PALLAVICINO GRIMALDI, Giuseppe Camillo
PALLAVICINO (Pallavicini) GRIMALDI, Giuseppe Camillo. – Nacque a Genova il 14 marzo 1811, quartogenito del marchese Alessandro Pallavicino e di Teresa Grimaldi.
Laureatosi in giurisprudenza all’università di Genova nel 1833, intraprese viaggi di studio all’estero, secondo il modello educativo allora tipico dell’élite. Nel 1844 sposò Livia Gertrude Ferrari (1824-1852), gentildonna di Lisbona, dalla quale ebbe tre figli: i primi due morti in fasce e il terzo, Alessandro Giuseppe nato nel 1852 e morto nel 1898. Il matrimonio contribuì a rafforzarne la formazione cosmopolita che gli valse, nel 1856, la nomina a viceconsole del Portogallo.
La sua carriera di uomo pubblico ebbe inizio nel 1838, quando diede alle stampe le Considerazioni economiche sopra l’ampliazione ed abbellimento della città di Genova (Chiavari), prima opera di una produzione eterogenea e copiosa, caratterizzata prevalentemente dalla riflessione su temi di natura economica e politica.
Il saggio, che si inseriva nel dibattito riguardante i progetti di espansione della città e di trasformazione del modello urbanistico d’ancien régime, rivela alcuni tratti fondamentali del pensiero di Pallavicino: la concezione liberista, la mentalità pre-industriale da rentier, l’attenzione ai problemi sociali in un’ottica filantropico-paternalista e politicamente riformista moderata.
Di poco successivo fu il progetto per il porto di Genova (I Docks o Porti artefatti. Memorie raccolte in viaggio, Genova 1842), nel quale sottolineava l’importanza cruciale dei trasporti marittimi e la necessità di accentuare la vocazione mercantile dello scalo. Anticipò infatti l’urgenza di ingrandirne gli spazi operativi, di costruire un bacino di carenaggio e calate esclusivamente adibite a usi commerciali.
Sul finire degli anni Quaranta fu tra i protagonisti della svolta in senso filosabaudo e liberalmoderato dell’opinione pubblica genovese. Già membro dell’Accademia ligustica di belle arti e presidente della Società economica di Chiavari, seguendo le orme del nonno materno (il duca Francesco Maria Grimaldi aveva infatti guidato quest’ultimo sodalizio tra il 1794 e il 1795), nel dicembre 1845 contribuì a fondare le prime società di aggiornamento nel campo delle scienze medico-naturali, economico-commerciali e storico-archeologiche. Le tre società ebbero breve durata ma furono la concreta traduzione delle istanze di una socialità scientifica allargata, manifestate dalle classi colte genovesi e comuni a tutta l’Italia centro-settentrionale. Con i medesimi intenti sostenne il fratello maggiore Francesco nella richiesta che il governo sabaudo assegnasse a Genova nel 1846, ricorrenza del centenario dell’insurrezione contro gli austriaci e della costruzione del mito di Balilla, la sede dell’VIII Congresso degli scienziati italiani. Pallavicino partecipò attivamente al Congresso, sia nella fase organizzativa, sia come redattore di parti dell’opera intitolata Descrizione di Genova e del Genovesato, offerta in omaggio ai convenuti. I suoi i capitoli riguardarono l’Amministrazione civile, le Regie Finanze, la Milizia e l’Istruzione pubblica, argomenti prioritari rivolti dal riformismo liberale all’assolutismo della monarchia sabauda.
Nel 1847 entrò nel Comitato dell’ordine (dal 1848 Circolo nazionale) promosso da Giorgio Doria, una sorta di pre-partito finalizzato a stemperare in chiave liberalmoderata le istanze, a Genova particolarmente violente, di superamento dell’assolutismo.
Cattolico e giobertiano, assistette allo sgretolarsi, nelle prime fasi della prima guerra d’indipendenza, dell’illusione di una soluzione neoguelfa, cioè sotto la guida di Pio IX, dell’unificazione nazionale. Dopo lo spartiacque rappresentato nell’aprile 1849 dalla rivoluzione democratica di Genova, negli anni Cinquanta ripiegò in una sorta di municipalismo incentrato sugli interessi economici genovesi ma sordo, o quantomeno tardo a rispondere, alle soluzioni modernizzanti proposte dal primo ministro Camillo Cavour.
Consigliere comunale dal 1848 al 1856, vicesindaco nel 1849, Pallavicino, affrontò le questioni economiche del Risorgimento italiano seguendo una linea di pensiero improntata al liberismo puro.
I suoi scritti di economia furono per lo più pubblicati sulla Rivista contemporanea nazionale italiana, una delle testate più autorevoli del regno sabaudo, alla quale collaborarono anche Carlo Cattaneo, Francesco Ferrara e Antonio Scialoja. Il sistema bancario, l’assetto monetario, la finanza pubblica e il regime fiscale costituirono gli assi portanti della sua riflessione, maturata ispirandosi alla visione internazionale dei problemi proposta dall’economia classica (Adam Smith, Jean Baptiste Say e John Stuart Mill) e dalla lettura della stampa specializzata. Sostenne la libertà del credito (Sulla libertà del credito, Chiavari 1854), desumendola dal modello del free banking scozzese, contro l’egemonia della Banca Nazionale, centro di potere monopolistico. Appoggiò inoltre il monometallismo argenteo (La moneta e la banca, 1863); teorizzò la razionalizzazione della pressione fiscale e la semplificazione delle tariffe doganali, argomento particolarmente sentito dal ceto mercantile genovese (Teoria sulle imposte, 1865). Attento anche ai temi dello sviluppo agricolo, avvertiti soltanto dalla componente nobiliare della classe dirigente genovese, si pronunciò Sulla svincolazione delle enfiteusi (Genova 1857) e sull’importanza del credito fondiario. I suoi ultimi saggi uscirono nelle Effemeridi della Società di letture e conversazioni scientifiche, periodico del club genovese fondato nel 1866, di cui fu membro dal 1870.
A 59 anni, sulle orme del fratello Francesco tra i fondatori della Banca di Genova, prima banca di sconto e di emissione (poi Banca Nazionale, poi futura Banca d’Italia), fu coinvolto in iniziative finanziare di rilievo nazionale. Prese parte alla costituzione della ‘nuova’ Banca di Genova nel 1870, presieduta fino al 1876 – la stessa banca che nel 1895 avrebbe assunto la ragione sociale di Credito Italiano – e, sempre nel 1870, promosse la nascita del Banco di Sconto del Circondario di Chiavari, dal 1921 Banco di Chiavari e della Riviera Ligure. L’ingresso, in qualità di socio e di azionista, nella società armatoriale Lloyd Italiano e nella finanziaria Compagnia Commerciale Italiana si rivelò meno felice, poiché entrambe furono travolte dalla congiuntura economica e liquidate tra il 1875 e il 1877.
Morì a Genova l’11 marzo 1882 e fu sepolto nel Comune di Lavagna.
Tra i suoi scritti, oltre a quelli citati: Delle lotterie pubbliche. Discorso del march. avv. C. P., Firenze 1841; Dell’istruzione pubblica nel genovesato. Cenni del marchese C. P. riformatore degli studi, Genova 1846; Discorso del marchese C. P. per la fondazione in Genova delle tre società di scienze mediche, fisiche e naturali; di storia, archeologia e geografia; e della economia di manifatture e commercio, letto il 17 dicembre 1845, Genova 1846; L’abolizione delle dogane, degli octrois, del canone gabellario e la sostituzione di una tassa ponderale alla frontiera. Proposta, Torino 1860; Come si possa conciliare l’unità e la pluralità delle banche in Italia, s.l. 1863.
Fonti e Bibl.: Benché non esista un archivio di famiglia, né un nucleo di carte che lo riguardi personalmente, documentazione sulla sua attività politica, economica e pubblicistica è rintracciabile in archivi diversi, tutti indicati e desumibili dalla bibliografia. A. Calogero, Un economista nel Risorgimento. Vita, pensiero ed azione del marchese Camillo P.G. nella Genova dell’800, tesi di laurea, Università degli studi di Genova, facoltà di Lettere e filosofia, a.a. 1991-92, 2 voll.; Id., Cultura economica, iniziative imprenditoriali e filantropia a Genova e a Chiavari. Il marchese Camillo P.G. (1811-1882), in Le società economiche alla prova della storia (secoli XVIII-XIX), Atti del Convegno internazionale di studi… Chiavari… 1991, Rapallo 1996, pp. 319-330. Per un inquadramento generale del periodo i lavori di G. Doria, Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, I, Le premesse (1815-1882), Milano 1969 e di M. Doria, Il Banco di Chiavari e della Riviera Ligure. Storia di una banca nel suo territorio 1870-1954, Genova 2001; Id. La modernizzazione economica dell’Italia ottocentesca nella riflessione di Camillo P.G. (1811-1882), in Economisti liguri del-l’Ottocento. La dottrina economica nell’Ateneo genovese e in Liguria, Atti del Convegno, a cura di P. Massa Piergiovanni, Genova 2003, pp. 77-103; S. Cardarelli, La questione bancaria in Italia dal 1860 al 1892, in Ricerche per la storia della Banca d’Italia, I, Roma-Bari 1990, pp. 105-180; M.E.L. Guidi, Economia politica ed economia sociale nelle riviste moderate piemontesi di metà Ottocento (1838-1860), in Le riviste di economia in Italia (1700-1900), a cura di M.M. Augello - M. Bianchini - M.E.L. Guidi, Milano 1996, pp. 233-263.