PANE (XXVI, p. 180)
Gli studî più recenti hanno messo in chiaro come nel complesso processo della panificazione esplichino la loro azione enzimi appartenenti a quasi tutte le classi, sia direttamente presenti nelle farine, sia contenuti nelle sostanze che alle farine normalmente si aggiungono per fare il pane. Diversa è, naturalmente, la loro importanza che, massima per le amilasi, preposte alla degradazione dell'amido, è invece molto scarsa per altri i quali, pur presenti ed operanti, influiscono assai poco sulla panificazione, sia per la loro minima quantità sia per la modesta entità dei substrati sui quali essi agiscono.
Le α-amilasi (destrinogeniche) scindono rapidamente l'amido dando origine a destrine, mentre le β-amilasi (saccarogeniche) separano dall'amido il maltosio lasciando inalterato il resto della molecola. L'azione di questi enzimi comincia ad esplicarsi all'atto dell'impasto sui granuli di amido già intaccati meccanicamente; i granuli integri vengono invece intaccati man mano che, durante la prima fase della cottura, l'amido viene gelatinizzato. Il tipo dei prodotti finali dell'azione delle amilasi (specie dell'α-amilasi) e la loro quantità possono notevolmente influire sulla qualità del pane: è quindi necessario prestare molta attenzione nell'usare prodotti maltati nella confezione del pane.
Anche le proteasi hanno una notevole importanza in panificazione, ma il loro meccanismo d'azione non è, a tutt'oggi, perfettamente chiarito. Le proteasi del frumento sono del tipo della papaina e vengono attivate dalla cisteina e inibite dagli ossidanti. La loro azione non è sensibile nelle normali condizioni di lavorazione e si fa evidente solo dopo una lievitazione eccessivamente lunga. È probabile che i riducenti, oltre alla loro azione attivante sulle proteasi, ne posseggano anche una diretta sul glutine, il quale viene alterato e scisso. Fonti di proteasi che riescono a provocare gravi inconvenienti nella panificazione possono essere i lieviti secchi troppo a lungo conservati o i grani attaccati da alcune specie d'insetti (Eurygaster, Aelia, Dolycoris) che immettono proteasi nei chicchi intaccati. Conseguenza dell'azione delle proteasi è sempre un infiacchimento della pasta ed una rilassatezza del glutine. Il peggioramento dell'impasto provocato dall'uso di una dose eccessiva di farina di malto non si può attribuire al suo contenuto in enzimi proteolitici, ma all'azione dell'α-amilasi.
Tra le esterasi, ha una certa importanza la fitasi, preposta alla scissione dell'acido fitico. Questo acido forma composti insolubili con il ferro, il calcio e il magnesio, che non vengono quindi compiutamente utilizzati nell'alimentazione. Dato che in una farina il fosforo è presente sotto forma di acido fitico per circa l'85% e che questa proporzione è ancora più elevata per le farine scure, risulta chiara l'importanza della fitasi, che in adatte condizioni può scindere durante la lievitazione circa l'80% dell'acido fitico presente ed ovviare così agli inconvenienti da esso provocati.
La scarsità di cereali, in Italia sin dalla guerra di Etiopia ed in altri paesi nel corso della seconda Guerra mondiale, ha fatto sì che venissero impiegati nella panificazione gran numero di succedanei del frumento. Si sono pertanto studiate più a fondo le condizioni di panificazione delle miscele di farina di frumento con i più diversi prodotti (fra i quali i più frequentemente usati sono stati: farine di granturco, segale, avena, orzo, riso, sorgo, leguminose, manioca, soia) e si è ora in possesso di un quadro più completo sulla panificazione delle farine miscelate.
L'esperienza ha dimostrato che una farina di frumento di qualità media può agevolmente sopportare aggiunte di succedanei che si aggirino intorno al 10% e che occorre quindi tener presente la qualità della farina se l'aggiunta deve superare tale limite. Il comportamento alla cottura varia con il tipo di farina aggiunta; con quella di granturco, ad esempio, si può avere una cottura insufficiente, specie se essa non è macinata molto fina. In genere il pane confezionato con farine miscelate trattiene una quantità d'acqua superiore a quella del pane di puro frumento, ed è perciò che in Italia sono stati elevati i limiti di tolleranza del contenuto d'acqua del pane. Talune aggiunte possono essere utili ai fini alimentari (la farina di soia sgrassata - che non deve essere adoperata in proporzioni superiori al 5% - arricchisce notevolmente il frumento in amminoacidi utili) o a quelli della panificazione (l'aggiunta del 2% di farina di fave agisce favorevolmente nei confronti della lievitazione, tanto che in Francia questo supplemento è stato, in alcuni periodi, reso obbligatorio).