FABBRI, Paolo Antonio
Nacque da Stefano a Seravezza (Lucca), diocesi di Sarzana, il 6 marzo 1716 e il giorno seguente venne battezzato col nome di Anton Giuseppe nella chiesa dei Ss. Lorenzo e Barnaba (Firenze, Archivio della Provincia toscana delle Scuole pie, Reg. prov., n. 29 sub, n. 433). Fu ammesso all'abito clericale nell'Ordine dei chierici regolari delle Scuole pie col nome di Paolo Antonio da S. Giuseppe il 6 luglio 1731 presso la casa di probazione di S. Maria del Suffragio del Pellegrino di Firenze (Ibid., Reg. dom., n. 376, p. 186). Compiuto il biennio di noviziato, il 16 luglio 1733 emise la professione religiosa (Ibid., Reg. Prov., n. 25, parte I, c. 638). Dopo aver compiuto i suoi studi nella casa professa di S. Maria de' Ricci di Firenze sotto la guida del maestro dei chierici V. Talenti e aver ricevuto gli ordini sacri dall'arcivescovo di Firenze, iniziò il suo tirocinio d'insegnante nelle sedi dell'Ordine.
Nell'anno scolastico 1737-38 fu mandato maestro della tetza classe di grammatica nel collegio di Correggio; l'anno seguente fu trasferito a Modena maestro della prima classe e della dottrina cristiana, nel 1739-40 fu a Volterra in qualità di prefetto delle scuole e maestro della prima classe (ibid., n. 71, libro III, pp. 144, 156-158, 174-179).
In questo collegio si distinse per l'azione pedagogica tanto che nell'agosto 1743 i Priori della città, paventando un suo trasferimento, pregarono il padre provinciale "di non levare di Volterra il P. Paolo Antonio" (cfr. Ibid., Reg. dom., n. 130 sub data 1742 e 1743). Per fronteggiare le necessità dell'Ordine, tuttavia, il F. fu inviato di nuovo a Correggio come lettore di filosofia e poi di retorica fino al 20 ott. 1749 (lbid., Reg. prov., n. 71, libro III, p. 210). I Priori, che avevano avuto la promessa della sua permanenza a Volterra, scrissero al marchese Incontri loro agente in Firenze per impedire la successione del F. e giunsero a requisire le chiavi della scuola perché non gradivano il nuovo insegnante. Poterono riavere il F. solo nell'anno scolastico 1750-51, dopo un suo ulteriore trasferimento a Modena come maestro della prima classe (ibid., pp. 253 s., 260).
L'attività del F. nella cittadina toscana fu intensa sia per la molteplicità degli incarichi (viceprefetto delle scuole, lettore di filosofia e maestro di retorica, preside della congregazione degli alunni) sia per l'opera d'animazione culturale svolta nel collegio.
Il 27 ag. 1751 recitò "un erudito e bel panegirico" in lode del fondatore degli scolopi, Giuseppe Calasanzio; nel carnevale 1752 predicò gli esercizi spirituali "con scelta udienza e concorso"; il 28 ag. 1752 organizzò un'accademia dei collegiali sul Calasanzio, "la quale fu molto gradita per la novità delle composizioni" e gli meritò l'aggregazione all'Accademia dei Sepolti. Espressione di una maggiore sensibilità verso la nuova cultura furono la messa in scena, durante il carnevale 1753, del dramma Il Temistocle del Metastasio (in prosa) e la presentazione, l'11 sett. 1753, delle composizioni accademiche degli scolari "sopra gli effetti della macchina elettrica" seguite da una dimostrazione sperimentale (Ibid., Reg. Dom., n. 130 sub data).
Le relazioni allacciate e consolidate con l'ambiente nobiliare, politico e religioso di Volterra si andarono però incrinando nel 1755 in occasione della recita d'un'orazione in lode di s. Caterina, la quale, secondo il cronista del convento, "servì di motivo a' malevoli verso il padre Fabbri perché poi dovesse partire" (ibid., sub data).
Nell'autunno 1757 il F. fu chiamato a Firenze per prepararsi col provinciale V. Talenti alla missione di fondazione della casa scolopica di Lugo di Romagna, concessa con bolla del 6 ottobre da Benedetto XIV. Il 18 dicembre il F. partì per Lugo colla nomina di primo curato della parrocchia di S. Francesco di Paola (cfr. Tosti, La casa di Lugo, p. 165), di cui prese possesso il 21 genn. 1758.
Assai impegnato nella cura pastorale, il F. si trovò a collaborare col p. Pompilio Maria Pirrotti, inviatovi per la predicazione. Della comunanza fra il santo e il F. rimangono 22 lettere presso l'Archivio provinciale degli scolopi di Firenze. Esse attestano una profonda amicizia e stima verso il F., scelto dal Pirrotti come confessore e guida spirituale. Fra le iniziative promosse in comune si segnala la devozione alla Madonna sotto il titolo di "Mamma bella o dei casi disperati" (ibid., pp. 114 ss.). Come rettore della casa di Lugo (dal 1760), il F. dovette affrontare il delicato problema del trasferimento dei padre Pirrotti ordinato dal generale dell'Ordine e da lui attuato con rincrescimento.
Per i meriti acquisiti durante ventisette anni di azione pastorale e di governo della casa, nel maggio 1784 il F. venne eletto provinciale della Toscana (Ibid., Reg. prov., n. 72, Registro dal 1765 al 1818, p. 212) e si trasferì a Firenze il 10 giugno.
Il momento politico era assai difficile per le riforme ecclesiastiche in atto in Toscana e per i provvedimenti di ridimensionamento dei conventi. Benché visti con favore dal granduca, gli scolopi incontrarono l'opposizione del vescovo riformista di Cortona, Gregorio Alessandri, che non mancò di lamentarsi del loro operato come insegnanti del locale seminario vescovile, forse anche perché desiderava esercitare un controllo più diretto sulla formazione del clero.
Volendo porre fine alle vertenze che si agitavano tra quel vescovo e l'Ordine da alcuni anni, il F. decise, nella prima congregazione provinciale tenuta il 13 ag. 1784, d'abbandonare le scuole del seminario e di restringere l'azione dei religiosi alle scuole della comunità (cfr. Tosti, Gli scolopi a Cortona, pp. 150-154, con riferimenti archivistici).
Dopo aver sapientemente evitato ogni attrito o motivo di contrasto coi vescovi riformatori protetti da Pietro Leopoldo, il F. s'impegnò in un'opera di moralizzazione e di consolidamento economico e politico della provincia toscana. Tra il 1785 e l'86 visitò le diverse case e provvide a restaurare la disciplina e il buon ordine amministrativo. Riaffermò con forza l'impegno che ogni scolopio doveva portare nell'assolvere il compito precipuo di "erudire nell'intelligenza e nella pietà quella gioventù che la fede pubblica affida alla nostra cultura", esortando i confratelli a respingere ogni forma d'individualismo e di ricerca di prestigio mondano (circolare del 13 nov. 1784, Ibid., Reg. prov., n. 72, Registro dal 1765 al 1818, pp. 220 ss.).
I buoni rapporti che egli seppe mantenere col granduca gli valsero l'ottenimento, dietro presentazione di due memoriali, di un sussidio economico per la casa di Modigliana nel 1785 e di un altro per quella di Cortona nel 1786 (ibid., pp. 228-229, 234). Ma il risultato più importante fu il rescritto di "naturalizzazione" (ossia la concessione della cittadinanza toscana) del 5 ag. 1786 per tutti i religiosi forestieri che esercitavano l'insegnamento nel Granducato onde evitare la loro espulsione in virtù della legge 17 febbr. 1782. Lo stato di buona salute dell'Ordine sotto il provincialato del F. è testimoniato, oltre che dalla conservazione di tutte le case esistenti, anche dall'espansione del numero degli allievi che nel 1786 rese necessario l'aggiunta a Firenze di una terza classe di scritto e di abbaco (ibid., p. 238).
Scaduto il triennio della carica provincializia, il F. rimase fino alla morte, avvenuta il 14 apr. 1804, nella casa fiorentina di S. Giovannino, ove ricoprì per alcuni anni la carica di vicerettore.
Il F. lasciò alcune opere non facilmente reperibili. Di un certo ìnteresse dovrebbe essere l'Instituzione di tutta la Dottrina Cristiana ... (Faenza 1760), se non altro per il metodo di domanda - risposta e per la tripartizione interna (abbastanza. originale) secondo le capacità d'apprendimento dell'allievo (per i non ancora comunicati, per i comunicandi e per i già comunicati).
A quest'opera più impegnativa fecero seguito alcuni scritti d'occasione: Rimedio contro la carestia, qual è l'esatta santificazione delle feste comandate (Faenza 1777), Lettera contro gli incettatori delle robe venali che servono al mantenimento del publico (ibid. 1777), La donna triplice. Lettera critica sulla questione se siano una, o tre donne Maria di Lazzaro, la peccatrice e Maddalena (Bologna 1783), dove il F. sostiene l'identità di Maria di Lazzaro con la Maddalena.
Al periodo della tarda maturità risale l'altra opera catechetica La Dottrina della Grazia di Dio spiegata con un [sic] instruzione popolare in forma di dialogo al suo diletto popolo da un paroco regolare delle Scuole pie, Firenze 1790, attribuita al F. da una nota sul frontespizio dell'esemplare della Biblioteca della casa di S. Giovannino di Firenze (B.V. 194).
Scopo dell'opera era quello d'istruire il popolo non solo sulle modalità della remissione dei peccati ma sui "tesori infiniti" che la grazia trasmette per la santificazione delle anime (p. 6). Scritta in forma dialogica, l'opera seguein modo semplice e chiaro la dottrina tomista senza scendere in sottigliezze.
L'ultimo scritto attribuito al F. è il Dialogo cattolico sopra l'universale resurrezione per ravvisare in quale stato e figura potrà trovarvisi il cristiano. Opera di un sacerdote regolare, Firenze 1795.
Presso l'Archivio provinciale delle Scuole pie di Firenze, Reg. rel., n. 120, sono inoltre conservati i seguenti inediti: Discorsi sopra la passione del S. G. C. e sopra le anime ss. del Purgatorio (s.d., ma cominciati a Correggio); Panegirici sopra la Ss. Trinità (1772); Panegirici, s.d.; Varie esercitazioni accademiche, s.d.
Bibl.: T. Viñas a S. Aloysio, Index bio-bibliographicus CC. RR. PP. Matris Dei Scholarum piarum, I, Romae 1908, p. 319; O. Tosti, La casa di Lugo di S. Francesco di Paola e S. Pompilio Maria Pirrotti, in Archivum Scholarum piarum, IV (1980), 7, pp. 165, 188; 8, pp. 114 ss.; Id., S. Pompilio Maria Pirrotti... Cronologia storico - critica della vita e lettere datate, Roma 1981, ad Indicem; Id., L'insegnamento del catechismo nelle Scuole pietra regole, cronaca, testi e edizioni, in Ricerche. Bollettino degli scolopi italiani, 1984, n. 10, p. 16; Id., Gli scolopi a Cortona, ibid., 1985, n. 14, pp. 150-154.