sporadici resti di ceramica, a quello del Bronzo Medio II appartengono frammentarie strutture in mattoni relative a una porta. Il Bronzo Tardo è rappresentato, oltre che da quella locale, da ceramica monocroma e bicroma cipriota, il che fa pensare a sviluppate relazioni commerciali col mondo miceneo. Le strutture, costituite dai resti di fortificazioni (area G) e di edifici in mattoni (area B), di cui alcuni con possibile funzione pubblica, sono distrutte verso la seconda metà del XIII sec. a. C. I livelli filistei (Ferro I) sono quelli che destano il maggior interesse. Nell'area B, sulle pendici dell'acropoli, è una struttura, che potrebbe essere l'angolo di una fortezza, con segni di distruzione assegnabili alla prima metà del X sec. a. C. (David?); nell'area H e K, sulla parte occidentale del tell, si trovano case ed edifici in mattoni con parecchie stanze ricche di oggetti in metallo, avorio, faïence, e anche sigilli e scarabei di marcata influenza egea. È da notare che al livello più antico appartiene un tipo di ceramica, differente da quella filistea classica, che è accostabile alla produzione micenea (Miceneo III C 1). All'inizio del X sec. a. C. compare invece la ceramica dalla caratteristica ingubbiatura rossa e la città ben fortificata appare distrutta una prima volta probabilmente da Uzziah nell'VIII sec. a. C., poi da Sargon II ed infine da Nabucodonosor. È doveroso ricordare qui un oggetto in argilla, proveniente dall'acropoli, costituito da una coppa superiore e da un piede largo e cilindrico con delle aperture da cui si affacciano suonatori di varî strumenti musicali (cimbali, doppio flauto, tamburo, ecc.). Deve considerarsi relativo alla produzione dell'inizio del Ferro II e la sua funzione cultuale (offertorio d'incenso) è giustamente messa in luce dagli scavatori. Della grande città del periodo persiano menzionata da Erodoto non restano grandi tracce; ciò è dovuto anche alle estese fondazioni del periodo ellenistico, quando cioè si sviluppa con un vero e proprio piano regolatore, una estesa e ben costruita città, che resta simile nella pianta sino alla distruzione del I sec. d. C.
Ashdod-Yam. - A circa 5 km a N-O della biblica Ashdod è il sito Ashdod-Yam, scavato dal 1965 al 1968 da I. Kaplan, per conto del Museum of Antiquities of Tel Aviv-Jaffa.
Le fortificazioni e le strutture in pietra e mattoni della roccaforte erano affioranti in superficie e la ceramica le data alla seconda metà dell'VIII sec. a. C. Ciò è in accordo con le fonti storiche che dicono che la città, ribellatasi per la deposizione del suo re Aziru da parte di Sargon II nel 713 a. C., fu presa e saccheggiata dalle truppe del sovrano assiro.
Bāb edh-Dhrā‛. - Il sito di Bāb edh-Dhrā‛, sulla penisoletta di Lisan, sulla sponda orientale del Mar Morto, è stato scavato da P. W. Lapp in due spedizioni patrocinate dalle American Schools of Oriental Research, nel 1965 e nel 1967.
La grande città del Bronzo Antico termina con una distruzione, probabilmente dovuta a un'invasione, all'inizio del Bronzo Medio I.
Adiacente a questa vi è una vasta e importante necropoli con numerose tombe del cosiddetto Proto-Urbano (fine del IV millennio a. C.). Le tombe, alle quali si accede per mezzo di un pozzo, hanno parecchie camere in comunicazione tra loro. Si è calcolato che in tutta la necropoli vi possano essere oltre 20.000 camere. Gli scheletri, per lo più disarticolati, sono accompagnati da abbondante ceramica. Le tombe risalenti al Bronzo Antico, invece, sono larghe fosse comuni, in taluni casi probabilmente con un piano superiore. Anche qui i corpi appaiono disarticolati. Scheletri intatti sono nelle strette ed allungate tombe del Bronzo Medio I, sovrastate da un piccolo tumulo di pietre. Le caratteristiche così diverse delle tombe di quest'ultimo periodo ben si accordano con la distruzione della città del Bronzo Antico e favoriscono l'ipotesi della comparsa di un'entità etnica in possesso di una differente cultura.
Beersheba. - Scavi sistematici sono iniziati dal 1969 a Tel Beersheba. L'indagine, condotta da Y. Aharoni, ha messo in luce diverse strutture del Ferro II: mura e casematte, edifici con file di pilastri, magazzini, canali. Uno scavo svoltosi all'interno della città ha rivelato una chiesa del periodo bizantino. I lavori erano diretti da Y. Yizraeli.
Altre strutture bizantine (tra cui alcune tombe) sono affiorate in seguito a lavori di costruzione. L'indagine, svoltasi nel 1968, è stata diretta da R. Cohen.
Beidha. - Scavi dal 1961 al 1967, sotto la direzione di D. Kirkbride e patrocinati dalla Bollingen Foundation of New York, dalla British Academy e da altre istituzioni, sono stati effettuati a Seyl Aqlat, poco a N di Petra. È stato identificato un villaggio neolitico preceramico con sei principali livelli di occupazione, che si susseguono senza soluzione di continuità. Proprio da questo nasce un'osservazione di notevole interesse: si ha la transizione dalle case rotonde a quelle rettangolari con pavimenti in terra battuta, quella successione che mancava a Gerico, dove il Neolitico preceramico A (case absidate) è separato dal Neolitico preceramico B (case rettilinee) da un livello di erosione. Datazioni effettuate a Copenhagen col Carbonio-14 hanno fatto risalire lo strato più basso (VI) al 6990 a. C. o al 6760 ± 160, e il II al 6600 a. C. Nelle adiacenze del sito vi sono altri stanziamenti dello stesso periodo che, probabilmente, contribuiranno con Beidha a togliere dal suo isolamento il Neolitico preceramico di Gerico.
Beisan (v. vol. ii, p. 38). - Alcuni lavori di costruzione, che si svolgevano all'interno della città, in prossimità del settore occidentale delle mura, hanno messo in luce un mosaico. L'Israel Department of Antiquities and Museum affidò la direzione degli scavi del 1964 a N. Zori.
Sono stati riconosciuti sette livelli. Su uno strato con ceramica del Calcolitico e del Bronzo Antico si impiantano alcune strutture del III-IV sec. d. C. I successivi livelli del V-VI sec. d. C. mostrano la pianta di un palazzo. Si è scavata una corte e alcune delle stanze annesse, con muri in basalto e pavimenti in mosaico. Nella prima parte del VII sec. d. C. parte del palazzo esiste ancora, ma non dimostra più di avere la stessa funzione. Il mosaico della stanza n. 3 è particolarmente interessante: rappresenta in tre pannelli, Ulisse e le sirene (con un'iscrizione greca recante il nome di Kyrios Leontis), una grande iscrizione greca inquadrata da colombe, e la rappresentazione del dio Nilo.
Nel 1963 N. Zori ha anche diretto i lavori per la rimessa in luce di una sinagoga, del V-VII sec. d. C., a 200 m circa a N delle mura bizantine.
Bīt She ‛Arīm (v. vol. ii, p. 68). - Gli scavi diretti da B. Mazar e da N. Avigad svoltisi negli anni 50 a Bēt She‛arīm (15 km a S-E di Haifa), misero in luce tra l'altro in una grotta una enorme lastra, apparentemente di vetro. Nel 1964 il Corning Museum, dell'Università del Missouri, ha organizzato un'indagine della grotta e la lastra è stata nuovamente messa in luce. In base agli esami effettuati sui campioni risulta essere una lastra in vetro di origine artificiale e non geologica; le sue misure sono: lunghezza cm 340; larghezza cm 200; altezza cm 50; peso tonnellate 8,8. Non si può stabilire con sicurezza a quale uso fosse destinata, ma è probabile che fosse preparata in vista di una qualche funzione architettonica.
Bir es-Safadi. - Sono apparse le pubblicazioni degli avorî trovati nelle abitazioni sotterranee scavate nel 1958 e nel 1959 da J. Perrot a Safadi vicino a Beersheba.
Sotto una lastra nel pavimento della casa n. 721 sono stati trovati un gruppo di avorî databili tra il 3400 e il 3300 a. C. Fanno parte del piccolo "tesoro" un falcetto, una figurina maschile con astuccio fallico (relazioni con l'Egitto predinastico), una testina con acconciatura piramidale e un astuccio decorato con fori riempiti di bitume. Proprio la decorazione con fiori e triangoli di quest'ultimo pezzo, mostrandosi vicina all'arte dell'alta Mesopotamia e dell'Iran, indica che la cultura calcolitica di Beersheba non era esclusivamente tributaria dell'Egitto. Dall'abitazione sotterranea n. 793-798 proviene la cosiddetta Venere di Beersheba, una statuetta femminile (altezza cm 12), che, sebbene mancante della testa, mostra nell'elaborazione delle forme (ventre rigonfio con profondo ombelico, seni piccoli con fori) e nei rapporti dei volumi (coscie molto allungate rispetto al resto del corpo) una sorprendente sensibilità artistica.
Cesarea (v. vol. ii, pag. 524). - La Cassa di Risparmio delle Province Lombarde e l'Accademia di Scienze e Lettere hanno patrocinato gli scavi italiani diretti da A. Frova, svoltisi dal 1959 al 1965, a Cesarea Marittima.
La città, di periodo erodiano, appare circondata da una cinta di mura dall'andamento spezzato con torri circolari, che racchiude all'interno un regolare reticolato dell'ordinamento urbano. È imponente la canalizzazione che convogliava l'acqua di scarico al mare e, fuori delle mura, l'acquedotto a basse arcate. Gli scavi che si sono svolti soprattutto nella zona del teatro, hanno portato alla scoperta della fortezza bizantina e di un tesoretto aureo con reliquiario e medaglione argenteo di grande importanza per la storia religiosa. Il teatro, l'unico del periodo di Erode, ha restituito statue, pavimenti a stucco dipinti a fresco sotto i marmi dell'orchestra e numerosi elementi architettonici della cavea, che potranno essere utilizzati per un tentativo di ricostruzione. Tutto questo materiale indica che il teatro risentiva fortemente degli elementi ellenistici provenienti, nel I sec. a. C., dalla Siria e dall'Anatolia. Particolare rilievo va dato alla scoperta di una lastra marmorea con il nome di Ponzio Pilato. È questa l'unica testimonianza epigrafica del prefetto romano della Giudea.
Deserto della Giudea. - Il Department of Archaeology dell'Università Ebraica, il Department of Antiquities and Museums e la Israel Exploration Society hanno patrocinato un'esplorazione del deserto della Giudea, in prossimità della sponda occidentale del Mar Morto. Gli scavi, svoltisi tra il 1960 e il 1961, sono stati condotti da quattro differenti missioni. La Missione A, diretta da N. Avigad, ha operato nel versante S del Naḥal Seelim. Le grotte esplorate hanno rivelato un'occupazione alla fine del IV millennio a. C. (Calcolitico) e, dopo un abbandono di più di 3000 anni, nuovamente al tempo della rivolta di Bar Kokhbah (132-135 d. C.). Una delle grotte, con una grande cisterna, dell'ultimo periodo mostra qualche oggetto del VII sec. a. C.
La Missione B, diretta da Y. Aharoni, ha operato nel versante N del Naḥal Seelim. Tutte le grotte esplorate hanno restituito materiale del Calcolitico: la grotta n. 49, in particolare, conteneva due mazze di rame, un avorio con disegno geometrico ed alcune borse con collane. Anche in questo caso vi è una nuova occupazione al tempo della Seconda Rivolta (Bar Kokhbah), visibile soprattutto nella cosiddetta ‛grotta degli orrori', dove si trovano più di 40 scheletri e parecchi òstraka.
La Missione C, diretta da P. Bar-Adon, ha compiuto ricerche a N del Naḥal Mishmar. Una delle grotte del Calcolitico, detta Grotta del Tesoro, ha dato un'impressionante quantità di oggetti in rame: 240 teste di mazza, 20 asce e ceselli, 8 scettri e 10 corone. Le pregevoli decorazioni sulla sommità delle corone e degli scettri indicano l'uso cerimoniale religioso del materiale. Le porte schematizzate su una corona ricordano quelle delle urne-ossuario a forma di casa di Khaderah.
La Missione D, diretta da Y. Yadin, ha esplorato alcune grotte del Calcolitico a N del Naḥal Hever. Come avvenuto per le altre Missioni, anche qui si è trovata una seconda occupazione relativa al tempo di Bar Kokhbah. Di questo periodo appunto sono i documenti trovati nella Grotta delle Lettere, che sono databili dal 93-94 d. C. al 132 d. C. Consistono nel cosiddetto Archivio di Babata, figlia di Simeone, redatto in aramaico, greco e nabateo, e nei documenti del tempo della Seconda Rivolta.
Dhahr Mirzbāneh. - Del gruppo di necropoli intorno a ‛Ain es-Samiyeh (circa 10 km a N-E di Beitin), quella di Dhahr Mirzbāneh è stata esplorata dalle American Schools of Oriental Research nel 1963. Direttore degli scavi è stato P. W. Lapp. Le trentasei tombe venute alla luce risalgono alla fine del III millennio a. C. (Bronzo Medio I) e sono composte da un largo e profondo pozzo per il quale si accede a una camera (a volte due) rozzamente tagliata nella roccia. Alcune contengono scheletri disarticolati con corredo composto di ceramica (piccole giare, lampade o coppe quadrilobate, e grandi giare a base piatta e collo svasato) e armi (pugnali e giavellotti), altre sono completamente vuote, forse preparate e non usate. Nelle immediate adiacenze della necropoli vi sono tracce di stanziamenti provvisoî, probabilmente dovuti alle visite stagionali di comunità di pastori.
‛Ein-Gedi. - Gli scavi, diretti da B. Mazar dal 1961 al 1965 e finanziati dal Dipartimento per l'Archeologia dell'Università Ebraica di Gerusalemme e dalla Palestine Exploration Society, si sono svolti nella cosiddetta Oasi di ‛Ein-Gedi, cioè in quel territorio sulla riva occidentale del Mar Morto compreso tra il Naḥal David a N e il Naḥal ‛Aguroth a S.
Oltre che sul piccolo Tell el-Giurn (Tel Goren), l'indagine ha avuto luogo presso il ‛bagno romano' e in uno stanziamento del Calcolitico situato 150 metri a N del tell.
Tell el-Giurn: tutta la cima della collina e i terrazzamenti sottostanti appaiono occupati da molte e ben definite strutture. Consistono in edifici probabilmente a due piani, con corti occupate da grandi dolî, ambienti intonacati e magazzini. Il materiale, ricco ed abbondante, comprende, oltre agli utensili in basalto e agli oggetti in bronzo, in ferro ed in osso, articoli di gioielleria, un tesoro di lingotti d'argento e pesi e sigilli con iscrizioni ebraiche. I ritrovamenti risalgono al periodo finale del regno di Giuda (Giosia) e confermano, in accordo con le fonti dell'epoca, che a ‛Ein-Gedi sorgeva uno dei più importanti centri per la fabbricazione e per il commercio dei profumi e del balsamo. In periodo persiano la città, circondata da un sottile muro, faceva parte della provincia di Giuda. In seguito nel III-II sec. a. C., divenne una fortezza con torri quadrate agli angoli e fu distrutta probabilmente durante il regno di Giovanni Ircano (134-104 a.C.). Parecchie monete, in tutta l'oasi, provano che la ricostruita fortezza con forti mura in pietra risale al tempo di Alessandro Ianneo (103-76 a. C.), periodo nel quale ‛Ein-Gedi raggiunge l'apice del suo sviluppo. Dato che non vi sono tracce del periodo di Erode, è verosimile che la città sia stata distrutta al tempo dell'invasione partha e della guerra dell'ultimo degli Asmonei contro Erode (40-37 a. C.). Non vi è traccia della ‛Ein-Gedi con presidio e agorà citata nelle lettere della fine del I - inizî del II sec. d. C., trovate nel 1961 da Y. Yadin in una grotta a N del Naḥal Hever, nel Deserto di Giuda; c'è da pensare, di conseguenza, che la città sia stata spostata altrove.
Bagno romano: situato tra il tell e la sponda del Mar Morto, è stato completamente scavato alla fine della missione del 1964-1965. La sua forma molto allungata lo fa supporre appartenente a un complesso più ampio. Le numerose monete lo assegnano al periodo tra la distruzione del Secondo Tempio e la rivolta di Bar Kokhbah (132-135 d. C.).
Stanziamento del Calcolitico: interessanti strutture della fine del IV millennio a. C. sono venute alla luce circa 300 m a N del tell. Si tratta di una grande corte sulla quale si affacciano due lunghi edifici con porta sulla metà di uno dei lati lunghi. La quantità di ossa e di cenere, e l'assenza di utensili in selce, fa propendere per la funzione cultuale del luogo.
‛Ein Gev. - Il sito si trova sulla sponda orientale del Mar di Galilea. La campagna di sondaggi, condotta nel 1961 dall'Israel Department of Antiquities and Museums e diretta da B. Mazar, ha chiarito la sequenza stratigrafica dell'occupazione.
Gli scavi sulle mura hanno datato la cinta più antica al tempo di Salomone (990-950 a. C.); seguono mura a casematte (strato IV) e, sulle rovine di queste, una cinta di mura massicce (strato III). Nell'VIII sec. a. C. l'abbandono delle casematte si nota in tutta la regione ed è forse imputabile alle nuove tattiche d'assedio usate da Ashurnaṣirpal II (889-859 a. C.). La città è abbandonata dopo la campagna di Tiglatpileser III in Palestina (733-732 a. C.). I sondaggi sulla cittadella hanno confermato i 5 strati delle mura.
El-Khiam. - Nuovi scavi sono stati condotti nel sito di el-Khiam (12 km a S-E di Betlemme) nel 1962 da parte della Maison Espagnole de Santiago pour les Études Bibliques et Orientales de Jerusalem e dell'Institut Archéologique Municipal de Madrid.
Riconosciuti dodici livelli geologici dall'Aurignaziano medio (Paleolitico superiore) al Proto-Tahuniano e al Tahuniano (Neolitico). Vi è continuità nella cultura e nell'industria. Manca il Natufiano I (Mesolitico inferiore).
Gaza (v. vol. ii, pag. 796). - In seguito al rinvenimento di un pavimento in mosaico effettuato dall'Egyptian Deparment of Antiquities a Gaza, alcuni scavi patrocinati dall'Israel Department of Antiquities and Museums sono stati effettuati nel 1967 da A. Ovadiah. Sono venute alla luce strutture di una sinagoga e alcune iscrizioni greche (una reca la data 508-9 d. C.). In base alla ceramica bizantina la sua occupazione si può datare dalla metà del V sec. d. C. fino alla fine del VI sec. - inizî del VII d. C.
Notevoli sono i mosaici.
Gerusalemme (v. vol. iii, pag. 850). - Nel 1961 la British School of Archaeology in collaborazione con l'École Biblique e il Royal Ontario Museum ha dato inizio a scavi in larga scala in tutte le aree della città antica. L'indagine condotta da K. M. Kenyon, si è conclusa nel 1967.
Nella cresta sud-orientale del sito che si affaccia sulla valle di Cedron, appaiono tracce del più antico stanziamento (fine del IV millennio a. C.). La prima cinta muraria è del Bronzo Medio, ma poco resta della città di questo periodo. Nel Bronzo Tardo la città, trasformata in una fortezza gebusita, appare estesa sempre sulla stessa collina. La linea delle mura, anche se non perfettamente delimitata, può essere seguita con sufficiente chiarezza in base ai terrazzamenti costruiti per sostenere le strutture nei punti dove il pendio è maggiore. La presa della roccaforte da parte di David intorno al 1000 a. C. non cambia il profilo delle difese che sono semplicemente ricostruite. Il tempio di Salomone fu costruito a N della collina ed è probabile che la sua pianta fosse la stessa di quella, piuttosto ipotetica, ma in parte riconosciuta, della ricostruzione del tempio fatta da Zerubbabel nel 516 a. C., quando cioè fu concesso da Ciro agli Ebrei il permesso di tornare a Gerusalemme. L'area del tempio fu unita con mura alla città gebusita-davidica e l'estensione della città sembra sia rimasta costante per tutto il periodo della monarchia. I pochi edifici messi in luce dagli scavi appartengono all'ultimo secolo del regno di Giuda. Essi sorgono nel pendio orientale in prossiluità della sorgente di Gīḥōn; sono impiantati sui terrazzamenti del Ferro I e consistono di mura di rozze pietre delimitanti piccoli vani rettangolari. In un vano sono stati trovati una quarantina di pesi in pietra. Di poco precedente a questo periodo (forse della fine dell'VIII sec. a. C.) è un complesso di strutture fuori delle mura orientali di cui fa parte un santuario con deposito di ceramica, altare e una cava contenente figurine femminili e animali in notevole quantità e numerosi vasi in ceramica. Dopo la distruzione operata dai Babilonesi nel 587 a. C., la cui violenza è testimoniata dai pavimenti superstiti coperti di pietre di crollo e dal cedimento della mura di sostegno dei terrazzamenti, le mura furono ricostruite soltanto al tempo di Nehemia (445-433 a. C.) e non compresero più la parte bassa del pendio orientale, ma si fermarono lungo la cresta. È probabile che l'allargamento di Gerusalemme alla cresta occidentale, parallela a quella orientale (Ophel), che sicuramente è constatata al tempo di Erode il Grande, cominci ad attuarsi fino dal tardo periodo maccabeo; ciononostante la collina di Ophel resta con l'annesso tempio il nucleo della città fino all'ambiziosa espansione di Erode Agrippa nel 40-44 d. C.
Nel 1969 e nel 1970 altri scavi hanno avuto luogo nel quartiere ebraico, resi possibili dalla distruzione degli edifici moderni avvenuta durante la guerra del '67. Patrocinati dall'Univeristà Ebraica, dall'Israel Department of Antiquities e dall'Israel Exploration Society, gli scavi, diretti da N. Avigad, e operati di poco a N della Sinagoga di Tiferet-Israel, hanno scoperto delle strutture del periodo di Erode che hanno restituito, oltre a frammenti di intonaco dipinto con motivi floreali ed architettonici, l'incisione, su di un altro frammento, del candelabro a sette braccia (menorah), raffigurazione assai rara nel periodo del 2° tempio. I livelli inferiori riguardano il periodo asmoneo (strutture quadrate simili a torri con ceramica e monete di Alessandro Ianneo) e quello israelita (ceramica del Ferro II e figurine di Astarte). Uno scavo operato leggermente più a E ha prodotto lo stesso livello del Ferro II, confermando così che la cresta occidentale di Gerusalemme era occupata al tempo della monarchia di Giuda; ciò che è in contrasto con i risultati degli scavi di K. M. Kenyon.
Gli stessi enti hanno auspicato gli scavi, affidati a R. Amiran e a A. Eitan, svoltisi nel 1968-69, nella corte della cittadella.
Sono stati individuati sette strati che vanno dal Ferro II C (strato VII) al periodo romano. Le strutture addossate alle mura appartengono sia al periodo ellenistico (torre) sia al periodo di Erode (rinforzamento delle mura, intonaci dipinti, ceramica e monete). La loro distruzione deve essere attribuita a Tito nel 70 d. C. Continua l'occupazione fino al periodo bizantino.
Nel 1964 il Jordan Department of Antiquities ha affidato a J. B. Hennessy i lavori per lo scavo e il restauro della porta, con vòlta d'epoca romana, in prossimità della Porta di Damasco. I lavori terminarono nel 1966.
Le tracce più antiche sono impiantate sulla roccia e risalgono alla prima metà del I sec. a. C. Del I sec. a. C. e del I d. C. sono gli interramenti e la sepoltura in giara trovati immediatamente fuori della porta. Si pensa che l'area fosse adibita a cimitero. Con l'avvento di Erode Agrippa vengono costruite alcune strade lastricate e, verso il 41 d. C., le massicce mura. Ciò è assai interessante dato che risolve la controversa questione dell'esatta ubicazione del terzo muro di Gerusalemme; si è chiarito cioè che il muro di Agrippa passava nello stesso punto dell'odierna Porta di Damasco, quella costruita da Solimano il Magnifico, e non 300 m circa più a N dove lo spesso muro, ivi scavato nel 1965 da K. M. Kenyon, deve essere considerato il muro di circonvallazione costruito in seguito da Tito, dato che è posteriore al 59 d. C. Sebbene le mura del periodo di Agrippa siano danneggiate da due grandi cisterne costruite in epoca omayyade, è provato con sufficiente chiarezza che le mura di Adriano, comprendenti la piccola porta a vòlta, oggi visibile, e forse parte di un arco trionfale a tre fornici, costruite dopo la Seconda Rivolta (132-135 d. C.) per la città di Aelia Capitolina, seguivano la linea originaria della cinta precedente.
In seguito a lavori per fondamenta nel quartiere di Rehavia, è venuta alla luce una grande tomba. L'Israel Department of Antiquities vi ha condotto scavi nel 1956-57, affidandone la direzione a L. Y. Rahmani. La tomba è composta di un'entrata, formata da tre corti in asse, e di due camere funerarie. La corte più interna, una specie di portico con la fronte formata da una colonna in stile dorico e da due pilastri, mostra sulle pareti una serie di graffiti che rappresentano alcune navi e un cervo. Sopra l'entrata di una delle camere funerarie vi e un iscrizione aramaica che reca il lamento funebre per un certo Giasone. Abbondante è il corredo con ceramica, oggetti in osso, bronzi e monete. La tomba risale al periodo tra la fine degli Asmonei e il regno di Erode (fine II-I sec. a. C.); è saccheggiata al tempo dell'entrata di Erode in Gerusalemme (37 a. C.), per essere distrutta poco dopo da un terremoto (31 a. C.). È riutilizzata per una sola sepoltura nel I sec. d. C. (moneta dei Procuratori del 30-31 d. C.).
Gezer (v. vol. iii, pag. 859). - Dopo gli scavi condotti nel 1902-1909 da R. A. S. Macalister, e quelli in piccola scala di A. Rowe del 1934, l'Hebrew Union College Biblical e l'Archaeological School in Jerusalem hanno condotto una serie di campagne per stabilire con più precisione la storia del sito. Gli scavi, iniziati nel 1964-65 sotto la direzione di G. E. Wright, proseguono con W. G. Dever.
L'indagine si è svolta in prossimità della porta monumentale a S (settore I) e più a oriente in una zona non scavata in precedenza (settore II). Settore I: si è allargato lo scavo intorno al muro 5017. L'enorme muro largo più di 15 m ed alto circa 4, composto di grossi blocchi di pietra, formava una torre di protezione ad O della porta. Questo imponente torrione, che è in relazione con l'Inner Wall di R. A. S. Macalister, risale al Bronzo Medio II A (1900-1750 circa a. C.) e dimostra che Gezer era una potente città stato (come Megiddo, Shechem, ecc.), la quale godeva dell'appoggio della XII dinastia egiziana. La sua durata però non è lunga e dopo un periodo di abbandono (1750-1700 a. C.) il grosso muro 5017 serve di sostegno per un nuovo sistema di fortificazione caratterizzato da una grande quantità di terra, disposta a strati alternati argillosi e calcarei, e intonacata in superficie. Tali fortificazioni (Bronzo Medio II B-C: circa 1650-1550 a. C.) sono in relazione con gli spostamenti degli Hyksos ed è probabile che anche il muro esterno in fondo al pendio (Outer Wall di R. A. S. Macalister) fosse costruito dai nuovi abitanti per arrestare gli assalti degli arieti (Y. Yadin). I pavimenti e le corti delle strutture del Bronzo Tardo I (circa 1550-1400 a. C.) sono ricoperte da quasi un metro di pietre cadute, mattoni bruciati, ceneri e resti carbonizzati delle travi dei tetti. Tale violenta distruzione è probabilmente dovuta a Thuthmosis III (1468 a. C.) o a Thuthmosis IV (fine del XV sec. a. C.). I successivi livelli del XIV-XIII sec. a. C. (livelli 6-5) hanno restituito soltanto una Placca di Astarte in terracotta, di chiara influenza egiziana, e ceramica d'importazione micenea e cipriota. A quelli del XII-XI sec. a. C. (livelli 4-3) appartiene una specie di vasca, con pareti di piccole pietre intonacate all'interno e, in fondo, una grossa lastra monolitica, solcata da canaletti di scolo, che doveva servire come contenitore di vino. Questo strato presenta abbondante ceramica filistea. Il settore II è stato aperto per definire le occupazioni dell'Età del Ferro, non più riscontrabili, dopo una distruzione alla fine dell'XI sec. a. C., nel settore I. Qui gli strati (8-7), senza traccia di ceramica filistea, presentano una ceramica con ingubbiatura rossa non lustrata. Dato che la lustratura entra in uso alla fine del X sec. a. C., il livello post-filisteo deve essere inserito tra la fine dell'XI sec. a. C. e la prima metà del X sec. a. C. La sua distruzione potrebbe essere messa in relazione con quella del faraone Siamum (circa 960-930 a. C.), descritta nella Bibbia (I Re, 9: 15-16). Gezer è ricostruita dal re Salomone. Di questo periodo sono le mura a casematte e la porta, con ceramica rossa lustrata (definite da R. A. S. Macalister come appartenenti al Maccabean Castle), che restano in uso, ora è certo, fino alla conquista di Nabucodonosor, nel 587 a. C. Sia nel settore I che nel II compare uno strato del II sec. a. C. Le case ben costruite e le corti con forni e mortai, hanno restituito bella ceramica tardo-ellenistica. Dato che non compare ceramica romana del tipo terra sigillata il livello deve essere considerato relativo al solo II sec. a. C.
Giaffa. - Dopo un primo scavo operato da P. L. O. Guy nel 1950, il Museum of Antiquities of Tel Aviv-Jaffa ha condotto dal 1955, con la direzione di J. Kaplan, sei campagne di scavo in diversi punti della città.
Sono state individuate le mura del periodo Hyksos (XVIII sec. a. C.), che racchiudevano una città di forma quadrata. La ceramica di tipo cipriota e quella bicroma del periodo di el-‛Amārnah rivelano le strutture dal XVII al XIV sec. a. C. È importante l'iscrizione geroglifica, recante il nome di Ramesses II, rinvenuta in uno dei blocchi della porta orientale. La distruzione delle mura in mattoni crudi della cittadella è dovuta ad un incendio del 1225 circa a. C. (Giosué?). La ricostruzione della porta con lo stesso allineamento e con uno dei cardini di bronzo in situ, mostra una nuova distruzione all'inizio del XII sec. a. C. Abbondante, nel periodo seguente, è la ceramica filistea. Del periodo persiano restano solo scarse strutture con ceramica attica del IV sec. a. C. Segue l'impianto di una fortezza ellenistica (III sec. a. C.). In prossimità della chiesa di S. Pietro (a N-O della cittadella) in una catacomba è stata trovata una dedica in greco col nome di Tolemeo Filopatore e della moglie Berenice (221-204 a. C.).
La cittadella è occupata dal periodo Asmoneo fino al 66 d. C. (Prima Rivolta contro Roma) e di nuovo al tempo di Traiano (monete). Di periodo bizantino sono invece una corte con pavimento in lastre di pietra (IV sec. d. C.) e un mosaico della fine del VI sec. d. C.
Gialamet el-Asafna. - Il Corning Museum of Glass dell'Università del Missouri ha scoperto una fabbrica di vetro del IV sec. d. C. in prossimità di Haifa.
Gibeon. - I risultati dello scavo del sito di el-Gib (circa 10 km a N di Gerusalemme) diretto tra il 1956 e il 1962 da J. B. Pritchard per la University of Pennsylvania, sono apparsi, in veste definitiva, in una serie di monografie.
Mentre le tombe risalgono fino al periodo proto-urbano (fine IV millennio a. C.) e in certo numero al Bronzo Medio I (materiale comparabile con le tombe di Dhahr Mirzbāneh), la più antica occupazione del teli appartiene al Bronzo Medio II. Per lo più le poche tombe del Bronzo Tardo sono della parte finale del periodo (XIII sec. a. C.). La città appare fortificata per la prima volta nel XII sec. a. C. ed è posteriore a questa data l'elaborazione dell'enorme pozzo con scale, che richiama alla mente il complesso per l'approvvigionamento idrico di Megiddo. Da notare che in questo caso manca però il tunnel alla base, tanto da far pensare a una grande cisterna. Il riempimento dimostra che non è più in uso nel VII-VI sec. a. C. Vi sono prove sufficienti (numerose anse di giara con impronte) per pensare che a Gibeon fiorisse una importante industria di vini.
Giv‛at ha-Mivtar. - Si tratta di nove tombe scoperte a N-E di Gerusalemme ed esplorate nel 1968 da V. Tzaleyis per conto dell'Israel Department of Antiquities del Ministero dell'Educazione e della Cultura.
Le camere e i loculi sono scavati nella roccia e contengono parecchi ossuarî rettangolari con coperchio a spioventi. Otto di essi recano decorazioni incise (rosette inscritte in cerchi, palme stilizzate, colonne, cerchi in griglie quadrettate), e ricordano da vicino quelli trovati nel 1953-5 da B. Bagatti sul Monte Oliveto. L'uso di simili ossuarî è limitato tra il periodo di Erode e la prima metà del II sec. d. C.
Hammath-Tiberias. - M. Dothan in uno scavo a ridosso delle mura a S della città ha messo in luce nel 1962 una sinagoga con importanti mosaici. Le tre fasi di occupazione degli edifici vanno dal III al VI sec. d. C.
Hazor (v. vol. iii, pag. 1123). - Con due campagne, nel 1968 e nel 1969, sono ripresi gli scavi ad Hazor, finanziati dal Department of Archaeology dell'Università Ebraica, dall'Israel Exploration Society e dall'Israel Ministry of Labour. I lavori sono stati diretti da Y. Yadin.
Area A. È stato riconsiderato il cosiddetto ‛edificio con gli ortostati', che va ora assegnato alla prima fase del Bronzo Tardo (e non al Bronzo Tardo II). Gli scavi in questo settore hanno anche contribuito al perfezionamento della precedente stratigrafia del Bronzo Medio. Area M. L'estensione delle mura della città del periodo di Salomone è limitata alla metà occidentale della collina; solo più tardi le mura, non più a casematte, comprenderanno l'altra metà. Area BA. Gli scavi sui livelli del Bronzo Medio II hanno chiarito che la prima occupazione del periodo è della fine del Bronzo Medio II A-inizî II B. Area N. Sistemi di canali di irrigazione del Bronzo Medio II A, che continuano nell'uso fino al Bronzo Tardo. Area P. Riconosciute 5 fasi nelle mura (dal Bronzo Medio II B al Bronzo Tardo II-III) e nella porta della città bassa. Area L. È stato scavato l'imponente sistema di approvvigionamento idrico risalente al periodo israelitico. È costituito da un largo pozzo, scavato prima nei livelli della città e poi nella roccia, con larghe rampe di scale che scendono a chiocciola; da un tunnel, anche scavato nella roccia, lungo circa 25 m e con vòlta a sesto acuto; e da un'ampia cisterna quadrata. La ceramica del riempimento testimonia l'uso della cisterna fino al 732 a. C. e la sua costruzione in epoca post-salomonica (prima metà del IX sec. a. C.). Il complesso è molto simile a quelli di Megiddo, di Gibeon e di Gezer e testimonia della perizia tecnica degli Israeliti del periodo post-salomonico nella costruzione di tale genere di opere.
Hebron (v. vol. iii, pag. 1125). - Gli scavi americani diretti da Ph. C. Hammond hanno messo in luce mura del Bronzo Medio II, tracce di un'occupazione del Ferro e di una fiorente città di periodo ellenistico (prove di attività industriale), e un cimitero di epoca bizantina.
Herodium (Gebel Fureidis). - Gli scavi, condotti dal 1962 al 1967 dalla Missione Italiana guidata da P. V. Corbo sul Gebel Fureidis, vicino a Betlemme, hanno rivelato l'imponente pianta circolare e le strutture interne della fortezza reale costruita da Erode il Grande nel I sec. a. C. Le monete e le ricche decorazioni architettoniche testimoniano che il complesso fu occupato anche nel periodo della II Rivolta (132-135 d. C.). Vi sono tracce anche di un'occupazione monastica in periodo bizantino.
Kadesh-Barnea. - L'Israel Department of Antiquities del Ministero dell'Educazione e della Cultura ha condotto nel 1956 un sondaggio, diretto da M. Dothan, a Tell el-Qudeirāt (oasi di ‛Ain el-Qudeirāt), nella parte settentrionale della penisola del Sinai.
Il tell è costituito da una fortezza rettangolare (m 60 per m 41) con mura a casematte e torri quadrate agli angoli e alla metà di ogni lato. Le casematte sono riempite di terra fino all'altezza in cui sono impiantati i pavimenti delle stanze. Si è stabilito che il tell era stato occupato nel X sec. a. C., ossia precedentemente alla costruzione della fortezza, che risale invece al IX o all'VIII sec. a. C., probabilmente sotto Giosafat re di Giuda o sotto Uzziah (784-733 a. C.). La sua distruzione è da ascriversi, per la testimonianza della ceramica, agli Edomiti, durante o dopo la conquista della Palestina operata dai Babilonesi. Segue un'occupazione persiana fino al periodo ellenistico.
Kfar Monash. - In località Kfar Monash, 5 km a S-E di Tell Ḥefer, tra Tel Aviv ed Haifa, è stato rinvenuto nel 1962 un gruppo d'armi e d'utensili in rame.
Il piccolo tesoro consiste di 14 asce, 3 ceselli, una lama di sega, 2 coltelli, 4 grandi lance, 4 pugnali, una testa di mazza, varie lamine di metallo. Va aggiunta a questo un'ascia a mezzaluna trovata nel 1967. Dai paralleli riscontrabili soprattutto in Egitto il tesoro va inserito tra il Bronzo Antico I e il Bronzo Antico II.
Kibbutz Hazorea. - Nel 1967 una sistematica raccolta in superficie e un sondaggio si sono svolti in un terrazzamento in pendenza, ai piedi delle colline di Manasseh, nella piana di Esdraelon, in prossimità del Kibbutz Hazorea.
Il risultato più sorprendente viene dagli esami dei resti ossei, che appartengono al primo Homo erectus (Pitecantropo) trovato finora nel Vicino Oriente.
Lachish (v. vol. iv, pag. 444). - Due campagne di scavi (1966-67), auspicate da una giunta di istituzioni (Università Ebrea di Gerusalemme, la University of North Carolina, la American Institute for Holy Land Studies e l'Università di Tel Aviv), sono state dirette da Y. Aharoni, per condurre uno studio più dettagliato relativo al Santuario dei Sole a Lachish.
In base alla ceramica risulta che il tempio fu costruito in epoca ellenistica (e non in periodo persiano) e la sua struttura, molto simile al santuario di ‛Arād, lo definisce come un tradizionale santuario israelitico, costruito da Ebrei. È interessante che in parte sia impiantato su un precedente tempio del IX sec. a. C.
Mamshit (Kurnub). - Il sito (35 km a S di ‛Arād) consta di un'acropoli tardo-nabatea e di un cimitero dello stesso periodo. Gli scavi sono dovuti a A. Negev.
Masada (v. vol. iv, pag. 899). - Gli scavi di Y. Yadin, organizzati dalla Hebrew University, dalla Israel Exploration Society e dall'Israel Department of Antiquities and Museums, hanno avuto luogo a Masada nei 1963 e nel 1964.
Sono stati individuati stanziamenti corrispondenti ai seguenti periodi: Calcolitico. Soltanto ceramica in una grotta sulle pendici S del sito. Ferro II. Ceramica sparpagliata, ma senza tracce di scritture. Pre-erodiano. Canalizzazioni per l'accumulo dell'acqua. Le tracce dei periodo però sono scarse. Erodiano. Masada è in questo periodo una fortezza circondata da mura a casematte. Vi sono palazzi e ville per Erode e la sua corte: grande palazzo ad O, villa a N, altri palazzi minori. A N si trova una serie di magazzini di forma oblunga e un grande bagno pubblico; poco più a S sorge un edificio che doveva essere adibito a caserma per la guarnigione romana. Periodo tra Erode e la Prima Rivolta. È difficile stabilire con esattezza quali edifici attribuire a questo periodo. L'occupazione è però testimoniata dalle molte monete. Periodo della Prima Rivolta: gli edifici restano gli stessi, ma la loro funzione è cambiata. Si occupano i vani delle casematte e i palazzi; sorge una sinagoga e una cisterna rituale. Oltre che da ciò l'assedio è anche provato dalle monete concentrate nei luoghi pubblici (magazzini, cucina pubblica); il che starebbe ad indicare la vita comune con il cibo razionato. Tutto termina con un incendio (70 d. C.). Periodo della guarnigione romana. In diversi punti si notano le tracce della presenza della guarnigione romana e parecchie sono le monete del periodo posteriore alla Rivolta, tra le quali quella più tarda data al 110-111 d. C.
Nessuna traccia della Seconda Rivolta capeggiata da Bar Kokhbah (132-135 d. C.). Periodo bizantino. Sulle macerie di Masada, devastata dal terremoto, si impiantano alcune celle di monaci. Dalle monete il periodo può essere fatto iniziare al V sec. d. C.
Megiddo (v. vol. iv, pag. 977). - Gli scavi in piccola scala effettuati nel 1960 da Y. Yadin, e ripresi nel 1966 e nel 1967, per conto della Hebrew University di Gerusalemme, hanno chiarito il problema delle stratigrafie del Ferro I e del Ferro II.
Lo strato IV che era sempre stato visto come corrispondente al periodo di Salomone deve invece essere considerato appartenente al IX sec. a. C. Infatti le Stalle di Salomone, pertinenti a questo strato, sono impiantate su edifici e fortificazioni (strato V) della città del re Salomone: mura a casematte, porta monumentale, fortezza a N, "palazzo" a S con grande corte e annesso edificio (1482), case private e prima fase di costruzione del sistema di approvvigionamento idrico (galleria). La seguente ricostruzione è dovuta probabilmente a Achab (o, anche prima a Jehu, 841 a. C.) ed è caratterizzata da mura a riseghe esterne ed interne, dalle stalle e dalla fase definitiva del sistema di approvvigionamento idrico, con la costruzione del tunnel e del grande pozzo.
Un considerevole numero di indagini è stato inoltre svolto sui varî aspetti del materiale pubblicato, relativo agli scavi americani del 1925-39.
Mesan Hashavyahu. - L'Israel Department of Antiquities and Museums e l'Israel Exploration Society hanno effettuato nel 1960 uno scavo a Meṣad Hashavyahu. Il sito si trova sulla costa, un miglio a S di Yavneh Yam, tra Giaffa e Ashdod.
Era una fortezza a forma di L con ceramica greco-orientale (circa 630-600 a. C.). In una delle stanze delle guardie è stato trovato un coccio con iscritta una lettera che, da un esame paleografico, appare precedente alle lettere di Lachish. Dai nomi proprî giudei di questa e di altri frammenti la fortezza sembra risalire al tempo del regno di Giuda (Giosia 640-609 a. C.), che quindi si estendeva ad occidente fino alla costa.
Munḥata. - Il sito si trova nella valle del Giordano, a 15 km a S del lago di Tiberiade. Gli scavi, iniziati nel 1962, sono stati diretti da J. Perrot e finanziati dalla Commissione per gli Scavi del Ministero degli Affari Esteri francese e dall'Israel Department of Antiquities and Museums. Sono state definite tre fasi nell'occupazione del sito, ciascuna terminante con un periodo di abbandono. La Fase I, corrispondente ai livelli 6-3, è caratterizzata da una serie di strutture rettangolari costruite con mattoni crudi a forma di pani; i pavimenti sono in terra argillosa e le stanze sono circondate da strutture accessorie come bacini di pietre, aree pavimentate, forni. In una delle pareti di uno degli ambienti si trova una nicchia accuratamente intonacata. L'industria litica è ben sviluppata con una quantità di frecce, giavellotti e falcetti in selce e utensili in pietra. Compaiono con una certa frequenza anche delle figurine umane in argilla a forma di bastoncello, la cui rozza esecuzione però non è apprezzabile dal punto di vista artistico. Questa fase nell'occupazione di Munḥata è paragonabile al Neolitico preceramico B di Gerico, ma è qui tanto più interessante perché il livello più recente corrisponde a una fase di abbandono a Gerico. Il comparire della ceramica (incisa e dipinta), e il diminuire delle frecce in selce caratterizzano la Fase II di Munḥata. Le abitazioni sono per metà scavate a fossa e le figurine in argilla sono assai differenti da quelle della Fase I: soprattutto sono interessanti le testine con un copricapo conico proteso all'indietro e il volto largo e piatto sul quale la linea obliqua degli occhi continua in basso a formare il naso. La cultura, che trova riscontri a Sha‛r ha-Golān ed Hazorea, ed è vicina al Neolitico ceramico A e B di Gerico, segna un regresso rispetto alla precedente. Non sembra azzardata l'ipotesi di una sua provenienza dall'alta Mesopotamia e dall'Anatolia. Dopo un lungo periodo di abbandono il sito appare occupato alla fine del IV millennio a. C. La cultura con la ceramica, del tutto diversa da quella della fase II, trova paralleli con gli strati XVII-XVI di Beth-She‛ān.
Naḥal Oren. - Gli scavi sono stati condotti da M. Stekelis dal 1951 al 1960 con gli auspici della Hebrew University, della Municipality of Haifa è dell'Israel Department of Antiquities and Museums.
Il sito si trova sulle pendici occidentali del Monte Carmelo.
Sono stati individuati due strati del Neolitico preceramico: il primo, corrispondente al Neolitico preceramico B di Gerico, è caratterizzato da un largo edificio con muri di grossi blocchi e pavimenti lastricati, corredato di utensili in pietra, basalto, ossidiana e nefrite e di selci, sulle quali M. Stekelis ha condotto un'accurata tipologia. Nello strato II vi sono le piante circolari di 14 case, disposte in terrazzamenti, con muri alti un metro, focolari al centro e molti utensili in selce. L'industria di questo strato, pur con qualche innovazione, risente molto della cultura natufiana del Mesolitico ed è paragonata al Neolitico preceramico A di Gerico. Notevoli sono le sculture in pietra e osso (testa di gazzella).
Neve-Ur. - Il sito è nella valle del Giordano, 14 km a S del lago di Tiberiade. È stato visitato diverse volte dopo il 1960, ma senza scavi. Dal materiale raccolto (selci, pietre perforate, strumenti dentati, rasoi, dischi, vasi in basalto a base perforata, bacini, mortai, mazze perforate) e dalla ceramica si notano, pur nella comunanza generale culturale tra questa industria e quella di Ghassūl e di Beersheba, dei tratti proprI di Neve Ur la maggior frequenza di ingabbiature nella ceramica, l'elevato numero di pietre perforate tra le selci. Da questo, nonostante la mancanza di scavi, peraltro auspicati, si presuppone la possibilità di definire un nuovo aspetto del Ghassuliano, forse dovuto alla differente ecologia dello stanziamento.
Or ha-Ner. - La tomba si trova vicino a Or ha-Ner, 12 km a N-E di Gaza; fu scavata nel 1941 da I. Ory, ma il materiale non era mai stato pubblicato. Consiste in una camera centrale con tetto a vòlta e in quattro camere laterali quadrate. In quella centrale, sopra la porta compare un'iscrizione in greco (‛entra! nessuno è immortale'), e sulle pareti, divisi in registri, degli affreschi con pannelli imitanti il marmo e quattordici medaglioni con ritratti di uomini e donne. In base allo stile di questi ritratti, comuni in Egitto tra il I e il IV sec. d. C., sembra probabile la loro assegnazione al IV sec. d. C.
Ramat Rāḥēl (v. vol. vi, pag. 599). - Dal 1954 al 1962 si sono svolte 5 campagne di scavo a Ramat Rāḥēl, a metà strada tra Gerusalemme e Betlemme. I lavori sono stati diretti da Y. Aharoni. Il quinto dei sette livelli riscontrati nel sito è quello pertinente al periodo israelitico (VIII-VI sec. a. C.). Una prima fase del livello (fase b), riconoscibile nei riempimenti operati per le costruzioni della fase successiva, può essere datata tra la fine dell'VIII e il VII sec. a. C. Sono caratteristici del periodo i sigilli reali incisi nella ceramica, con iscrizioni (lmlk: ‛appartenente al re') e simboli del re (scarabei a quattro ali o disco a due ali). Tali impronte, comuni con Ezechia e Manasseh, non sono più in uso con Giosia (640-609 a. C.). Nella fase successiva del livello V (fase a), la cittadella inferiore è munita di un muro (larghezza m 3-4), ma non ha strutture all'interno; era senz'altro una fortezza, ma costruita con una funzione specifica (esercito, carri, ecc.). La cittadella superiore invece appare circondata da un bel muro a casematte con porta, corte, edifici. Qui doveva essere la residenza di uno dei monarchi di Giuda. La tecnica nella costruzione è molto accurata e ricorda la raffinatezza delle mura di Samaria. Da uno degli edifici provengono 4 capitelli protoeolici interi e i frammenti di altri 3 o 4. È la prima volta che forme simili si trovano a Giuda (in Israele sono comuni a Samaria, Megiddo, Hazor, ecc.) e testimoniano che non di molto cambiarono le tecniche fenicie dal tempo di Salomone a quello del regno di Giuda. Interessanti sono i frammenti di colonnine con lo stesso motivo dei capitelli, che opportunamente ricostruiti dimostrano di appartenere a una balaustra di finestra (balaustre simili si ritrovano riprodotte in avorî da Samaria, Arslan TaŞ, Nimrud, Khorsābād). La fase a è anche caratterizzata dalla ceramica assira (Assirian Palace Ware) e da figurine di Astarte. Le impronte sulle anse di giara ci permettono di assegnare la distruzione di Ramat Rāḥēl (probabilinente la biblica Bēt-ha-kerem) a Nabucodonosor (587 a. C.). La città risorse in periodo persiano (V-III sec. a. C.) e fu un importante centro amministrativo della provincia di Jehud, come testimoniano le circa trecento impronte di sigilli su ceramica. Botteghe, stanze, cisterne del periodo di Erode (I sec. a. C. - I sec. d. C.) si impiantarono sulle rovine del palazzo israelita ed è documentata da tegole con iscrizioni la presenza nel III-IV sec. d. C. della X Legione romana. La chiesa di Kathisma, pertinente al livello II, appartiene al periodo bizantino (V-VI sec. d. C.).
Samaria (v. vol. vi, pag. 1088). - Nel 1967 la British School of Archaeology in Jerusalem ha ricominciato scavi a Samaria, sotto la direzione di J. B. Hennessy, con lo scopo di esplorare l'occupazione della parte bassa del pendio del tell, intorno all'area, cioè, occupata dal quartiere reale.
L'indagine ha mostrato che nel pendio nord-occidentale non vi è traccia di occupazione almeno fino all'inizio del V sec. a. C., e con probabilità lo stesso deve essere per tutta la parte occidentale. È possibile, di conseguenza, che la città si espandesse - e ciò resta da vedere - a oriente. Ancora nel 1967 il Department of Antiquities ha operato, con M. Fawzi Zayadine, in una tomba a S del tell. È una tomba di tre camere (ossa umane e animali, qualche oggetto in metallo e in avorio, un sigillo in osso e ceramica) che si inquadra cronologicamente nel periodo contemporaneo al livello III di Samaria, ossia tra l'850 e l'800 a. C.
Shavei Zion. - Il sito di Shavei Zion si trova sulla costa mediterranea a 7 km a N di Acra. Gli scavi, diretti da M. Prausnitz, e finanziati dall'Israel Departments of Antiquities, si sono svolti dal 1955 al 1963 ed hanno messo in luce una chiesa cristiana con bei mosaici del V-VI sec. d. C. Il complesso fondato nel IV sec. d. C., si impianta in un terreno che reca tracce di occupazione fino dal VI-V sec. a. C.
Sichem (v. vol. vii, pag. 256). - Dopo gli scavi tedeschi di E. Sellin e G. Welter del 1913-1934, che identificarono il sito di Tell Balatah con la biblica Sichem, la Drew University (New Jersey), il McCormick Theological Seminary (Chicago) ed altre istituzioni americane hanno affidato a G. E. Wright, nel 1956, la direzione dell'indagine che si è svolta in sette campagne fino al 1968.
Vi è uno stanziamento in piccola scala del Neolitico preceramico, ma la prima vera città appartiene solo al Bronzo Medio II. Una prima cinta muraria è succeduta dal caratteristico sistema di fortificazione Hyksos. Una terza ricostruzidne è del Bronzo Medio III C (circa 1600-1550) e può essere suddivisa in due fasi. Sul terrapieno Hyksos sono costruiti due muri paralleli divisi in camere (muro A) e sulle rovine di questi sorge uno spesso singolo muro (muro B). È di quest'ultima fase la porta monumentale a triplici contrafforti. A N della fortezza-tempio e del tempio con corte gli scavi hanno messo in luce 5 fasi: dal Bronzo Medio II C alla distruzione egiziana. Gli scavi all'interno delle mura (a N del Courtyard Temple) hanno mostrato una fase pertinente al Bronzo Medio II C che termina con la distruzione egiziana del 1550 e quattro fasi del Bronzo Tardo. In quest'ultimo periodo (periodo di ‛Amārnah) la cinta muraria si restringe e in prossimità di una porta a S si trovano ambienti riservati alla guardia con una piazza lastricata, che doveva servire probabilmente all'addestramento formale dei soldati. La città israelita, con una cinta di mura limitata, è distrutta dagli Assiri verso il 720 a. C. e, nell'occupazione seguente, appare ceramica assira importata. Segue un periodo di abbandono tra il 475 a. C. circa e il 331 a. C., quando cioè i Samaritani la rioccuparono fino alla sua finale distruzione del 101 a. C. Un'indagine, diretta da R. J. Bull, si è anche svolta nel vicino Tell er-Rās, dove è stato individuato il tempio di Zeus Hỳpistos, di periodo adrianeo (130 d. C.), costruito su una piattaforma artificiale alla quale si accedeva dalla valle per mezzo di una gradinata.
Tel Dan. - A Tel Dan, situato all'estremo N d'Israele, ai piedi del Monte Hermos, l'Israel Department of Antiquities ha condotto con A. Biran cinque campague di scavo, dal 1965 al 1970. Sono importanti le fortificazioni del periodo Hyksos, la porta monumentale del X sec. a. C., la zona di culto israelita e lo stanziamento del Ferro II.
Teleilat Ghassul (v. vol. vii, pag. 671). - Gli scavi intrapresi nel 1967 a Teleilat Ghassūl dalla British School of Archaeology in Jerusalem, sono stati diretti da J. B. Hennessy. L'intento principale era quello di chiarire l'esatta stratigrafia delle strutture, ma i primi risultati hanno mostrato l'estrema complessità nella successione degli strati, in un accumulo di più di 5 m di depositi. Tuttavia nove fasi principali sono state identificate nelle strutture (i livelli dei pavimenti sono molti di più). Spostamenti tettonici dovuti a una serie di terremoti hanno complicato l'interpretazione stratigrafica e, non riconosciuti, avevano confuso i risultati degli scavi del 1930-38 effettuati dal Pontificio Istituto Biblico. Si è per ora appurata la netta distinzione che intercorre tra le quattro fasi inferiori e le cinque superiori. Interessante scoperta è che il sito giace su un banco di sabbia, residuo probabile di una maggiore estensione del letto del Giordano.
Tell ‛Arād. - Situato a circa 25 km ad E di Beersheba, è il tell più ampio e importante del Negev orientale. Gli scavi israeliani, condotti nel 1962 e nel 1963 dal Dipartimento per l'Archeologia dell'Università Ebraica, dal Dipartimento delle antichità del Ministero dell'Educazione e della Cultura, e dall'Israel Exploration Society, furono diretti da Y. Aharoni e da R. Amiran.
Il più antico dei 12 strati corrisponde ad un insediamento del Calcolitico (fine IV millennio a. C.), che talora affiora anche in superficie. Importante è la successiva fase del Bronzo Antico con la cinta di mura in pietra (m 2,5 di spessore) e torri semicircolari aggettanti, che racchiude un'area di circa 10 ettari. Gli scavi hanno messo in luce anche alcune delle strutture all'interno delle mura: case a pianta rettangolare con banchine, pavimento in terra battuta e porte con cardine all'interno. I ritrovamenti delle 4 fasi riscontrate nei rifacimenti delle mura e degli edifici sono databili al periodo che va dalla fine del Bronzo Antico I alla fine del Bronzo Antico II (circa 2900-2700 a. C.) e mostrano chiare connessioni con l'Egitto, tanto da far pensare che ‛Arād fosse un sito importante nella via commerciale che portava il bitume dal Mar Morto in Egitto. È di questo periodo il modello in argilla di una casa con tetto piatto e grande porta. La città fu rioccupata soltanto nella parte alta, nell'angolo N-E, nella prima parte del X sec. a. C.; qui è una cittadella con mura e casematte e angoli con torrioni sporgenti. Vi sono diversi rifacimenti (strati VI-X), ma gli impianti nuovi seguono di massima l'allineamento di quelli precedenti. Di notevole interesse è il santuario che si innesta nelle mura in prossimità dell'angolo N-O. Da un'ampia corte con un altare in pietra si accede, attraverso una porta fiancheggiata da pilastri, in un vano rettangolare; dalla parete opposta a quella con la porta si entra in una piccola stanza, plausibilmente identificata col Sancta Sanctorum dove sono stati trovati, in strati diversi, due piccoli altari e una pietra di culto. La questione sull'esatta identità del culto, come pure quella relativa alla fine dell'uso del santuario, restano ancora controversi. Dalle case che si ergevano all'interno della cittadella provengono vasi in ceramica interi, figurine, utensili in metallo, pesi in pietra, un frammento di coppa in madreperla e parecchie iscrizioni (òstraka, anse di giara, due sigilli, e una coppa dove compare ripetuto sette volte il nome ‛rd).
La cittadella, riutilizzata in periodo ellenistico (torre con pietre bugnate) e in periodo romano (fortezza del tempo di Erode), diviene infine un khan arabo.
Tell Deir ‛Allā. - Situato sulla riva orientale della valle del Giordano, Tell Deir ‛Allā è stato scavato dalla missione olandese diretta da H. J. Franken. I finanziamenti e l'organizzazione sono dovuti al Dipartimento per l'Antico Testamento della facoltà di Teologia dell'Università di Leida.
L'indagine, che aveva lo scopo di stabilire la sequenza della ceramica del Bronzo Tardo e del Ferro, e la relativa successione stratigrafica, in un sito della Transgiordania, è stata complicata dai dislocamenti causati da una serie di terremoti. È interessante un santuario del Bronzo Tardo composto da un vano principale con due basi di pilastri al centro. Benché il vaso di faïence, con il cartiglio della regina Tausert, trovato sul pavimento, faccia datare la distruzione del santuario al 1190 circa a. C. e altri oggetti siano paragonabili a quelli della terza fase del tempio costruito sul fossato a Lachish, alcuni sondaggi hanno dimostrato che ricostruzioni si sono succedute fino dal XVI sec. a. C. Ad O del vano principale si trovano una serie di ambienti con giare per provviste e grandi coppe; ad E, invece, separate da una corte, vi erano delle stanze (probabilmente depositi del santuario), che hanno restituito più di 250 oggetti tra cui sigilli, scarabei, pettini in osso, e due tavolette inscritte. Sebbene il tipo particolare di scrittura non sia ancora stata decifrata, si ha ragione di supporre che sia alfabetica. Compare qui un vaso peculiare di Deir ‛Allā: è una piccola giara chiusa in cima e recante nel fianco una piccola apertura quadrata. La città non era fortificata e la esatta funzione del santuario, peraltro non completamente scavato, rimane oscura. Dopo una violenta distruzione dovuta a scosse sismiche, nel 1190 circa a. C., vi è un'occupazione seminomade caratterizzata da assenza di case, da parecchie fosse e da una fornace per la fusione del bronzo. In una seconda fase (X-VIII sec. a. C.) si ha un repertorio ceramico non riscontrabile in Palestina. Il livello più recente è disturbato dall'impianto di tombe del periodo arabo.
L'identificazione di Deir ‛Allā con la biblica Succoth, sostenuta da N. Glueck, non è provata dagli scavi: il sito in quell'epoca non era una città ma un luogo abitato in modo intermittente verosimilmente da nomadi conoscitori della metallurgia.
Tell el Fūl (Gibeah). - Una sola campagna è stata effettuata nel 1964 da P. W. Lapp, con i contributi del Pittsburg Theological Seminary e delle American Schools of Oriental Research, per verificare i risultati degli scavi del 1922 e del 1933 di W. F. Albright.
La ceramica proveniente da un sondaggio effettuato nell'angolo N-O della cosiddetta Fortezza di Saul si dispone nella fase post-filistea del Ferro I (fine XI-metà X sec. a. C.); l'attribuzione della struttura al re Saul pare quindi esatta. Inoltre il torrione quadrato è effettivamente da considerarsi come l'angolo sporgente di una fortezza (recinta però da un muro singolo e non a casematte). Nel Ferro II Gibeah appare ben fortificata e la sua popolazione aumenta fino a raggiungere il culmine nel VI sec. a. C. Le mura di cinta sono ora a casematte ed è questo uno degli esempî più tardi di questo tipo di difesa. Dopo la distruzione all'inizio del VI sec. a. C., il sito si dovette presto ripopolare, come è provato dalla abbondante ceramica della fine del VI sec. a. C. È di questo periodo una grande cisterna (diametro m 5) divisa in due da un muro. Tra la fine di questa occupazione (500 circa a. C.) e la fine del III sec. a. C. non vi sono tracce di stanziamenti, e la città, in contrasto con i risultati della campagna del 1933 di W. F. Albright, diventa un popoloso centro ellenistico nella seconda metà del II sec. a. C. Quest'ultima occupazione termina intorno al 100 a. C.
Tell es-Sa‛idiyeh (v. vol. vii, pag. 688). - Il sito si trova sulla sponda orientale del Giordano, a metà tra il Lago di Tiberiade e il Mar Morto. Lo svolgimento degli scavi, diretti da J. B. Pritchard dal 1964 al 1966, è stato curato dal Museo dell'Università della Pennsylvania.
Nel settore N-O del tell sono venute alla luce diverse case dell'VIII sec. a. C. divise da due strade. La pianta ha articolazione e misure simili in tutte le abitazioni: una grande stanza con 4 pilastri in mattoni, che dovevano sostenere il tetto, una annessa cameretta, e una grande corte in comunicazione con la stanza principale.
In prossimità del pendio N del tell si è scavata una lunga scala coi gradini attraversati a metà da un muro in mattoni crudi che doveva sostenere una vòlta di copertura. Questa via garantiva probabilmente l'accesso alle sorgenti che sgorgavano fuori delle mura. Il pendio, che si presenta arretrato per l'erosione, doveva incorporare, anche se non completamente, la scalinata, e il tunnel doveva risultare occultato.
Una necropoli del Bronzo Tardo e degli inizî del Ferro I è stata esplorata ad occidente del sito. Delle 17 tombe è interessante la n. 102 che presenta lo scheletro disarticolato adagiato su una lastra di bitume. Un'altra, costruita in mattoni, contiene un corredo assai ricco: spille e piatti di elettro, perle d'oro e di cornalina, bottiglie per unguenti di avorio, un tripode in bronzo e un calderone di tipo cipriota, e un insieme di vasi di bronzo che dovevano costituire un servizio completo per il vino.
Tell Nagila. - È un tell a circa 20 miglia a N di Beersheba e a 19 a E di Gaza. Le due campagne di scavo, svoltesi nel 1962-63, organizzate dallo Institute for Mediterranean Studies, United States Department of State, dall'Israel Exploration Society e dall'Israel Department of Antiquities and Museums del Ministero dell'Educazione e della Cultura, furono diretti da R. Amiran e da A. Eitan.
Quattordici strati si susseguono dal Calcolitico e dal Bronzo Antico II-III (tracce) al periodo romano e bizantino. Quelli relativi al Bronzo Medio II B-C (circa 1750-1550 a. C.) sono i più importanti. Le fortificazioni in terre pisée, caratteristiche del periodo, sono composte di quattro elementi principali: una base di terra, un muro in mattoni spesso m 2,50, della terra addossata esternamente al muro, e un fossato intorno al pendio. Al centro del tell sorge un quartiere di abitazione con case rettangolari caratterizzate da una o più pareti in comune, da qualche gradino che sale sulla strada e, di solito, da una piccola corte con basi di colonne, dalla quale si accede alle due stanze. La ceramica, non ricca, è accompagnata da utensili in pietra e, in minor numero, in bronzo. Da un edificio adiacente alle case, notevole per le pareti più spesse e che poteva avere una funzione pubblica, provengono un coccio iscritto e un vaso a forma di toro. Una tomba del Bronzo Medio II scoperta fuori delle mura a S, era scavata nella roccia e conteneva 45 scheletri, più di 150 vasi (tra cui una giaretta puntinata del tipo di Tell el-Yahudiyeh), 48 scarabei, 3 spade in bronzo e una brocchetta cipriota. Notevole è un cratere di ceramica bicroma proveniente dai livelli del Bronzo Tardo I del tell con una figura di toro e due uccelli: probabilmente descriveva una scena sacrificale.
Tell Ta‛annak. - Dopo gli scavi tedeschi del 1902-4 condotti da E. Sellin, tre campagne di scavo sono state effettuate nel 1963-68 dalla Graduate School of Concordia Seminary of St. Louis e dalle American Schools of Oriental Research (dirette da P. W. Lapp).
Fino dalla prima stagione è apparso certo che la città del Bronzo Antico era circondata da una cinta muraria. I sondaggi nel settore S ne hanno dettagliato quattro fasi. Le sezioni di mura a O, invece, forse per il pendio maggiore, non hanno un simile numero di rifacimenti e si presentano più unitarie; consistono di un muro esterno di m 2,90 e di uno interno più spesso separati fra loro da uno spazio di m 1,50. Le strutture contenute dalle mura rivelano due fasi: la prima termina con una distruzione alla fine del Bronzo Antico II, la seconda corrisponde alla prima parte del Bronzo Antico III. È ancora controversa la questione della fine dello stanziamento del Bronzo Antico; mentre manca la ceramica della fine del Bronzo Antico III, uno studio più preciso deve ancora essere portato a termine su quella cosiddetta di Khirbet Kerak (v. Bēt yerah, vol. ii, p. 71). La seguente occupazione, di consistenza notevole, è quella del Bronzo Medio II C (XVI sec. a. C.-inizio XV). Le mura in terra battuta contengono strutture all'interno separate da strade (vere e proprie insulae più che edifici singoli) e recanti sotto i pavimenti sepolture con poveri corredi. Alcune stanze addossate alle mura suggeriscono la possibile esistenza di casematte. È interessante il sistema di approvvigionamento idrico costituito da una cisterna in profondità, alla quale si accedeva per mezzo di scale, abbozzate nelle rocce; questo può essere considerato l'antesignano dei grandi pozzi di Hazor, Megiddo e Gibeon. È probabile che tutta l'occupazione del Bronzo Medio II C - Bronzo Tardo I termini con la conquista di Thuthmosis III del 1468 a. C. Dopo un'interruzione di quasi tre secoli vi sono edifici del Ferro I (XII sec. a. C.) con corti, pilastri, strade, pozzi con canali di drenaggio. All'interno di una di queste case è stata trovata una tavoletta con caratteri cuneiformi. Da un pozzo crollato proviene la base per un bacino cultuale o offertorio per incenso in terracotta decorata con leoni a tutto tondo suddivisi in quattro registri. Sia la base che le numerose figurine del tipo "Astarte di Ta‛annak" (E. Sellin) devono farsi risalire al periodo tra il XV e il XII sec. a. C. Scarse tracce delle difese di questo periodo si trovano nel settore O. Alla fine del XII sec. a. C. la città è nuovamente distrutta. Del X sec. sono invece i ritrovamenti fatti in un edificio intorno all'altare scavato da E. Sellin: astragali in gran numero, vasi in ceramica, pesi da telaio, coltelli, matrice per figurina femminile.
La torre, fuori delle mura a N, dai muri di blocchi ben squadrati e dai bei pavimenti, già scavata da E. Sellin, è del IX sec. a. C. e doveva costituire una specie di anticamera prima di entrare nella cinta muraria.
Tell Turmus. - Il sito, a N del lago di Huleh, è stato oggetto di sondaggi stratigrafici nel 1962. Y. Dayan ha potuto attuare gli scavi grazie all'appoggio della missione francese diretta da J. Perrot.
Individuati 6 strati, con strutture, ceramica, silos e pavimenti in piccoli ciottoli. In base alla tipologia della ceramica si possono riconoscere due fasi: la prima mostra connessioni con Munḥata (livello 2 A) e con Amuq D (circa 4000 a. C.); la seconda, con riferimenti a Munḥata I e a Bēt Sheān (strato XVII-XVI), può essere datata all'ultimo quarto del IV millennio a. C.
Tel Ṣippor. - Le tre campagne di scavo a Tel Sippor (nella regione filistea tra Ashdod e Ascalon, all'interno) si sono svolte tra il 1963 e il 1965 dirette da A. Biran e O. Negbi, per l'Israel Department of Antiquites and Museums.
Le poche strutture dello strato III sono databili per la ceramica d'importazione micenea alla fine del Bronzo Tardo e all'inizio del Ferro I. Sono di questa fase una figurina in bronzo e una in pietra che rappresenta un re in trono con acconciatura egiziana e un fiore di loto in mano. Con la ceramica filistea compaiono nello strato II alcuni muri in mattoni e alcune basi di pietra per colonne in legno. Lo strato I (Ferro I) si presenta quasi in superficie; le strutture consistono essenzialmente in pavimenti in terra compatta, in forni in argilla e in pozzi intonacati. La ceramica ha chiare influenze filistee. Uno scarabeo e un sigillo rettangolare di stile egiziano provengono da questo livello.
Tel Zeror. - Tel Zeror è situato nella parte settentrionale della piana di Sharon, ad E della città di Khadera. L'organizzazione delle tre campagne di scavo, dal 1964 al 1966, è dovuta alla Japanese Society of Near Eastern Studies, e la direzione dei lavori a K. Ohata e a M. Kokhavi.
La prima occupazione del tell risale al Bronzo Medio e in questo periodo la città doveva essere molto fiorente con una superficie di circa 6 ettari, rappresentata da cinque strati e due fortificazioni. La collina fu allargata con una piattaforma artificiale terminante con un fossato largo una decina di metri; all'interno, a circa 10-15 m sorgevano le mura in mattoni. Durante la prima fase le mura erano leggermente più ampie, erano impiantate su filari di pietra, e comprendevano una grossa torre quadrata. Questa prima occupazione avviene nel Bronzo Medio II A (XX sec. a. C.) e comprende 3 dei 5 strati del periodo; gli altri due strati presentano la ricostruzione delle mura che, senza fondazioni di pietre, raggiungono uno spessore di m 3,50. La città è distrutta verso la metà del XVIII sec. a. C. È interessante notare che non vi è traccia delle caratteristiche fortificazioni Hyksos. Segue un'occupazione del Bronzo Tardo, nel rilievo S del tell, a carattere industriale: strutture di edifici, forni in mattoni e fornaci per la fusione del rame con tracce di metallo e sfiatatoi. È molto abbondante la ceramica cipriota, tanto da far pensare a strette relazioni commerciali con l'isola produttrice di metallo. In questo periodo non vi è traccia di fortificazioni. Gli strati dell'Età del Ferro sono stati scavati nel rilievo N del tell. Dopo uno stanziamento riconoscibile solo dalle fosse scavate nei livelli del Bronzo Tardo, appare la prima città fortificata con mura a casematte; segue uno stanziamento, senza difese, del X-inizî IX sec. a. C., con un magazzino contenente circa 20 giare. Alla metà del IX sec. a. C. risale un muro in mattoni, spesso 90-120 cm, sostenuto internamente da contrafforti, che racchiude una grande corte con sistemi di canalizzazione e case di 4 ambienti in mattoni, poggiate su filari di pietre. Questa è l'ultima fase del Ferro e termina con un incendio alla fine del IX sec. a. C. Dopo un livello del periodo persiano gli scavi hanno scoperto una bella casa ellenistica del III sec. a. C. con monete, lampade e giare rodie. Il livello romano è danneggiato fortemente dall'impianto di tombe arabe. A N-O del tell è stata scavata una necropoli con tombe del Bronzo Tardo e del Ferro. Le prime sono semplici sepolture nella sabbia con qualche offerta funeraria (notevole un rythòn in ceramica a testa di leone); le altre (circa 10) sono costruite in grosse lastre di pietra; erano tombe di famiglia, databili tra il 1050 e il 950 a. C., contenenti fino a 10 sepolture. Interessanti sono i corredi: placche con figurine d'argilla, coppe in bronzo, lance, lampade e vasi fenicio-ciprioti.
Fra gli altri scavi e scoperte sono da ricordare: per il Paleolitico: Har ha-Qefiṣah (Gebel Qafzeh), Holon, Me ‛Arat Shovakh, Monte Carmelo, grotte di Geulah. Per il Neolitico: Abu Gosh, Kfar Gil ‛Adi, Naveh-Yam. Per il Calcolitico: Benei Beraq, Ben Shemen, Kfar Gil ‛Adi, Tel Isdār. Per il Bronzo: Akhziv, Alta Tiberiade, Baḥan, Har-Yeruḥam, Khalit el-Ful, Ma 'abarot, Tell Bīr el-Gharbi (Yas ῾ur), Tel Malḥata, Tel Megaddim, Tel Poleg, Wādi Bira (Naḥal Tavor), Wādi ed-Dāliyeh, Yavneh-Yam. Per il Ferro: Akhziv, Gil ‛Am (Khirbet el-Rugm) Ḥorvat Dorban (Khirbet esh-Sheikh Ibrahim), Meṣad Gozal, Shiqmona, Tel Ḥalif, Tel Isdar, Tell ῾Aitun, Tell ‛Amal, Tell Bīr el-Gharbi (Yas‛ur), Tell Malḥata. Per l'ellenismo: Bat Yam, Giv‛at Saul (Shamir), Mamshit (Kurnub), Tel Anafa. Periodo romano e bizantino: Arraba, Ascalon-Barnea, Beṣet (Bassa), Cafarnao, La-Goshrim, Kfar Dikhrin, Meṣad Yeruḥam, Monte Carmelo, grotte di Elia.
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II) Periodo preistorico: C. Vita-Finzi, Observations on the Late Quaternary of Jordan, in Palestine Expl. Quart., 96, 1964, pp. 19-33; R. De Vaux, Palestine during the Neolithic and Chalcolithic Periods, The Cambridge Ancient History, vol. I, cap. IX (B), Cambridge 1966; H. De Contenson, Notes on the Chronology of Near Eastern Neolithic, in Bull. Amer. Schools Orient. Research, 184, 1966, pp. 2-6; M. W. Prausnitz, A Study in Terminology: The Kebaran, the Natufian and the Tahunian, in Israel Expl. Journal, 16, 1966, pp. 220-230; G. A. Wright-A. A. Gordus, Source Areas for Obsidian Recovered at Munḥata, Beisamoun, Hazorea and El-Khiam, ibid., 19, 1969, pp. 79-88; M. W. Prausnitz, The Sequence of Early to Middle Paleolithic Flint Industries along the Galilean Littoral, ibid., 19, 1969, pp. 129-136; E. D. Stockton, A Bibliography of the Flint Industries of Transjordan, in Levant, I, 1969, pp. 100-103.
III) Età del Bronzo: W. F. Albright, The Chronology of Middle Bronze I (Early Bronze - Middle Bronze), in Bull. Amer. Schools Orient. Research, 168, 1962, pp. 36-42; E. Anati, Palestine before the Hebrews: A History from the Earliest Arrival of Man to the Conquest of Canaan, New York 1963; J. Gray, The Canaanites, New York 1964; M. Tadmor, Contacts between the ‛Amuq and Syria-Palestine, in Israel Exploration Journal, 14, 1964, pp. 253-269; G. Posener, J. Bottero, K. M. Kenyon, Syria and Palestine, c. 2160-1780 B. C., The Cambridge Ancient History, vol. I, cap. XXI, Cambridge 1965; W. F. Albright, The Amarna Letters from Palestine and Syria, The Philistines and Phoenicia, ibid., vol. II, cap. XX e XXXIII, Cambridge 1966; K. M. Kenyon, Amorites and Canaanites, Londra 1966; id., Palestine in the Middle Bronze Age, The Cambridge Ancient History, vol. II, cap. III, Cambridge 1966; R. De Vaux, Palestine in the Early Bronze Age, ibid., vol. I, cap. XV, Cambridge 1966; J. B. Hennessy, The Foreign Relations of Palestine During the Early Bronze Age, Londra 1967; R. De Vaux, Les Hurrites de l'Histoire et les Horites de la Bible, in Rev. Bibl., 74, 1967, pp. 481-503; B. Mazar, The Middle Bronze Age in Palestine, in Israel Expl. Journal, 18, 1968, pp. 65-97; O. Eissfeldt, Palestine in the Time of the Nineteenth Dinasty, (a) The Exodus and Wanderings, The Cambridge Ancient History, vol. II, cap. XXVI (a), Cambridge 1965; H. J. Franken, Palestine in the Time of the Nineteenth Dinasty, (b) Archaeological Evidence, ibid., vol. II, cap. XXVI (b), Cambridge 1968.
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VII) Studî e tipologie: T. Dothan, Spinning-Bowls, in Israel Expl. Journal, 13, 1963, pp. 97-112; E. De Vaumas, Chronologie des dépôts paléolithiques stratifiés du Liban et de la Galilée, ibid., 13, 1963, pp. 195-207; B. Canael, Ancient Jewish Coins and their Historical Importance, in Bibl. Archaeologist, 26, 1963, pp. 38-62; J. A. Callaway, Burials in Ancient Palestine: From the Stone Age, ibid., 26, 1963, pp. 74-91; D. Barag, A Survey of Pottery Recovered from the Sea off the Coast of Israel, in Israel Expl. Journal, 13, 1963, pp. 13-19; R. Giveon, Alexandrine Decorated Basin-Rims from Israel, ibid., 14, 1964, pp. 232-236; R. H. Smith, The Household Lamps of Palestine in Old Testament Times, in Bibl. Archaeologist, 27, 1964, pp. 2-31; 101-124; 29, 1966, pp. 2-27; C. Epstein, Bichrome Vessels in the Cross Line Style, in Palest. Expl. Quarterly, 97, 1965, p. 153 ss.; J. L. Swauger, Dolmen studies in Palestine, in Bibl. Archaeologist, 29, 1966, pp. 106-114; N. Avigad, Two Phoenicians Votive Seals, in Israel Expl. Journal, 16, 1966, pp. 243-251; Y. Aharoni, Forerunners of the Limes: Iron Age Fortresses in the Negev, ibid., 17, 1967, pp. 1-17; C. Epstein, Palestinian Bichrome Ware, Leida 1967; J. L. Huot, Typologie et Chronologie Relative de la Céramique du Bronze Ancien à Tell el-Fār'ah, in Revue Biblique, 74, 1967, pp. 517-554; H. K. Beebe, Ancient Palestinian Dwellings, in Bibl. Achaeologist, 31, 1968, pp. 38-58; N. Avigad, A Sculptured Hebrew Stone Weight, in Israel Expl. Journal, 18, 1968, pp. 181-187; D. Ussishkin, A Chalcolithic Basalt Chalice from Tiberias, ibid., 18, 1968, pp. 45-46; O. Negbi, Dating Some Groups of Canaanite Bronze Figurines, in Palest. Expl. Quarterly, 100, 1968, pp. 45-55; H. O. Thompson, Apsidal Construction in the Ancient Near East, ibid., 101, 1969, pp. 69-86; P. Parr, The Origin of the Rampart Fortifications of Middle Bronze Age Palestine and Syria, in Zeitschrift des Deutschen Palästina-Vereins, 84, 1968, pp. 18-45; R. Hestrin, The Philistines and the Other Sea Peoples, A Guide to an Exhibition at the Israel Museum, Gerusalemme 1969; R. Amiran, Ancient Pottery of the Holy Land, From Its Beginnings in the Neolithic Period to the End of the Iron Age, Gerusalemme 1969; F. M. Cross, Jr., Judean Stamps, in Eretz-Israel, 9, 1969, pp. 21-27; N. Glueck, Some Ezion-Geber: Elath Iron Age Pottery, ibid., 9, 1969, pp. 51-59; A. Ronen, Flint Implements from South Sinai. Preliminary Report, in Palest. Expl. Quarterly, 102, 1970, pp. 30-41.
VIII) Manoscritti del Mar Morto: R. De Vaux, L'archéologie et les manuscrits de la Mer Morte, Oxford 1961; L. Mowry, The Dead Sea Scrolls and the Early Church, Chicago 1962; Y. Yadin, The Schroll of the War of the Sons of Light against the Sons of Darkness, Oxford 1962; M. Baillet, J. T. Milik, R. De Vaux, Discoveries in the Judean Desert of Jordan, III. Les ‛petites grottes' de Qumrān, Oxford 1962; G. W. Van Beek-F. M. Cross, Jr., Scrolls from the Wilderness of the Dead Sea, California 1965; P. W. Skehan, The Biblical Scrolls from Qumrān and the Text of the Old Tetsament, in Bibl. Archaeologist, 28, 1965, pp. 87-100; J. A. Sanders, Discoveries in the Judean Desert of Jordan, IV. The Psalms Scrolls of Qumrān Cave 11 (11 QP S), Oxford 1965; J. C. Trever, The Untold Story of Qumrān, Westwood-New Jersey 1965; T. H. Gaster, The Dead Sea Scriptures, Garden City 1965; J. M. Allegro, The Treasure of the Copper Scroll, Garden City 1965; F. M. Cross, Jr., The Contribution of the Qumrān Discoveries to the Study of the Biblical Text, in Israel Expl. Journal, 16, 1966, pp. 81-95; Y. Yadin, The Temple Scroll, in Bibl. Archaeologist, 30, 1967, pp. 135-139; J. M. Allegro, Discoveries in the Judean Desert of Jordan, V. Qumrān Cave 4. I (4 Q 158 - 4 Q 186), Oxford 1968.
IX) Bibliografia relativa ai singoli siti. - Abu Gosh: Notizie in Revue Biblique, 75, 1968, pp. 264-266; 76, 1969, pp. 421-423; Israel Expl. Journal, 17, 1967, pp. 266-267; 19, 1969, pp. 421-423; Israel Expl. Journal, 17, 1967, pp. 266-267; 19, 1969, pp. 115-116. - Ai: Scavi: J. A. Callaway, The 1964 ‛Ai (Et-Tell) Excavations, in Bull. Amer. Schools Orient. Research, 178, 1965, pp. 13-40; id., The 1966 ‛Ai (Et-Tell) Excavations, ibid., 196, 1969, pp. 2-16; id., The 1968-1969 ‛Ai (Et-Tell) Excavations, ibid., 198, 1970, pp. 7-31. - Studî: J. A. Callaway, Pottery from the Tombs at ‛Ai (Et-Tell), Londra 1964; R. Amiran, Khirbet Kerak ware at ‛Ai, in Israel Explor. Journ., 17, 1967, pp. 185-186; J. A. Callaway, New Evidence on the Conquest of ‛Ai, in Journal of Bibl. Liter., 87, 1968, pp. 321-320. - ‛Ain el-Giarba: J. Kaplan, ‛Ein el Jarba, Chalcolithic Remains in the Plain of Esdraelon, in Bull. Amer. Schools Orient. Research, 194, 1969, pp. 2-39; notizia in Rev. 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