PANNEGGIO
. Antichità. - Il panneggio, cioè il modo di disporre le masse e le pieghe delle vesti nelle opere d'arte figurativa e specialmente nella scultura, ha avuto sempre una notevole importanza nella produzione artistica, e soprattutto in quella classica, in cui per prima esso assunse l'aspetto di un sistema. Nell'arte orientale del secondo millennio a. C. il vestito è stilizzato in modo che riesce difficile riconoscerne i varî elementi reali. Il panneggio serve soprattutto a suddividere in piani architettonici la figura, piani uniformi, aderenti alle forme anatomiche, separati da costole in rilievo, che indicano il distacco fra le varie parti dell'abito. Vengono invece riprodotti con minuzia gli elementi decorativi (frange, cinture), il cui chiaroscuro serve a ravvivare l'insieme. Nelle statue egiziane, in genere, il vestito non s'avverte plasticamente altro che come un piano unito, ricoprente il corpo come una guaina, formando poi lateralmente alla figura masse compatte che concorrono a chiudere la figura in volumi geometrici. Nell'età micenea il drappeggio delle vesti segue osservazioni naturalistiche, ma, data la mancanza di profondità e di evoluzione e. il carattere essenzialmente ornamentale di quell'arte, non si crea un sistema del panneggio, restando fissi alcuni schemi caratteristici sempre ripetuti, come, per es., l'incavo che fa la sottana a volanti fra una gamba e l'altra. In Grecia, nel periodo geometrico e orientalizzante (primi secoli del primo millennio), le forme degli abiti non interessano l'artista: sono i motivi ornamentali, i disegni delle stoffe, i bordi variopinti che vengono riprodotti, mentre la veste stessa forma un piano unico, con accenno, tutt'al più, al contorno di qualche risvolto; ciò in armonia con la visione ornamentale e priva di plasticità inerente a questa fase artistica. L'interesse per il panneggio ha inizio col sec. VI, insieme con quello per i particolari anatomici, e ne abbiamo esempî nelle statue dei Branchidi, nelle korai dell'Acropoli, nella Era di Samo, nel fregio del Monumento delle Arpie, nei vasi attici a figure nere. Caratteristiche: gruppi di pieghe che partono a raggiera dai punti ove la stoffa è fermata da bottoni o fermagli; linee parallele dove la stoffa è libera (maniche e risvolto nella cintura, kolpos); pieghe parallele, a spina, dove la stoffa pende diritta, come fra le gambe delle figure sedute o stanti; piani lisci dove la stoffa aderisce al corpo; accuratissime linee a zig zag ascendenti e discendenti dove si compongono gli orli delle vesti. Quest'ultimo motivo è specialmente prediletto dall'arcaismo maturo, fino a divenire quasi lezioso e indipendente dal corpo che ricopre. Dopo il 480, la reazione nazionale dorica porta all'abbandono, anche in questo campo, delle raffinatezze di gusto ionico di moda sotto i Pisistratidi, e anche i problemi del panneggio vengono affrontati con serietà, abbandonando gli schemi prefissi per approfondire il vero. Panneggio sobrio, con stoffe pesanti; le pieghe minori vengono trascurate dall'artista, che vuol rendere in masse chiare, semplici, ma grandiose, la costruzione fondamentale dell'abito e del corpo sottostante.
Caratteristico per la figura femminile il peplo. (v.). La cintura, posta in alto e nascosta sotto un risvolto (kolpos) su cui ricade l'apoptygma, divide nettamente la figura in due parti. Quella superiore a massa ampia, con poche pieghe decise, che dal contorno interno di ciascuna spalla s'irradiano obliquamente verso il centro della figura, ripetendo in maniera accentuata l'arco formato dalla scollatura rotonda. Altre pieghe, dal vertice delle spalle, lasciate nude le braccia, cadono verticalmente ai lati del busto, creandovi due masse compatte e ricche di chiaroscuro. Sotto all'orlo inferiore dell'apoptygma, la veste forma col suo risvolto sulla cintura una serie di piccole pieghe a occhiello che servono di passaggio alla massa compatta delle lunghe pieghe verticali che accompagnano tutta la persona, creando una massa essenżialmente architettonica analoga alla colonna dorica. Il vestito virile, quando esiste, come negli aurighi (auriga di Delfi), musicanti, sacerdoti, è il chitone stretto da una cintura posta assai in alto, con analogo effetto di pieghe verticali.
Fondamentalmente analogo rimane il panneggio nel periodo classico dell'età di Fidia. Soltanto la massa della stoffa si fa più abbondante. Nella figura femminile poi, con l'introduzione anche in essa dello schema della ponderatio, cioè con il far poggiare il peso del corpo tutto sopra una gamba lasciando l'altra molleggiante e un poco piegata, la massa uniforme delle pieghe verticali nella parte inferiore del corpo resta divisa in due, lasciando apparire come massa chiara, in una delle due metà, la gamba mossa, appena svelata (Atena Medici del Museo del Louvre; Atena del Museo archeologico di Venezia).
Anche il risvolto sulla cintura si fa più abbondante, arricchendo il motivo di trapasso fra parte superiore e inferiore della figura. Nel fregio del Partenone questo motivo è trattato ogni volta con nuova freschezza di osservazione e vi si aggiunge varietà con il distinguere la pesante lana del peplo dal sottile e trasparente lino del chitone. Le norme del panneggio classico sono: non nascondere il corpo e limitare le pieghe a grandi masse, rette da una logica decorativa molto più di quanto non avvenga sul vero, dove appaiono, a volte, spezzate lasciando incerti sul loro decorso. Alla fine del secolo quinto, accanto a questi motivi, se ne introducono altri portati dalla corrente ionica e sviluppatisi non senza influenza della pittura. Il panneggio, cioè, come mosso da un forte impeto d'aria, aderisce al corpo completamente, quasi fosse bagnato, sicché le forme appaiono quasi nude, appena velate da un ondeggio di piccole pieghe, mentre la massa del panneggio, presa dal vento, fa vela, si gonfia e si avvolge in svolazzi ai lati e dentro alla figura, formandole quasi uno sfondo ricco di ombre. Questo motivo ci è mostrato nel modo più evidente dalla Nike di Peonio (circa 420) e, oltre a questa, dalle figure del monumento delle Nereidi di Xanthos, da quelle della balaustra del tempio di Atena Nike sull'Acropoli, ecc.; ma ne troviamo precoci riflessi nel frontone orientale del Partenone ed esso sopravvive nel secolo seguente. Verrà poi ripreso in età romana dall'arte neoattica. Non mancano esempî di panneggio più semplice, meno agitato, basato però sullo stesso principio di velare appena le forme, senza suddividere il corpo architettonicamente, e di far risaltare queste forme sopra un piano del panneggio teso dietro di esse (Afrodite di Fréjus).
Fra l'inizio e la metà del sec. IV a. C. avviene in tutta la vita greca un profondo cambiamento spirituale, che si riflette nelle arti figurative e quindi anche nel panneggio. La tendenza naturalistica e l'illusionismo prospettico prendono sempre più il sopravvento sulla tendenza decorativa; il panneggio si fa ampio e ricco e si cerca di non trascurare nessuna delle pieghe che la stoffa fa in realtà, pur con la tendenza di comporle in modo piacevole e grandioso, utile a suddividere la figura in grandi masse e a suggerire la piena plasticità della forma. Le figure come quelle di Mausolo e Artemisia del mausoleo di Alicarnasso appaiono generalmente vestite da un ricco sottabito e da un mantello ampio, di stoffa più pesante, che può ricoprire anche la testa, e un lembo del quale viene girato attorno alla vita e appoggiato sull'avambraccio sinistro, formando un forte ammasso di pieghe trasversali terminate in una massa pendula verticale, mentre la parte superiore delle gambe è avvolta in un lento drappeggio. Questo schema, con le sue varianti, resta fondamentale per il sec. IV e, per alcune statue femminili (cosiddette Ercolanesi), specialmente sepolcrali, anche nell'età ellenistica, e viene ripreso nell'età romana per i ritratti. Nell'età ellenistica, con la maggior libertà concessa alla personalità dell'artista, si trovano varie soluzioni, molte delle quali, però, cercano di combinare l'osservazione del vero con uno o più degli schemi precedentemente in uso.
Nella Nike di Samotracia troviamo la trasparenza e aderenza delle vesti al corpo e l'impetuoso svolazzare di esse, che iu il motivo inventato alla fine del quinto secolo, accanto alla concentrazione di grandi masse di pieghe, propria alla metà del sec. IV, resa più complicata da una maggior variazione nella direzione di esse, che si equilibrano contrastandosi.
Attorno alla fine del sec. II, nell'arte di Pergamo, questi caratteri eclettici permangono, accentuando peraltro l'agitazione drammatica e il chiaroscuro. Caratteristico per l'inquieto gusto del tempo l'apparire di altre pieghe, oltre a quelle provocate dalla disposizione delle vesti, pieghe piccole e contrastanti al movimento principale, che si possono ritenere tracce di spiegazzamento prodottosi nelle vesti quando giacquero non indossate, oppure riproduzione dell'operatura delle stoffe. Dallo stesso gusto deriva una raffinatezza illusionistica propria del tardo ellenismo, di far apparire cioè le pieghe formate dalla veste principale, di stoffa pesante, sotto a quelle di una stoffa più leggiera (di seta?), che la ricopre in parte.
Nell'arte romana, tranne il tipo dell'uomo togato, non vengono creati nuovi sistemi di panneggio. I problemi a questo inerenti, anzi, scadono sempre più nell'interesse dell'artista, che non si preoccupa più di particolari forme piacevolmente composte, ma di espressione nell'insieme.
Medioevo ed età moderna. - Il trattamento del panneggio seguì, naturalmente, via via il trasformarsi e mutarsi del linguaggio stilistico attraverso i secoli. In esso, anzi, la tendenza estetica d'un'epoca si manifestò generalmente con maggiore immediatezza che negli altri elementi formali d'un'opera d'arte, poichè più tenue è il legame che lo congiunge alla realtà rispetto alla figura umana e all'anatomia di questa, più libera quindi la fantasia dell'artista nel riprodurlo. Con l'affievolirsi dell'influsso dell'arte grecoromana anche il panneggio subì il processo d'irrigidimento e di allontanamento dalla realtà, che caratterizza il lento formarsi della coscienza medievale, rivolta a ideali ultraterreni e incurante, nel campo artistico, delle norme che presso gli antichi regolavano la rappresentazione del corpo umano e perciò anche il rapporto tra figure e panneggio; processo che giunse alle sue estreme conseguenze in alcune sculture dell'arte longobarda (cfr. i rilievi dell'altare di Pemmo a Cividale), in cui le vesti sono indicate da semplici striature parallele e nella miniatura irlandese, che si compiacque di dare al corpo e al panneggio le più fantasiose e bizzarre deformazioni.
Le regole del panneggiare derivate dall'arte classica furono invece conservate dagli artefici bizantini, che le ridussero a complessi e astratti schemi lineari. E soprattutto attraverso questa interpretazione scarna e schematica dell'arte bizantina si trasmisero all'arte dell'Occidente le norme elaborate dalla statuaria classica relative al drappeggio.
Se gli artisti dell'epoca carolingia ottoniana (secoli IX-XI) o gli orafi della regione belgorenana dei secoli XII-XIII si sforzarono, nel disporre le vesti intorno alla figura umana, di aderire più o meno fedelmente alla tradizione classico-bizantina, altre correnti dell'arte medievale, come, ad esempio, quella dei miniatori della scuola di Winchester (secolo X) o quella degli scultori della Borgogna (secolo XII), predilessero il giuoco capriccioso e vario di svolazzi cincischiati e calligrafici, che sembrano mossi da vento impetuoso.
Nel regolare fluire delle pieghe lungo il corpo, del quale sottolineano la struttura anatomica, alcuni scultori francesi del tardo periodo romanico e dell'incipiente periodo gotico (sculture della facciata di S. Trophime di Arles e della chiesa di Gilles, in Provenza; del portale dei re della cattedrale di Chartres; metà del secolo XII) dimostrano d'essersi di nuovo direttamente accostati alla statuaria classica senza il tramite dell'arte bizantina. Questo consapevole, seppure ancora timido avvicinarsi all'arte greco-romana condusse, sul principio del sec. XIII, alla creazione di alcuni mirabili capolavori della scultura gotica (statue delle cattedrali di Reims, Strasburgo, ecc.), nei quali appare perfettamente realizzato, senza incrinatura, la fusione tra spirito gotico e classico sia nell'espressione e modellazione dei corpi, sia nell'ampio, armonioso e trasparente drappeggiare delle vesti. L'equilibrio ebbe breve durata. Durante l'epoca gotica il panneggio diventò esuberante, greve, spesso si staccò dal corpo in un fitto groviglio di pieghe sinuose, perdendo la sua naturale funzione di "rivestimento" e facendosi sempre più lezioso e manierato. Solo alcune grandi personalità artistiche di quell'epoca seppero, pur conservando il formulario del panneggio gotico, infondergli vita ed espressione (p. es. Nicolò e Giovanni Pisano). I manierismi del panneggio gotico perdurarono tenacemente fino al secolo XV inoltrato, specie nella scultura e pittura d'oltralpe, e non solo in opere di artisti secondarî.
Fu a Firenze, nel corso del sec. XV, che scultori e pittori posero, nella loro ansiosa ricerca di attingere alla realtà mutevole e varia nuove ispirazioni, la base di uno studio attento, accurato, minuzioso, quasi scientifico, dell'anatomia, della prospettiva, del panneggio. Ed ecco apparire numerosi disegni di panneggi isolati, staccati dalla figura, evidentemente copiati in bottega dal vero, nei quali l'andamento delle pieghe, la maggiore o minor densità della stoffa, sono resi con convincente naturalezza ed evidenza realistica.
L'uso di studiare il partito di pieghe delle vesti dal vero prima di tradurlo in scultura o pittura, non fu naturalmente plù abbandonato dopo il Quattrocento; e fa parte tuttora dell'insegnamento delle accademie d'arte. Il Vasari, nell'Introduzione alle tre arti del disegno, accenna alla pratica di fare il panneggio intorno ai "modelli" o manichini "e di cera e di terra" (gesso). Dopo aver terminato la figura "ignuda" del manichino, "se se le vuol poi far panni addosso che siano sottili, si piglia pannolino che sia sottile; e se grossi grosso; e si bagna, e bagnato, con la terra (gesso) s'interra, non liquidamente, ma di un loto (soluzione) che sia alquanto sodetto, e attorno alla figura si va acconciandolo, che faccia quelle pieghe e ammaccature che l'animo gli porge; di che, secco, verrà a indurarsi e manterrà di continue le pieghe".
La maniera di panneggiare la troviamo nel secolo seguente già "fissata" con spirito accademico nel Vocabolario dell'arte del disegno del Baldinucci, il quale, rilevando la difficoltà del panneggiare bene, osserva che il vestito dev'essere "proporzionato alla persona rappresentata, graziosamente adattato alla figura, sicché non paia esserle stato gettato adosso dal balcone". Le pieghe devono lasciare trasparire la forma e l'atteggiamento delle figure; e l'andamento delle pieghe dipenderà dalla qualità e consistenza della stoffa.
Nell'arte barocca il drappeggio, trattato con virtuosismo estremo, fu elemento essenziale a determinare e accentuare il carattere di foga e audacia compositiva, specie nelle sculture, il cui appassionato gestire viene efficacemente sottolineato dal movimento vorticoso delle vesti.
Nel Settecento e nell'epoca moderna, se si eccettua il periodo neoclassico, il panneggio finì per perdere la funzione di elemento indipendente, contrapposto al corpo che riveste. Gli artisti, riproducendo nelle loro opere prevalentemente l'abbigliamento dell'epoca, gli diedero un valore di espressione plastica e coloristica esclusivamente personale.
Anche nell'arte dell'India e dell'Estremo Oriente, come di ogni altro luogo, il panneggio è uno degl'indici più sensibili delle intenzioni stilistiche e del loro mutarsi.
Architettura. - L'uso del panneggio dal punto di vista dell'architettura è molto limitato e può dirsi che esso non concerna quest'arte e debba essere piuttosto considerato come un elemento dell'arredamento, in specie di chiese, di pubblici edifizî, e talvolta anche di vie cittadine, ma sempre in occasione di speciali solennità.
Quale uso vario e quale elemento cromatico e pittorico in genere rechino i panneggiamenti, i drappi, le bandiere, ecc. e come contribuiscano a conferire un aspetto gioioso ai monumenti e alle vie è a tutti noto e familiare; speciali cautele s'impongono invece nell'impiego dei panneggi nelle chiese e nelle sale ove questi elementi, se disposti con scarso senso artistico, possono nuocere sia allo spartito architettonico dell'ambiente, sia e più al colorito delle eventuali decorazioni pittoriche. Generalmente negl'interni a carattere architettonico si usa ricoprire con panneggi le lesene degli ordini architettonici e le mostre di porte e di finestre e, nelle chiese, anche la zona absidale.
Gli addobbi con panneggiamenti sono entrati da tempo nell'uso comune nelle cerimonie funebri, quando lo stesso catafalco è arricchito da siffatti elementi che discendono in ampie pieghe da un fastigio assicurato alla vòlta dell'edificio o sospeso, nel caso dei grandi catafalchi situati nel transetto delle chiese, nel vano della cupola. Alcuni di questi addobbi hanno assunto un vero carattere d'arte: così, ad es., quello relativamente recente eseguito, su disegno del Sacconi, nel Pantheon in occasione dei funeri di re Umberto I; o l'altro ricchissimo che adornava il grandioso catafalco eretto nel transetto della chiesa di Sant'Ignazio a Roma in occasione di una solenne cerimonia funebre ivi celebrata in memoria di Cristina di Svezia. Durante quella cerimonia un cero acceso cadendo appiccò il fuoco ai drappi del catafalco; il fumo fu tanto che guastò talmente le pitture di F. Pozzo, simulanti sul fondo piano la cupola, che con un vasto panneggio, ancora oggi in opera, si dovette ricoprire l'affresco.
Secondo il procedimento normale nelle arti decorative, che tende a rendere stabili gli elementi provvisorî, frequenti sono, specialmente nell'architettura del Seicento, i panneggi in pietra o in stucco ad ornamento di finestre, di fregi, di stemmi nell'esterno o nell'interno degli edifici.
Il panneggio ha oggi acquistato inoltre particolare importanza nelle sistemazioni provvisorie di padiglioni e nel complesso delle fiere, esposizioni o feste in genere, ove a questo elemento di facile e rapida applicazione e di notevole effetto cromatico si ricorre con la massima frequenza.
Così pure negli ultimi anni esso è divenuto elemento indispensabile della scenotecnica, giacché, eliminati fondali e quinte architettoniche o ispirate alla natura, alberi, piante rampicanti, ecc., si è finito con il creare l'ambiente raccolto, quando per la sua composiżione non si faccia ricorso a elementi plastici, con semplici teli di panno a vario colore.