CENAMI, Pandolfo
Nato a Parigi da Guglielmo e da Marie de Daunes, non è possibile determiname con certezza la data di nascita, che è, tuttavia, da collocare intorno al 1480. Sappiamo infatti che nel 1484 Guglielmo moriva, lasciando i due figli minorenni, il C. e Giovanni, sotto la tutela degli zii Iacopo e Marco.
Il C. si trasferì a Venezia e qui si dedicò ad attività mercantili e di banco. Aveva tuttavia conservato con la Francia legami di famiglia e di interesse molto stretti, come prova, fra l'altro, una lettera indirizzata al fratello del 7 luglio 1515 (ed. in Mirot, p. 179). In quest'ultima venivano elencati a Giovanni tutti i componenti della famiglia del C.: la moglie Isabetha e i tre figli, Giulia, Fabrizio e Giusfredo, che, in quell'anno, avevano rispettivamente quindici, dodici e quattro anni. Un flusso continuo di notizie provenienti da Lione, Parigi, Lucca e Anversa raggiungeva il C. e, per suo tramite, il governo e gli abitanti di Venezia.
Nel 1511 la Repubblica lucchese lo incaricò di assumere, come insegnante, a nome della città, il maestro Giano Parrasio, in quel momento di passaggio nel Veneto. Il C. consegnò al Parrasio 50 ducati, per conto del governo lucchese, più 25 di sua tasca e due tappeti, e gli affidò poi alcune lettere che il maestro avrebbe dovuto portare a Bologna. Quest'ultimo, però, intascato il compenso, si affrettò a sparire. In una lettera del 16 maggio 1511, indirizzata ai tre preposti alle Lettere a Lucca, il C., nello spiegare ai concittadini come si fosse fatto truffare, ricordava che "queste pratiche sono extracte da le mercantili e non vi si potea usar chosì il rigliore della sighurtà, ne si onestamente come in le mercantili" (Berengo, p. 267). Nonostante il grave smacco da lui subito, il C. concludeva il suo scritto con queste parole: "anchora lo non abbi lettere, son tanto amator di quelle che, se non fosse tardi, lasserei ogni altra chosa per andare ad impararle da maestro Ioanni Parrhasio, dovunque si trovasse". L'interesse che il C. nutriva per le lettere e la scienza è testimoniato da Bernardo Silvani, uno studioso che aveva curato nel 1522 una nuova edizione della Geografia di Claudio Tolomeo. Il Silvani, nella lettera dedicatoria ad Andrea Acquaviva, a cui indirizzava la sua opera, diceva di aver proceduto alla correzione ed edizione su esortazione del C., uomo "solertissimi ingenii".
È certo tuttavia che questi interessi restavano ai margini dell'attività del C., che, in questi anni, si occupava di affari che andavano dai traffici di pietre preziose fino al commercio del grano. Oltre agli. impegni commerciali, talvolta il C. si trovava a dover sbrigare anche qualche incarico diplomatico. Spesso, infatti, il governo lucchese non esitava a servirsi di lui come proprio portavoce.
Nel 1522, per esempio, il C. veniva eletto dal Senato lucchese per dare notizia ai Veneziani dei tumulti provocati dai Poggi. Si univa la preghiera di non dare asilo ai fuorusciti poggeschi.
Intorno al 1530 il C. aveva certamente raggiunto a Venezia una posizione di primaria importanza per reputazione e consistenza patrimoniale: se così non fosse stato, certamente non avrebbe potuto fungere da tramite fra Francesco I e Venezia.
Nell'agosto 1526 il re di Francia doveva far pervenire all'alleata, unita a lui nella lega di Cognac, 20.000 scudi per il pagamento delle truppe. Il C., incaricato dell'operazione, veniva a trovarsi in una situazione delicata: infatti l'ordine di pagamento di Francesco tardava a giungere, mentre, dal canto loro, i Veneziani facevano ogni possibile pressione per ottenere il denaro. Infine il C. decideva di effettuare la rimessa pagando di tasca propria e accettava le garanzie offerte da Giovanni Pisani, figlio del procuratore Alvise.La pace di Cambrai fu annunziata al C. da una lettera dei Buonvisi, scritta da Lucca il 7 ag. 1529, nella quale si assicurava che l'accordo era stato raggiunto. Di lì a qualche anno lettere meno rassicuranti giungevano a Venezia da Lucca (cfr. Sanuto). Nel 1531 il C. veniva avvisato da Pietro Fiorentino e da Martino Buonvisi del grave disagio in cui si trovava il governo lucchese a causa del moto degli straccioni. Egli, naturalmente, condivideva la tendenza rappresentata dalle maggiori famiglie, e inviava un contributo finanziario per il reclutamento di un contingente di armati camaioresi, quello stesso che il 18 nov. 1531 avrebbe tentato, senza fortuna, di entrare in Lucca.
Nell'agosto 1533 il C. serviva ancora una volta Francesco I, in un affare molto meno importante, ma delicato: Anne de Montmorency lo incaricava, con un altro mercante lucchese, Micheli, di far pervenire a Pietro Aretino una catena d'oro e 100 scudi che venivano offerti dal re e dal cardinale di Lorena per mettere a tacere la penna velenosa dello scrittore.
Non si hanno notizie circa l'esatta data di morte del C. che comunque si colloca intorno al 1540.
Fonti e Bibl.: Lucca, Bibl. governativa, ms. 1110 [sec. XVIII]: G. V. Baroni, Notizie geneal. delle famiglie lucchesi, cc. 47, 48; Ibid., ms. 73:A. Jova, Annali historici della città di Lucca, III, c. 1103; Lettere scritte a Pietro Aretino, a cura di T. Laudomi, I, 1, Bologna 1873, p. 317; M. Sanuto, I Diarii, Venezia 1879-1903, XX, p. 318; XL, pp. 222, 533; XLII, pp. 413, 445, 448, 456, 458, 500, 550; XLVII, pp. 20, 555; XLIX, p. 412; L, p. 268; LI, p. 519; LVII, p. 298; LVIII, pp. 562, 670; C. Sardi, Dei mecenatilucchesi nel sec. XVI, in Atti della R. Accad. lucchese di scienze, lettere ed arti, XXI (1882), p. 553; P. Barsanti, Il pubblicoinsegnamento a Luccadal sec. XIV alla fine del sec. XVIII, Lucca 1905, pp. 132, 216, 218; L. Mirot, Etudes lucquoises, Les Cenome, in Bibliothèque de l'Ecole des Chartes, XCI (1930), p. 379; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del 500, Torino 1965, p. 267.