ANESI, Paolo
Per mancanza di documenti e di notizie, la vita dell'A. non è esattamente ricostruibile, mentre si può giudicare di lui attraverso la considerazione di un gruppo di opere, in parte firmate, in parte a lui attribuibili. I temi dei dipinti e delle incisioni, che sono vedute e paesaggi, testimoniano di un'attività svolta prevalentemente a Roma, e "romano" egli si qualifica nella dedica delle sue Vedute all'acquaforte del 1725. Ma poiché il Lanzi ne vide "molte vedute campestri" a Firenze e lo disse maestro di F. Zuccarelli prima che questi passasse a Roma, alcuni dubitano che fosse fiorentino piuttosto che romano. In base alla stessa notizia, poiché lo Zuccarelli nacque nel 1702, si può porre la nascita dell'A. intorno al 1690, difficilmente, dopo questa data.
Tra le varie opere attribuitegli sulla base di quelle firmate, la più antica èun paesetto, datato 1723, col suo pendant in collezione privata (pubbl. come del Vanvitelli in G. Briganti, Chiarimenti su Vanvitelli, in La Critica d'arte, V[1940], tav. 97, figg. 9 e 11 e successivamente dal Briganti stesso [1959] attribuito all'Anesi), dove appaiono infiltrazioni di cultura veneta, spiegabili, se non con un soggiorno del pittore a Venezia, con la sua conoscenza, a Roma, di paesaggi di Marco Ricci.
Nel 1725 l'A. datava una serie numerata di 12stampe con Varie vedute inventate ed intagliate, all'acquaforte, dedicandole al cardinale G. R. Imperiali. Altre sue acqueforti di formato più piccolo riproducono, con una certa libertà, dintorni di Roma; alcune di esse recano la sua firma. Nel 1761 firmava e datava un "paese" a fresco nella villa Albani, oggi Torlonia, a Roma, dove con Antonio Bicchierai e Nicolò Lapiccola collaborò alla decorazione di tre sale, con variazioni sui temi favoriti. La data 1766 è in uno dei tre quadri a lui attribuiti nel Castello di Sagan. Altri dipinti a lui riferibili sono passati negli ultimi anni sul mercato antiquario; alcuni disegni a suo nome sono nel Gabinetto dei disegni degli Uffizi.
In tutto il suo percorso, difficilmente puntualizzabile nello svolgimento cronologico, l'A. mostra, come già notò il Lanzi, uno svolgimento parallelo a quello di A. Locatelli, senza, tuttavia, condividerne le simpatie classiciste e raramente introducendo scene di genere nelle sue composizioni. La sua attenzione al paesaggio, che predomina sull'interesse per le architetture e le rovine, prescinde dal dato realistico, evitando a un tempo le aperture scenografiche care a P. van Bloemen detto l'Orizzonte e le composizioni "ideate" comuni a quel tempo. Nelle vedute egli si sottrae alla regola analitica vanvitelliana, cui obbedivano invece a Roma H. Van Lint e A. Joli, interpretando in una visione d'insieme l'angolo prescelto, per lo più un disadorno sobborgo sulle rive del Tevere o una quieta campagna, con rare figure di viandanti, in un'ora meridiana imperturbata; del tutto alieno dal fasto decorativo del contemporaneo G. P. Pannini, cui, però, sembra avvicinarsi nel gusto per le rovine verso l'ultimo tempo della sua carriera.
Nelle quattro tempere della Galleria Pallavicini, di cui una porta nella cornice originale la scritta "Paolo Anese P.", certamente del periodo tra il 1720 e il 1730, come prova lo stretto rapporto con le belle vedute incise all'acquaforte nel 1725, architetture, alberi, strade, figure felicemente vibrano nell'incidenza della luce per un effetto di atmosfera libera e mobile. Appunto in questa sensibilità al gioco atmosferico, che libera la "veduta" di ogni intenzione documentaria, consiste il valore dell'A., piccola, ma distinta personalità tra i paesisti e vedutisti del Settecento.
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