Panamá
(XXVI, p. 163; App. I, p. 919; II, ii, p. 497; III, ii, p. 357; IV, ii, p. 728; V, iv, p. 36)
Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Popolazione
La popolazione, che nei primi anni Ottanta non arrivava ancora ai 2 milioni di ab., a una stima del 1998 si avvicinava ai 2,8 milioni. Tale incremento è dovuto prevalentemente alla componente naturale, che vede una natalità di poco inferiore al 20‰ (1997) contrapporsi a una mortalità singolarmente bassa (3,6‰). L'incidenza dei movimenti immigratori, un tempo di segno positivo e rilevanti, è venuta progressivamente meno, mentre permangono intensi gli spostamenti interni verso i bordi del Canale e verso le città di Panamá e Colon, divenute meta di particolare attrazione demografica.
Condizioni economiche
La situazione economica e sociale di P. appare contrassegnata da notevoli diseguaglianze e contraddizioni, uno scenario che i contrasti politici creatisi sul finire degli anni Ottanta con gli Stati Uniti, nonché il successivo intervento militare di quest'ultimo paese, non hanno fatto che aggravare: alla riduzione delle quote di importazione di zucchero e del movimento navale (con conseguente contrazione dei dazi di transito) da parte statunitense si sono aggiunti i danni bellici (stimati a circa la metà del prodotto interno lordo) e il successivo dissesto del sistema produttivo.
In virtù degli accordi del 1977, P. ha recuperato, nel 1999, la piena sovranità sulla Zona del Canale, ma l'abbandono delle basi militari statunitensi ha causato un certo danno economico al paese, poiché esse apportavano circa 300 milioni di dollari ogni anno e offrivano circa 5000 posti di lavoro.
Come in altre realtà dell'America Centrale sono in atto massicce privatizzazioni e il governo persegue una politica liberista che privilegia l'apertura agli scambi con l'estero e tenta di ridurre l'elevato debito pubblico. Tale trasformazione strutturale sta richiedendo notevoli costi sociali e, sebbene l'economia panamense abbia registrato negli ultimi anni un periodo di relativa espansione (nel 1998 il PIL è aumentato del 3,8%, mentre il tasso di inflazione, pari all'1,2% nello stesso anno, è il più basso dell'America Latina), di questa continua a beneficiare soltanto una ristretta percentuale della popolazione, e, secondo stime internazionali, oltre il 50% delle famiglie che vivono nelle zone rurali permane in condizioni di estrema povertà.
L'economia della repubblica rimane fondata sull'attività del Canale omonimo e sugli introiti derivanti dalla flotta mercantile. Grazie alle facilitazioni fiscali (oltre che sindacali) la marina battente bandiera panamense ha superato gli 89 milioni di t di stazza lorda (1998) ed è quindi di gran lunga la maggiore del mondo (al secondo posto segue la Liberia con 58,7 milioni di t di stazza lorda). La permissiva legislazione panamense ha favorito anche l'afflusso di capitali esteri (nel paese operano attualmente 105 istituti bancari) e P. si è ormai definitivamente affermata come una delle principali piazze finanziarie off-shore. Complessivamente nel 1997 il settore dei servizi ha partecipato alla formazione del prodotto interno lordo per il 73,6%, con un riscontro occupazionale altrettanto rilevante (oltre il 64% della popolazione attiva).
L'agricoltura e l'industria rimangono attività di secondo piano. La prima presenta ancor oggi il tradizionale sdoppiamento fra un settore di sussistenza, incapace di far fronte al fabbisogno interno, basato sulla piccola proprietà contadina e solo da poco tempo sostenuto da capitali e interventi governativi, e un settore commerciale più progredito, indirizzato all'esportazione di prodotti di piantagione, dove prevale il latifondo e per il quale vi è un largo impiego di capitale straniero. L'industria manifatturiera è ristretta a pochissimi comparti, fra i quali prevale la lavorazione di prodotti agricoli e zootecnici; esistono inoltre alcuni cementifici e raffinerie di petrolio.
La bilancia commerciale è nettamente passiva; nonostante il diradarsi delle relazioni, gli Stati Uniti rimangono il principale partner (36,9% delle importazioni e 46,2% delle esportazioni nel 1997).
Storia
di Alfredo Romeo
Il governo di 'riconciliazione nazionale' del presidente Pérez Balladares, leader del Partido Revolucionario Democrático (PRD), fece ben poco per combattere le tre emergenze indicate nel suo programma come prioritarie: l'aumento dei crimini connessi al traffico di stupefacenti, la disoccupazione crescente e la povertà che affliggeva gran parte della popolazione panamense. L'esecutivo concentrò piuttosto i suoi sforzi nell'applicazione di un piano quinquennale di modernizzazione economica e di incentivazione degli investimenti esteri, portato avanti a dispetto dei suoi elevati costi sociali.
Il piano del governo puntava sulla riforma del sistema fiscale, sull'abbattimento delle barriere doganali, sulla privatizzazione delle imprese pubbliche, ma soprattutto sull'introduzione di una maggiore flessibilità e sulla riduzione del costo del lavoro per assicurare maggiore competitività alle esportazioni panamensi. Fu inoltre avviato un processo di revisione del sistema pensionistico, contro il quale nell'ottobre 1996 scesero in piazza nella capitale oltre 40.000 impiegati pubblici.
Nel giugno 1996, il venir meno del sostegno di alcune formazioni minori costrinse il governo a ritirare, per mancanza della necessaria maggioranza qualificata in Parlamento, un suo disegno di legge di amnistia di cui avrebbero beneficiato quasi mille ex ufficiali del generale Noriega, in maggioranza membri del PRD. Nello stesso anno, due scandali minarono la credibilità dell'esecutivo, frustrandone gli sforzi per migliorare l'immagine internazionale del paese, considerato uno dei centri mondiali del riciclaggio di denaro proveniente da affari illeciti e del traffico internazionale di droga.
A maggio emersero le prove del coinvolgimento in operazioni di 'lavaggio' di denaro sporco di una banca commerciale da poco fallita, nel cui Consiglio di amministrazione sedevano esponenti di spicco del PRD, mentre a giugno, dopo alcune indiscrezioni apparse sulla stampa internazionale, il presidente Pérez Balladares fu costretto ad ammettere che la sua campagna elettorale del 1994 era stata in parte finanziata da un cittadino colombiano legato al cartello dei narcotrafficanti di Cali.
Di fronte all'acutizzarsi dello scontento nel paese per la corruzione della classe politica da un lato, e, dall'altro, per la politica neoliberista del governo, Balladares promosse un referendum popolare per rimuovere la norma costituzionale che vietava al presidente in carica di candidarsi per un secondo mandato consecutivo. Le preoccupazioni per una possibile svolta autoritaria, alimentate dagli stretti legami di Balladares con l'ex dittatore Noriega (il cui regime era stato rovesciato da un intervento militare statunitense nove anni prima), si saldarono con il malcontento popolare per i costi sociali delle riforme economiche: il 30 agosto 1998 la popolazione si espresse a larga maggioranza (64% dei voti) contro l'ipotesi di riforma costituzionale. La perdita di consensi del governo Balladares si tradusse infine nei risultati elettorali del maggio 1999, quando le elezioni presidenziali videro la vittoria di M. Moscoso (vedova dell'ex presidente Arnulfo Arias e candidata della lista di centro-destra, l'Unione di Panama, che, su toni populisti, aveva incentrato la campagna elettorale sull'occupazione, la lotta alla povertà e la necessità di nuove sovvenzioni all'agricoltura), eletta con il 44,9% dei voti contro il candidato governativo della lista socialdemocratica Nuova Nazione (lista che ottenne tuttavia la maggioranza dei seggi nelle elezioni legislative).
Sul piano internazionale, nella seconda metà degli anni Novanta, P. ha incrementato i suoi rapporti, soprattutto economici, con alcuni paesi dell'area settentrionale del Pacifico (in particolare Giappone, Corea del Sud e Cina), mentre a livello regionale, a partire dalla metà degli anni Novanta, le relazioni con la confinante Colombia conobbero un progressivo peggioramento in seguito all'ingresso nella regione del Darién di migliaia di profughi colombiani, tra i quali numerosi guerriglieri di sinistra e membri di forze paramilitari di destra responsabili di gravi episodi di violenza criminale. I rapporti con gli Stati Uniti rimasero comunque centrali, soprattutto per i problemi connessi alla restituzione da parte degli Stati Uniti del pieno controllo della zona del Canale e del Canale stesso.
Sulla base degli accordi sanciti dai trattati del 1977 (v. App. V, iv, p. 37), nel settembre 1995 furono avviati a Washington nuovi colloqui per discutere dell'eventualità di mantenere la presenza militare statunitense anche dopo il 31 dicembre 1999, data di scadenza per la restituzione del Canale. Tale eventualità, criticata da parte dell'opinione pubblica panamense in quanto ritenuta lesiva della sovranità nazionale, era invece auspicata da quanti temevano le ripercussioni economiche negative che sarebbero potute discendere da un completo ritiro statunitense. I negoziati portarono nel dicembre 1997 alla conclusione di un accordo provvisorio che prevedeva la trasformazione di una delle basi militari statunitensi in un centro regionale antidroga, la cui forza operativa sarebbe stata costituita da contingenti panamensi e di altri paesi latinoamericani, ma soprattutto da circa 2000 soldati statunitensi. L'emergere di differenti punti di vista tra i negoziatori sulla durata del nuovo trattato e i compiti da affidare alle forze statunitensi (Washington chiedeva un patto per almeno una dozzina di anni e il riconoscimento esplicito per le sue truppe di un ruolo che non fosse limitato alla sola lotta alla droga) nonché le proteste dell'opinione pubblica impedirono al governo Balladares, prima, e poi a quello guidato da M. Moscoso (sotto la cui presidenza il Canale tornò sotto il controllo panamense nel dicembre 1999) la conclusione di un accordo definitivo.
bibliografia
C. Guevara Mann, Ilegitimidad y hegemonía. Una interpretación histórica del militarismo panameño, Panamá 1994; S.C. Ropp, Tailoring a new image, in Current history, February 1997, pp. 55-60; M. Falcoff, Panama's Canal. What happens when the United States gives a small country what it wants, Washington 1998.