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Panamá è uno stato centroamericano che beneficia di una collocazione geografica particolarmente rilevante dal punto di vista strategico. Situato sull’istmo che collega l’America centrale a quella meridionale, il paese congiunge infatti due subcontinenti e due oceani, essendo attraversato da un canale artificiale che collega l’Oceano Atlantico a quello Pacifico.
La Repubblica di Panamá divenne indipendente dalla Colombia nel novembre del 1903, quando un braccio di ferro tra la stessa Colombia e gli Stati Uniti in merito alla gestione dell’istmo panamense e all’eventualità di costruire un canale transoceanico portò questi ultimi a intervenire militarmente a Panamá. La vittoria statunitense creò le condizioni per l’inizio di un periodo di protettorato degli Stati Uniti su un Panamá formalmente indipendente. Due settimane più tardi Washington riuscì a concludere con la neonata repubblica un vantaggioso accordo (noto come Trattato Hay-Bunau-Varilla), che accordava agli Stati Uniti non solo il diritto di costruire il canale, ma anche di amministrarlo per un tempo indefinito. A partire dal 1914, anno di apertura del canale, il Trattato è stato spesso oggetto di contenzioso diplomatico e di tensione tra i due paesi. Per esempio, il 9 gennaio del 1964, da allora noto come ‘Giorno dei martiri’, le tensioni tra studenti panamensi e soldati americani, di stanza permanente nella cosiddetta ‘Zona del Canale di Panamá’ in conformità con quanto disposto nel Trattato, sfociarono in violenti e sanguinosi scontri. Il ricordo di questo episodio e del suo prezzo in termini di vittime, celebrato come ricorrenza nazionale nella piccola repubblica centroamericana, fu una delle motivazioni che spinsero gli Stati Uniti a rivedere la propria posizione sulla questione panamense e a dare avvio a un processo di rinegoziazione delle proprie prerogative sul canale, formalizzatosi nel 1977 in due nuovi accordi. I nuovi trattati, firmati dall’allora presidente statunitense Jimmy Carter e da quello panamense Omar Torrijos, stabilirono una tempistica definitiva (fissata al 1999) per il ritorno nelle mani panamensi tanto della gestione del canale, quanto della sovranità sulle zone a esso limitrofe.
Panamá è una Repubblica presidenziale in cui le funzioni legislative sono affidate a un governo, guidato dal presidente, e a un parlamento monocamerale (Assemblea nazionale): l’attuale presidente è Ricardo Martinelli, eletto nelle scorse elezioni del maggio 2009. La storia di Panamá ha conosciuto tuttavia colpi di stato e regimi militari dittatoriali. È questo il caso del generale Manuel Noriega, che nel 1984 assunse il controllo dello stato imponendo un regime oppressivo, caratterizzato dalla soppressione delle libertà civili, dalla repressione dell’opposizione politica e dal coinvolgimento in attività di riciclaggio e traffico di droga. Il generale Noriega fu deposto e catturato dalle forze statunitensi, intervenute nel paese nel 1989 nell’ambito della cosiddetta operazione ‘Just Cause’. Da allora gli Stati Uniti hanno ripreso ad essere il maggior partner commerciale e politico del paese, restituendo ai panamensi la gestione del canale il 31 dicembre del 1999 e negoziando con questi un importante accordo di libero scambio (firmato nel 2007, ma ancora in attesa di ratifica da parte del Congresso americano).
Non è tuttavia solo la storia politica di Panamá a essere indissolubilmente legata a quella del suo canale: anche l’economia del paese ne è infatti profondamente connessa, dipendente com’è dai pedaggi ricavati dalle migliaia e migliaia di navi che vi transitano ogni anno e dal settore dei servizi collegati al canale.
L’economia panamense è marcatamente basata sul terziario: molto fiorenti sono l’attività turistica e quella commerciale. La bassa imposizione fiscale e le esigue misure per il controllo delle transazioni finanziarie, inoltre, fanno di Panamá uno dei cosiddetti paradisi fiscali del mondo, e per questo il paese è stato inserito nell’apposita ‘lista grigia’ che l’Oecd stila annualmente.
L’ultimo decennio ha coinciso con una crescita rilevante dell’economia panamense, il cui pil è aumentato a tassi annui medi intorno al 5,5%, con picchi superiori al 10% come nel biennio 2007-08, e punte minime, seppur sempre in positivo, registrate solo in corrispondenza di anni di crisi mondiali come il 2001-02 (rispettivamente 0,6% e 2,2%) e il 2009 (2,4%).
Dall’ottobre del 2006, inoltre, un referendum popolare ha approvato la costruzione di un terzo gruppo di chiuse per il canale. I lavori di ampliamento, il cui termine è previsto per il 2014, dovrebbero raddoppiare la capacità di transito e portata del canale. Ciò permetterebbe non solo di aumentare il numero di navi che lo attraversano, ma aprirebbe anche il transito a quelle con tonnellaggi maggiori, come per esempio le più grandi portacontainer e petroliere in circolazione, significativamente classificate con il nome di ‘Post-Panamax’ in quanto fino ad oggi impossibilitate a transitare per il canale. Sono così previsti rilevanti aumenti di entrate nelle casse panamensi, specie in considerazione dell’ingente traffico merci proveniente dall’Asia orientale, che quotidianamente viaggia via container verso il Nord America e che, se oggi congestiona i porti sulla costa pacifica degli Stati Uniti, dal 2014 potrà distribuirsi anche sui porti atlantici e del Golfo del Messico, con rilevanti sgravi nelle spese di spedizione e trasporto.