PALIFICAZIONE
. La fondazione di fabbricati sopra terreni poco consistenti viene spesso eseguita ricorrendo alla palificazione del sottosuolo. L'infissione di pali nel terreno costituisce una palificazione di costipamento se i pali, disposti a determinate distanze fra di loro, non hanno funzione portante, ma servono soltanto a costipare il terreno e a renderlo adatto a portare i carichi del soprastante fabbricato. La palificazione è di sostegno se i pali sono portanti e trasmettono i carichi della soprastruttura o al terreno circostante, per attrito lungo la loro superficie esterna, o a uno strato sottostante più resistente, sul quale essi giungono con le loro estremità. Tanto le palificazioni di costipamento, quanto quelle di sostegno si adottano quando il banco di terreno capace di offrire la necessaria resistenza si trova a profondità tale che non risulta economicamente conveniente raggiungerlo direttamente con altri mezzi.
Per le palificazioni si usano pali di legno, di ferro e di cemento armato. I pali in legno sono attualmente adoperati quasi solo allo scopo di costipamento, ma in passato ebbero larghissima applicazione. Con lo sviluppo della metallurgia, quando l'importanza dell'opera lo richiedeva e nei casi in cui la durata del legno era dubbia, si usarono pali in ferro, e successivamente, con le applicazioni del cemento, si diffusero pali in cemento armato, che presentano per lo più una notevole convenienza economica, soprattutto nei paesi importatori di ferro.
Pali in legno. - Si adoperano in genere per costipare cattivi terreni di fondazione (v. fondazioni) allo scopo di migliorarne le caratteristiche di resistenza. Condizione necessaria per il loro impiego è che il livello delle acque sotterranee sia costante o che si mantenga sempre al disopra dei pali, diversamente questi vanno soggetti, con le alternanze di umidità e di asciutto, a infradiciare. È inoltre necessario assicurarsi che le acque non contengano organismi xilofagi che possono attaccare il legno. Se costantemente immerso in acque buone, il legname può avere invece una durata illimitata; in alcuni lavori di fondazione di ponti sono stati rinvenuti pali di epoca romana il cui legno conservava ancora una grande resistenza. Il loro uso non è indicato in presenza di acque marine; qualche volta però i pali in legno vengono usati anche in condizioni sfavorevoli, dopo di averli sottoposti a speciali trattamenti che ne garantiscono la durata più o meno lunga.
Il legname più usato è il pino e il larice; quello di quercia resiste bene, ma è in generale costoso; l'abete è poco adatto. Per il costipamento, detto anche passonatura, si adottano pali lunghi 3 ÷ 4 m e del diametro di 15 ÷ 20 cm. In genere il diametro d in metri si tiene: d = 0, 15 + o,02 l, con l (lunghezza) espressa in metri.
Può essere tollerata una leggiera curvatura nei pali; la freccia non deve però essere maggiore del 2% di l. L'infissione nell'area da costipare procede dal perimetro verso l'interno, con disposizione dei pali secondo i vertici di rettangoli o meglio a quinconce (fig.1) a distanza reciproca di 50 ÷ 100 cm.
Dal rifiuto all'infissione dell'ultimo palo si può risalire alla resistenza del terreno, come sarà detto più avanti.
Pali metallici. - Sono adoperati in genere nei lavori più importanti e per trasmettere direttamente a banchi sottostanti più resistenti notevoli carichi di fondazioni. Non risultano sempre economicamente convenienti, ma prima dell'adozione dei pali in cemento armato venivano usati in luogo di quelli in legno in presenza di acque marine, nei terreni alluvionali e in quelli eterogenei frammisti a elementi grossi, nei quali poco affidamento si poteva fare sulla durata dei pali in legno, oppure difficoltoso e spesso impossibile ne riusciva l'affondamento.
Oggi vengono usati solo in pochi casi speciali e nei paesi in cui abbonda il ferro.
Vengono fabbricati in acciaio fuso oppure f0rgiati a caldo o a freddo; i primi sono meno resistenti, arrugginiscono più presto e non possono sopportare sollecitazioni di flessione troppo grandi. Sono in genere cavi e di tre specie principali: a disco, a punta e a vite.
I pali a disco, sono costituiti da un tubo di resistenza proporzionata al carico, e portano inferiormente un disco metallico; si affondano col mandare attraverso un foro centrale un getto di acqua in pressione al disotto del disco, in modo da smuovere il terreno sottostante. I pali a punta sono costituiti da colonne cave o piene terminanti a punta e che vengono affondate per battitura. I pali a vite sono anch'essi pieni o cavi e terminano a vite, con spire qualche volta anche interne al tubo; si affondano per movimento rotatorio impresso a mano per mezzo di lunghe leve, o a macchina. La vite può costituire un pezzo a parte che viene affrancato al fusto a mezzo di speciali bullonature. Il passo dell'elica è in relazione alla consistenza del terreno da attraversare; tanto più duro è il banco da attraversare tanto maggiore è il numero delle spire e minore la sporgenza del risalto.
Nella fig. 2 sono riportati alcuni esempi di spirali per pali pieni a vite, nella fig. 3 alcuni per pali vuoti. La fig. 4 mostra un palo a vite munito di puntazza e con fusto costituito da diversi elementi connessi a flange.
L'estremità inferiore dei pali può anche essere aperta.
Pali in cemento armato. - Sono i più usati, perché più economici rispetto a quelli in ferro, e come questi vengono adoperati per trasmettere i carichi a strati sottostanti più resistenti, anche per attrito.
Possono essere preparati in serie in cantiere e successivamente affondati, dopo una conveniente stagionatura, a mezzo di battipali, oppure possono essere direttamente gettati in sito.
Quelli preparati in cantiere sono veri e proprî pilastri a sezione quadrangolare o meglio poligonale terminati inferiormente a punta, con armatura longitudinale in ferri tondi del diametro di 14 ÷ 28 mm. e armatura trasversale preferibilmente a spirale in tondini del diametro di 8 ÷ 14 mm. Quelli con armatura a spirale sono i più resistenti. Il passo della spirale si tiene più piccolo verso le testate. Si preparano predisponendo le casseforme e introducendovi la spirale e i tondini longitudinali che vanno fissati alla prima ogni 2 ÷ 3 spire. La sezione dei pali è in genere piena; qualche volta si costruiscono con un foro concentrico, attraverso il quale, durante l'infissione, si inietta nel terreno sottostante acqua sotto pressione, allo scopo di smuoverlo e facilitare l'affondamento del palo. Parte di questa acqua sotto pressione, risalendo verso la superficie lungo le pareti esterne del palo, diminuisce l'attrito fra calcestruzzo e terreno, favorendo maggiormente l'infissione. In alcuni tipi anzi tale fenomeno viene facilitato da alcuni canaletti trasversali appositamente predisposti che guidano l'acqua verso le superficie esterne dei pali. Così nei pali Bignel (fig. 5) ed in quelli Züblin (fig. 6).
La fig. 7 rappresenta un palo Considère, pieno, con armatura a spirale.
Sono anche usati pali centrifugati cavi (fig. 8) molto convenienti, perché più leggieri e di facile trasporto e affondamento; vengono infissi nel terreno e poi riempiti di conglomerato magro; ottimi sono i pali italiani Scac di tale tipo.
Questi pali preparati fuori opera si affondano con battipalo, come i pali in legno e in ferro, munendo la testata superiore di una cuffia elastica adatta (fig. 9) per attutire l'azione dirompente dei magli; inferiormente vengono protetti da una puntazza in ferro, di cui nella figura 10 sono rappresentati alcuni tipi. Presentano l'inconveniente che, non potendo nella maggioranza dei casi la loro lunghezza essere preventivata esattamente, sporgono in diversa misura dal terreno e qualche volta la lunghezza assegnata per qualcuno può riuscire anche insufficiente. Ad affondamento ultimato si rende quindi necessario tagliare i pali a una stessa altezza dal piano di fondazione, per riunire tutte le teste con un getto continuo di fondazione.
Più convenienti sono pertanto risultati i pali iniettati direttamente nel terreno. Il metodo consiste in generale nel praticare nel terreno un foro, il quale viene successivamente riempito di calcestruzzo pigiato dopo avervi affondato anche l'armatura necessaria.
I fori vengono eseguiti con speciali involucri di lamiera (tubi di forma), muniti di puntazza, che si affondanoo col battipalo fino alla profondità voluta, secondo le condizioni del terreno e il rifiuto agli ultimi colpi. Gl'involucri alle volte sono ricuperabili e anche le puntazze. Per facilitare l'affondamento di questi involucri si può ricorrere a getti d'acqua sotto pressione al disotto della puntazza.
I sistemi di costruzione di questi pali gettati in sito sono diversi.
Col sistema Simplex, dopo affondato per percussione, fino al rifiuto voluto, l'involucro con puntazza staccabile, si predispone entro la camicia tubolare l'armatura preventivamente preparata, indi si comincia a versare a strati il calcestruzzo, costipandolo energicamente ed estraendo contemporaneamente l'involucro in acciaio.
Dopo la presa del calcestruzzo risulterà un palo col diametro almeno uguale a quello dell'involucro.
La fig. 11 fa vedere le varie fasi della costruzione di un palo Simplex: affondamento della camicia, versamento e pigiatura del calcestruzzo, palo finito.
La puntazza, generalmente in ghisa, viene abbandonata; in qualche caso si adottano speciali puntazze apribili e ricuperabili.
Se si adottano speciali procedimenti si possono ottenere pali con dei rigonfiamenti laterali che aumentano l'attrito con il terreno circostante.
Il sistema Strauss differisce dal Simplex essenzialmente perché l'affondamento del tubo avviene per trivellazione.
Col sistema Wolfsholz il palo viene costruito nel suolo mediante iniezione a forte pressione di malta di cemento nel foro preventivamente eseguito (fig. 12). Dopo avere affondato la forma mediante trivellazione e introdotta l'armatura metallica, si chiude il tubo con un coperchio a vite, che è attraversato da tre condotte, una per l'aria a bassa pressione b, una per l'aria ad alta pressione a, una per l'introduzione della malta cementizia m. I primi due si aprono in alto della camera, l'ultimo prosegue fino al basso.
Per empire il tubo si apre anzitutto il rubinetto b per scacciare da esso l'acqua eventualmente raccoltasi in basso; chiuso b si apre m per l'introduzione della malta sotto pressione, fino a riempire quasi tutto il tubo; chiuso in ultimo m e aperto a, l'aria ad alta pressione fa rifluire la malta di cemento nei vani del terreno, che ne resta così imbevuto, mentre contemporaneamente provoca l'innalzamento della camicia per la pressione che si esercita sul coperchio dal sotto in su.
A tratti è necessario chiudere a e procedere a una parziale introduzione di altra malta di cemento aprendo m. La fig. 13 fa vedere un palo Wolfsholz ultimato.
Col sistema Franki (fig. 14), appoggiato verticalmente il tubo sul terreno, vi si versa una certa quantità di calcestruzzo quasi asciutto, il quale, energicamente compresso con maglio di 2 ÷ 3 t., forma alla base una specie di tappo a punta perfettamente aderente alla parete interna del tubo. Sotto l'azione continua del maglio, questo tappo penetra nel terreno, trascinando con sé, per l'aderenza, il tubo fino alla voluta profondità, impedendo nello stesso tempo alle acque e alle terre di penetrare nell'interno dell'involucro. Dopo questo affondamento, agganciato l'involucro con funi metalliche, con colpi del maglio si provoca il sollevamento del tubo ed il distacco del tappo. Continuando successivamente a versare del calcestruzzo e battendolo energicamente, questo penetra anche lateralmente nel terreno e forma un bulbo di base abbastanza largo.
Durante questa operazione si deve avere però l'avvertenza che resti sempre una certa quantità di calcestruzzo entro il tubo per evitare la penetrazione dell'acqua. Ottenuto il rifiuto voluto, si estrae il tubo a tratti e si continua a versare calcestruzzo e a batterlo per modo da permettergli di penetrare nel terreno circostante. Ne risultano pali gibbosi di notevole potere portante, anche per l'attrito col terreno circostante.
La fig. 14 fa vedere le varie fasi della costruzione di un palo Franki.
Qualche volta, ultimato il nucleo inferiore, si affonda e s'innesta a questo un vero e proprio pilastro armato gettato fuori opera, ottenendosi un sistema misto (fig. 15).
Altri sistemi esistono, i quali però poco differiscono da quelli accennati. Il sistema Compressol (v. fondazioni, XV, p. 617) appartiene anch'esso alla categoria dei pali gettati in sito.
Calcolo delle palificazioni. - Il potere portante dei pali di fondazione è opportuno sia determinato sperimentalmente, specie per quelli gettati in sito. Ecco alcune delle formule più applicate e i cui risultati sono stati molte volte confermati dalle determinazioni sperimentali.
Per i pali infissi le formule si suddividono in formule dinamiche e statiche, le prime dedotte scrivendo l'equazione dell'energia all'atto dell'infissione del palo, e le altre invece considerando l'equilibrio dei pali interrati sotto l'azione dei carichi e le reazioni del terreno.
Alle prime appartengono quelle determinate in base all'affondamento del palo sotto i colpi del maglio. Considerando l'urto del maglio come anelastico, l'equazione dei lavori, motore e resistente, conduce alla formula
in cui P è la resistenza totale offerta dal terreno all'affondamento, Q il peso del maglio, q quello del palo, H l'altezza di caduta, e il rifiuto, cioè l'affondamento sotto l'ultimo colpo.
Il carico ammissibile che può essere portato con sicurezza dal palo si è soliti tenerlo uguale a un sesto di P, e cioè:
Considerando l'urto perfettamente elastico si perviene invece alla formula:
in cui i simboli hanno lo stesso significato sopra indicato.
In questo caso il carico ammissibile sul palo si tiene un ottavo di P e cioè:
Evidentemente, se è noto il carico che deve sopportare il palo, le formule conducono alla determinazione del rifiuto e a cui si deve arrestare l'affondamento.
Nei riguardi della resistenza del palo, se questo ha sezione F il carico totale sarà:
con σ uguale o minore del carico di sicurezza del materiale.
Se l'estremità inferiore del palo riposa per una base sufficientemente larga sopra un terreno incompressibile e se il terreno circostante non presenta una consistenza su cui possa farsi assegnamento per evitare l'inflessione laterale, bisogna considerare il palo come una trave caricata di punta applicando la formula che limita la compressione ammissibile nel materiale:
in cui l e i sono rispettivamente la lunghezza del palo e il raggio giratorio d'inerzia della sezione.
Fra le formule statiche citiamo quella del Vierendeel:
applicabile anche ai pali gettati in sito. Nella precedente d è il diametro del palo, l la lunghezza, f il coefficiente di attrito tra palo e terreno, ϕ l'angolo di equilibrio naturale del terreno, γ il peso specifico di esso; gli altri simboli hanno il significato noto.
Per pali gettati in sito con superficie ruvida e irregolare è bene tenere f ≤ tgϕ; per pali in legno scortecciato f ≥ 0,33; in terreni umidi, argillosi, plastici: f = o,25. Il coefficiente di sicurezza è bene non sia tenuto minore di 3, assumendo almeno:
Per i pali gettati in sito la formula che si è trovata più aderente alle determinazioni sperimentali è quella di Dörr.
Indicando con Pamm il carico ammissibile sul palo, con l la lunghezza, con F la sezione, con p il perimetro, γ e ϕ il peso specifico e l'angolo di equilibrio del terreno, con h la profondità del piano di posa, con f il coefficiente di attrito terra-materiale di fondazione, si ha per terreno omogeneo nel campo dove viene eseguita la fondazione:
Se si attraversano più strati sovrapposti di natura diversa e dotati di diverso peso specifico, diverso angolo di equilibrio, coefficiente di attrito e spessore, cioè:
e se l1, l2, l3,..., ln sono i tratti di palo a contatto con i varî strati del terreno:
la formula suaccennata diventa:
Per esprimere il potere portante sia dei pali infissi sia di quelli gettati in sito, altre formule sono state determinate da alcuni autori con metodi quasi sempre empirici.
Si tralascia di riportarle anche perché, in generale, l'applicazione di tutte queste formule dà spesso risultati dubbî. Maggiore approssimazione si è riscontrata con quelle relative ai pali gettati in sito.
È da notare tuttavia che in pratica, specialmente nei casi più importanti, è sempre conveniente, per maggior sicurezza, controllare il risultato della formula con accurate determinazioni sperimentali eseguite in diversi punti dell'area ove si è eseguita la palificazione.
Bibl.: Ph. Krapf, Formeln und Versuche über die Tragfähigkeit eingerammter Pfähle, Lipsia 1906; A. Stern, Das problem der Pfahlbelastung, Berlino 1908; R. Kafka, Die Theorie der Pfahlgründungen, ivi 1912; O. Leske, Der Betonpfahl in Theorie u. Praxis, ivi 1916; H. Dörr, Die Tragfähigkeit der Pfähle, ivi 1922; A.-V. Magny, Les constructions en béton armé, Parigi 1923; A. Vierendeel, Cours de stabilité des constructions, ivi 1926-1928; idem, Étude du pouvoir portant des terrains meubles, ivi 1927; L. Brennecke, Der Grundbau, IV ed., a cura di E. Lohmeyer, Berlino 1927; H. Wunsch, Statische Berechnung der Pfahl-Systeme, Stoccarda 1927; A. F. Jorini, Costruzione dei ponti, Milano 1927; L. Santarella e E. Miozzi, Ponti italiani in cemento armato, 1ª e 2ª raccolta, Milano 1925-32; L. Santarella, La tecnica delle fondazioni, Milano 1930.