BIGLIA, Paolo
Nacque a Milano nella prima metà del sec. XV. Nominato "cancellarius in cancellaria secreta", probabilmente da Bona di Savoia durante la sua reggenza, e quindi riconfermato da Gian Galeazzo Maria dopo il 1481, manteneva questa carica ancora nel 1487.
Dopo un lungo silenzio riappare nel 1494 a Pavia, come agente di Lodovico il Moro presso Gian Galeazzo Sforza, che si trovava infermo nel Castello, a quanto sembra, per controllare l'irrequieta Isabella d'Aragona (moglie di Gian Galeazzo già dal 1489), che mal sopportava il dorato isolamento in cui si trovava. Il 21 ott. 1494 giunse a Lodovico il Moro, che si trovava a Piacenza con Carlo VIII, il dispaccio del B. che gli annunciava con ampi dettagli la morte dello sventurato Gian Galeazzo. E nelle susseguenti missive, non sappiamo se per servilismo cortigiano o per sventare eventuali sospetti di eccessiva simpatia verso la duchessa Isabella (specie agli occhi dell'altera nuova duchessa), si premurò di ripetere al duca che "non habbia essere dimenticata la longa et fidele servitù mia" (22-28 ottobre). Nel novembre il B. non risulta più a Pavia e riappare nelle fonti solo nel 1497, in veste di ambasciatore milanese a Roma. Testimone della misteriosa morte del duca di Gandía, diletto figlio di papa Alessandro VI, assassinato nella notte tra il 14 e il 15 giugno, il B. fu equilibrato narratore degli avvenimenti di quei giorni: con notevole chiarezza e particolari abbastanza circostanziati riuscì a dare della situazione un quadro esauriente sostanzialmente accettato da tutti. Al funerale solenne di Giovanni Borgia il B. andò a rappresentare il duca di Milano, quasi a scagionare Ascanio Maria Sforza, fratello di Lodovico e suo rappresentante a Roma, insistentemente accusato dell'assassinio. Si adoperò anzi per lui presso i vari rappresentanti diplomatici, e anche presso il papa, con successo: ed egli stesso diede al duca la notizia, avuta personalmente dal papa, della piena innocenza del fratello.
Tornato a Milano probabilmente nell'anno stesso, nel 1498 fu nominato consigliere della cancelleria segreta. Lodovico Maria Sforza si servì di lui spesso per missioni esplorative, rapide ma impegnative: così, nell'intenso invio di messi alla corte turca di Baiazet (Bāyazīd) II per cercare di legarlo alla politica milanese (1496-99), si inquadra la partenza del B. nel novembre 1498 per la Turchia: non ne sappiamo di più, ma è intuitivo che dovette preparare l'ambasciata ufficiale di Ambrogio Bucciardo, dei primi mesi del 1499, per invitare il Turco ad intervenire nelle "cose d'Italia". Nel gennaio e febbraio 1499 andò ripetutamente a Ferrara, "per adiutar la pratica di l'accordo di le cosse de Pisa", cioè per trovare un accordo tra Firenze e Pisa, appoggiate rispettivamente da Milano e da Venezia. Nel maggio fu a Mantova nell'inutile tentativo di indurre il Gonzaga a mantenere fede ai suoi impegni con lo Sforza; nel giugno a Pisa per convincere quel governo ad accettare l'arbitrato ferrarese nel conflitto con Firenze. Ma l'isolamento milanese era ormai completo: il 2 settembre, dopo la discesa francese in Italia, Lodovico il Moro dovette fuggire in Germania. Il B. rimase fedele al duca cercando di favorire in un primo tempo il suo ritorno a Milano, poi raggiungendolo. Il 3 febbr. 1500, rientrato il Moro in Milano, egli apparve al suo seguito, confermato cancelliere ducale. In marzo fu inviato a Piacenza, dove la situazione si stava facendo insostenibile per l'aperto favore ai Francesi degli abitanti: e il B. poté solo inviare allarmanti dispacci, senza poter intervenire.
Catturato il Moro e inviato prigioniero in Francia, furono redatte dagli occupanti liste di suoi partigiani, nelle quali però il nome del B. non compare.
Nel luglio del 1500 la sua presenza è attestata in territorio veneziano, a Pizzighettone, presso il cognato Giovanni del Casale. Ma non è chiaro se vi soggiornasse per favorire una restaurazione sforzesca, come temevano i Veneziani, o semplicemente come rifugiato politico. Sta di fatto che il 25 luglio 1500 l'oratore francese a Venezia chiese chiarimenti sul provvedimento di bando adottato dalle autorità della Serenissima a carico del B., cittadino milanese, e del cognato Giovanni del Casale, in ragione di certe loro beghe familiari. L'intervento francese provocò nel settembre l'allontanamento del provveditore veneziano di Pizzighettone, e nell'ottobre l'assicurazione veneziana che a Giovanni del Casale sarebbe stato restituito tutto il suo. Quanto al B. l'oratore francese "vardasse come el fesse, perché... era tutto di Lodovico". La replica veneziana ai Francesi, che evidentemente ignoravano il suo passato di fedele servitore degli Sforza, non mancò di nuocergli: controllato dai Veneziani, in sospetto ai Francesi, fu costretto ad abbandonare Pizzighettone. Nel maggio del 1502 ricompare a Bologna in rapporto con Caterina Riario, al cui servizio era forse entrato.
Morì il 16 dic. 1504 e fu seppellito nella chiesa di S. Marco a Milano.
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