FOSCARINI, Paolo Antonio
Nacque a Montalto Uffugo (presso Cosenza) intorno al 1565 da Francesco, medico e letterato, e da Laurifina Traverso. Secondo A. Favaro il suo cognome era Scarini o Scaridini e fu alterato dal F. in Foscarini per favorire l'equivoco di una sua appartenenza al famoso casato veneto. Non è noto l'anno in cui entrò nell'Ordine dei carmelitani, né abbiamo notizie sui primi studi: dopo il periodo trascorso in un convento minore, il F. fu mandato a continuare gli studi presso il convento maggiore di Napoli, dove nel 1610 è registrata la sua presenza come reggente degli studi e professore di teologia, insegnamento che esercitò per sei anni a Napoli e per due anni a Messina.
Priore del convento di Tropea, a lui si deve la fondazione di alcuni conventi carmelitani in Calabria e il completamento di quello di Montalto, fondato nel 1609 dal fratello Polibio. Nel 1607 fu nominato vicario provinciale dell'Ordine per la provincia calabrese e il 6 giugno 1608, durante il capitolo provinciale svoltosi a Pizzo, fu eletto all'unanimità padre provinciale della Calabria; in tale veste si recò a Roma nel giugno 1609 per partecipare al capitolo generale celebrato nel convento della Traspontina.
Nonostante l'intensa attività pastorale lo obbligasse a frequenti spostamenti, il F. scrisse molto e sui più svariati argomenti; nel 1611, presso lo stampatore A. Riccio di Cosenza, pubblicò un libro di devozione dedicato al generale dell'Ordine E. Silvio: le Meditationes, preces, et exercitia quotidiana, una raccolta di preghiere e riflessioni per ciascuna ricorrenza dell'anno liturgico, nella quale il F. sommariamente descrive l'universo secondo la tradizionale visione aristotelico-scolastica e riconosce l'utilità e dignità delle scienze, delle arti e delle istituzioni umane, tutte vie per una maggiore conoscenza e amore di Dio.
Il 28 luglio 1612 il F. fu rieletto provinciale della Calabria e in tale veste fu di nuovo presente al capitolo generale svoltosi a Roma nel maggio 1613. Nello stesso anno pubblicò Institutionum omnis generis doctrinarum tomis VII. comprehensarum Syntaxis (Cosentiae 1613), dedicata al nuovo generale dell'Ordine, S. Fantoni.
Scopo della Syntaxis era delineare lo schema di una vasta enciclopedia del sapere che il F. aveva in animo di compilare a fini didattico-divulgativi e che avrebbe abbracciato l'intera sfera delle conoscenze umane. L'enciclopedia, intitolata Institutioni di tutte le dottrine, sarebbe stata divisa in sette tomi: le arti liberali (I e II), la filosofia naturale o fisica (III), la metafisica (IV), la teologia scolastica (V), l'etica (VI), la teologia mistica e simbolica (VII). Nonostante si tratti soltanto dell'indice ragionato di un'opera più importante e vasta, la Syntaxis è una preziosa fonte di informazioni sugli interessi scientifici e culturali del F., il quale manifestò una spiccata predilezione per le scienze matematiche e per la filosofia naturale. Non mancano poi, in vista forse di un loro inserimento nell'enciclopedia, alcuni riferimenti alle opere del padre, che il F. ricorda come filosofo e medico "non vulgaris" (pp. 28, 57). In una breve appendice il carmelitano C. Marini, suo fedele allievo, tratteggia la figura del F. con alcuni dati biografici essenziali e testimonia che, a quella data, molte parti delle Institutioni erano già redatte, ma a ritardarne la pubblicazione erano gli impegni pastorali del F. e lo zelo con cui questi andava perfezionando l'opera.
Dei molti manoscritti - alcuni già pronti per la stampa, altri ancora in elaborazione alla morte del F. - si è persa ogni traccia. Della loro esistenza ci danno indicazioni lo stesso F. nella Lettera sopra l'opinione de' pittagorici, L. Jacob (m. 1670) nella sua manoscritta Bibliotheca carmelitana e un altro carmelitano, P.T. Puglisio, il quale aggiunge che il F. donò le sue opere alla biblioteca del convento di Montalto.
Le Institutioni non videro mai la luce e di esse restano soltanto due sezioni, pubblicate come opere singole: le già citate Meditationes e il Trattato della divinatione naturale cosmologica (Napoli 1615).
Dedicato all'arcivescovo di Cosenza G.B. Costanzo, il Trattato si propone di esaminare attraverso quali segni sia possibile prevedere gli eventi naturali, secondo la più consolidata tradizione della letteratura divinatoria e dei pronostici; anch'esso, tradotto in latino, avrebbe fatto parte dell'enciclopedia, così come i connessi trattati De divinatione artificiosa e De oraculis deorum gentilium et sybillarum, mai pubblicati.
Nella Divinatione naturale il F. accoglie la cosmologia tolemaica e i suoi principî, ma non tralascia di accennare fugacemente alla teoria eliocentrica, di cui preannuncia una più ampia trattazione "in una lettera nostra scritta al reverendissimo p. m. Sebastiano Fantone" (p. 41).
Sempre nel 1615, infatti, fu stampata a Napoli presso L. Scoriggio la Lettera sopra l'opinione de' pittagorici, e del Copernico, della mobilità della terra e stabilità del sole, opera che, sicuramente al di là delle intenzioni del F., era destinata a suscitare scalpore e a legare il suo nome a quello di G. Galilei. Non a caso dopo la prima edizione del 1615, divenuta assai rara dopo l'intervento del Sant'Uffizio, la ripubblicazione della Lettera avvenne sempre in edizioni di opere galileiane: la sua traduzione latina fu inserita in appendice all'edizione del Dialogo galileiano curata da M. Bernegger (Augustae Treboc. 1636); la traduzione inglese fu inserita nelle Mathematical collections and translations di Th. Salusbury (London 1661); la versione originale fu posta in appendice alla Lettera del sig. Galileo Galilei… alla granduchessa di Toscana… (Firenze 1710); poi nell'edizione delle Opere di Galilei (Milano 1811) e in quella curata da V. Albèri (Firenze 1850).
Fine dichiarato della Lettera è dimostrare quanto l'opinione copernicana non sia in contrasto con la Bibbia e la perfetta conciliabilità della nuova scienza con la Sacra Scrittura: il F. raggruppa in sei "classi" le principali opposizioni al copernicanesimo della Scrittura, dei padri della Chiesa e dei teologi, e a queste classi contrappone altrettanti "fondamenti" o principî che, applicati all'esegesi della Scrittura, la renderebbero perfettamente concordante con la nuova teoria.
Dai riferimenti rintracciabili nella Lettera è certo che il F. lesse almeno il primo libro del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico, anche se i limiti, esplicitamente dichiarati, della sua competenza lo mettevano al riparo dal pronunciare giudizi definitivi. Nonostante questa formale cautela, l'entusiasmo che manifestò nel difendere la verosimiglianza della teoria copernicana, la ricerca di ogni effetto naturale che la potesse comprovare e la puntuale confutazione dei presupposti della scienza aristotelica sono chiari segni della sua convinta adesione alla nuova scienza.
Il F. guardava ai principî del sistema copernicano come agli unici capaci di una descrizione dell'universo armoniosa e ordinata. Che, però, ancora molti fossero i suoi dubbi sulle conseguenze fisiche del moto della Terra è testimoniato da una lettera a Galilei, senza data né firma, ma che per il suo contenuto si è potuto con sicurezza attribuire al F. e collocare tra il 1615 e il 1616. In questo scritto, inserito da Favaro nella sua edizione delle Opere di Galilei, il F. chiede chiarimenti allo scienziato pisano su alcuni fenomeni legati al moto di rotazione terrestre e le sue incertezze al riguardo sono indizio di una fede copernicana più accettata per ragioni di armonia cosmica che non dedotta da solide ragioni fisiche. In questa stessa lettera il F. delinea il piano di un'opera in cui, dopo aver preliminarmente discusso i principî cosmologici della nuova scienza, si sarebbe diffusamente occupato dell'ipotesi copernicana, distinguendo in essa ciò che vi era di più probabile dagli aspetti ancora incerti e contraddittori (Galilei, Opere, XII, p. 215).
Il trattato, previsto in forma di disputa, era molto atteso dai sostenitori di Galileo, poiché si sarebbe così acquisito un autorevole sostegno nella disputa teologico-filosofica, in grado di rassicurare gli ambienti ecclesiastici sulla perfetta compatibilità tra i principî galileiani e l'ortodossia della Scrittura. Scrisse F. Cesi a Galileo il 20 maggio 1615: "L'opera del Padre [Foscarini] presto arrivarà… Allhora, tolte le difficultà e levato ogni attacco alla passione, l'opinione restarà permessa et approvata tanto pienamente, che chi vorrà tenerla potrà liberamente farlo" (ibid., p. 190). I successivi avvenimenti dovevano, però, smentire la fiducia del Cesi.
Nel frattempo il F. aveva composto una breve scrittura in latino intitolata Defensio epistolae… super mobilitate Terrae che inviò, insieme con una copia della Lettera, al card. R. Bellarmino a riprova dell'allarme che la Lettera doveva aver già suscitato nella Curia romana.
Diversamente che nella Lettera, nella Defensio il F. tralascia la questione dell'eliocentrismo e si sforza di dimostrare, con argomentazioni simili a quelle usate da Galilei nella Lettera alla granduchessa Cristina di Lorena, che la stessa tradizione esegetica delle Scritture si è volutamente disinteressata delle questioni scientifiche per potersi dedicare a problemi di più ampia portata e dignità, quali quelli della fede. La superiorità della teologia sulle scienze risiede nel suo oggetto, e in ciò è anche il presupposto della separazione tra scienza e fede; in questo senso, dunque, devono essere intese per il F. le affermazioni del concilio tridentino, del concilio lateranense di Leone X e di tutti gli altri concili che abbiano affrontato tale questione, che cioè l'assoluta e indiscussa autorità delle Scritture è da intendersi riferita alle materie de fide et moribus, ma - sembra suggerire il F. - non oltre questo ambito.
La risposta del card. Bellarmino, datata 12 apr. 1615, pur se indirizzata al solo F., chiamava in causa esplicitamente anche Galilei e respingeva ogni loro tentativo di difendere come reale e non contraria alle Scritture la teoria copernicana, ignorando del tutto la proposta di concedere autonomia all'indagine naturale.
In quello stesso periodo, infatti, era già stato avviato il primo processo contro Galilei, che si sarebbe concluso con la condanna della teoria copernicana e con il severo monito per lo scienziato pisano a non sostenere in alcun modo il sistema eliocentrico. Con il decreto del 5 marzo 1616 la congregazione dell'Indice condannò formalmente tutti i libri che esponessero tale opinione e in particolare la Lettera del F., il cui tentativo di dimostrare la conciliabilità della teoria copernicana con le Scritture imponeva una condanna assoluta: "librum… Pauli Antonii Foscarini Carmelitae omnino prohibendum atque damnandum" (Galilei, Opere, XIX, p. 323).
In conseguenza del decreto, nel giugno 1616 fu deciso di procedere contro lo stampatore della Lettera, L. Scoriggio, accusato di aver pubblicato l'opuscolo senza l'imprimatur. Carcerato presso la curia arcivescovile di Napoli e interrogato, Scoriggio raccontò come il F. gli avesse consegnato un solo manoscritto contenente la Lettera e il Trattato della divinatione naturale; l'unico imprimatur che compariva alla fine del Trattato era stato interpretato come valido per l'intero volume e le due opere erano state pubblicate separatamente soltanto per l'esplicita richiesta dell'autore. La curia finì per credere alla buonafede di Scoriggio, condannandolo solo ad una multa di 100 ducati, ma intimandogli di non far parola dell'accaduto con nessuno, sotto pena di più seri provvedimenti. Non fu mai possibile appurare se quell'unico imprimatur fosse stato concesso a tutto il volume dalle autorità religiose per superficialità o se invece, giocando sull'equivoco, l'avessero surrettiziamente esteso alla Lettera sia Scoriggio sia il F. che, proprio nei giorni del processo, morì a Montalto Uffugo il 10 giugno 1616.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. gen. dell'Ordine carmelitano, II C.O. 1 (9; 12; 14; 15; 26); ibid., II Calabria Commune 1; ibid., II C.O. II 4 (2), cc. 95r-104r; Roma, Bibl. Corsiniana, Arch. Linceo 1, cc. 151, 154-157v, 159; Acta Capitulorum generalium Ordinis fratrum B.V. Mariae de Monte Carmelo, a cura di G. Wessels, Romae 1912, I, pp. 16-18, 24; G. Galilei, Opere (ed. naz.), XII, pp. 215-220; XIX, pp. 279, 323 s.; P.T. Puglisio, Antiquae Calabriensis provinciae Ord. carmelit. exordia et progressus, Neapoli s.d. (ma tra 1695 e 1700), pp. 182-185; C. de Villiers, Bibliotheca carmelitana, Aurelianis 1752, II, pp. 525 s.; Relazioni delle stamperie e stampatori e proibizioni de' libri per causa di giurisdizione, a cura di S. Volpicella, in Archivio storico per le province napoletane, III (1878), 2, pp. 202-205; D. Berti, Antecedenti al processo galileiano, in Mem. della R. Accad. dei Lincei, classe di scienze mor., stor. e filol., s. 3, X (1881-82), pp. 49-96; A. Favaro, Serie nona di scampoli galileiani, in Atti e mem. della R. Accad. di scienze, lett. e arti di Padova, X (1894), pp. 33-36; A. Franco, P.A. F., in Analecta Ordinis carmelitarum, II (1911-13), pp. 461-468, 493-504, 524-527; C. Nardi, Notizie di Montalto in Calabria, Roma [1956], pp. 256-302; P. Manzi, P.A. F. nel V centenario della nascita di N. Copernico, Roma 1973; S. Caroti, Un sostenitore napoletano della mobilità della terra: il padre P.A. F., in Galileo e Napoli, a cura di E. Lomonaco - M. Torrini, Napoli 1987, pp. 81-121; E. Boaga, Annotazioni e documenti sulla vita e sulle opere di P.A. F. teologo "copernicano", in Carmelus, XXXVII (1990), pp. 173-216; O. Longo, P.A. F. fra Bellarmino e Galileo, in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lettere e arti, classe di scienze morali lettere ed arti, CLI (1993), pp. 267-295.