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ABRIANI, Paolo

di Alberto Asor Rosa - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)
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ABRIANI, Paolo

Alberto Asor Rosa

Nato a Vicenza nel 1607 (e non, come fu anche affermato, a Venezia), si acquistò fama nella sua regione come poeta e traduttore. Entrò a vent'anni nell'Ordine carmelitano, assumendovi il nome di Francesco; e dopo aver concluso i suoi studi di teologia e filologia, esercitò la predicazione in più luoghi. Divenne maestro dell'Ordine nel 1638, e gli fu quindi affidata la reggenza del Carmelo di Cremolino nella provincia di Acqui, da dove passò in seguito a quelle di Genova, Verona, Padova, Vicenza. Come risulta da alcune sue lettere inedite, egli lasciò qualche anno più tardi l'Ordine: nel 1654, probabilmente, poiché da quell'anno il suo nome non compare più nei registri carmelitani. Riprese il nome di Paolo, assolvendo il suo ufficio sacerdotale in più libera disciplina e insegnando materie letterarie e religiose in diverse località.

Morì più che novantenne a Venezia il 26 apr. 1699, esprimendo il desiderio di essere sepolto nella chiesa del Carmine di quella città, come ricorda una lapide nel chiostro dell'annesso convento.

L'A. si può annoverare tra i minori poeti dell'età del Marino; e come tale infatti continua ad essere accolto in scarsa misura nelle più recenti antologie di lirici marinisti (a cura di B. Croce, Bari 1910, pp. 197-198 e 532; di G. Getto, Torino 1954, pp. 88 e 497-498). La nota sua più originale è forse quella individuata dal Croce, nei due sonetti trascelti, che testimoniano una certa vena comica e parodistica proprio nei confronti delle ampollosità e dei luoghi comuni della poesia secentesca.

Le sue poesie furono impresse per la prima volta a Venezia nel 1663, e quindi ancora nel 1664 e 1665. Altre sue rime e poesie latine, accademiche e d'occasione, sono sparse in varie raccolte. Si hanno pure di lui alcune orazioni accademiche all'uso del secolo, quali i Fonghi, discorsi accademici (Venezia 1657),così da lui denominati, come avverte nella dedicatoria a D. Francesco Carafa, perché "nati accidentalmente ed a guisa di Fonghi nell'incolto terreno del mio scarso talento", e Il Vaglio, risposte apologetiche alle osservazioni del Padre Veglia sopra il Goffredo del Tasso (Venezia 1662), in cui assume, come tanti altri nel suo secolo, la difesa e l'esaltazione del poeta della Gerusalemme Liberata.Col nome di Francesco aveva pubblicato una Vita di S. Rosalia (Padova 1647).

Di maggiore importanza appare ai nostri occhi la sua attività di traduttore. All'A. dobbiamo, secondo giudica lo Gnoli, uno dei primi tentativi di rendere il suono e la misura dei metri latini nel sistema accentuativo della versificazione italiana; ed egli poté essere considerato quindi, sullo scorcio dell'ultimo Ottocento, come uno dei precursori di quel rinnovamento dei metri italiani che, da una celebre raccolta di odi del Carducci, presero il nome di "barbari".

Del resto, molte delle traduzioni dell'A. si possono citare ancora oggi per la loro grazia e scorrevolezza. Egli pubblicò dapprima l'Arte poetica di Horatio tradotta (Venezia 1663); quindi in sonanti sciolti volgarizzò La guerra civile ovvero Farsaglia di M. Anneo Lucano (Venezia 1668); e infine, ultima e sua maggiore fatica, venne la traduzione delle Odi di Horatio con la ristampa della poetica (Venezia 1680), nella quale, come egli stesso afferma nella dedicatoria all'imperatrice Leonora II, era suo proposito di rendere in italiano il lirico latino "con simil ordine di metro et ugual numero di sillabe, e sovente minore".L'A. è anche da ricordare per la ristampa, assai arricchita di propri apporti, del Memoriale della lingua di J. Pergamini (Venezia 1656, riprod. nel 1688).

Restano dell'A. due codici autografi, già d'A. Zeno ed ora marciani, l'uno di Composizioni italiane e latine in prosa e in verso (Cod. Marc. Lat. XIV, 195), l'altro di Lettere varie (Cod. Marc. It. X, 123).

Bibl.: G. Fontanini, Biblioteca dell'eloquenza italiana, con le annotazioni del signor A. Zeno,I, Venezia 1753, pp. 80, 330-331; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia,I, 1, Brescia 1753, pp. 27-28; Angiolgabriello di S. Maria, Biblioteca e storia di quei scrittori così della città come del territorio di Vicenza...,VI, Vicenza 1782, pp. CLI-CLV; D. Gnoli, Vecchie odi barbare e traduzioni d'Orazio,in Studi letterari,Bologna 1883, pp. 375-379, 390; U. Inchiostri, P. A.(traduttore d'Orazio del sec. XVII),in Veglie letterarie,Zara 1888, pp. 83-112; U. Cosmo, Le polemiche tassesche, la Crusca e Dante,in Giorn. stor. d. letter. ital.,XLII (1903), p. 143; G. Brognoligo, Un professore del Seicento,Genova 1907; V. G. Lovascio, Un secentista, P. A. vicentino,Terlizzi 1907; G. Curcio, Q. Orazio Flacco studiato in Italia dal sec. XIII al XVIII,Catania 1913, pp. 225 ss. Per le edizioni delle traduzioni poetiche da Orazio e Lucano, cfr. anche F. Argelati, Biblioteca degli volgarizzatori...,II, Milano 1767, p. 348; III, ibid. 1767, pp. 95-96.

Vedi anche
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paolo pàolo s. m. [dal nome del pontefice Paolo III]. – Nome dato al grosso papale (detto anche giulio) a cominciare dal pontificato di Paolo III (1534-1549), che lo volle aumentato di peso e migliorato di titolo; il nome fu poi esteso...
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