PAÑCATANTRA (pron. Panciatantra)
"I cinque libri o capitoli" o " [Il testo] che si compone di cinque dottrine". La più celebre silloge novellistica indiana. Vero e proprio trattato, sotto forma narrativa e sentenziosa, di arte politica (nītiśāstra) per istruzione del re e dei ministri e di comune morale pratica, ebbe numerose redazioni in India e, per amplissime migrazioni, numerosissime versioni e rifacimenti, diretti e indiretti, nell'India stessa, in varî altri paesi d'Oriente e in Occidente (v. kalīlah e dimnah).
Mentre il testo originale del Pañcatantra deve essere ascritto a un periodo di tempo non anteriore al sec. II, le redazioni sanscrite giunteci, risalenti a redazioni diverse, appartengono a un'età assai posteriore e risultano elaborate o divulgate, alcune nell'Occidente dell'India (sec. XII), altre nel sud; altre sono contenute in sunto in opere del sec. XI.
La forma del Pañcatantra, come quella di ogni altra delle più antiche sillogi novellistiche indiane, consiste di prosa, nella quale si svolge la narrazione, alternata da strofe in cui sono contenute sentenze che illustrano un asserto precedentemente dato. Alla narrazione principale sono intercalate narrazioni secondarie che non di rado altre ne contengono a loro volta. Dei cinque libri, di cui si compone la silloge, il I ha per titolo: La perdita degli amici, il II: L'acquisto degli amici; il III: [La guerra e la pace] tra i corvi e i gufi; il IV: La perdita dell'acquistato; il V: Le opere fatte inconsideratamente (v. india: Letteratura).
Per edizioni e bibliografia v. kalīlah e dimnah.