BERARDI, Paolo
Nacque a Torino il 21 giugno 1885; dopo aver frequentato l'Accademia militare di Torino, partecipò alla guerra italo-turca (1911-12) come tenente d'artiglieria, meritandosi a Sidi Said una medaglia di bronzo. Capitano nel 1915, partecipò alla prima guerra mondiale, ottenendo un'altra medaglia di bronzo e la croce di guerra. Nel 1926 passò nel Corpo di Stato Maggiore, e vi ricoprì diversi incarichi, tra cui quello di coadiutore nella direzione dell'Istituto di guerra marittima (1929-1932).
Sono di questi anni diverse pubblicazioni di storia militare: Storia dell'arte militare terrestre (sintesi delle principali guerre tra il 1815 e il 1914), Livorno 1932; Accenni di storia della organica militare terrestre fino al 1914, Livorno 1932; Note riepilogative sugli avvenimenti della guerra mondiale. Conferenze..., Livorno 1932.
Dopo essere stato comandante del 20° artiglieria campale dal 1932 al 1935, ritornò al comando del Corpo di Stato Maggiore come capo dell'ufficio Ordinamento e Mobilitazione, fino al 1937. Promosso generale di brigata, comandò l'artiglieria del corpo d'armata di Torino (1937-38), quindi la guardia di frontiera del I corpo d'armata (1939). Allo scoppio delle ostilità con la Francia fu assegnato al comando del II raggruppamento alpino "Varaita-Po", operante sul fronte alpino occidentale; ebbe poi il comando della divisione "Brennero", prendendo parte alle operazioni in Albania (1940-41). Comandante della piazza di Atene, e promosso generale di divisione, ricoprì l'incarico di capo di Stato Maggiore della VII armata, e poi di comandante della divisione "Sassari" nelle operazioni del maggio 1942 nei Balcani.
Destinato in Tunisia, fu promosso generale di corpo d'armata (2febbr. 1943) al comando del XXI corpo d'armata; fatto prigioniero dopo la fine dei combattimenti 12 maggio 1943), fu internato in Inghilterra assieme ai generali G. Messe, comandante della I armata, e T. Orlando, comandante del XX corpo d'armata. Era stato nel frattempo decorato della medaglia d'argento sul campo e delle insegne di commendatore dell'Ordine militare di Savoia.
Dopo l'armistizio, su richiesta italiana, fu liberato dagli Inglesi ed avviato, assieme ai suoi due compagni di prigionia, a Brindisi, nuova sede del governo italiano. Qui il 18 nov. 1943 era nominato capo di Stato Maggiore dell'esercito, mentre il maresciallo Messe diventava capo di Stato Maggiore generale e Orlando sottosegretario e poi (11 febbr. 1944) ministro della Guerra.
Iniziava il difficile momento della cobelligeranza. Il B., facendo proprie le tesi dei ministero e dello Stato Maggiore, cercò invano di tenere in piedi una diecina di divisioni; invano chiese di ricostituire dei gruppi alpini per affiancarli alle unità alleate, scarsamente attrezzate per la guerra nelle giogaie appenniniche. Sui trecentomila uomini di fatto disponibili, solo cinquemiladuecento furono potuti inquadrare nel I raggruppamento motorizzato. Dopo la seconda fase della cruenta battaglia di Montelungo, di fronte a Cassino (dicembre 1943), gli alleati concessero l'impiego di dodicimila uomini. Con vari espedienti Messe, Orlando e il B. riuscirono tuttavia a mantenere oltre venticinquemila uoniini sul piede di guerra. In seguito, dopo le prove date dal I raggruppamento motorizzato, culminate il 31 marzo 1944 nella conquista di Monte Marrone, fu permessa la costituzione del Corpo italiano di liberazione, nome proposto dal B. stesso. Nell'agosto gli Alleati autorizzavano la costituzione di sei Gruppi di combattimento, di novemila uomini ciascuno; furono queste le truppe italiane che combatterono a fianco dell'VIII armata britannica durante le operazioni di liberazione dell'Italia settentrionale.
Assorbito dai problemi tecnico-militari della sua carica, e pur avulso da quelli politici, quando, ai primi di gennaio 1945, i partiti antifascisti ottennero dal Consiglio dei ministri una serie di provvedimenti per una più sicura egemonia del potere politico su quello militare, il B. fu trasferito da capo di Stato Maggiore dell'esercito a comandante militare territoriale di Palermo (1945-46). Per l'opera di riorganizzazione dell'esercito italiano e per la probità dimostrata nelle sue funzioni, il govemo americano gli conferì il massimo grado della Legione al merito.
Dal 1946 al 1948, anno del collocamento a riposo, ebbe parte preminente in varie commissioni di studio presso il ministero della Difesa.
Scrisse per la Rivista militare (Contributo dell'esercito italiano alla guerra delle Nazioni Unite,1947, pp. 741-755; Le conseguenze strategiche della diffidenza alleata verso l'Italia, 1947, pp. 898-903), e per la Nuova Antol. (La battaglia di Roma nel 1944, marzo 1945, pp. 177-188; La campagna di Tunisia e i suoi insegnamenti, genn. 1951, pp. 69-76). Le Memorie di un capo di Stato Maggiore dell'Esercito (1943-1945), pubbl. a Bologna nel 1954 e dedicate al generale T. Orlando, uscirono postume con la, prefazione di F. Ronco.
Morì a Torino il 13 dic. 1953.
Fonti e Bibl.: Sulle vicende milit. cui il B. partecipò durante la seconda guerra mondiale, oltre alle pubblicazioni specifiche ai vari centri di operazioni, edite dall'Ufficio storico dello Stato Maggiore, si veda: E. Faldella, L'Italia nella seconda guerra mondiale, Bologna 1959, pp. 527, 687, 688 e passim. Sulla nomina a capo di Stato Maggiore, oltre alla sue memorie, si veda P. Badoglio, L'Italia nella seconda guerra mondiale (Memorie e documenti), Milano 1946, pp. 161-162. Sulla riorganizzazione delle forze armate italiane all'indomani dell'armistizio, in assenza degli atti della conferenza di Quebec (17-24 ag. 1943) finora non pubblicati, sono utilizzabili le sole fonti italiane; oltre a quanto affermato dal B: nelle sue memorie, e nelle varie pubblicazioni ufficiali dello Stato Maggiore, si veda E. Scala, La riscossa dell'esercito, Roma 1948; A. Ricchezza, Il Corpo Italiano di Liberazione. Campagna d'Italia (1943-1945), Milano 1963; M. Puddu, Guerra in Italia 1943-1945, Roma 1965. Sulle voci di una tendenza legittimista che avrebbe avuto fra i suoi capi il B., cfr. A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud (8 sett. 1943 - 4 giugno 1944), con prefazione di M. Lupinacci, Roma 1946, p. 213, e F. Catalano, L'Italia dalla dittatura alla democrazia (1919-1948), Milano 1962, p. 427. Si vedano ancora i necrologi in Corriere della Sera e Il Tempo (15 dic. 1953), e R. Zangrandi, Settembre '43, Milano 1965, passim.