RUCELLAI, Pandolfo (in religione fra Santi)
– Nacque a Firenze il 13 agosto 1436, da Giovanni di Paolo Rucellai e da Iacopa di Palla Strozzi.
Il padre, messo da giovane al banco degli Strozzi a farvi l’apprendistato mercantile, si era guadagnato infatti la considerazione e l’affetto di Palla Strozzi, all’epoca il più facoltoso cittadino di Firenze, che lo associò alla sua impresa e volle che divenisse suo genero (Passerini, 1861, p. 117). Pandolfo ricevette un’educazione sicuramente accurata, dato l’ambiente umanistico nel quale la famiglia era immersa; fu poi indirizzato verso la pratica mercantile, svolgendo una lunga militanza nelle aziende di famiglia, che gli meritò la fama di grande esperto di questioni economico-finanziarie. Pare che fin da ragazzo avesse manifestato una vocazione religiosa, non assecondata però dal padre, che volle per lui, maschio primogenito, un matrimonio strategicamente importante: quello con Caterina di Bonaccorso Pitti, celebrato con grande sfarzo il 7 giugno 1456. Rinsaldando in questo modo i legami con i Pitti, famiglia in quel momento alla testa del partito antimediceo, Giovanni Rucellai intendeva bilanciare la politica familiare, preoccupato per la ‘tenuta’ del potere mediceo all’interno della città.
Caterina morì ancor giovane, nel 1464, lasciando sei figli in tenera età; cinque femmine: Piera, Elisabetta, Alessandra, Ginevra (che avrebbero sposato rispettivamente Carlo Del Benino, Andrea Strozzi, Giovanni Cambi, Alessandro degli Albizzi) e Dianora (che invece avrebbe preso l’abito monacale) e un solo maschio, Paolo (1464-1510) maritato con Lorenza Ginori (Passerini, 1861, tav. XVII; Ristori, 1974, p. 33). Dopo la morte della moglie, Pandolfo si dedicò con grande cura all’educazione dei figli, accentuando il suo impegno in opere caritative e partecipando intensamente alla vita delle confraternite e delle altre congregazioni che innervavano il tessuto sociale, religioso e assistenziale cittadino (pp. 33-35). Fu membro attivo, governatore e amministratore della Compagnia del Ceppo, dell’oratorio di S. Maria Maddalena nel Pian di Mugnone e dei Buonomini di S. Martino, uno dei principali istituti assistenziali della città.
La posizione e il prestigio della famiglia, già di primaria rilevanza, ebbero un’ulteriore impennata nel 1466, con il matrimonio del fratello minore Bernardo con Nannina de’ Medici, sorella di Lorenzo il Magnifico, che rafforzò il legame anche politico tra le due famiglie. Questo significò tra le altre cose per Pandolfo l’assegnazione di maggiori incarichi pubblici: nel maggio-giugno del 1469 fu chiamato a far parte della Signoria, mentre nel 1473 fu uno dei consoli della Zecca. Lo stesso anno fu anche incaricato dalla Repubblica di una missione diplomatica a Ferrara, in occasione delle nozze tra Ercole I d’Este ed Eleonora d’Aragona (Négociations..., a cura di A. Desjardins, I, 1859, p. 599). Malgrado questo e altri incarichi politici e istituzionali che anche in seguito gli furono assegnati, Pandolfo non ebbe propensione per la politica e la diplomazia, come mostrano le sue vicende personali successive e come emerge chiaramente se si confronta il suo tutto sommato scarno curriculum pubblico con quello di molti altri esponenti di primo piano del ceto patrizio fiorentino, a cominciare dal fratello Bernardo. Questo non toglie che in città egli si fosse acquistata fama di uomo autorevole, per ricchezza, prestigio familiare, comprovata esperienza nelle questioni commerciali e finanziarie, ma anche per rettitudine personale.
L’esistenza di Pandolfo entrò in una nuova fase a seguito dello scossone istituzionale del novembre-dicembre 1494, che portò alla cacciata di Piero de’ Medici e al varo della rinnovata repubblica popolare direttamente ispirata da Girolamo Savonarola.
Con il frate ferrarese Rucellai era già in rapporti fin dal suo primo soggiorno fiorentino (1482-87), come mostra una lettera del 4 agosto 1487, facente parte di un cospicuo nucleo di carte di quest’ultimo (in particolare lettere) individuato da Renzo Ristori nel fondo dell’ospedale di S. Matteo, istituto che fu erede di Pandolfo alla sua morte (Archivio di Stato di Firenze, Ospedale di S. Matteo, 30, c. 295; Ristori, 1974, pp. 35, 41-47). Già ai primi di novembre del 1494, egli fu incaricato dalla Repubblica, assieme a Tanai Nerli, Pier Capponi, Giovanni Cavalcanti e lo stesso Savonarola, di un’importante missione presso Carlo VIII, in procinto di raggiungere Firenze. La missione aveva lo scopo di riparare all’operato di Piero de’ Medici, che aveva appena ceduto al re francese le principali fortezze dello Stato. Di lì a poco, seguirono altri importanti incarichi: nel gennaio del 1495 fu nominato tra gli Ufficiali alle grazie, magistratura investita dei delicati problemi legati al tema della revisione delle imposte – una delle bandiere programmatiche agitate da Savonarola fin dagli esordi del nuovo regime – ma non poté esercitare la carica risultando egli stesso «a specchio», vale a dire fiscalmente moroso (p. 36); il 12 febbraio fu eletto dal Consiglio grande tra i sedici cittadini incaricati di realizzare una delle più sentite riforme fiscali annunciate dal regime instaurato con le leggi di riforma del dicembre 1494: l’istituzione, in luogo del precedente catasto, di una nuova imposta – la decima – gravante sui soli beni immobili. Una riforma dal forte significato politico, tenacemente voluta da Savonarola, la quale incontrava il consenso di quel largo ceto medio artigianale e mercantile che costituiva la base portante del nuovo governo ‘popolare’. Pandolfo, prescelto tra i sedici Ufficiali di decima per la sua riconosciuta competenza in campo finanziario, ma anche come fiduciario e seguace del frate ferrarese, ebbe certamente un ruolo di rilievo nella fase di impostazione della riforma, ma dovette dopo qualche mese lasciare la carica, a seguito della sua elezione, il 18 maggio 1495, nei Dieci di Balìa (Archivio di Stato di Firenze, Catasto, 2, c. 145r; Martelli, 1997, pp. 139-142).
Malgrado l’ascendente fortissimo che Savonarola aveva in città, la situazione della Repubblica rimaneva assai difficile, dal punto di vista sia interno sia internazionale. Alla fine di maggio del 1495 fu deliberato l’invio a Carlo VIII di tre nuovi ambasciatori di alto profilo e di piena fiducia. Tra questi figurava anche Rucellai, che però rinunziò all’incarico e di lì a pochi giorni entrò nel convento di S. Marco, ricevendo il 2 giugno l’abito di frate domenicano dallo stesso Savonarola e assumendo il nome di fra Santi (Ristori, 1974, pp. 39-41).
Trascorse nel convento di S. Marco circa due anni, fino alla morte avvenuta il 23 maggio 1497, durante i quali fu fedele e autorevole collaboratore di Savonarola, occupandosi di questioni religiose ma anche di gestione, come mostra la citata documentazione conservata nell’archivio dell’ospedale di S. Matteo.
Fu in questi ultimi anni della vita che scrisse, su richiesta di Savonarola, due brevi trattati, uno sui cambi, a lui dedicato, l’altro sul Monte comune e sul Monte delle doti, nei quali, alla luce delle sue grandi competenze tecniche in materia, dibatteva dal punto di vista della liceità morale e religiosa la delicata questione dei prestiti a interesse (De Roover, 1953, pp. 3-41; Fumagalli, 1977, pp. 301-332).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Raccolta Sebregondi, 4623; Raccolta Ceramelli Papiani, 4134; Ospedale di S. Matteo, 30, cc. 251-574; Tratte, 83, c. 157; Catasto, 2, cc. 143r, 157v; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di A. Desjardins, I, Paris 1859, pp. 598-606.
L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Rucellai, Firenze 1861, tavv. XVI-XVII e pp. 115-158; R. De Roover, Il trattato di fra Santi Rucellai sul cambio, il Monte comune e il Monte delle doti, in Archivio storico italiano, CXI (1953), 400, pp. 3-41; L.F. Marks, La crisi finanziaria a Firenze dal 1494 al 1502, ibid., CXII (1954), 402, pp. 40-72; R. Ristori, Un mercante savonaroliano: P. R., in Magia, astrologia e religione nel Rinascimento: convegno polacco-italiano (Varsavia, 25-27 settembre 1972), Wrocław 1974, pp. 31-47; E. Fumagalli, I trattati di fra’ Santi Rucellai, in Aevum, LI (1977), pp. 289-332; R.M. Zaccaria, P. R. da mercante fiorentino a frate domenicano e savonaroliano, in Studi savonaroliani. Verso il V centenario, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1996, pp. 99-103; F. Martelli, Alcune considerazioni sull’introduzione della “decima” a Firenze in epoca savonaroliana, in Savonarola e la politica, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1997, pp. 131-146; Archivio famiglia Rucellai. Inventario analitico, a cura di L. Maccarini, 1997 (datt., v. http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/ pagina.pl? TipoPag= strumcorr&Chiave=23225, 6 marzo 2017).