GIORDANI, Paolo Bernardo
Nacque probabilmente nel primo decennio del XVIII secolo a Napoli, come si evince dalle notizie fornite in un memoriale anonimo, ma opera dello stesso G., indirizzato a sir James Gray, ambasciatore inglese a Napoli, nel quale egli si definisce "un ingenuo napoletano". Nelle fonti il G. è indicato, indifferentemente, come abate o canonico.
Nel memoriale - destinato al conte Carlo Firmian, nominato alla fine del 1752 ministro plenipotenziario imperiale a Napoli e in stretti rapporti con il Gray e con tutta la colonia inglese nella città partenopea - il G. ricorda il "servizio" che dal 1743 aveva svolto per la casa d'Austria, quando fu chiamato da Napoli a Roma per aiutare l'uditore della Sacra Rota e vescovo di Gurk Joseph Maria Thun, allora anche incaricato degli affari asburgici presso la corte pontificia, impegnato in un progetto di riconquista del Regno da parte austriaca.
Il G. faceva parte di un nutrito gruppo di fuorusciti napoletani che successivamente, a titolo diverso, fecero carriera alla corte di Vienna; per preparare tale impresa avrebbe consegnato al conte Thun un manoscritto con le riflessioni sugli errori commessi dagli Spagnoli nel 1707, individuandovi le cause della perdita del Regno di Napoli e il suo passaggio all'Austria. Il G. è indicato da Bernardo Tanucci come l'autore del manifesto del 14 apr. 1744, preparato da napoletani e siciliani alla corte di Vienna, come afferma in una lettera del 18 luglio 1744 al principe Bartolomeo Corsini, viceré di Sicilia: "manifesto disteso da un pretazzuolo napoletano di Casa Giordano figlio e fratello di due mercanti tenuissimi di seta che noi tenghiamo qui carcerati come rei di cospirazione contro il governo" (Tanucci, I, p. 743). Un fratello del G. fu poi liberato grazie all'intervento di Maria Teresa.
Le vicende della guerra di successione austriaca furono determinanti per il futuro del G.; nel marzo 1744 fu inviato dal generale principe Johann Christian Lobkowitz, allora nella Marca in attesa degli ordini di Vienna per entrare nel Regno, e portava, cucito dentro un mantello per sfuggire ai controlli, un memoriale da lui stesso redatto. Il G. fu pronto a informare il Thun della scarsa fiducia che l'esercito austriaco nutriva nei confronti di Lobkowitz e dei dissensi fra lui e altri generali, pronti a tessere intrighi con il risultato di pregiudicare seriamente il successo militare e, soprattutto, come sempre enfaticamente rilevava il G. per mettere in buona luce il proprio operato, di apportare grave danno al "buon servizio dell'Augustissima Padrona" (Vienna, Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Rom, Varia, 48, c. 558v).
Il 25 apr. 1744 Thun ordinò al G., che si trovava presso il quartier generale austriaco a Macerata in attesa del ritorno di Giuseppe Colloredo, di congedarsi da Lobkowitz per recarsi a Roma. In realtà avrebbe dovuto raggiungere direttamente Vienna per informare la corte, e in particolare il conte Corfiz Anton von Ulfeld, dei dissensi che dividevano l'esercito. Il viaggio del G. a Vienna, tuttavia, non ebbe luogo a causa dell'arrivo del Colloredo, il 29 apr. 1744.
Egli rientrò quindi a Roma, dove continuò a collaborare strettamente con Thun. Fu quest'ultimo a informare, a Vienna, Ulfeld della missione e dei meriti del G., spedendogli anche tutte le sue lettere scritte quando si trovava nella Marca. A Vienna la sua condotta fu apprezzata e trovò un particolare protettore nel conte di Scharenberg. Fu invece fortemente osteggiato dall'Ulfeld, stretto parente di Lobkowitz: il G. era stato infatti un suo aperto detrattore e aveva già da tempo indicato nel generale la causa della rovina militare austriaca in Italia, puntualmente confermata dagli eventi. Lo svolgimento delle vicende belliche fu successivamente ricostruito dal G. per Firmian a Roma, in un accurato e segreto resoconto, nel 1754. In esso ribadiva il forte e provato interesse e il suo diretto coinvolgimento nella messa a punto del piano di riconquista asburgica del Regno di Napoli sostenuto dal Thun e, prima di lui, dal conte Johann Ernst von Harrach.
Dopo la ritirata dell'esercito austriaco in Lombardia e la partenza di Thun da Roma, nel novembre del 1744, il G. ricevette un canonicato di nomina regia a Milano, con una rendita di 200 scudi annui. Con il consenso imperiale rinunziò al beneficio, mantenendo una pensione di 120 scudi l'anno. Alla corte romana il G. trovò un acerrimo nemico nel cardinale Francesco Acquaviva, ambasciatore di Spagna. Da Roma, nel 1745, scrisse al gran cancelliere di Milano, Beltrame Cristiani, per metterlo al corrente degli eventi napoletani, ma anche per chiedere il placet regio per un beneficio assegnato a G. Riva, ecclesiastico della diocesi di Como e già sostenuto dal cardinale Alessandro Albani.
Nel 1746, nella speranza di una più brillante carriera presso la corte imperiale, il G. si recò a Vienna, dove rimase due anni e mezzo. Non ottenne tuttavia nessun impiego, forse per l'ostilità dello Ulfeld che "poche volte e con aria brusca volle sentirlo" (ibid., c. 561r). Per volontà di Maria Teresa, e forse perché l'ambiente della corte non era così favorevole come aveva sperato e come in realtà si era rivelato per molti fuorusciti napoletani riuniti presso la Biblioteca Palatina, il G. rientrò a Roma nel 1748, inserendosi come segretario alla corte del cardinale Alessandro Albani. Non sembra che per questo compito il G. percepisse alcun emolumento e quando Wenzel Anton von Kaunitz, ignaro dei meriti e della fede filoimperiale del G., divenne ministro, egli tornò a sperare in una sua nomina ufficiale, "con un carattere" (ibid., c. 562r) e, soprattutto, con una congrua retribuzione. Le sue speranze erano riposte in Firmian, che egli infatti frequenterà soprattutto nel 1753, quando sostò a lungo a Roma per svolgere delicati incarichi presso il papa per conto della corte viennese, sempre più diffidente verso il cardinale Albani, protettore dell'Impero. Il G. sperava di ottenere la nomina ad agente e archivista della legazione imperiale a Roma, poiché l'agente in carica, Giovanni Francesco Brunati, aspirava a una più alta carica a Vienna.
Il G. era esplicito in questo senso e in una lettera a Firmian dava la notizia della partenza di Brunati da Roma "perché o non potendo più reggere per i debiti fatti, o non volendo contrarne maggiori, vuol fare tutti i sforzi per ottenere una carica, qualunque sia in quelle parti, dove deciderà prender moglie e dote. Questo è il fine del suo viaggio, se bene egli dica che con tal congiuntura va per dimandare aumento di soldo" (ibid., c. 550v). Il G. era stato in stretti rapporti con Brunati, al quale aveva dato anche un opuscolo anonimo, ma in realtà scritto da lui, in cui si ripercorreva la storia delle ambasciate presso il papa. Raccomandandosi a Firmian per succedere a Brunati, il G. contava sul prestigio che il suo interlocutore godeva a Vienna e ripeteva che "per poter servir bene bisogna haver le spalle ben guardate e la maniera di viver onestamente" (ibid.).
Entrato alla corte dell'Albani nel 1748, il G. vi rimase fino alla morte del cardinale, nel 1772. La sua posizione come segretario fu però equivoca, non priva di contrasti e dissapori con il suo protettore, anche se abilmente dissimulati, perché la corte dell'Albani rappresentava un punto essenziale di incontro e di contatto con diplomatici e intermediari al fine di acquistare opere d'arte per prestigiosi committenti stranieri, spie e agenti segreti, soprattutto durante il soggiorno a Roma degli Stuart, pretendenti al trono inglese. La corrispondenza che il G. intrattenne, fra il 1764 e il 1768, con il ministro inglese a Firenze Horace Mann e con il consigliere imperiale Patrice Nény a Vienna, è eloquente circa la sua posizione, talvolta ambigua, nei confronti del cardinale Albani.
Nelle lettere indirizzate al Nény dal 16 genn. al 31 dic. del 1768, oltre a richiedere favori alla corte di Vienna, il G. forniva notizie sulla corte romana, sui problemi relativi alla Compagnia di Gesù, verso la quale non nascose mai la sua simpatia, sul giurisdizionalismo napoletano e sui fermenti che scuotevano la Toscana e i Ducati parmensi. Secondo una prassi che seguì con successo durante tutta la sua attività di residente di principi stranieri presso la corte di Roma, il G. aggiungeva alle lettere copia di documenti ufficiali, bolle pontificie, gazzette, memoriali a stampa o manoscritti. Più spesso, negli anni successivi, inviò notizie di carattere artistico e antiquario per soddisfare la sempre più spiccata curiosità e l'interesse dei suoi interlocutori per la riscoperta della classicità e per il collezionismo. Dal 22 apr. 1755 il G. indirizzò a Firmian lettere in italiano alle quali erano acclusi memoriali, come quello per G.M. di Trappé, arcidiacono di Liegi, nel quale si chiariva la posizione del papa sul tentativo della Francia di ridurre in commenda l'abbazia di S. Uberto a Liegi (5 marzo 1755). Inoltrò, con le lettere, anche un memoriale di carattere storico sui rapporti fra Papato e Impero.
Interessanti, a questo proposito, sono le pagine scritte dal G. in risposta alle "savissime riflessioni" che lo stesso Firmian gli aveva inviato per risolvere i conflitti sul patronato regio in Lombardia e nei Paesi Bassi austriaci. Il G. consigliava di agire in sordina, per acquisire maggiori diritti di patronato a scapito della Chiesa, senza delegare il parere a ministri "onde va per le publiche gazzette prima che cominci a trattarsi" (ibid., c. 583r). Il parere del G., pur funzionale al fine di ottenere l'appoggio e la protezione di Firmian per un'eventuale carriera a Vienna, dimostrava tuttavia la profonda consapevolezza e il cinico realismo con cui guardava lo stato della corte di Roma, la condizione dei diversi sovrani italiani ed europei, interessati ad altri problemi, e la personalità dello stesso Benedetto XIV, definito "capace di togliersi gli occhi, le braccia, e tutto" (ibid., c. 583v).
La frequentazione del circolo dei protetti e conoscenti del cardinale Albani permise al G. di proporsi come corrispondente e agente di principi cattolici dell'Impero e di diplomatici di altre corti europee. Dal 1763 fu in corrispondenza con Mann al quale inviava notizie su avvenimenti romani, su Clemente XIII e i suoi cardinali, e forniva accurate descrizioni di dipinti e mosaici, nella speranza di poterli vendere a Giorgio III, ma anche ampi ragguagli sull'attività di artisti contemporanei come Pier Leone Ghezzi ed Ermenegildo Amerani. Si evince chiaramente come, anche in questo caso, il G. tendesse a mostrare solerzia e precisione per ottenere un riconoscimento ufficiale dei suoi servizi e un adeguato stipendio dalla corte inglese.
Il G. dovette essere un agente segreto a Roma di Mann, con il quale rimase in corrispondenza fino al 1772; per la sua posizione alla corte dell'Albani poteva infatti agilmente spiare le mosse degli Stuart, dei loro fautori e dello stesso cardinale. Durante la sua attività come segretario di Albani, e certo grazie alla protezione di questo, il G. entrò in contatto con alcuni principi cattolici dell'Impero. Il 16 apr. 1761 il langravio Federico II di Assia-Kassel - convertitosi nel 1749 al cattolicesimo, ma costretto a professare solo privatamente la sua nuova fede, grazie all'atto di assicurazione sottoscritto dalle potenze riformate europee che garantivano così il calvinismo nell'Assia-Kassel - nominò il G. suo agente a Roma, in sostituzione di G. David, con uno stipendio di 200 scudi annui.
Il G. cominciò l'invio settimanale di dispacci in francese e nel 1763, in occasione di un suo lungo soggiorno a Milano, si fece sostituire da G. Calisio de' Gentili, forse anch'egli segretario di Albani. Dal 1765 l'invio di dispacci proseguì fino al luglio 1781. In essi predominano le informazioni sugli affari interni degli Stati italiani, notizie della corte di Roma, giudizi sui cardinali e, in questi anni, sulla rivoluzione di Corsica e sul soggiorno romano degli Stuart, le loro trame e i rapporti con i cattolici inglesi. Fin dall'inizio occupano ampio spazio le indicazioni di carattere antiquario, artistico e letterario, con giudizi su autori contemporanei. Fino al 1768 si danno notizie dettagliate sul soggiorno e l'attività di Johann J. Winckelmann a Roma e soprattutto alla corte del suo protettore. L'informazione del G. sulle scoperte archeologiche e la sua intermediazione per acquistare riproduzioni di antichità romane ed etrusche per Federico, così come le frequenti notizie sulla vendita di biblioteche nobiliari e cardinalizie, furono decisive per l'impulso dato al collezionismo artistico e antiquario, che trovò nella residenza del langravio di Kassel una delle più complete raccolte della Germania settecentesca. La conversione al cattolicesimo di Federico fu motivo, nel 1771, per far avanzare la sua candidatura al trono di Polonia; i dispacci del G. da Roma in quell'anno riferivano puntualmente le reazioni a Roma circa tale eventualità, per altro sconsigliata dallo stesso G., che ne coglieva tutti i rischi politici e con realistico scetticismo valutava lo scarso peso della corte romana nella politica europea. Più appassionata appare nei dispacci la difesa della Compagnia di Gesù, prima e dopo la sua soppressione (1773). Sollecitato dallo stesso langravio a inviare costantemente notizie a questo proposito, il G. forniva ampi ragguagli della politica dei sovrani europei e italiani nei confronti dei gesuiti. Sempre attento a mostrarsi filoimperiale, il G. tradiva in queste lettere la sua ostilità alle corti borboniche, mentre con pessimismo seguiva le rivendicazioni giurisdizionaliste che segnavano la politica degli Stati italiani.
Nel 1777 il langravio compì un viaggio in Italia, secondo la ormai diffusa moda del grand tour. L'incontro con il G., che ne aveva preparato nei minimi dettagli il soggiorno romano, rafforzò i legami intessuti precedentemente e soprattutto contribuì a mettere in diretto contatto il langravio tedesco con il composito mondo degli artisti e degli antiquari romani, ai quali commissionò direttamente opere per la sua residenza di Kassel. Dal 1777 anche il tono dei dispacci si fece più cordiale, sebbene la struttura e la formulazione rimanessero quelle consuete.
Dal 1769 al 1780 il G. fu agente a Roma anche di József Batthyány, poi arcivescovo di Esztergom e primate d'Ungheria. Il 13 ag. 1770 fu inoltre nominato residente del duca del Württemberg Carlo Eugenio, anch'egli cattolico, ma sovrano di uno Stato calvinista e quindi fortemente limitato nell'esercizio della religione per volontà degli Stände e di Federico II di Prussia. In questa carica il G. sostituiva M. Ciofani, agente dal 1753, quando il duca aveva viaggiato per l'Italia soggiornando anche a Roma.
I dispacci del G., in francese, seguono lo stesso schema, nella forma e nel contenuto, di quelli inviati a Federico di Assia-Kassel. Prevalgono infatti le notizie sulla corte romana, giudizi non sempre positivi sui pontefici, in particolare su Clemente XIV, inviso al G. per la soppressione della Compagnia di Gesù, sulle vicende politiche degli Stati italiani, sulle novità letterarie e artistiche. All'inizio degli anni '70 il G. riferiva puntualmente sulla posizione assunta dalla corte romana riguardo al conflitto che oppose il duca cattolico agli Stände protestanti del Württemberg. Questo attrito, originato dalle pretese assolutistiche del duca, si configurò agli occhi della Curia romana come una guerra di religione, un ulteriore tentativo delle forze riformate di sopraffare i cattolici nell'Impero. A questa conflittualità, e alle soluzioni per risolverla, si interessò soprattutto la congregazione di Propaganda Fide, come nei dispacci si riferiva. Il G. si mostrava assai scettico e perplesso sul peso che un intervento di Roma avrebbe potuto avere, a livello di politica europea, in tale problema.
Il G. morì a Roma nel luglio 1781.
Il 15 luglio J. Klotz comunicava da Roma la notizia al langravio di Assia-Kassel, aspettandosi di essere nominato agente al posto del Giordani. L'incarico fu invece conferito, il 29 sett. 1781, al marchese L. Martinelli da Francolino, grazie all'appoggio del cardinale F. Herzan von Harras, ambasciatore imperiale a Roma; nel 1792, come residente del duca del Württemberg, fu scelto Gaetano Marini.
Fonti e Bibl.: Vienna, Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Neapel, Berichte, 2, cc. 871, 873, 888v-889; Rom, Varia, 47, cc. 542r-556r: Stato presente della corte di Roma (il memoriale redatto dal G. nel 1745 c.); ibid., 48, cc. 11r-61r (la copia di un memoriale del G. sulle legazioni dei cardinali); cc. 548r-600r (lettere del G. a Firmian); Alte Kabinetsakten, 34; Italienische Korrespondenz, 1768/b; Lombardische Korrespondenz, 245; Londra, British Library, Add. Mss., 34732; Marburgo, Hessisches Staatsarchiv, 4f, Papst, Bü. 12-21; Stoccarda, Hauptstaatsarchiv, A.74, Bü. 160-171; Arch. segreto Vaticano, Carte farnesiane, vol. 18, cc. 405r-406v (lettera del G. da Roma, 14 nov. 1749); Bibl. apost. Vaticana, Ottob. lat., 3118, c. 70 (disegno caricaturale del G. a opera di P.L. Ghezzi); Diario ordinario di Roma (Chracas), 1° marzo 1777, n. 226, pp. 8-10; A. Theiner, Clemens XIV pont. max. Epistolae et brevia selectiora…, Parisiis 1852, pp. 26 s., 192; Der Schriftverkehr zwischen dem päpstlichen Staatssekretariat und dem Nuntius am Kaiserhof A.E. Visconti, 1767-1774, a cura di A. Cornaro et al., Wien-Köln-Graz 1970, pp. 228 s., n. 1478; B. Tanucci, Epistolario, I, 1723-1746, a cura di R.P. Coppini - L. Del Bianco - R. Nieri, Roma 1980, p. 743; II, 1746-1752, a cura di R.P. Coppini - R. Nieri, ibid. 1980, p. 201; A. Bertolotti, Esportazioni di oggetti di belle arti da Roma nei secoli XVI, XVII, XVIII, XIX, in Arch. storico, artistico, archeologico e letterario della città e provincia di Roma, II (1877), p. 213; G. Carignani, Il partito austriaco nel Regno di Napoli al 1744, in Arch. stor. per le provincenapoletane, VI (1881), pp. 37-73; L. Lewis, Connoisseurs and secret agents in eighteenth century Rome, London 1961, ad ind.; F. Venturi, Settecento riformatore, Torino 1969, pp. 84-87; E. Garms Cornides, Zwischen Giannone, Muratori und Metastasio, in Formen der europäische Aufklärung, III, a cura di E.E. Janosi - G. Klingenstein - H. Lutz, Wien 1976, pp. 224-250; Id., Riflessi dell'illuminismo italiano nel riformismo asburgico: la formazione intellettuale del conte C. Firmian, in L'illuminismo italiano e l'Europa. Atti dei Convegni Lincei… 1966, Roma 1977, pp. 87 n. 55, 91 n. 37, 93 n. 80; I. Polverini Fosi, Viaggio in Italia e conversioni: analisi di un binomio, in Römische hist. Mitteilungen, XXX (1988), pp. 286-288; Id., Fra tolleranza ed intransigenza. La conversione al cattolicesimo di Federico II di Assia-Kassel (1749), in Quellen und Forschungen aus ital. Archiven und Bibliotheken, LXXI (1991), pp. 509-547; Id., "Siam sempre sossopra ed in gran moto per i Francesi". Gli echi della Rivoluzione nelle lettere di Gaetano Marini a Carlo Eugenio duca del Württemberg (1789-1793), in Arch. della Soc. romana di storia patria, CXV (1992), pp. 187-189; O.F. Winter, Repertorium der diplomatischen Vertreter aller Länder, III, 1764-1815, Graz-Köln 1965, p. 482.