PANFILA (Παμϕίλη, Pamphĭla)
Di Epidauro, ma per taluni di origine egizia, figlia del filologo Soteride e sposa del grammatico Socratide (o Soteride?), visse al tempo di Nerone. Ebbe grande fama come donna dottissima, avendo formato la propria cultura nello studio degli antichi e nelle conversazioni col padre, con lo sposo e con gli amici dotti che frequentavano la sua casa.
Dalle sue letture e dai suoi ricordi raccolse il materiale della più varia erudizione, che riunì nei suoi Commentarî storici in 33 libri, larga e preziosa fonte per storici e grammatici (citati spesso da Diogene Laerzio e da Gellio). Taluno ne contesta l'autenticità attribuendoli al padre Soteride, al quale forse si debbono solo i titoli. Favorino ne fece un estratto in quattro libri. A Panfila erano attribuiti tre libri di estratti da Ctesia, che molti credono opera di Socratide, e una raccolta di estratti da altri scrittori. Di lei si ricordava un volume di Controversie e di Cose d'amore (περὶ ἀϕροδισίων). Fozio (Bibl., cod. 175) ne loda lo stile piano, semplice e vario. I framm. in Müller. Fr. Hist. Graec., III, p. 520.
Bibl.: E. Kopke, De hypomn. graecis, Berlino 1842, p. 158; A. Gräfenhan, Gesch. d. kl. Phil. im Altertum, Bonn 1846, III, pp. 397, 402; Christ-Schmid-Stählin, Gesch. d. gr. Litt., II, ii, 5ª ed., Monaco 1913, p. 437.