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IACOVETTI, Pancrazio

di Rossella Faraglia - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62 (2004)
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IACOVETTI (Jacobetti, Jacovetti), Pancrazio

Rossella Faraglia

Nacque a Calvi dell'Umbria intorno al 1445 da Antonello e Gentilesca. Il suo nome, con la qualifica "pictor", appare in un documento datato 8 marzo 1467 conservato nell'Archivio notarile di Calvi (Santolini, 2001, pp. 25, 157).

Lo J. ricorre in seguito con grande frequenza nei documenti calvesi come testimone o intermediario, a indicare un suo ruolo di rilievo nella comunità cittadina. Intorno al 1470 dovette probabilmente sposarsi. Nel testamento del padre del 17 marzo 1472 egli, unico figlio maschio, è dichiarato erede universale dei suoi beni, costituiti da diverse proprietà, fatto che gli consentì una notevole agiatezza. Ebbe tre figli, Giovanbattista, notaio a Civita Castellana e priore della chiesa di S. Paolo a Calvi (ibid., p. 87), Rinaldo, anch'egli pittore, e Jacovetto.

Gli affreschi di S. Biagio a Corchiano (nell'odierna provincia di Viterbo) sono tra le sue prime opere conosciute. Solo di recente è stato possibile leggerne la firma, "Pangratius de Carbio pinxit", cui doveva seguire la data, oggi non più leggibile (Santolini, 1995, pp. 51, 71 n. 23), ma che si può ritenere successiva al 1466, quando una bolla di Paolo II, condonando un vecchio credito, rendeva disponibili i fondi per la riedificazione della chiesa e per il completamento della sua decorazione pittorica.

Si tratta di figure e storie di santi (Bernardino, Giorgio e il drago, Giovanni Evangelista, Sebastiano, Giacomo Maggiore, Leonardo,Antonio Abate), dell'Annunciazione, della Natività, di due Madonne in trono, di una Madonna col Bambino tra due angeli reggicandela e santi, di un frammento con un santo vescovo, dipinti sulle pareti sud e nord della chiesa che conserva, nella parete nord, affreschi di Antonio da Viterbo, cronologicamente precedenti alla bolla di Paolo II. Uno dei brani più riusciti del ciclo dello J., l'angelo dell'Annunciazione, ha una tangenza significativa con quello realizzato da Lorenzo da Viterbo nella cappella Mazzatosta nella chiesa viterbese di S. Maria della Verità, terminata nel 1469.

Stilisticamente prossimo a questi affreschi è quello con la Madonna in trono col Bambino e i ss. Agostino e Andrea in un'edicola esterna della chiesa di S. Agostino a Narni. Altre opere eseguite a Narni sono tre stemmi di Sisto IV, per i quali venne pagato dai Priori il 30 giugno 1472 e, forse, un'icona con la Madonna della Consolazione nella cappella Gormaz in S. Giovenale, tipico prodotto di bottega, una delle infinite repliche della copia antoniazzesca della Madonna di S. Maria del Popolo a Roma, diffusissime nell'ottavo decennio del Quattrocento (Id., 2001, pp. 61-63). È interessante notare come gli affreschi di Narni e di Corchiano, ancor prima della individuazione del nome dell'artista in questi ultimi, fossero stati ascritti dalla critica a un medesimo artista, per alcuni un "Panciatico", per altri Lorenzo da Viterbo o un suo seguace detto Maestro di Corchiano (Id., 1995, p. 51) e messi in relazione con un'opera successiva, la tavola con le Nozze di s. Caterina e il Battista allogata il 30 nov. 1477 da due cittadini di origine corsa per decorare l'altare dedicato alla santa in S. Maria della Verità a Viterbo (oggi conservata nel Museo civico della città). Una lettura non accurata del documento di allogazione aveva condotto a individuare l'autore in "Panciatico di Antonello da Calvi", ma si è successivamente compreso che il nome del pittore doveva essere letto come Pancrazio (ibid., p. 49).

Il raffronto tra la tavola di Viterbo e gli affreschi di Corchiano e di Narni fa emergere una personalità pittorica che, con esiti discontinui, appare caratterizzata dalla "fusione di modelli umbri e viterbesi" (ibid., p. 69 n. 6), molto vicina a quella del pittore antoniazzesco attivo nel ciclo nel monastero di Tor de' Specchi a Roma, terminato nel 1464 (Van Marle). Le riprese da prototipi di Antoniazzo Romano sono, con rare eccezioni, ancorate dal punto di vista cronologico alle opere del maestro della fine degli anni Sessanta. Ciò è legato al gusto arcaicizzante tipico della committenza locale, che faceva prediligere le ieratiche immagini del primo Antoniazzo (Santolini, 1995, p. 61), precedenti cioè al 1475, quando il pittore romano iniziò la sua collaborazione con il Ghirlandaio. Altro apporto decisivo, specie per la resa delle prospettive e dello spazio, fu quello di Benozzo Gozzoli che a Viterbo lavorò dal 1453 (affreschi con la Vita di s. Rosa nella chiesa delle clarisse, oggi perduti, ma documentati da alcuni disegni).

Vicina agli affreschi corchianesi e alla tavola di Viterbo, e databile quindi tra l'ottavo e il nono decennio del XV secolo, è una Madonna della Misericordia in S. Maria delle Grazie a Magliano Sabina, ancora leggibile nonostante un poco felice restauro subito nel 1957.

Non si conoscono il luogo e la data di morte dello J., che però doveva essere forse già avvenuta nell'aprile del 1513, quando i tre figli vendettero un appezzamento di terra di proprietà della famiglia ancora indiviso. Comunque in un documento del 1516 Rinaldo è definito figlio del defunto maestro P. (Id., 2001, pp. 28, 165).

Fonti e Bibl.: G. Eroli, Descrizione delle chiese di Narni e suoi dintorni, Narni 1898, p. 284; V.E. Aleandri, Corchiano e alcuni suoi monumenti, in Arte e storia, s. 4, XXIX (1910), 1, pp. 18-25; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, XV, The Hague 1934, pp. 335-338; F. Todini, La pittura umbra dal Duecento al primo Cinquecento, I, Milano 1989, p. 255; Dall'Albornoz ai Borgia. Questioni di cultura figurativa nell'Umbria meridionale. Atti del Convegno, Amelia… 1987, Todi 1990, pp. 363 s.; A. Cavallaro, Antoniazzo Romano e gli antoniazzeschi. Una generazione di pittori nella Roma del Quattrocento, Udine 1992, pp. 44-49, 135-139, 211-216; S. Santolini, Una nuova figura di artista umbro della fine del Quattrocento: P. J. da Calvi, in Storia dell'arte, 1995, n. 83, pp. 48-81; Id., Presenze antoniazzesche nell'Umbria meridionale: da P. J. a Evangelista Aquili, in Le due Rome del Quattrocento, Melozzo, Antoniazzo e la cultura artistica del '400romano. Atti del Convegno… 1996, a cura di S. Rossi - S. Valeri, Roma 1997, pp. 48-54; Id., I pittori del sacro: P. e Rinaldo Iacovetti da Calvi: una famiglia di pittori umbri tra XV e XVI secolo, Arrone 2001.

Vedi anche
affresco Tecnica pittorica consistente nello stendere colori diluiti con acqua su uno strato di intonaco fresco che, asciugandosi, forma una superficie dura e compatta che fissa il colore (➔ pittura). cappella architettura Edificio di culto di piccole dimensioni, isolato in modo da costituire un corpo autonomo; o ambiente, più o meno importante per forme e dimensioni, compreso, con la stessa destinazione di culto, nell’ambito di un maggiore e più complesso organismo architettonico, come la cappella di un palazzo ... santo Secondo l’accezione originaria, ciò che è inviolabile in quanto protetto da una sanzione: gli ambasciatori, i tribuni della plebe, le mura, le porte; quindi, in genere, tutto ciò che, consacrato da una legge morale o religiosa, è per ciò stesso inviolabile, o ciò che, per comune consenso degli uomini, ... altare Superficie piana, talvolta a livello del suolo, più spesso elevata, su cui si compiono sacrifici (semplici offerte o immolazioni di vittime) alla divinità. È compreso nel numero delle installazioni rituali della maggior parte delle religioni conosciute.  antichità I primi esempi di altare, risalenti ...
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pancràzio²
pancrazio2 pancràzio2 s. m. [lat. scient. Pancratium, dal gr. παγκράτιον, nome di una pianta bulbosa descritta da Dioscoride]. – Genere di piante amarillidacee con poche specie della regione mediterranea e dell’India, di cui una, detta...
pancràzio¹
pancrazio1 pancràzio1 s. m. [dal lat. pancratium, gr. παγκράτιον comp. di παν- «pan-» e κρατός «forza»]. – Disciplina sportiva degli antichi Greci, in cui si fondevano il pugilato (senza uso del cesto) e la lotta, della quale erano ammesse...
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