SPINGARDI, Paolo Antonio.
– Nacque a Felizzano, presso Alessandria, il 2 novembre 1845 da Paolo, esattore comunale, originario di Bistagno, e da Caterina Abriata.
Dotato di predisposizione allo studio e al calcolo, prescelse la carriera militare – via non infrequente per certa piccola borghesia provinciale piemontese del tempo – per assicurarsi un discreto reddito.
Spingardi entrò allievo alla Scuola militare di fanteria di Modena nell’ottobre del 1864. Nel maggio del 1866 era sottotenente nel 6° reggimento granatieri e partecipò alle ostilità del 1866, poi nel 76° reggimento fanteria (marzo 1871), per passare al tranquillo distretto militare di Verona nel novembre del 1872, dove avrebbe trovato la promozione a luogotenente.
La svolta da una carriera modesta e appartata sarebbe stata impressa dal passaggio al corpo di Stato maggiore nel maggio del 1874 e soprattutto dalla sua destinazione presso il comando di quel corpo nel marzo del 1876. Allo Stato maggiore ricevette la promozione a capitano nell’agosto del 1877 e iniziò a mettersi in vista, come poi sempre avrebbe fatto, «per la sua svegliata intelligenza, l’attività tenace e lo studio» (dalla commemorazione in Senato).
Spingardi passava dalla provincia alla capitale in un momento particolare della storia militare e nazionale: Roma era stata presa da pochi anni e il ministro della Guerra della Destra storica, Cesare Ricotti Magnani, aveva riformato l’ordinamento dell’esercito scegliendo il modello prussiano.
All’opera di efficientamento dell’ordinamento di Ricotti il giovane ufficiale piemontese contribuì con le proprie sempre crescenti competenze e conoscenze, da militare colto e conoscitore della macchina amministrativa. Promosso maggiore nel giugno del 1884, venne comandato prima come professore titolare alla Scuola di guerra (agosto 1886) e poi al Segretariato generale del ministero della Guerra, l’ufficio che sosteneva da vicino le attività del ministro. Nel luglio del 1887 fu nominato capo sezione al ministero e promosso poi a tenente colonnello (ottobre 1888). La sua lunga esperienza amministrativa sarebbe stata interrotta solo dalla nomina (dicembre 1892) a comandante in seconda della Scuola di guerra, dove anni prima aveva insegnato, dove avrebbe ricevuto la nomina a colonnello (aprile 1893) e dove sarebbe rimasto quasi quattro anni. Dovette effettuare, lui che era stato sino ad allora per lunghissimi anni uomo di apparati e di uffici, il prescritto turno di comando di reparto senza il quale la sua carriera si sarebbe fermata. Comandò così il 13° reggimento da fortezza (ottobre 1896) per un po’ meno di un paio d’anni. Venne quindi richiamato al ministero per occupare l’autorevole posto di direttore generale dei servizi amministrativi (giugno 1898), ottenendo in quelle funzioni la nomina a maggior generale (novembre 1899). Ripassò poi presso un reparto (fu comandante della brigata Basilicata, dal settembre del 1900 al novembre del 1903), senza perdere il contatto con la macchina centrale ministeriale. Si era nel frattempo sposato, quarantacinquenne (nel settembre del 1890), con Rina Merialdi, da cui ebbe i figli Camillo (ottobre 1892), Amalia (marzo 1895) e Giuseppe (luglio 1896).
Nel 1903 Giolitti lo chiamò come sottosegretario del suo ministro della Guerra, Ettore Pedotti. Quasi sessantenne, Spingardi – militare di calcoli e parole più che di comando e di azione – poteva vantare come pochi una conoscenza dall’interno della macchina militare. Viste le competenze primariamente amministrative di un sottosegretario, non ci sono provvedimenti che dal novembre del 1903 al dicembre del 1905 possano essere immediatamente ascrivibili al solo Spingardi: ma il semplice fatto di far parte della compagine politica e governativa del secondo gabinetto Giolitti lo qualificava come militare aperto (avrebbe peraltro partecipato alle elezioni politiche del novembre del 1904 nel collegio di Anagni, risultandovi eletto) e progressista. A contrario, conferma tutto questo il fatto che, salito al governo Sonnino una prima volta, Spingardi fu cacciato.
Tornato Giolitti, Spingardi (che per progressione di carriera era intanto stato promosso tenente generale nell’aprile del 1906, dovendo per regolamento abbandonare la Camera) fu intanto nominato a un incarico delicatissimo, per il quale di norma l’assenso reale era necessario: comandante generale dell’arma dei carabinieri (febbraio 1908). Lo sarebbe rimasto poco più di un anno, quando il presidente del Consiglio lo avrebbe chiamato a dirigere il ministero della Guerra nell’aprile del 1909, in un momento particolare, ovvero dopo l’istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’esercito.
Nel giugno del 1907 Giolitti aveva infatti accettato la costituzione della Commissione che avrebbe dovuto proporre un riassetto dell’amministrazione militare e soprattutto un suo rifinanziamento. E nel dicembre del 1907 aveva chiamato a svolgere le funzioni di ministro della Guerra addirittura un civile (era la prima volta, nella storia del Regno d’Italia, e sarebbe rimasta l’unica sino al 1920) già componente di quella Commissione, il senatore torinese Severino Casana, peraltro privo di precedenti e particolari conoscenze specifiche.
È difficile sottovalutare quanto i militari volessero tornare a vedere, dopo un paio d’anni di questi complessi esperimenti giolittiani, un proprio rappresentante alla guida del ministero. Questo avrebbe dovuto essere un conoscitore della macchina amministrativa, in grado di garantire la crescita del bilancio militare, che pure Giolitti era intenzionato a concedere. Fu in questo quadro che la figura di Spingardi, conoscitore dell’amministrazione militare, ben accetto al re e ben conosciuto da Giolitti, sembrò un’ottima mediazione fra interessi diversi.
L’insolitamente lungo periodo ministeriale di Spingardi alla Guerra (da aprile del 1909 al marzo del 1914), questa volta rimasto in carica nonostante i cambiamenti di governo (da Giolitti a Sonnino e Luzzatti e di nuovo, nel marzo del 1911, a Giolitti), dimostrava molte cose. In primo luogo che il riconoscimento delle competenze personali di Spingardi era condiviso (avrebbe ricordato Vittorio Zupelli, nella commemorazione al Senato che «Fu, dopo il Ricotti, il ministro della guerra che ebbe vita politica più lunga»). In secondo luogo che l’amministrazione militare ricercava una propria stabilità dopo la minaccia della Commissione d’inchiesta e mentre i governi facevano a gara nell’aumentare gli stanziamenti, come avveniva in tutta Europa. In terzo luogo che il re aveva giudicato Spingardi liberale ma moderato, anziano e fidato, atto a rappresentare – nelle convulsioni politiche – un tratto di continuità. In quarto luogo, che questa continuità era, al fondo, giolittiana.
Non è facile riassumere in breve il complesso delle numerose attività di riforma, di spesa, di crescita cui l’esercito andò incontro negli anni di Spingardi. Rimaneva sempre l’esercito dell’ultima delle grandi potenze europee, ma si irrobustì e si rafforzò molto, grazie all’aumento dei finanziamenti. Spingardi sovrintese anche al rafforzamento militare italiano rispetto all’Austria-Ungheria, pur formalmente alleata nella comune Triplice alleanza, il cui comportamento divenne però a ragione sempre più sospetto all’élite politica e diplomatica italiana.
Spingardi fu a suo modo fortunato anche perché guidò il ministero della Guerra, fra il 1911 e il 1912, al tempo del conflitto armato con l’Impero ottomano e con i resistenti locali tripolitani e cirenaici per il controllo della Libia. Giolitti aveva bisogno di un’impresa di prestigio e voleva essere sicuro di non incorrere in un’altra Custoza, Dogali o Adua: i militari erano con lui. Quindi per la Libia si spese molto e si inviarono oltre 100.000 uomini: un numero inconsueto, se si fosse trattato solo di un’operazione coloniale. Interpretando le richieste del governo, Spingardi spronò il comandante locale, generale Carlo Caneva, il quale, conscio delle difficoltà, dopo l’insuccesso iniziale di Sciaria Sciat, aveva adottato un atteggiamento cauto e guardingo, più difensivo che offensivo.
Molta parte dell’opinione pubblica, che tutto questo non sapeva, fu trascinata dai nazionalisti e celebrò la guerra di Libia e l’esercito con toni ditirambici, e con essi il ministro della Guerra.
Di lì a poco Spingardi, che nell’ottobre del 1912 ricevette dal re l’Ordine supremo della Santissima Annunziata, uscì dai ruoli del servizio attivo per superati limiti d’età (ottobre del 1913), rimanendo nella sua carica di ministro; si vide inoltre concessa la medaglia mauriziana per i dieci lustri di servizio militare (aprile del 1913) e fu nobilitato con il titolo di conte (ottobre del 1913). Difficile pensare riconoscimenti maggiori per un uomo che sentiva di aver dato tutto all’istituzione militare.
La fortuna ‘mediatica’ della campagna libica non evitò a Giolitti, com’è noto, l’abbandono della guida del Paese a favore del governo di centrodestra di Antonio Salandra. Nella nuova compagine, evidentemente, non poteva esserci posto per Spingardi.
Con il deteriorarsi del clima internazionale e con l’approssimarsi della guerra, si fecero però sempre più evidenti le crepe nell’ordinamento militare nazionale e il fatto che la Libia fosse costata molto, anzi troppo. Apprezzato sotto Giolitti, Spingardi cominciò con Salandra e Sonnino a essere il bersaglio delle accuse di impreparazione militare.
L’ex ministro della Guerra provò a difendersi ma, moderato e uomo delle istituzioni, nonché forse consapevole dei molti concreti problemi, non volle mai utilizzare il suo scranno senatoriale per operare una difesa dell’operato suo, e di fatto di quello di Giolitti. Spingardi ne sofferse molto: Zupelli lo notò nella sua commemorazione in Senato, quando disse che «l’esercito fu per lui il pensiero dominante, anzi il pensiero unico attorno a cui si coordinavano la sua attività ed i suoi sentimenti».
La proclamazione dell’intervento italiano nella guerra europea e mondiale non permise libere discussioni pubbliche attorno allo stato dell’ordinamento militare. Impose anzi l’utilizzo di tutte le risorse militari disponibili: così anche Spingardi fu richiamato in servizio per esercitare le funzioni di comandante territoriale del III corpo d’armata, a Milano (9 maggio 1915). Il ‘maggio radioso’ milanese però lo condannò: quella che fu giudicata una sua debole risposta alle manifestazioni interventiste e a quelle controinterventiste spinse il governo di centrodestra all’ennesimo affronto verso il generale, che venne esonerato e collocato a disposizione (1° giugno 1915). La carriera di Spingardi era di fatto finita.
Fu anche nominato alla presidenza della commissione centrale per i (non molti) prigionieri in mano italiana: ma era poca cosa e rimaneva per troppi il ministro della Guerra responsabile dell’impreparazione militare italiana, non quello che aveva rafforzato l’esercito, sia pure in una misura non sufficiente per una guerra dalle dimensioni da molti impreviste.
Forse simbolicamente, non poté vedere la vittoria del proprio Paese in guerra. Si ammalò infatti – si disse per morbo contratto andando a visitare i prigionieri austriaci tenuti all’Asinara, dove molti sarebbero deceduti per malaria – e morì a Spigno Monferrato il 22 settembre 1918.
Fonti e Bibl.: La commemorazione in Senato è in Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 3 ottobre 1918; G. Giolitti, Al governo, in parlamento, nel carteggio, III, Il carteggio, a cura di A.A. Mola - A.G. Ricci, Foggia 2009; V. Riccio, Il diario di un ministro nel primo periodo della grande guerra, a cura di A. Fiori, prefazione di N. Labanca, Roma 2015.
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