PAN (Πάν)
Era, presso i Greci, il dio delle montagne, il simbolo della rude e deliziosa vita agreste. L'origine del suo culto deve essere ricercata nell'Arcadia, nella più alpestre regione della Grecia, dove infatti Pan fu più largamente venerato, nei tranquilli recessi dei monti (Liceo; Menalo, Partenio) e nei borghi adagiati alle loro falde. I poemi omerici ed Esiodo non fanno menzione di questo dio; ne parla invece diffusamente l'inno omerico a Pan (n. XIX), narrando come da Ermete Cillenio e da una ninfa figlia di Driope nascesse, in Arcadia, lo strano bambino munito di corna, di barba e di piedi caprini, che il padre si affrettò a recare sull'Olimpo, dove egli subito divenne con la sua raggiante letizia il beniamino di tutti gli dei, i quali, dice il poeta, lo chiamarono Pan appunto perchè aveva rallegrato gli animi di "tutti" i numi. Egli fu, pertanto, ilare compagno di Dioniso e delle ninfe montane, pronto ad arrampicarsi sulle cime nevose, a snidare le fiere e a proteggere gli armenti (νόμιος), amante della danza e della musica, ch'egli faceva sgorgare soavissima dalle canne ingegnosamente riunite in uno strumento melodioso. Fu anche il protettore dei boschi e delle fresche sorgenti e divenne patrono di quel riposo meridiano, al quale pastori ed armenti volentieri si abbandonano. Precisamente come demone meridiano era ritenuto capace d'infondere visioni e terrori improvvisi, a cui era dato appunto il nome di timore "panico". Si credeva poi anche che il dio, capace di infondere agli uomini ed alle bestie una così rovinosa mania, potesse al contrario dare agli uomini preziosi suggerimenti per mezzo dei sogni. A poco a poco la caratteristica figura di questo antico demone protettore della vita pastorale si diffuse dai monti dell'Arcadia nelle circostanti regioni del Peloponneso. Nell'Attica e, a quanto sembra, nel resto della Grecia centrale, Pan cominciò ad essere noto non prima del sec. V. Erodoto, anzi, racconta (VI, 105) che in occasione della battaglia di Maratona (490 a. C.) gli Ateniesi riconobbero per la prima volta la potenza del dio arcadico, il quale li aveva aiutati diffondendo il terrore panico nell'esercito dei Persiani; così che da quel momento in poi Pan entrò nel numero degli dei attici ed ebbe come sede del suo culto il celebre antro sul pendio settentrionale dell'Acropoli. Sembra che in questi primi tempi del suo culto in Attica Pan venisse considerato specialmente sotto l'aspetto, che senza dubbio gli è proprio, di nume danzatore: tale infatti lo presentano i grandi poeti tragici del sec. V e i monumenti figurati. Poco dopo essere stato accolto nell'Attica, Pan fu reso noto anche nella Beozia, a quanto sembra per opera di Pindaro, nelle cui odi il nome del dio arcadico risuona unito con quello di Cibele. Poi, a poco a poco, il culto di Pan si diffuse, si può dire, in tutte le altre regioni del mondo greco, stabilendosi anche nelle colonie greche dell'Italia meridionale e della Sicilia. Grande favore esso godette nell'età alessandrina, e ben si comprende che dovesse prediligere la figura del dio essenzialmente montano ed agreste la poesia idillica che fiorì in Alessandria e nella Sicilia. Piuttosto tardiva, anzi già vicina al decadimento della religione classica, è la concezione secondo la quale Pan, l'antico e realistico nume delle montagne arcadiche, fu trasformato in un astratto dio universale, secondo una falsa etimologia del suo nome spiegato come "il tutto" (τὸ πᾶν).
La figura di Pan fu spesso rappresentata dagli antichi, a cominciare dall'età arcaica fino alla tarda età romana. Nel sec. V numerosi vasi dipinti e rilievi votivi attici ci presentano il dio arcadico nel suo caratteristico aspetto ferino e quasi spaventevole, non di rado accompagnato da satiri e da ninfe. Sul finire di questo medesimo secolo comincia invece a manifestarsi una concezione più raffinata del dio, nel quale i tratti bestiali si attenuano e si rivela al contrario un'espressione di accogliente bonarietà che può giungere fino alla dolcezza. Numerosissime sono le rappresentazioni di Pan durante l'età ellenistica e quella romana; e statue, statuette, rilievi, pitture, gemme, monete ci offrono la figura del dio arcadico ora nel suo primitivo aspetto bestiale, ora invece in sembianze più gentili, quasi sempre accompagnato dagli attributi o addirittura collocato nella scena di quell'ambiente pastorale dal quale egli ebbe origine.
Bibl.: P. Welzel, De Iove et Pane dis Arcadicis, Breslavia 1879; L. Preller e C. Robert, Griechische Mythologie, I, 4ª ed., Berlino 1894, p. 738 segg.; U. von Wilamowitz, Der Glaube der Hellenen, Berlino 1931-32, passim; J. A. Hild, in Daremberg e Saglio, Dict. des antiquités grecques et romaines, IV, p. 296 segg. Per le rappresentazioni figurate di Pan, v. A. Michaelis, Il dio Pan con le Ore e con ninfe su rilievi votivi greci, in Annali dell'Ist., XXXV (1863), p. 292 segg.; A. Philadelpheus, Der Pan in der antiken Kunst, Atene 1899.