SASSI, Panfilo
Suo vero nome fu Sasso de' Sassi, cambiato poi per gusto letterario in Panfilo Sassi. Nacque in Modena intorno al 1455. Perduti i beni in seguito a rovesci di fortuna, si ritirò a vivere in una terra del Veronese e alla città di Verona e alle sue glorie accenna in poesie italiane e latine. Di là, dopo un soggiorno a Brescia, tornò in patria, dove pare che tenesse scuola privata di letteratura e poesia. Ma poiché s'intrometteva in questioni filosofiche e teologiche, si attirò nel 1523 un processo per eresia. Queste molestie lo persuasero ad allontanarsi dalla città, e ad accettare la carica di governatore di Lonzano, in Romagna, dove morì nel settembre 1527.
Dotato di tenacissima memoria, gli riusciva facile ripetere componimenti altrui uditi anche una sola volta; così si spiega perché fosse uno dei tanti, che in quel tempo mietevano allori e sbalordivano il pubblico come improvvisatori. E nelle improvvisazioni e nella poesia meditata egli, che pur visse lontano dalle corti, ha tutte le caratteristiche e mostra i particolari difetti di quei verseggiatori cortigiani della seconda metà del sec. XV, la cui poesia fu definita "un secentismo anticipato". Quindi il fare tronfio e reboante, le apostrofi incalzanti, le contorsioni di pensiero e le metafore arrischiate, turgidezza da una parte e frivolità dall'altra, che malamente mascherano, l'una e l'altra, l'assenza di un sentimento profondo ed efficace. Peraltro non è da credere che tutto sia scoria nella vasta produzione di questo fecondissimo verseggiatore. In alcuni sonetti e soprattutto in alcuni di quegli strambotti, coi quali riecheggiò da letterato la poesia popolare, v'è una certa finezza di espressioni e un modo di sentire nient'affatto grossolano e volgare. Nelle elegie latine, delle quali pubblicò un libro, insieme con quattro libri d'epigrammi, a Brescia nel 1499, si nota certa felice disinvoltura nell'uso dell'esametro e del distico, anche se si tratti più che altro di abilità tecnica. Né si vogliono tacere le sue poesie patriottiche, ispirate spesso a nobili sensi, poiché negli anni venturosi che precedettero e seguirono la calata di Carlo VIII, anche il S., in sonetti, in epigrammi, in capitoli, si unì a quella esigua schiera di poeti che tentarono di scuotere l'animo degl'italiani, o almeno piansero, in accenti più o meno sinceri e sentiti, sulla rovina della patria.
Bibl.: Essenziale è sempre l'ampia notizia data da G. Tiraboschi nella Biblioteca modenese, V, pp. 22-34. La bibliografia fino al 1914, in A. D'Ancona, Del secentismo nella poesia cortigiana del sec. XXV, in Pagine sparse di lett. e di storia, Firenze 1914. Cfr. inoltre E. Percopo, Un carme di Ercole Strozzi contro P. S., in Studi di letteratura ital., IV (1902), p. 222 segg.; U. Renda, Il processo di P. S., Modena 1911.