panno
Soltanto in due luoghi del Paradiso il sostantivo è usato al singolare, nel suo senso proprio di " stoffa ": quella, genericamente intesa, di cui il buon sartore si serve per fare la gonna (e la sua abilità consiste appunto nel commisurare l'ampiezza della veste alla quantità di stoffa di cui dispone: com'elli ha del panno fa la gonna, XXXII 141), o quel tessuto particolare, il " panno " vero e proprio, con cui si confezionano le cappe dei religiosi: il sostantivo è inserito in un contesto che, con brusco passaggio dal senso traslato a quello proprio, denuncia l'attuale decadenza dei domenicani: Ben son di quelle [pecore, cioè appunto i domenicani] che... / stringonsi al pastor; ma son sì poche, / che le cappe fornisce poco panno (XI 132).
In tutti gli altri casi il termine è al plurale, e pur indicando sempre le " vesti ", si presta a vari usi, determinati dai contesti di cui fa parte.
A D. che esita a entrare nell'alvo della fiamma, nel girone dei lussuriosi, Virgilio consiglia: fatti ver' lei, e fatti far credenza / con le tue mani al lembo d'i tuoi panni (Pg XXVII 30): " nam si ponis extremitatem guarnachiae tuae intra istum ignem non perdet pilum, ita nec corpus tuum ", chiosa Benvenuto; e il Buti osserva che " secondo l'allegoria intende che si faccia fare credenzia a le suoe membra, che sono lo vestimento dell'anima ". Nella Tolomea, a conferma della sua asserzione che Branca Doria non morì unquanche, D. aggiunte: e mangia e bee e dorme e veste panni (XXXIII 141), cioè è ben vivo (è un modo di dire popolare); mentre l'espressione renduto in panni bigi (Pg XX 54) si ricollega all'uso assoluto di ‛ rendersi ' per " farsi frate " (cfr. If XXVII 83, Fiore CXXIX 2: qui p. indica dunque più esattamente la " veste " dei religiosi): si tratta di Carlo di Lorena (v.), che D. erroneamente credette si fosse fatto frate.
Si veda poi la locuzione ‛ ai p. ', viva ancor oggi, che ricorre in If XV 40: impossibilitato a fermarsi dalla legge che governa il suo girone, e d'altronde desideroso di parlare con il discepolo, Brunetto Latini gli propone: Però va oltre: i' ti verrò a' panni, cioè " rasente, accosto; ma più basso " (Torraca).
Ancora nel senso di " vesti ", il termine ricorre nelle parole di Falsembiante, che dichiara di portare panni devisati (cioè " diversi " dagli abiti secolari), facendosi passare per un religioso (Fiore CXVIII 12); così in Detto 320, e in Rime CI 36, dove però il termine sta a indicare, contestualmente, la donna stessa che indossa quei p.: mi torrei dormire in petra / ... sol per veder do' suoi panni fanno ombra. Altre due occorrenze in Rime CIV, una relativa all'abbigliamento di Drittura, che si presenta povera... a panni ed a cintura (v. 36); l'altra nel congedo, per indicare la " veste allegorica " (Contini): Canzone, a' panni tuoi non ponga uom mano, / per veder quel che bella donna chiude (v. 91).