Vedi Panama dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Panamá è uno stato centroamericano che gode di una collocazione geografica particolarmente strategica. Situato sull’istmo che collega l’America centrale a quella meridionale, congiunge due subcontinenti e due oceani, poiché è attraversato dal canale artificiale che collega l’Oceano Atlantico a quello Pacifico.
La Repubblica di Panamá divenne indipendente dalla Colombia nel novembre del 1903, quando un braccio di ferro tra la stessa Colombia e gli Usa, in merito alla gestione dell’istmo panamense e all’eventualità di costruire un canale transoceanico, spinse gli statunitensi a intervenire militarmente a Panamá. La vittoria statunitense inaugurò un periodo di protettorato in cui Panamá mantenne un’indipendenza formale. Il 18 novembre 1903 Washington riuscì a concludere con la neonata repubblica un vantaggioso accordo (noto come Trattato Hay-Bunau-Varilla), che permetteva agli Usa non soltanto il diritto di costruire il canale, ma anche di amministrarlo per un tempo indefinito. Dal 1914, anno di apertura del canale, il trattato è stato spesso oggetto di contenzioso diplomatico e di tensione tra i due paesi. In particolare, il 9 gennaio del 1964, da allora noto come ‘Giorno dei martiri’, le tensioni tra studenti panamensi e soldati americani, di stanza nella cosiddetta ‘Zona del Canale di Panamá’ in conformità con quanto disposto nel trattato, sfociarono in violenti e sanguinosi scontri. Il ricordo di questo episodio e delle vittime, rievocato ogni anno come ricorrenza nazionale nella piccola repubblica centroamericana, ha costituito uno dei motivi che hanno spinto gli Usa a rivedere la loro posizione sulla questione panamense e dare avvio alla rinegoziazione delle prerogative sul canale. Il processo si è concluso nel 1977 con due nuovi accordi. I nuovi trattati, firmati dall’allora presidente statunitense Jimmy Carter e dal dittatore panamense Omar Torrijos, stabilirono una tempistica definitiva (fissata al 31 dicembre 1999) per il ritorno nelle mani panamensi tanto della gestione del canale, quanto della sovranità sulle zone a esso limitrofe. Il passaggio si è puntualmente verificato.
Panamá è una repubblica presidenziale in cui le funzioni legislative sono affidate a un governo, guidato dal presidente, e a un parlamento monocamerale (Assemblea nazionale): l’attuale presidente è Juan Carlos Varela, eletto nel maggio 2014 con il 39% dei voti. L’elezione di Varela ha segnato il passaggio di consegne al vertice dal partito di centro-destra Cambiamento democratico al Partito panameñista, esponente della ‘Terza via’.
La storia di Panamá è segnata da alcuni colpi di stato e regimi militari dittatoriali. Nel 1984 il generale Manuel Noriega prese il potere imponendo un regime autoritario, caratterizzato dalla soppressione delle libertà civili, dalla repressione dell’opposizione politica e dal coinvolgimento in attività di riciclaggio e traffico di droga. Il generale Noriega fu deposto e catturato dalle forze statunitensi, intervenute nel 1989 nell’ambito della cosiddetta operazione ‘Just Cause’. Da allora gli Usa sono di nuovo il maggior partner commerciale e politico del paese. Nel 2007 hanno firmato un importante accordo di libero scambio (approvato dal Congresso americano nel 2011). L’accordo stipulato da Panamá con gli Usa rientra nella strategia del governo di migliorare i legami con i più importanti partner commerciali, come l’Unione Europea e alcuni paesi dell’Asia. Panamá punta ai mercati asiatici aspirando alla membership all’Alleanza del Pacifico (Ap), il gruppo economico composto da quattro stati del Sudamerica, il cui scopo è appunto espandere le rotte commerciali verso l’Asia. Un passo in avanti per l’accesso all’Ap è stato compiuto il 20 settembre 2013, con la firma di un accordo di libero scambio con uno dei paesi membri, la Colombia: le due nazioni intrattengono già rapporti commerciali annui per un valore di 2,8 miliardi di dollari. Con l’Eu, invece, Panamá, assieme ad altri paesi dell’America centrale, ha firmato nel 2012 un accordo di associazione che favorisce l’apertura ai mercati di beni, appalti pubblici, servizi e investimenti per tutti i partner.
L’economia del paese è naturalmente connessa al canale e dipende dai pedaggi ricavati dalle migliaia di navi che vi transitano ogni anno e dal settore dei servizi collegati. In generale, l’economia panamense si basa su un settore dei servizi ben sviluppato, che compone oltre i tre quarti del pil. I servizi comprendono il funzionamento e la logistica del canale, oltre che della ‘Zona del Canale di Panamá’, le assicurazioni, il turismo e il settore bancario. La bassa imposizione fiscale e le esigue misure per il controllo delle transazioni finanziarie hanno reso Panamá un ‘paradiso fiscale’, motivo per cui il paese è stato inserito nella ‘lista grigia’ dell’Oecd. Lo stato, tuttavia, dimostra un crescente impegno per lo scambio di informazioni fiscali con altre giurisdizioni, con l’obiettivo di rispettare gli standard fissati dal Global Forum. L’ultimo decennio ha coinciso con una crescita rilevante dell’economia panamense, il cui pil è aumentato a tassi annui medi del 5,5% circa. Lo sviluppo è stato trainato anche da imponenti progetti di infrastrutture e dagli investimenti stranieri, pari al 10% del pil sia nel 2011 sia nel 2012. La forte crescita non si è tradotta però in una ricchezza condivisa: Panamá è ancora il paese dell’America Latina con il secondo peggiore dato nella distribuzione del reddito. Circa il 30% della popolazione vive in povertà. In compenso, tra il 2006 e il 2012 tale fenomeno è stato ridotto di 10 punti percentuali e la disoccupazione è scesa dal 12% al 4,5%.
Un ulteriore impulso all’economia è atteso per i vantaggi derivanti dall’ambizioso progetto approvato nel 2006 (dal costo di 5,3 miliardi di dollari) che prevede la costruzione di un terzo gruppo di chiuse per il canale. I lavori di ampliamento, il cui termine è previsto per aprile 2016, dovrebbero raddoppiare la capacità di transito e portata del canale. Ciò permetterebbe non solo di aumentare il numero di navi che lo attraversano, ma aprirebbe anche il transito a quelle con tonnellaggi maggiori, come le più grandi portacontainer e petroliere in circolazione, significativamente classificate con il nome di ‘Post-Panamax’ poiché non possono transitare per il canale. Sono così previsti rilevanti aumenti di entrate nelle casse panamensi, soprattutto in considerazione dell’ingente traffico merci proveniente dall’Asia orientale, che quotidianamente viaggia via container verso il Nord America e che, se oggi congestiona i porti sulla costa pacifica degli Usa, in futuro potrà distribuirsi anche sui porti atlantici e del Golfo del Messico, con rilevanti sgravi nelle spese di spedizione e trasporto.