Palpebra
Il termine palpebra indica ciascuno dei due veli membranosi mobili che delimitano un'apertura trasversale, la rima palpebrale, e avvicinandosi fra loro coprono la parte anteriore del globo oculare. Nell'uomo la palpebra superiore appare più sviluppata e mobile di quella inferiore.
Le palpebre sono ricoperte esternamente da cute sottile, mentre la loro faccia interna che si appoggia sul globo oculare è tappezzata dalla congiuntiva; l'apparato di sostegno è costituito da una lamina fibrosa, che si ispessisce in corrispondenza del margine della palpebra, formando il tarso. Sul tarso superiore si inserisce il muscolo elevatore della palpebra, su quello inferiore il prolungamento orbitale del muscolo retto inferiore. Al di sotto della cute della palpebra, separato da questa da uno strato di connettivo lasso, si trova il muscolo orbicolare che, contraendosi, chiude la rima palpebrale. Il margine libero della palpebra è diviso da una piccola protuberanza conica (papilla lacrimale) in due parti: una mediale, molto ridotta, occupata dai condotti lacrimali, e una più estesa, sul cui margine esterno si impiantano le ciglia, peli corti e rigidi, più lunghi e folti sul lembo superiore, che assolvono la funzione di proteggere la parte anteriore del globo oculare dalla penetrazione di corpi estranei. Alla base delle ciglia sboccano ghiandole sudoripare modificate (ghiandole di Moll); alle palpebre sono connesse anche ghiandole sebacee particolari (ghiandole di Zeis e di Meibomio) che secernono un prodotto ricco di lipidi, il quale ha la funzione di impedire alle palpebre di unirsi e di trattenere le lacrime. Le palpebre, insieme alle sopracciglia e all'apparato ghiandolare annesso, rappresentano il sistema difensivo dell'occhio: con i loro movimenti, infatti, contribuiscono a regolare la quantità di luce che entra nell'organo, proteggendolo da un'illuminazione troppo intensa; diffondono inoltre il secreto lacrimale (v. lacrima) sulla superficie anteriore del globo oculare in modo tale da impedire la disidratazione della congiuntiva. Ogni volta che le palpebre passano sopra la superficie dell'occhio con il loro movimento di chiusura intermittente (ammiccamento), i microvilli localizzati all'interno della congiuntiva palpebrale forniscono una nuova quota di lacrime.
Lo sviluppo di strutture accessorie dell'occhio aventi funzione protettiva come le palpebre è da porre in relazione con il passaggio, avvenuto circa 400 milioni di anni fa, di alcuni Vertebrati dall'ambiente acquatico alla terraferma. Questo passaggio richiese non solo un cambiamento nelle priorità dei recettori sensoriali (la vista divenne il senso dominante in molti Anfibi, i primi Vertebrati a vita semiterrestre), ma anche diverse modificazioni dell'occhio acquatico ancestrale, allo scopo di adattarlo all'uso nell'aria. L'ambiente terrestre, infatti, impose agli organismi lo sviluppo di strategie per proteggersi dalla disidratazione. Le palpebre e le ghiandole lacrimali andarono incontro a evoluzione proprio per assolvere la funzione di mantenere l'occhio umido, pulito dalla polvere, nonché protetto dagli incidenti. Le palpebre sono poco sviluppate nei Pesci, anche se in alcuni di essi la cornea appare parzialmente coperta da pliche cutanee fisse e in altri sono presenti palpebre superiori e inferiori. Negli Anfibi compaiono palpebre ben sviluppate alle quali è connessa una complessa muscolatura, che permette a queste strutture di coprire e scoprire la superficie oculare.
In tutte le classi di Vertebrati, a eccezione dei Mammiferi, la palpebra inferiore risulta maggiormente sviluppata rispetto a quella superiore. Nei serpenti e in alcune lucertole le palpebre sono perennemente chiuse e formano una struttura trasparente anteposta alla cornea: è proprio questa sorta di paio di 'occhiali' protettivi, che viene sostituito, nel corso della muta, con tutta la pelle, a conferire ai Rettili, insieme alla ridotta mobilità del bulbo oculare, anche il caratteristico sguardo fisso e inespressivo. In molti animali esiste una terza palpebra, chiamata membrana nittitante, una plica cutanea disposta sotto le altre due che scivola sulla cornea. È presente in tutti i grandi gruppi di Tetrapodi con poche eccezioni: manca nei serpenti, provvisti dell'occhiale e, tra i Mammiferi, nell'uomo e in molti Primati. Spesso è disposta all'angolo nasale e avanza sul globo oculare con un movimento in direzione nasotemporale, mossa da muscolatura propria o in comune con le altre palpebre. Viene lubrificata da un fluido viscoso secreto da particolari ghiandole e la sua funzione è quella di detergere la superficie dell'occhio. Poiché nel mondo animale si riscontrano vari metodi che permettono il movimento delle palpebre, si ritiene che originariamente, in questa regione, non fosse presente alcun sistema muscolare. In molti Tetrapodi il globo oculare può essere retratto o spinto in avanti e ciò determina uno spostamento passivo della palpebra.
Per quanto riguarda la morfologia palpebrale, nelle popolazioni umane si possono riscontrare numerosi fenomeni adattativi in relazione all'ambiente. Tra i mongoli, popolazione nomade delle regioni centrosettentrionali dell'Asia, nella palpebra superiore è presente la cosiddetta plica mongolica, dovuta al rilasciamento del muscolo elevatore della palpebra stessa; questa plica semilunare ricopre il margine della palpebra superiore, riducendo l'ampiezza della rima palpebrale; essa è stata interpretata in vari modi: come persistenza di un carattere fetale oppure come una forma di adattamento genetico al vento gelido del deserto del Gobi. Pliche con un diverso andamento da quella mongolica sono presenti nei boscimani e negli ottentotti del deserto di Kahalari e nei tuareg del Sahara; in queste popolazioni la plica scende a coprire l'angolo laterale dell'occhio difendendolo dalla luce intensa e dal vento caldo del deserto.
Nello sviluppo embrionale le palpebre si originano, sopra e sotto il calice ottico, come pieghe ad arco dell'ectoderma e del sottostante mesoderma. La loro comparsa avviene prima dei 2 mesi di vita intrauterina; i margini liberi di queste pieghe crescono rapidamente, vengono in contatto e rimangono uniti fino al 7° mese di vita fetale.
4. Patologia (Red.)
Le anomalie della palpebra possono determinare disturbi di carattere estetico o anche problemi di malfuzionamento; le più frequenti sono l'entropion, l'ectropion, l'epicanto e la ptosi. L'entropion è il rovesciamento in dentro del margine palpebrale, e quindi anche delle ciglia, che provoca in genere, con l'irritazione meccanica, lesioni corneali, dolore, lacrimazione e altri disturbi. L'ectropion è il parziale rovesciamento della palpebra verso l'esterno, per cui rimane allo scoperto una porzione più o meno estesa di superficie congiuntivale. Si definisce epicanto la piega cutanea palpebrale, presente spesso nell'infanzia, che, scendendo ad arco dalla regione orbitale della palpebra superiore, va a ricoprire l'angolo interno dell'occhio, esaurendosi nella pelle della palpebra inferiore; è da considerarsi un'anomalia quando persiste nell'adulto. La ptosi è la caduta o abbassamento della palpebra superiore, per paralisi del nervo elevatore o come sintomo di miastenia. Le forme infiammatorie più comuni sono l'orzaiolo e il calazio. L'orzaiolo è un'infiammazione suppurativa di tipo ascessuale a carico delle palpebre, dovuta a un processo infettivo (di solito di tipo stafilococcico o streptococcico) che inizialmente coinvolge il follicolo delle ciglia o le ghiandole sebacee palpebrali (più frequentemente quelle di Zeis, raramente quelle di Meibomio); si manifesta con la formazione di un piccolo nodulo, duro e dolente alla pressione, con edema della palpebra, che può guarire spontaneamente con la fuoriuscita di pus. Il calazio è una tumefazione cronica a impronta infiammatoria di una delle ghiandole di Meibomio; la guarigione può essere spontanea o legata alla somministrazione di farmaci; se raggiunge dimensioni notevoli è necessaria l'asportazione chirurgica.
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